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lunedì 11 novembre 2013

Woman is the Earth - This Place that Contains my Spirit

#PER CHI AMA: Cascadian Black Metal, Wolves in the Throne Room
Che classe i Woman is the Earth, non tanto per la loro ferale proposta, ma semplicemente per il gesto di aver incluso al cd che mi hanno inviato, un messaggio semplice e amichevole, in una busta elegante, chiusa con tanto di cera lacca. Sono rimasto impressionato, mi sono sentito in un qualche modo importante per questi ragazzi. Ed ora sono qui, a parlarvi di Jon, Andy e Jarrod, tre giovani del South Dakota, che mi violentano con il loro cascadian black marcescente che esordisce proprio con la sua lunga title track. Il suono decisamente low-fi si configura con stridule chitarre ronzanti accompagnate dal ridondante suono dei blast beat che per quattro minuti mi tramortiscono in un feroce pestaggio a sangue. Poi un barlume di speranza con un tiepido break centrale; pochi secondi prima che ricominci il veloce massacro sonoro, in cui lo screaming, affiancato da vocalizzi corali lontani, si staglia sul caotico fiume in piena che i nostri ci offrono come gentile antipasto. Non mancano certo momenti pseudo atmosferici, ma siamo un po' lontani dagli ultimi lavori dei mostri sacri; c'è ancora ampio spazio per affinare la tecnica. Un epilogo ambient mi da qualche secondo per rifiatare, prima di essere investito brutalmente dalla nuova colata lavica di “Bird Song”, black metal torrenziale da anomali epici contorni (mi sembra quasi di percepire un feeling vicino ai Bathory nel suo break centrale). Questo strano influsso, oltre a giocare a loro favore, prende le distanze dalle consuete influenze del genere, anche se devo ammettere che i più seminali Wolves in the Throne Room hanno avuto il loro peso nella crescita dei nostri. “Sage Moon” è permeata invece da un'aurea notturna, dalla forte vena malinconica; peccato solo che il terzetto statunitense abbia qualche difficoltà nel dominare l'irruenza dei propri strumenti e rischi talvolta di dissipare le proprie energie in fragorose cavalcate black con acuminati riff di chitarra e un ingovernabile caos sonoro creato da un drumming indiavolato. I 16 minuti di “Glow Beyond the Ridgeline” mostrano qualche miglioramento in chiave compositiva, ma gli ingredienti si confermano quelli delle tracce precedenti: malinconici riff lancinanti, caustiche vocals, suggestioni ambient, drumming al limite del noise che penalizza ahimè enormemente il risultato finale. Sono convinto che con una produzione più cristallina, strumenti come l'ocarina, la chitarra classica o la mitica Roland Juno-60 non ne uscirebbero cosi penalizzate e davvero rischieremo di sentirne delle belle. Le idee pertanto ci sono, basta incanalarle solo nel giusto modo. (Francesco Scarci)

(Self – 2012)
Voto: 65

http://womanistheearth.com/

domenica 10 novembre 2013

Haru No Kaze - Quiete e Tempeste

#PER CHI AMA: Punk Rock, Il Teatro degli Orrori
Ho avuto modo di ascoltare dal vivo gli Haru No Kaze durante un paio di festival estivi nel vicentino e devo dire che al primo ascolto mi hanno lasciato abbastanza indifferente. Vuoi per i suoni (soprattutto delle chitarre) troppo acidi per i miei gusti, vuoi per il non sempre felice rapporto musicista-service audio. I nostri Vento di Primavera (traduzione dal giapponese di Haru No Kaze) dichiarano apertamente le loro influenze che provengono dai CCCP ai Fluxus, da Il Teatro degli Orrori ai primi Marlene Kuntz, per sfociare in un punk rock duro e crudo senza tanti fronzoli che vuole arrivare dritto allo stomaco per incitare alla lotta. Il tentativo riesce per alcuni pezzi come "Non è la Voglia che mi Manca", che inizia lenta con riff di chitarra e basso in pure stile metal per poi correre a più non posso, mentre il vocalist ci travolge con un fiume di parole che hanno la stessa violenza della parte ritmica che spinge da dietro. Anche "Il Sonno dei Giusti" è di discreta fattura, riff convincenti che non cercano mai la melodia facile ed ovvia, che instaurano uno stato ansioso nel nostro cervello grazie anche alle strofe parlate in stile Teatro degli Orrori. Mi ha convinto meno "Senza Lotta", un pò troppo focalizzata sulla botta e meno sull'insieme dei vari passaggi strumentali che sono anche tecnicamente di buona fattura, ma a volte stridono tra loro. Dal mio punto di vista gli Haru No Kaze hanno le carte in regola per uscire con un prodotto ancora più accattivante, magari dedicando un pò di tempo a curare gli arrangiamenti e i suoni. Ovvio che gli anni '90 erano belli così e non è una brutta idea riproporli, però qualche rocker navigato potrebbe volere qualcosa di più personale, nulla toglie che gruppi menzionati sopra hanno segnato una generazione. Dai, avanti con il vento e che possa divenire una tempesta inarrestabile, ne abbiamo bisogno in questa insipida pianura padana. (Michele Montanari)

