Cerca nel blog

sabato 26 giugno 2021

The Pit Tips

Francesco Scarci

Slice the Cake - Live at Home
Mesarthim - Vacuum Solution
Multiversal - The Beast of Nod

---
Alain González Artola

Hanternoz - Au Fleuve de Loire
Fear Factory - Aggression Continuum
Frozen Wreath - Memento Mori

---
Death8699

Cardiac Arrest - Haven For the Insane
Devourment - Obscene Majesty
Kurnugia - Forlorn and Forsaken

Merger Remnant - Dregs

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Da Falun, Svezia, ecco arrivare una nuova intrigante creatura, i Merger Remnant. 'Dregs' è l'EP di debutto del duo scandinavo che include Björn Larsson dei God Macabre, e comprende quattro tracce dedite a un black doom atmosferico. Il tutto è certificato dall'opener "All-out Violence Upon Life" e dalle sue ritmiche compassate che ne segnano il passo e da interessanti arrangiamenti che ne gonfiano il sound, mentre Björn si mette in luce con la sua voce a cavallo fra growl e scream. Poi a scatenarsi è il caos con un arrembante bridge pregno di melodia a cui segue un altro notevole rallentamento con tanto di voci salmodianti in sottofondo. Tutto decisamente ben curato e di un certo impatto esoterico. Peccato le chitarre siano forse troppo lineari (stile Amon Amarth) e manchi qualche spunto solistico, altrimenti staremmo forse parlando di un gioiellino. Con la successiva "Cosmos Posthumously Ending Itself", percepisco echi epico-pagani nel sound dei due musicisti, quasi lo spettro dei Bathory aleggi nelle note di questo brano. Si confermano superbe le parti atmosferiche, cosi come pure le linee di chitarra, sempre piuttosto ispirate. "The Cold Earth Slept Below" è la cover completamente stravolta degli statunitensi Judas Iscariot, e da quanto ho capito, con un testo però riproposto da Björn: l'intro è quasi pink floydiano e l'intero pezzo rimane scolpito nella mente con le sue splendide melodie e orchestrazioni e la voce dello stesso Björn qui pulita, insomma nulla a che fare con il raw black dell'originale. In chiusura la title track, il pezzo più veloce del lotto e per questo forse il più anonimo, almeno fino a quando compaiono esotiche parti mediorientali ed altri frangenti atmosferici che ne risollevano enormemente le sorti. Insomma, 'Dregs' è a mio avviso un buon biglietto da visita che mi permette di dirvi di segnarvi questo nome per future uscite discografiche. (Francesco Scarci)

(De:Nihil Records - 2021)
Voto: 74

https://mergerremnant.bandcamp.com/album/dregs-ep

venerdì 25 giugno 2021

Gonemage - Mystical Extraction

#PER CHI AMA: Black Sperimentale
Da Dallas, ecco arrivare una nuova one-man-band, capitanata da Garry Brents, in arte Galimgim, uno con una paccata di band sulle spalle tra cui i Cara Neir, forse quella più famosa. In questi nuovi Gonemage, Garry prende le distanze dalle sonorità black (grind)-hardcore della sua band principale e propone, in questo debutto intitolato 'Mystical Extraction', un sound che sembra quasi uscire da un videogioco (un qualcosa tuttavia già palesato nell'ultimo EP 'Phase Out Original Game Soundtrack' dei Cara Neir), una sorta di nintendo-black metal a dir poco ubriacante sin dalle note iniziali di "The Gullying and the Purple Hoax", la folle traccia d'apertura di questo controverso lavoro. Scariche laviche di black e poi d’emblée ecco comparire quelle sonorità tipiche da videogioco anni '80 (la famosa chip music) stagliarsi sotto il maligno tappeto ritmico eretto dal mastermind texano. Assurdo, soprattutto nel finale quasi il musicista statunitense stia giocando a flipper e nel frattempo ci piazzi un pezzo di chitarra blues rock in un arrembante scarica di violenza elettronica. Il black miscelato alla chiptune prosegue ovviamente nelle song successive: "Chained Castle", un po' meno la selvaggia "Dust Merchant", la post-punk "Dream Moat" e via dicendo, avrebbero potuto essere tranquillamente le colonne sonore di una marea di giochi con cui mi dilettavo negli anni '80 con il mio Commodore 64 o con le consolle stile Atari. Ovviamente il feroce screaming magari non avrebbe fatto parte del pacchetto, a meno che non stessimo parlando di giochi stile 'Ghosts 'n Goblins', o di un più recente 'Resident Evil'. La struttura delle song è più o meno simile ovunque, con un'architettura black corrosiva su cui si impianta lo screaming selvaggio di Mr. Brents e tutta l'effettistica synth che potrebbe ricordare ad esempio un altro classicone, 'Pac-man'. Il disco non mi dispiace affatto, vuoi anche per l'aura malinconica di "Uncast" o la furia iconoclasta della conclusiva "Ipinta", che chiude degnamente, con le sue folli modulazioni di frequenza, questa prima stralunata fatica firmata Gonemage. (Francesco Scarci)

