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domenica 15 novembre 2020

Griffon - ὸ θεός ὸ βασιλεύς

#PER CHI AMA: Black/Death, Windir
Devo ammettere che quel titolo in greco mi aveva tratto in inganno, pensando che i Griffon fossero originari appunto della Grecia. Mi sembrava effettivamente strano che la Les Acteurs de l'Ombre Productions andasse a pescare fuori dalle mura amiche, ma vedendo i più recenti precedenti, pensavo fosse l'ennesima eccezione. I Griffon arrivano invece da Parigi e sono un quintetto di personaggi noti nella scena, visto che tra le fila si annidano membri di Moonreich, Grind-O-Matic, Neptrecus e A/Oratos. Fatte le dovute presentazioni, sappiate che 'ὸ θεός ὸ βασιλεύς' rappresenta il loro secondo lavoro, un esempio di efferato ma melodico black death. Il disco si apre con le spoken word di "Damaskos" e da li decolla con il suo vorticoso black metal, interrotto solo da un break acustico ove voci declamatorie si prendono la scena. Il pathos è elevato e contribuisce a distrarci per una decina di secondi dall'acuminata ritmica dei nostri, in grado di regalare comunque una cavalcata davvero ferale da qui alla fine, dove vorrei sottolineare gli azzeccatissimi arrangiamenti. La tempesta sonora ovviamente non si placa qui, ma prosegue anche con la dinamitarda "L’Ost Capétien" che, a parte segnalarsi per un attacco frontale da paura, si lascia apprezzare soprattutto per una forta vena orchestrale, una buona linea melodica ed un altro bel break acustico. "Regicide" è decisamente più compassata, con un inquietante incipit che lascia il posto ad un'andatura più ritmata, spoken words in francese, inserti melodici di scuola Pensees Nocturnes e altre varie scorribande chitarristiche in un brano decisamente altalenante. Ma questi sono i Griffon, ho già imparato ad apprezzarli per quello che sono con la loro capacità di fare male con quelle chitarre taglienti, con uno screaming costantemente lancinante ed una violenza in genere tarpata nella sua efferatezza da intermezzi acustici, rallentamenti parossistici e riprese ancor più violente. Ne è un esempio lampante "Les Plaies Du Trône", un pezzo che cavalca sonorità post black devastanti nella sua seconda metà, la cui sgaloppata mi ha ricordato qualcosa dei Windir. Delicati tocchi di pianoforte aprono invece "Abomination" e per pochi istanti mi godo una splendida melodia classica che stempera quella violenza da cui siamo stati investiti fino a pochi secondi fa. Il pezzo è apparentemente più contenuto nella furia distensiva, ovviamente stiamo parlando di poco più di un paio di giri di orologio prima che i nostri tornino a macinare alla grande granitici riff sparati al fulmicotone. Ma credo avrete già imparato a conoscere l'imprevedibilità dei cinque parigini, ed ecco quindi tocchi di pianoforte, porzioni corali e ripartenze deraglianti. Interessante poi come "My Soul Is Among The Lions" spenda i suoi primi 60 secondi a giochicchiare con le chitarre prima di lanciarsi in un solenne pezzo di black sinfonico dotato di splendide linee melodiche, forse il mio pezzo preferito. Un intermezzo ambient ci conduce alla conclusiva "Apotheosis", gli ultimi cinque minuti di un album convincente e coinvolgente, che non fanno altro che confermare la qualità sopra la media dell'ennesima band proveniente dalla vicina Francia. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2020)
Voto: 76

