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lunedì 28 gennaio 2013

Austaras - Under the Abysmal Light

#PER CHI AMA: Black/Death
Ormai ho capito che qualsiasi genere musicale identificato da una preposizione post- nel suo nome, cattura assolutamente la mia attenzione. Con un anno e mezzo di incolpevole ritardo dalla sua uscita, ecco che mi avvicino a quello che è il debut album degli statunitensi Austaras. Ebbene, manco a farlo apposta, il quartetto di Chicago offre un sound accostabile a sonorità post black, qui di grande atmosfera. Non aspettatevi pertanto troppe sfuriate black dai tre pezzi contenuti nei trenta minuti di “Under the Abysmal Light”, che si aprono con “Ash to Stain the Ground”, un brano che a parte un’anonima apertura, offre spunti di notevole interesse affidati a strimpellate di violino, breaks acustici ed incursioni in territori post rock (eccolo ritornare il termine post-), sludge fino a sfociare perfino nel folk. Probabilmente il tutto non è ancora ben amalgamato, perché quando parte “Wreck of Hope”, ho la sensazione di avere fra le mani qualcosa degli Enslaved più progressivi (anche se la classe del combo norvegese è di un altro pianeta), che risulta totalmente slegato dalla opening track. Ci pensa poi una plettrata in acustico, combinata alle ostiche vocals di T. Kuhn, a farmi tornare alla realtà. Realtà che, a dire il vero dura ben poco, perché tra esplosioni thrash, frammiste a passaggi ambient, eleganti fraseggi di chitarre, ed un azzeccatissimo uso di clean vocals (che suggerisco di incrementare in una futura release), mi fanno scuotere la testa in segno di approvazione. La musica della band dell’Illinois mi piace eccome, anche se devo ammettere, che non è cosi facile da digerire al primo ascolto (e neppure ai successivi a dire il vero). Ci prova “Spirit Farewell” ad aprire con un arpeggio, ma è poi nuovamente una ritmica che miscela sonorità thrash, black e death, ad avere la meglio. C’è tempo comunque di vederne un po’ di tutti i colori, perché gli undici minuti di questa traccia, vedono alternarsi amabilmente tutte le influenze che popolano il background dei nostri, dagli scarni e glaciali riff black, alle divagazioni bucoliche, passando attraverso aperture progressive, rallentamenti doom fino ad arrivare ad un roccioso rifferama death. Questo sancisce la degna conclusione di un debutto che vede affacciarsi una nuova interessante realtà nel panorama estremo, che a mio avviso, mostra ampi margini di miglioramento, se solo andrà a smussare quegli angoli (le vocals o un riffing death troppo monocorde) che non rendono “Under the Abysmal Light” ancora cosi tanto appetitoso. Comunque da seguire. (Francesco Scarci)