giovedì 24 giugno 2021

Moongates Guardian - Broken Sword

#PER CHI AMA: Epic Black
I Moongates Guardian sono un oscuro ma assai produttivo duo originario di Kaliningrad dedito ad un black dalle forti connotazioni tolkiane nei loro testi. E per questo, perchè non miscelare la fiamma nera con il medieval sound? Andatevi ad ascoltare la ricca discografia dei nostri e se intanto volete partire da quanto di più nuovo prodotto dai due russi, eccovi accontentati con un EP nuovo di zecca con tre pezzi, di cui uno, la cover degli AC/DC "For Those About To Rock", scelta quanto mai discutibile. Eppure, l'opener di 'Broken Sword' è un tipico pezzo marchiato a fuoco dai nostri, in cui abbinare ad un black nudo e crudo melodie folkloriche ed harsh vocals, con tanto di parti acustiche che sorreggono la loro primigenia forma musicale per un risultato epico. La seconda traccia è appunto la cover dei canguri australiani, in una versione completamente stravolta, con ottime e pompose orchestrazione, dove vagamente si può intuire il rifferama della song originale (soprattutto a livello solistico), ma dove il cantato in screaming ne altera completamente il risultato finale. Bell'esperimento ma francamente non avrei mai coverizzato una band come gli AC/DC. La terza traccia è affidata invece all'acuminata title track: chitarre zanzarose, batteria parecchio inascoltabile, vocals urlate, il tutto proposto a tutta velocità, con le solite e solide parti sinfoniche a dare brio ad una proposta che rischierebbe invece di (s)cadere nell'anonimato più totale. Insomma, un EP interlocutorio che non mostra le potenzialità della band russa, ma che può essere un buon punto di partenza per saperne un po' di più dei Moongates Guardian. (Francesco Scarci)

martedì 22 giugno 2021

Devotion - The Harrowing

#FOR FANS OF: Black/Death
What a HEAVY release! I think their previous was a bit better, but this one packs a punch and I was impressed with their perseverance regarding their songwriting. The music is brutal and so are the vocals. Sound quality is quite good, but I thought 'Necrophiliac Cults' was a little more impressive. This still has some great moments. The riff-writing was good, but the tone of the guitars were on distortion but a little more dark. The quality of the music is better than their previous but the guitars I thought their previous was better. Nevertheless, the overall output here was admirable.

Talking about the guitar, because the acoustics (sound) were a little muddled I couldn't hear the riffs as well as on their previous. In some instances it just was noise. Especially when the leads were going. But otherwise, no other complaints really. The vocals make the music sound even darker than on any of theirs. I like the fact that they wanted a more brutal sound but their riff-writing could've been better sounding. Anyway, it's good as it is despite my differences regarding the guitar riff-writing. I suppose you can say that it's an album that you've got to be in an acquired zone when hearing. That's the best way I can describe it.

The production quality was a step-up from their previous. I think that the music was well mixed and solid in that respect. Everything you can hear pretty well (guitar, bass, drums, vocals, and so on) so in that respect it's solid. I like how the vocals follows the guitars in some songs. There weren't many that followed that path but the guitars were HEAVY duty! I think that they needed to spend more time with the riffs and lay them out in the right times alongside the rest of the instruments. If they would've, I would've scored this higher than an 80%. Anyway, a good release at that and some good music (in streaks).