Minority Sound - The Explorer

#PER CHI AMA: Cyber Death, Fear Factory
Da Praga con furore; potrebbe essere questo il “titolo” della mia recensione. I motivi? Primo, perchè siamo alle prese con un quartetto di musicisti della Repubblica Ceca; secondo, questi quattro ragazzi sono piuttosto incazzati. Risultato: un disco spaccatimpani (alzando la manetta del volume non si rimane delusi), esempio di simbiosi tra elettro/industrial/techno e metal bello peso; non a caso loro stessi definiscono il progetto come elettrometal che, devo anticiparvelo per integrità morale e “professionale”, non ha mai riscontrato i miei favori. O per lo meno, in moltissimi casi, con le relative eccezioni. I Minority Sound incidono questo disco nel 2012 per la Metalgate Records, che provvede a confezionare il cd in un elegantissimo digipack; qualcosa dell'artwork mi ha richiamato alcuni lavori dei NIN di Trent Reznor, e qualcosa me li ha richiamati anche sotto un punto di vista musicale col passare delle tracce. Visto che siamo in argomento richiami: ce n'è uno, evidentissimo, che è quello con gli Amorphis versione 2.0 (da 'Tuonela' in poi per intenderci...) e per quanto mi riguarda, questo è un pregio. La musica qua prodotta, si snoda tra continui stop and go, intermezzi elettronici, ritmi a tratti discomusic, a tratti un tappeto di doppia cassa da far invidia ai migliori Fear Factory; chitarre “sintetiche”, voci pulite in alternanza con scream vocals contribuiscono a creare una sorta di “confusione ben organizzata” che però sembra non centrare in pieno il bersaglio. Nel complesso il disco resta sospeso, innocuo; sicuramente d'impatto (alzando il volume, la potenza c'è eccome...) perde qualche punto analizzando il songwriting vero e proprio. Non ci sono particolari momenti di esaltante bellezza, mi sento solo di citare la buona “Load of Destruction” potenziale singolo, per il resto tanto e tanto mestiere...ma inteso nel senso meno nobile del significato del termine; di gruppi che doppiano con riff stoppati i colpi di cassa, ce ne sono stati e ce ne sono ancora molti, forse troppi. Paventavo una ventata di qualità maggiore, non mi aspettavo grosse novità (non è il caso di aspettarsele in ambito metal oggi come oggi); il lavoro comunque ha delle frecce al suo arco: molto buoni i suoni, preparazione tecnica eccellente, “pesantezza” che pervade le composizioni e tira legnate belle forti, molto buone le voci “clean”. Disco che purtroppo rimane per appassionati veri del genere, ostico avvicinarvisi se non si ha dimestichezza col genere proposto. Parlando di 'The Explorer', mi sento di affermare che si tratta più di un'occasione persa che di qualcos'altro; devo però riconoscere che col passare degli ascolti il disco cresce, ma non finisce mai di impressionarmi in maniera positiva, evitando questo è certo, di scivolare nel baratro del fallimento più totale. Per questa volta, peccato. (Claudio Catena)