https://ladlo.bandcamp.com/album/--2

Towards Darkness - Tetrad

#PER CHI AMA: Death/Doom/Sludge
Il riffone che apre "Terraform", opening track di 'Tetrad', atto terzo dei canadesi Towards Darkness, mi fa pensare a sonorità post metal, fatto piuttosto inusuale per un'etichetta come la Solitude Productions. Eppure nello scorrere del brano, ed in generale nei solchi di tutto il disco, la proposta che viene fuori è proprio quella di un post qualcosa, sicuramente dotato di una forte vena doomish, ma comunque fuori dagli stilemi classici dell'etichetta russa. Compiaciuto della scelta del duo canadese, mi immergo nel sound dei nostri che dopo le sonorità post sludge dell'opener, ci accompagnano al prologo più space rock di "Weight of Years", un brano che combina un rifferama corposo (con growl annesso) con una buona dose di arrangiamenti affidati a delle ispirate tastiere. Come immaginavo però, il sound dei nostri, già da questa traccia prende sembianze più doom oriented, ma non è dopo tutto cosi tragico. La breve e spettrale "Forest" assolve al suo compito interlocutorio, collegandoci con la successiva "Evolution", forse la song più instabile del lotto, sicuramente quella che ho apprezzato maggiormente, in quanto nella sua linea melodica, percepisco un forte senso di irrequietezza che si riflette nel mio stato d'animo attuale e forse per questo la sento cosi vicino a me. "Evolution End" ha un inizio sinistro che si dipana attraverso un pezzo costruito su una coppia di riff essenziali, efficaci quanto basta però per instillare nella mia testa la melodia sprigionata da questo brano. "Structure" e "The Void" sono gli ultimi due pezzi di questo controverso disco, quelli che più degli altri si spingono in territori ancor più angusti al limite di un claustrofobico funeral sorretto però da ottimi arrangiamenti (soprattutto la seconda), che rendono la proposta del duo di Montreal per questo leggermente più accessibile di tante altre release nello stesso genere. 'Tetrad' è alla fine un album particolare, che necessita di svariati ascolti per poterne catturare l'essena. Tuttavia, quando ci si riesce, l'album non tradisce e svela ogni volta piccoli particolari di sè che lo rendono ogni volta più intrigante. (Francesco Scarci)

(Solitude Productions - 2020)
Voto: 70

https://solitudeproductions.bandcamp.com/album/tetrad

Benediction - Scriptures

#FOR FANS OF: Death Metal
This is a bit milder than 'Killing Music', their last release, but the riffs seem to be better. I think it's fair to say I've listened to the album enough to the point to where I can write a comprehensive review. I'd say that everything about this album is good. It's not overtly brutal, though the riffs are fresh. And it should not have taken 12 years before releasing anything that could've been released. However, 45+ minutes of music to making good death metal. Being a Birmingham based band, these guys have been around for a WHILE. It was actually Barney from Napalm Death's first band. Though I believe that they were a lot different back then.

I feel that 'Killing Music' and 'Scriptures' are going to be the only Benediction that I'm going to own. Not much of a fan of the older material, though I fully respect the band. The music on here is slow, but the riffs are totally fresh. And the vocals kick ass, they seep in deep into the music. I cannot say that there's a song on here that I dislike because I do like them all. I'm not too familiar with the band themselves because I only own two of their releases. But this one I feel is stronger than 'Killing Music' riff wise and also the production. They really seemed to piece everything together in tandem with the music and voice.

Production quality is top notch and I believe that's a little where 'Killing Music' wasn't as good in. But here we have strong members contributing to the music and voice. They really can belt out some great material. As a friend says: "SMOKES!!!", in response to the whole release. I'd second that. Everything seemed to be right in its place in terms of recording quality and music that's better than average. It's actually an "A" to me. The tempos aren't very fast, but hey! They did a great job with the riffs. Only a few solos, but not too bad. I feel that they ripped in every aspect. And it keeps the listener in key listening to it intensively.

I wanted to hear with this sounded like prior to buying the album and thought that it was good enough to buy the CD. But I collect CD's so that's what resonates with me. Most people nowadays just want what's on Spotify or YouTube. Yeah, you can listen to it on those fronts but I like the physical copies on my CD player. But yeah, they're really high up on here. Everything seems to fit into place all everywhere. Vocals, music, production, mixing and vibe. It totally slays. I would have to say that despite the wait for it, it was worth it. I'm looking to more releases like this from the band till they retire. Get it! (Death8699)