I'd check this out on YouTube I don't believe it's on Spotify. I ordered the physical copy on eBay. It was worth it even though I have beef with the recording. I'd say support this band because they have a helluv a lot of potential. These past two releases show great promise in the death metal arena. I'd say get their previous and this current one because both of them are good. They really do well with making death metal. I know I said a lot that was wrong with this album I guess it's because their previous I though was more solid. But either way, both are good. Check this one out! (Death8699)


Givre - Le Pressoir Mystique

#PER CHI AMA: Medieval Black
Dalla famigerata scena del Quebec, ecco giungere a noi i Givre, terzetto originario di Rouyn-Noranda, autori di un black metal dalle tinte depressive/medievaleggianti. 'Le Pressoir Mystique', secondo atto del trio canadese, apre con un'evocativa intro parlata, per poi concentrare le proprie energie in un black mid-tempo con il brano "Rebatons Notre Chair Vilainne", rigorosamente cantato in francese e dotato di un riffing di matrice burzumiana stile 'Hvis Lyset Tar Oss', forse anche più lento. Qui, il cantato corrosivo del frontman catalizza l'attenzione, accompagnato dalle melodie paranoiche delle chitarre che quasi mi offuscano i sensi. "Blanche Biche" (che si rifà ad una ballata bretone del 16° secolo) presenta i nostri sotto una luce diversa ancor più suggestiva, peccato solo il suono risulti cosi impastato rischiando di far perdere potenziali dettagli intriganti di una proposta che, in taluni frangenti, ha il merito di suonare originale. Si, il sound dei Givre non è affatto male, anche se una produzione più pulita avrebbe dato maggior beneficio soprattutto nelle parti più atmosferiche e arpeggiate che costellano questo brano cosi come pure il successivo "Jamais Ne Vestiray Que Noir", il più lungo del lotto, con il suo fare introspettivo, complice la presenza alla voce di una gentil donzella, inserita in un contesto che mi ha evocato certe produzioni dei nostrani Evol ai tempi dello splendido 'Portraits'. Più grezzotta e anonima invece "Source de Plour", un black mid-tempo che francamente non offre grandi spunti di interesse, sebbene la decadente melodia in sottofondo guidata dalla chitarra, alla fine abbia il suo perchè. In chiusura, "Adieu Ces Bons Vins de Lannoys" che riprende trasponendola a oggi, un'altra opera medievale francese del 14° secolo in un black oscuro, furente ma di grande impatto. Alla fine 'Le Pressoir Mystique' è un lavoro davvero interessante che vi invito ad ascoltare con attenzione, potreste trovarvi infatti ottimi spunti. (Francesco Scarci)

