#PER CHI AMA: Post Metal, Cult of Luna, Isis |
Credo di avere sottovalutato quest'album e questa band, indi per cui devo fare immediatamente ammenda per la mia superficialità. Forse non mi convinceva un artwork troppo semplicistico o un sound che di primo acchito non ho trovato cosi cristallino causa forse suoni troppo impastati, mah. Fatto sta che invece 'Our Sky Has Changed' denota una certa conclamata maturità artistica dell'ensemble toscano, che conferma ancora una volta il buon stato di salute di cui gode la scena italiana, almeno a livello di uscite discografiche; tralascerei poi gli aspetti più puramente legati al music business. A parte questo, il debut dei Dawn on Sedna è un bel disco di post metal, contenente sei canzoni più la classica intro. I nostri partono con convinzione con "Amniotic Sea", una traccia sicuramente roboante a livello ritmico con una potenza da far tremare i polsi, al contempo con delle suadenti atmosfere ambient/post rock da brividi, in cui il vocalist modula un cantato che si muove tra il classico animalesco growling e qualcosa di molto vicino ai Fields of Nephilim. Davvero niente male. Soprattutto perché le cose vanno migliorando di brano in brano, in cui i nostri danno maggior spazio alla componente post metal/sludge senza tralasciare tuttavia le immancabili e fondamentali parti acustiche che stemperano la causticità di un suono profondo, infausto, dilatato, a tratti apocalittico ("The Rest"), dove la voce assolve ancora una volta un ruolo fondamentale nel rendere il tutto decisamente più armonico. L'arpeggio malinconico non manca in apertura di "Adlivun Rituals", una traccia straziante a livello emotivo, in cui Alex, dietro al microfono, offre una prestazione sofferente nella sua componente pulita, mentre la song cresce piano insieme ad una musica ipnotica e celestiale, grazie ai riverberi chitarristici in tremolo picking degli axemen, sussurri musicali che rendono questa monumentale song la mia preferita di un disco che ha ancora da regalare ulteriori sussulti. Penso infatti alla tribal/ritualistica “Five Degrees on the Sky Line”, una sorta di semi ballad, almeno la prima metà, post metal; poi le cose cambiano drasticamente e dalle sue morbide melodie iniziali si passa ad una disarmonica e caotica struttura conclusiva. Ultima menzione per la sferzante "Descending Path", malvagia quanto basta per affermare che i Dawn on Sedna sono una gran bella scoperta da tenere strettamente monitorata in futuro. Mea culpa, mea culpa, mea grandissima culpa. (Francesco Scarci)
(Self - 2016)
Voto: 75