(Nuclear Blast - 2020)
Score: 78

https://www.facebook.com/Benedictionband/

giovedì 12 novembre 2020

Helioss - Devenir Le Soleil

#PER CHI AMA: Symph Black/Death
Dalla Francia, ecco arriva gli Helioss, compagine nata originariamente come one-man-band di Nicolas Muller, ora invece accompagnato da tal DM (un altro di quelli che ha almeno 27 progetti paralleli) e da Mikko Koskinen (dei Proscription) alla batteria. Il connubio di questi tre artisti ha portato al qui presente 'Devenir Le Soleil', un lavoro straordinario di black death sinfonico. Francamente non conoscevo la band e dato che questo è il quinto album, credo che mi andrò a ripescare i precedenti lavori visti i contenuti davvero ragguardevoli di codesto. Forte di una ottima produzione che esalta i suoni bombastici di 'Devenir Le Soleil', il disco è un susseguirsi di bombe di un estremismo metallico fatto di eccellenti orchestrazioni che esaltano un tappeto ritmico davvero dinamico, fatto di cambi di tempo da urlo e riffoni belli violenti. I nove brani si infiammano che è un piacere dall'esplosiva apertura di "...Et Dieu Se Tut", alla successiva "A Wall of Certainty", un pezzo che nella sua parte pianistica mi ha evocato gli austriaci Angizia. Per me godimento puro soprattutto per la capacità di saper variare offrendo una tempesta sonora abbastanza originale (i contatti con i nostrani Fleshgod Apocalypse non sono cosi scontati), dato che nel sound del terzetto non compaiono solo sonorità estreme. Se penso alle linee di chitarra di "The End of the Empire", ci trovo infatti puro heavy metal classico anche se poi la song va a scavare in meandri più oscuri ma altrettanto melodici, lanciandosi poi in cavalcate arrembanti e arabeschi spettacolari. Il disco per me è una bomba, ve lo scrivo e sottoscrivo. Basti ancora dare un ascolto a random alla più tiepida e controllata (almeno all'inizio) "Let the World Forget Me" o alla schizofrenica "Singularity", dove compare il violoncello di Raphaël Verguin (uno che abbiamo già trovato negli In Cauda Venenum o negli Psygnosis) e il violino di Elisabeth Muller. Ma le ospitate non terminano qui, visto che la title track (oltre 24 minuti di durata) vede la comparsata di un elevato numero di ospiti (provenienti da altre band) che si alternano dietro al microfono (ma c'è anche un percussionista ad affiancare Mikko) in una suite davvero da applausi (per cui sarebbe quasi un delitto poterne sviscerare i molteplici dettagli e la ricercatezza dei suoni), in cui poter apprezzare tutte le qualità musicali di questo eterogeneo collettivo di artisti, in un brano che oltre a richiamare in generale i maggiori compositori classici, chiama inevitabilmente in causa anche i Ne Obliviscaris e un vecchio disco dei francesi Kalisia ('Cybion'), in un pezzo incredibile che da solo varrebbe l'acquisto di questo lavoro che si candida a questo punto ad essere nella mia personale top ten del 2020. Complimenti! (Francesco Scarci)

