#PER CHI AMA: Black Mediterraneo, In Tormentata Quiete, Windir |
Puntuale come un orologio svizzero, chirurgico nelle durate dei suoi album (36 min), matematico nel numero dei pezzi inclusi, Vittorio 'Vk' Sabelli torna con il quarto capitolo della sua personale esologia dedicata agli elementi. Dopo Terra, Acqua e Fuoco, è il turno ovviamente dell'Aria. Innanzitutto, con somma gioia, in 'The Six Elements, Vol.4 Air' registriamo la presenza di un batterista in carne ed ossa, nella fattispecie Diego 'Aeternus' Tasciotti, noto per la sua militanza, tra gli altri, negli Handful of Hate e nei Lord Vampyr. Dietro al microfono questa volta, a prestare la propria voce, l'ottimo ed eclettico Lys degli Enisum. Con questa nuova line-up, il buon VK si lancia in altri sei brani di musica estrema, etnica, folkish, a sorprendere ancora con il suo sound votato allo sperimentalismo "mediterraneo". Direi che non molte sono le differenze con i precedenti lavori, se non una maggiore organicità e un impatto sonoro decisamente meno freddo rispetto al passato, legato alla presenza di un vero batterista dietro le pelli. Esclusa l'intro, i veri brani esordiscono con "Argon Van Beethoven (1%)" - che razza di titolo è mai questo - song in cui vediamo nuovamente la band miscelare il proprio estremismo musicale (di scuola nordica) con i classici frangenti acustici dedicati all'esplorazione di sonorità dal sempre più forte sapore mediterraneo, condite dall'utilizzo di splendidi strumenti, sax e clarinetto su tutti, che arricchiscono le tracce del mastermind molisano. "Children of the Wind" è un pezzo black mid-tempo che vede i nostri sciorinare sinistre melodie di chitarra, arrangiate da un infervorato clarinetto che sembra ripercorrere le melodie di uno stralunato Sergej Rachmaninov. Qui musica classica e black metal si incontrano e convivono in pace, dimostrando quanto la musica possa compenetrarsi tra i generi più disparati, cosi come la voce (in scream e growl) del bravo Lys riesce a convivere con il vocalizzo improvvisato di un'eterea donzella. Un arpeggio basico apre "Darkthrone in the Sky", song che verosimilmente vuole essere un tributo nei confronti dell'act norvegese, citato da VK come influenza per il proprio sound. La song è abbastanza semplice ma nella sua essenzialità risiede un'altra verità: si può fare ottima musica mettendo insieme anche pochi accordi. Se temete di annoiarvi, non ce ne sarà il tempo perché il terzetto architetta una traccia nebulosa, atmosferica e dal mood malefico, soprattutto nelle sfuriate conclusive, dove tra i blast beat impazziti, s'insinua diabolico più che mai, il verso del sax. La quinta "Jukai" è suddivisa in due sottotracce che si muovono a cavallo tra un black mid-tempo e feroci sgroppate condite da chitarre zanzarose, con gli ormai immancabili arrangiamenti a base di pianoforti, tastiere, flauti e chi più ne ha più ne metta, in una traccia che risente addirittura di un lontano ed epico richiamo ai Bathory. Che altro dire, se non invitarvi all'ascolto di questo stravagante artista che da sempre ha il merito di sperimentare lungo i sentieri oscuri del metallo nero. (Francesco Scarci)
(Nemeton Records - 2016)
Voto: 75