(Metalgate Records - 2012)
Voto: 65

http://www.minoritysound.com/

Deeds of Flesh - Portals to Canaan

#FOR FANS OF: Brutal Death Metal, Technical Death Metal
Having been somewhat inactive the past five years, California's brutal death metallers Deeds of Flesh roar back to action on their eighth full-length, 'Portals to Canaan', and it is every bit as vicious and pummeling as their past works. Filled with over-the-top technical riffing that seems impossible to create in such a short space being buffeted against the previous rhythm creating a suffocating atmosphere of non-stop unrelenting guitar work and over-the-top drumming that has long been associated with the band, the songs are packed with lots of energy and rarely falter from an up-tempo pace that really lets the guitars focus on executing fascinating riffs throughout. This is best viewed on "Rise of the Virvum Juggernauts", where the guitar patterns are just mind-blowingly complex and technical throughout yet due to the nature of the blasting drumming it becomes a brutal onslaught of riffs that overwhelm the listener. Elsewhere, tracks like "Entranced in Decades of Psychedelic Sleep", "Hollow Human Husks" and the title track the brutality is lessened slightly to make for a more overall technical presentation, where the different patterns and riff variations employed are more the favor of the track rather than the relentless drumming, which adds a different flavor to the album overall. Still, the overwhelming vibe taken from this is the more brutal moments, where tracks like "Amidst the Ruins" and "Xeno Virus" run rampant with simply pummeling rhythms dished out by guitarist Craig Peters who shows a fine sense of keeping both areas in check with each other and when to forsake the brutality in letting the more technically-precise riffs in focus. If one is to find fault with this one, it’s the monotony that comes in rather constant form when dealing with this brand of death metal, for it’s almost impossible to say that this kind of music will be noticeable and distinctive the deeper into the album it gets. There’s only so many ways you can write riffs in this style without coming up with the same structure and pattern numerous times over, and while the band does do a decent job of making the songs stand-out in some sense, the fact that they can blend together is something of a hurtle to get over. The one lone needless track is the brief instrumental collage of ambient noise mid-way through, which does break up the monotony of the songs but just serves odd as a mid-album breather rather than a final fade-out outro, but nonetheless these two qualms aren’t enough to stop this from being one of the better DM releases of the year. (Don Anelli)

(Unique Leader Records - 2013)
Voto: 85

http://deedsoffleshmetal.com/

sabato 9 novembre 2013

Synopsys - Timeless

#PER CHI AMA: Post Metal/Post Rock, Isis, Cult of Luna
Abbiamo avuto modo di conoscere i francesi Synopsys in occasione del loro primo demo cd di due pezzi; li ritroviamo oggi in una versione ben più matura con questo EP di quattro song, intitolato “Timeless”. Confronti col passato? Presto detto: songwriting decisamente migliorato, suono corposo in cui post rock e post metal si sposano alla perfezione in una catalizzante progressione di umori e atmosfere. “Red Stars” parte piano: solite luci soffuse, neanche fosse un intro di un qualche brano dei Pink Floyd, voci pulite e nel frattempo il sound va in un crescendo vorticoso fino all'esplosione delle chitarre e del belligerante growling del buon Vincent. Il risultato è davvero buono, decisamente una spanna in più rispetto al passato. “We Have Still the Sun” ha un ottimo inizio, mi vengono in mente alcuni pezzi sparsi dei Muse, non tanto per le vocals ma per quell'uso arpeggiato della chitarra e quel feeling maledetto che irradia. “Naive” è un lungo brano di quasi 11 minuti. L'oscurità regna sovrana nel suo incipit con tre minuti affidati al rullare di un tamburo, poi l'inquietudine si trasforma in pace con una musicalità fluente che sembra pescare dalle cose più tranquille degli Isis dell'ultimo lavoro. Il risultato che ne viene fuori, per quanto possa apparire derivativo, mi soddisfa abbondantemente. Nella seconda metà della song, prevale poi la componente elettrica: bella l'effettistica nelle pesanti linee malinconiche delle 6-corde, le vocals pulite trasmettono un pizzico di nostalgia, infine il clima si fa più rovente, i toni si accendono e si entra in una dimensione di desolazione molto più vicina alle ultime performance dei Cult of Luna. “Drops of Fire” chiude brillantemente un dischetto che ha il solo difetto di durare troppo poco per i miei standard (28 minuti): questo è post nella sua più pura configurazione con il sound dei maggiori esponenti della scena che confluiscono nella proposta dei nostri. Che altro dire se non confermare quanto scritto nella precedente recensione “ne sentiremo delle belle...”. Eccomi accontentato. Vibranti. (Francesco Scarci)