Mushroom Giant - Painted Mantra

#PER CHI AMA: Prog/Post Rock Strumentale
Era il 2014 quando 'Painted Mantra' vedeva la luce la prima volta. Dopo sette anni, la Bird's Robe Records restituisce una seconda vita a quel disco degli australiani Mushroom Giant, ormai band leggendaria del sottobosco locale sin dal 2002, in compagnia di altri mostri sacri quali We Lost the Sea, Sleepmakeswaves, Meniscus o Dumbsaint. In occasione del decennale dell'etichetta di Sydney, ecco quindi rivedere la luce un lavoro che fa di prog e post rock strumentale il suo credo. Nove pezzi che prendono le distanze dal classico post rock, fatto salvo per l'assenza di un vocalist, ma che da un punto di vista musicale, vede invece i nostri picchiare come fabbri sin dalla roboante apertura affidata a "The Drake Equation", un pezzo solo inizialmente onirico, ma che da metà in poi, si lancia in un centrifugato quasi killer di heavy prog davvero godibile. Si ritorna ad atmosfere pink floydiane con "Four Hundred and Falling", con quella forte aura malinconica che fino a metà brano ancora una volta sembra cullarci e che nel finale cresce emotivamente aumentando a pari passo, un interesse per una proposta che fin qui pareva piuttosto scontata, a dire il vero. Il finale però è da applausi. Come quelli che scrosciano per la lunghissima "Scars of the Interior" e i suoi quasi 14 minuti di parti arpeggiate, sognanti, ambientali; si dice a proposito, che il quartetto di Melbourne sia davvero forte dal vivo con parti visuali di grande effetto, da testarne insomma l'esperienza. Quello che mi convince della band è la capacità di coniugare la componente post con eleganti linee progressive dove i quattro musicisti sembrano trovarsi più a proprio agio. Fatto sta che, pur non essendo il sottoscritto un fan di offerte strumentali, qui mi lascio abbindolare dalle fughe rabbiose a cui seguono inevitabilmente lunghi ristoratori break atmosferici, che non fanno altro che prepararci ad un nuovo saliscendi musicale, ove la tecnica di questi aussie boys, viene fuori alla grande. Devo anche ricordarmi che questo 'Painted Mantra' è uscito sette anni fa, mica ieri. "Aesong" ha un fare quasi esotico a livello ritmico (ottima la batteria per la cronaca), quasi a condurci in una qualche isola al largo dell'Australia, con l'hammond comunque ad accompagnare con grazia e leggiadria, il comparto ritmico, qui vicino alle ultime prove degli Opeth, tuttavia ricordandosi che i gods svedesi hanno iniziato ad esplorare questo ambito ben dopo rispetto al "fungo gigante" di quest'oggi. L'ensemble continua a confezionare ottimi brani uno dopo l'altro: "Event Loop" è puro rock progressivo che ci porta a metà anni '70, con break affidati a basso e chitarra che a braccetto, ammiccano l'uno all'altro. Mancherebbe un vocalist ma questa volta voglio soprassedere e lasciarmi avvolgere dalla psichedelia di questa song o dalla successiva "Primaudial Soup", la cui batteria sembra quella in apertura di "Sunday, Bloody Sunday" degli U2, mentre a livello melodico, mi ha evocato un che dei Muse, inseriti comunque in un contesto più potente e coinvolgente. Lo ripeto, una voce avrebbe fatto le fortune di questo lavoro dal carattere cosi ondivago, stravolto peraltro costantemente da una marea di cambi di tempo. Se dovessi trovare un difetto, potrei dire l'eccessiva durata; quasi un'ora di musica filata, senza una voce, io la trovo sempre un'esperienza abbastanza sfidante, soprattutto in quei frangenti troppo meditabondi come può essere la prima parte di "Triptych". Poi fortunatamente il brano si muove dagli anfratti post rock e pestare maggiormente sull'acceleratore sfiorando il post metal con tanto di quella che mi pare anche una sezione d'archi. Ma c'è ben altro qui dentro, mille sfaccettature e dettagli che lascio approfondire a voialtri, godendo della performance di questi australiani che hanno ancora il tempo di inebriare i vostri sensi attraverso le decadenti note delle conclusive "Lunar Entanglement" e "Majestic Blackness", le ultime oscure perle di questo lavoro che a distanza di sette anni, non avete più alibi di lasciar andare. (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records - 2014/2021)
Voto: 75

