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#PER CHI AMA: Post Metal, Neurosis |
Qual è il posto più tranquillo al mondo? Ho provato a cercarlo nel web, trovando Capo Verde, alcune isole della Thailandia, l’Oceania e quant’altro, tra le proposte degli utenti. Oceania… sarà un caso ma la band di oggi, arriva proprio dal continente più giovane al mondo, più precisamente dall’Australia e da Sydney, la mia città preferita in assoluto, dove negli ultimi mesi, in coabitazione con Melbourne, sembra esserci un fermento musicale a dir poco esplosivo. I We Lost the Sea, gli aussie guys di quest’oggi, hanno colpito la mia attenzione per molteplici motivi: innanzitutto per il colore (un rilassante e tranquillizzante blu) che caratterizza la loro pagina web e l’essenziale ma affascinante cover cd, che non può che rievocare la prodezza di Felix Baumgartner e il suo lancio da 39000 metri e poi, ultimo ma non da meno, la proposta del combo, dedita ad un coinvolgente post metal. Un disco che inizia tranquillo, sulle note leggiadre di “A Quiet Place” che pian piano cresce di intensità, dipanandosi tra sonorità borderline tra il post metal e il post hardcore (forse più legato a questo per le ruvide vocals). La melodia e la calma a livello delle ritmiche, si confermano anche nella successiva “Barkhan Charge”, che prova a seguire le orme dei gods statunitensi Neurosis, intraprendendo poi una propria strada, ed evidenziando a questo punto una personalità ben delineata dei nostri. Ambientazioni post rock spezzano le trame corrosive dettate dai temibili riffoni sludge del seven-piece australiano. Questa caratteristica si palesa alla grande nella lunghissima terza traccia, “With Grace”: inizio affidato ad un lungo tunnel fatto di luci soffuse e suoni ovattati, che mi permettono di mettermi a completo mio agio (eccolo tornare ancora una volta il tema del luogo più tranquillo al mondo). Mi isolo completamente dal mondo esterno, nulla è più in grado di disturbarmi, e mi sento quasi cullato dal delicato pizzicare delle corde delle chitarre. C’è qualcosa però di inquietante che brulica in sottofondo, lo percepisco lontano, ma gradualmente sembra avvicinarci sempre più e pertanto, allerto i miei sensi, quasi a prepararmi all’attacco della band; attacco che arriverà in realtà, soltanto dieci minuti più tardi, e solo per un minuto, prima di risprofondare nel buio della notte. Sempre più ammaliato dai suoni dei We Lost the Sea, affronto “Forgotten People”, non immaginando assolutamente cosa c’è ad aspettarmi. Un pianoforte, un’angelica voce femminile, una song ritmata fatta di chitarra acustica e batteria che nella mia testa ha ricordato i bei tempi di Anneke nei The Gathering, soprattutto nel modo di cantare della dolce donzella. Giusto il tempo di un interludio ed ecco irrompere “A Day and Night of Misfortune”, song in due atti, che apre con tutta l’arroganza di una robusta chitarra schiacciasassi e le vigorose vocals del frontman Chris Torpy, e che sul finale, arriva addirittura a parafrasare un passaggio del “Moby Dick” di Melville, su soffici tocchi di pianoforte. “The Quietest Place on Earth” è un disco che vive molto sull’emozionalità ben espressa dalla musica dell’ensemble dell’emisfero australe, offrendo un bell’esempio di post metal/post rock ben bilanciato, che mette in luce le qualità, le innumerevoli influenze (che arrivano a sfociare addirittura nello shoegaze) di una band davvero avvincente, che può per certo ambire a raccogliere lo scettro vacante di realtà scioltesi o che hanno perso lo smalto dei tempi migliori. Nel frattempo voi avete individuato qual è il posto più tranquillo del mondo? Date un ascolto ai We Lost the Sea, magari potreste rimanere sorpresi... (Francesco Scarci)