(Self - 2013)
Voto: 75

http://www.synopsys-project.com/

venerdì 8 novembre 2013

Keyarzus - .​.​.​the Day the Trees Began to Fly

#PER CHI AMA: Black/Folk, Agalloch, Summoning
Peccato, peccato che l'EP in questione duri cosi poco; nei suoi 13 minuti infatti si respirano le gioie e malinconie del suo ideatore, Marius. Trattasi ancora una volta di una one man band tedesca che ci propone un assaggio del proprio sound attraverso un intro dal sapore neofolk, a cui fa seguito la rasoiata della sua title track. E proprio qui vorrei soffermarmi, visto che la conclusiva “Remains” è di fatto un outro. E allora torniamo ai 7 minuti abbondanti di “...the Day the Trees Began to Fly”: un black metal bello tirato, arioso e atmosferico. La ritmica è serrata, le vocals seppur gracchianti (stile Attila Csihar) risultano intellegibili. Assai carino l'ormai immancabile break centrale: chitarre acustiche, atmosfera bucolica, voci epiche, suoni sinfonici e l'utilizzo di un flauto e altri inserti “naturalistici” a completare egregiamente il pezzo. Niente male affatto. A chiudere l'EP ci pensa il soffio del vento che accompagna una chitarra acustica e le ripetitive vocals di Marius che omaggiano la natura, quasi con un mantra sacro. In attesa di una nuova uscita discografica dei nostri, mi vado a ripescare il full lenght dello scorso anno, 'Changes: Our Reflections in the Sky', ho come la sensazione che verrò piacevolmente sorpreso dalle sonorità stile Agalloch di questi interessantissimi Keyarzus. (Francesco Scarci)

(Self - 2013)
Voto: 70

http://www.facebook.com/Keyarzus

GrimFaith – Preacher Creature

#PER CHI AMA: Gothic Rock Avantgarde, Him, 69 Eyes, Cradle of Filth, Lacrimosa
I GrimFaith sono una band ucraina attiva sin dal 2002 con 2 EP e due full lenght in bacheca. Quest'ultimo secondo lavoro completo è uscito quest'anno per la BadMoonMan Music. La musica dei nostri ruota negli emisferi plurimi del rock gotico sotto svariate e infinite direzioni, in modo tanto diversificato che all'interno di queste dodici tracce troviamo rimandi ai The Mission, agli Him fino ai Cradle of Filth più accessibili, passando per il gusto cabarettistico dei Soft Cell e Lacrimosa, Draconian, Type of Negative e in parte Katatonia. Una lunga fila di paragoni da prendere come esempio ma con le pinze, poiché il rock di forte impronta gotica dei GrimFaith è molto originale e ben fatto, stranissimo, complicato e orecchiabilissimo, dal forte "Sense of Humor", nerissimo come la pece, sfottente come solo i Damned di metà anni ottanta ("Pantasmagoria") riuscivano a essere e cinematograficamente dannato come solo i 69 eyes potevano nel brano "Devils" (ascoltatevi la splendida cover di Mick Jagger - "God Save Me" o "Preacher Creature" o "Dead in Soho"), glam come le band del movimento visual kei... Le composizioni si snodano in stili completamente diversi tra loro anche all'interno dello stesso brano mantenendo sempre un'ottima qualità e un valore d'ascolto notevole. In due tracce troviamo ospiti Anders Jacobsson e Lisa Johansson dei Draconian a rinforzare le fila già ben collaudate di questa stravagante band. Un collettivo che ha le idee chiare, un background di tutto rispetto e soprattutto la vincente visione di un gotico altamente teatrale, tecnicamente fantasioso e pieno di fresche nuove trovate, suoni che si rifanno alla new wave degli 80's e chitarrone rock, distorte e modernissime, una voce che passa dai registri degli Spandau Ballet (modello 'To Cut a Long Story Short" del 1980) alle intonazioni da rocker del miglior Billy Idol fino ad arrivare al growl e allo screming più drammatico e violento. Un album che non appare mai troppo cupo, intelligentemente perverso e con un sarcasmo macabro degno di un bel film ambientato nella fumosa Londra del signor Jack the Ripper, un album che traccia dopo traccia diventa sempre più avvincente ed interessante. Create un altare di velluto rosso sangue a questo piccolo gioiellino, gustatelo più volte in un calice d'oro con del buon vino rigorosamente rosso sangue, sfoderate il nero mantello e in compagnia di una stupenda dama nera visitate il gotico castello di 'Preacher Creature'. (Bob Stoner)