https://mushroomgiant.bandcamp.com/album/painted-mantra

lunedì 21 giugno 2021

Repetita Iuvant - 3+1

#PER CHI AMA: Instrumental Post Rock
In soli sei mesi, i liguri Repetita Iuvant escono con due EP. L'avevano dichiarato che avrebbero fatto uscire una trilogia in un lasso di tempo alquanto ristretto. Detto fatto. Il trio di La Spezia torna con quattro nuovi pezzi che si vanno a sommare a quelle "Gusev", "Montalto" e "Sapradi", uscite a fine 2020, nel primo EP intitolato '3'. Chissà se anche qui è colpa del Covid e dei lock-down annessi, se la band ha partorito cosi brevemente queste due creature o se magari erano pezzi che già facevano parte della storia dell'ensemble spezzino. Comunque per chi non li conoscesse, i Repetita Iuvant, locuzione latina che, traslata ai giorni nostri, vuol significare che ripetere un gesto o un'azione può dare un beneficio, propongono un post rock strumentale che dalle soffuse note iniziali di "Sagiadi", giunge a quelle finali della lunga "Piuno". Quando si parla di post rock, è spesso lecito cadere nella tentazione di immaginare come sia la proposta della band ancor prima di ascoltarla e ahimè, molto spesso ci si azzecca pure. Ecco, la cosa avviene anche per i Repetita Iuvant, anche se la proposta del trio sembra decisamente più scarna e minimalista se confrontata a produzioni internazionali ben più pompate. Il che sembrerebbe confermato da una registrazione in presa diretta che non enfatizza certo i suoni, caratterizzati da una ricercatezza sonora non cosi acuita, vista la volontà della band di proporre tracce per lo più improvvisate. "Polloni" è un lungo pezzo di quasi dieci minuti che si perde in un giro di pensieri iniziali messi in musica, quasi un rimuginare interiore che lentamente si palesa attraverso una narrazione pregna di malinconia, con un pizzico di magia e un sound che di caratterizzante però ha ben poco, visti i classici riverberi del post rock, un approccio onirico ed una certa lentezza di fondo, tutte cose che rientrano nei dettami del genere. "Metloping" si conferma come propugnatore di un approccio minimal-vellutato, quasi si tratti di una schitarrata in compagnia di amici, davanti ad un bicchiere di vino con luci soffuse e un'aura malinconica palpabile che si annusa più pungente laddove il tremolo picking aleggia forte nell'etere. A chiudere '3+1' ecco la lunga "Piuno", una traccia che si affida all'abbinata batteria chitarra in una forma che definirei ancora piuttosto ancestrale (per non dire casalinga), soprattutto per ciò che concerne i volumi dei singoli strumenti. Un brano che ho francamente faticato a digerire rispetto ai precedenti pezzi, forse perchè apparentemente sembra quello con meno passione anche se alla fine risulterà il brano più sperimentale. Attendiamo ora il terzo capitolo per capirne qualcosa di più di questi Repetita Iuvant. (Francesco Scarci)

I Repetita Juvant sono una trio proveniente da La Spezia che associa una filosofia lo-fi di registrazione con i classici canoni stilistici della musica post rock, quella più sognante ed eterea. In questo secondo disco intitolato semplicemente '3 + 1', si mette in evidenza una certa propensione per la musica liquida, fatta di atmosfere unicamente strumentali, che si incastrano tra qualche malinconica sospensione dei This Will Destroy You e certe teorie sonore degli Ulan Bator che hanno fatto storia, sviluppate in questo caso, da un trio anomalo formato da una batteria, una chitarra synth ed una chitarra elettrica. Da evidenziare anche un gusto assai personale per i disegni che animano l'ottimo artwork di copertina. La ricerca intentata nei suoni per tributare una certa matrice vintage e psichedelica, a mio modesto parere,  dà i suoi frutti solo in parte, visto che la veste naturale del suono viene così estremizzata, e in più momenti, sembra di essere di fronte, ad un demotape registrato in sala prove, cosa che penalizza l'ascolto dei brani che, al contrario, sono interessanti e pieni d'atmosfera. Il fatto di sperimentare sulla registrazione in tempi moderni è ammirevole, ma se il risultato fa implodere il sound nella sua totalità, la cosa fa un po' riflettere (il precedente lavoro intitolato semplicemente '3', non soffriva di questa carenza nella dinamica del suono). La sensazione è che siano buone cartucce sprecate solo per la presunzione di cercare la dimensione sonora di un tempo che non si può più ricreare. Altra nota in parte negativa che la registrazione scarna mette in evidenza, è una carenza nei bassi, ovvero la mancanza di un basso vero e proprio si rende troppo evidente, manca infatti qualcosa che renda il tutto eccellente, anche se ripeto, non voglio criticare la scelta stilistica e musicale ma semplicemente raccontare la mia emozione all'ascolto del disco. Quindi, alzato il volume, preso atto che non sentirò nessuna linea di basso in questo disco, mi affogo nel cristallino mare dei Repetita Iuvant, che non è mai banale e che pullula di idee, anche se non del tutto originali, ma comunque sono ben confezionate e suonate con ispirazione. Brani ipnotici, visioni filmiche di spazi immensi e luminosi, che vengono esplorati in queste quattro tracce dal taglio siderale, nudo e crudo, che avrei voluto sentire con una produzione totalmente diversa, più maestosa e cosmica, per un disco di tutto rispetto, pieno di ottime idee ingabbiate però, in una scelta di produzione a dir poco sotto tono. (Bob Stoner)


(Loudnessy Sonic Dream - 2021)
Voto: 66

https://repetitaiuvant.bandcamp.com/album/3-1