mercoledì 11 novembre 2020

Fovitron - Altar of Whispers

#PER CHI AMA: Thrash/Symph Black, Septicflesh
Rimango sempre stupefatto quando tutto il mondo recensisce un disco e in Italia manco ci accorgiamo della sua uscita. Per fortuna nel Pozzo gli occhi rimangono costantemente aperti e dalla scena greca ecco emergere i Fovitron. Con un'assonanza nel nome ai Varathron mi aspetto francamente anche di ritrovare una qualche similitudine a livello musicale. Con grande curiosità inserisco quindi il cd nel lettore per poter scoprire qualcosa di più di questo 'Altar of Whispers', debutto sulla lunga distanza per il quintetto ateniese, dopo l'EP omonimo del 2017. Ad accoglierci la classica intro tastieristico strumentale che prepara il campo a "Inner Demons" e al suo lungo incipit atmosferico che dopo 90 secondi ci mostra finalmente la reale faccia dei nostri, ossia un black sinfonico scuola anni '90. Perchè dico questo? Semplicemente perchè nelle linee di chitarra di Fovitrus ci sento Emperor e Limbonic Art, sebbene il massivo uso di synth e keyboards ne affievolisca l'irruenza, inutile però negare che la song al suo interno presenti echi di "I Am the Black Wizards". E questo non vuole essere certo un punto a sfavore dei nostri, semmai delinea con maggiore certezza, le fonti influenzali dei cinque greci. "Dreading the Night" sembra dirci qualcosa di più, ossia che le radici dei Fovitron affondano comunque nel thrash primordiale dei Rotting Christ. Mi sembrava strano che non emergessero echi di quell'hellenic sound che è percepibile in tutte le band greche. A fronte di un riffing thrash metal, i nostri ne arricchiscono gli arrangiamenti con un sound più oscuro, con una buona linea melodica che rende la proposta, se volete più ruffiana, ma semplicemente più abbordabile nell'ascolto. E cosi, se all'inizio di questa recensione ipotizzavo un qualche punto di contatto con i Varathron, dopo una manciata di brani posso anche ammettere di non pensar male viste le affinità a livello sinfonico che si possono riscontrare tra le due band. Molto meglio comunque un pezzo come "Wasteland of My Dreams", aggressivo al punto giusto, dotato di una buona dose di orchestrazioni che ammiccano ai Septicflesh, ma anche ai Dimmu Borgir e Carach Angren, per un risultato che francamente, i fan del genere non potranno non apprezzare. Io sono uno di quelli che peraltro pensava che il black sinfonico, fatto salvo per una manciata di band, ormai fosse un genere ormai morto. Eppure, realtà come quelle di oggi mi dimostrano fortunatamente il contrario, che è sempre bello e straordinario esplorare il mondo sotterraneo e imbattersi in realtà come i Fovitron. E allora continuiamo a godere delle sinfonie di "Endless Whispers", una song che vede la partecipazione alla voce di Nancy Mos, vocalist dei conterranei e sconosciuti Fortis Ventus, autori di un unico EP nel 2017, scuola Nightwish. Fortunatamente, l'apporto di Nancy non è cosi massivo da oscurare lo screaming del vocalist Nuntius Mortis, si affianca e neppure in modo troppo invasivo. Esperimento riuscito. "Remembrance" è un pezzo con un sinistro incipit atmosferico sulla cui coda irrompe una ritmica forsennata, tastiere allucinate ed uno screaming strinato. Tutte queste caratteristiche eleggono questa song quale mia preferita del cd, forse per qualche implicito contatto con gli Old Man's Child che emergerà anche nella successiva "When Darkness Falls", un pezzo epico e sinfonico. Un'ultima citazione prima della chiusura, va a "The Deathbringer" con quella sua pomposa parte iniziale ancora di scuola Septicflesh ed un finale in costante crescita, davvero avvincente in quanto dotato di una certa vena vichinga. In chiusura "The Minstrel of the Icy Keep", un altro pezzo di scuola Sakis & Co. che stabilisce l'approdo dalla mitologica Attica di una nuova ed interessante realtà musicale. (Francesco Scarci)