(BadMoonMan Music - 2013)
Voto: 75

http://www.grimfaith.com/

mercoledì 6 novembre 2013

Eight Bells - The Captain's Daughter

#FOR FANS OF: Psychedelic rock, Progressive rock, Post metal
As it is, I listen to a lot of music. When I am not sleeping, working or taking in the proper nourishment to sustain me on a daily basis, you can bet that something is playing in the cd player, spinning on the turntable or leaking out of my computer speakers from my itunes. Sometimes this happens even when I am doing those three things. Point is, that I enjoy listening to music,do it every chance I get and have a wide range of tastes. When a friend asks me the question "What is it?" I usually have an answer with one of the thousands of genres and sub-genres. However, sometimes there is that band or album that defies classification. Thus is the case with Portland, Oregon's Eight Bells. This three piece create some of the most unique and interesting sounds around. So, when the question is asked to me 'what is it?" I will answer "get your label maker out and categorize it as psychedelic/dark/doom/heavy/post/prog metalrock" Eight Bells was formed by Melynda Jackson after the disbanding of SubArachnoid Space. Fellow SubArachnoid Space band mate Christopher Van Hussel is on drums and Haley Westeiner handles the six string bass and vocals. The trio produce some of the most eclectic music you'll hear, jumping and melding genres without ever being confined to one. The focal point of the band is Jackson's experimental and heartfelt guitar work. You can imagine each note pouring out of her heart and soul and into her fingers as they dance over the fret board with some kind of otherworldly controlled recklessness. The rhythm section of Van Hussel and Westeiner do not disappoint either. Van Hussel pounds away at the drums like a man possessed. The passion and feeling that he plays with is very apparent. Westeiner's smooth bass lines just flow seamlessly throughout each of the four tracks. These folks play with heart and so much passion, it just makes the listen that much more enjoyable. Although the vocals are minimal on this release, "Fate and Technology" showcases Haley Westeiner's ability as a vocalist. The song begins with Piggy-esc dissonant chords which smoothly transition into a slow and calming melody Westeiner's beautiful and haunting voice is perfect here. Jackson also adds vocals to this song in the form of some blacked screams which is proceeded by rolling thunderous drums and followed by a nice little stop-start riff. The title track, which is the longest song, clocking in at over 12 minutes, is obviously the center piece of the album. The song twists and turns through lavish landscapes of psychedelia. As much as I love "Fate and Technology" this may be my favorite song here. Right around the 8 minute mark after all the chaos, it settles into Jackson playing slow, single drawn out notes. The tone of the guitar here resembles that of In The Woods on their masterpiece 'Omnio' and some vocals are splashed in here, not in the form of words, but rather some dark and foreboding "ahhh's" which only add to the already dark atmosphere of this song. Eight Bells have remained under the radar since this album was released back in February. This is a shame, because this is some of the best and original music I have heard this year. This album is for anyone who enjoys great musicians that play with heart and craft amazing songs. This album was a pleasure to listen to and I will continue to listen to it for years to come. If there is one complaint that I have about "The Captain's Daughter", it would be that it is too short. Clocking in at around 32 minutes, it seems to fly by and leaves me hungry for more. (Brian Grebenz)

(Seventh Rule Recordings - 2013)
Score: 90

http://www.eightbellsband.com/