(Alcyone Records - 2020)
Voto: 73

https://altarofwhispers.bandcamp.com/

Invernoir - The Void and the Unbearable Loss

#PER CHI AMA: Death/Doom, Novembre, My Dying Bride
È diventata ormai pratica assai diffusa da parte delle band nostrane di affidarsi ai russi della Solitude Productions/BadMoodMan Music, quando si tratta di produrre dischi death doom. Dopo gli (Echo), i Rome in Monochrome e i Silvered (giusto per citarne alcuni), oggi è il turno dei romani Invernoir, che con 'The Void and the Unbearable Loss' si presentano al pubblico con il loro debut su lunga distanza, dopo l'ottimo EP di un paio d'anni fa intitolato 'Mourn'. Il quartetto capitolino, che vanta nelle proprie file membri di Ars Onirica e Black Therapy, ci offre otto tracce inseribili appunto in un contesto death doom. Ce lo conferma immediatamente l'apertura affidata alla title track ove, grazie ad un riffing piuttosto compassato di scuola britannica (My Dying Bride e primi Paradise Lost insegnano) e atmosfere autunnali, i nostri ci regalano una traccia strumentale che, pur durando sette minuti, sa più di intro che di un pezzo vero e proprio. Le cose si fanno decisamente più interessanti con "The Path", che prosegue una melodia che mi sembra di aver già captato nell'opening track, e che dà sfoggio della voce dei due cantanti (il primo un ibrido tra scream e growl, il secondo ovviamente in pulito) e ci consegna atmosfere di "novembrina" memoria, facendomi avvallare con un cenno affermativo della mia testa, la proposta dei nostri. Si, mi piacciono, questo è il significato, nonostante peraltro la loro musica non sprizzi originalità da tutti i pori. Perlomeno ci provano con grande convinzione e non posso che apprezzarli anche nelle porzioni più dilatate del brano, soprattutto laddove salta fuori un violino dal nulla (a cura di Margherita Musto) che mi fa letteralmente scappottare dalla sedia, inoculando nel disco una poetica che fin qui non avevo lontanamente pensato di trovare. Questo mi spinge a guardare i nostri da un punto di vista differente anche se l'incipit di "House of Debris" mi fa ripiombare nei miei pensieri iniziali. Evidentemente alla band servono comunque un paio di giri di orologio per rimettersi in carreggiata per farci saggiare il loro lato migliore, quello che prende le distanze dal death doom più scolastico e si lancia in sprazzi di una maggior fruibilità, una più ampia drammaticità e melodia, soprattutto dove il quartetto torna a rievocare la band di Carmelo Orlando e soci. Nella successiva "Suspended Alive" sono echi di 'Brave Murder Day' dei Katatonia ad emergere invece dalla musicalità sempre ricercatamente malinconica dei quattro musicisti italici. "Cast Away" suona nella sua prima parte come una sorta di ballad con tanto di atmosfere vellutate e voce pulita per poi dar sfogo ad uno screaming incazzato in un'alternanza musicale e vocale che vedrà i nostri più volte far ritorno a quella morbidezza iniziale. Esperimento ben riuscito. Ma la compagine nostrana non ha certo intenzione di fermarsi qui e in canna ha ancora qualche altro colpo ben riuscito che rendono questo lavoro un album di una certa rilevanza artistica: "The Burden" è il primo con la sua ottima ritmica, le harsh vocals del cantante ed una melodia di fondo sempre piacevole. Se "At Night" non mi fa proprio impazzire per la sua vena più orientata al funeral, mi lascio conquistare dalla seducente e conclusiva "The Loneliest", un pezzo che in alcuni tratti strizza l'occhiolino ai Saturnus, e che sancisce le qualità eccelse di una band da tenere assolutamente sotto stretta sorveglianza. (Francesco Scarci)

(BadMoodMan Music/Funere - 2020)
Voto: 75

lunedì 9 novembre 2020

Mammoth Grinder - Cosmic Crypt

#FOR FANS OF: Death Old School, Dismember
This album has an odd twist to it some strange genres mixed into one. But I thought it to be a solid release. I may be interested in their earlier material. I think that their "style" is pretty unique. Strange sort of atmospheric sound to the songs. But the music is wholly original and worthwhile, hence the "B-" rating. I think that they made something happen here as guttural but unique release! The leads aren't the greatest, I tended to favor the music over everything. The vocals are hoarse and they fit the music well. I liked the album pretty well. There weren't many songs that I disliked.

The riffs were unique and heavy. The whole aura of the album was eerie. I like it. The production quality could've been better but it is what it is. No one knows what happened to this band. It's a shame because they really had a lot to offer musically. The songs on here were pretty much like Dismember's 'self-titled' album. The main riffs that is. But they mold it into their own. I really like this band. Wish that they wouldn't have disappeared. There's so much that they have to offer. And the fact that their music is pretty original and noteworthy. I like how they put their songs together.

The production quality is the only thing that I took points off of as well as the leads. But the rhythm guitar is pretty well played out and heavy. I thought that from start to finish 'Cosmic Crypt' hit home with me! They really do a good job at orchestrating sounds. And the fact that they are their own unique style. I thought that there was nothing really that they needed to change on here. Just take out the leads pretty much because they were loud and screechy. Other than that, a great release! I think that unless they make a comeback, they'll leave it to this one as being their outro release.

You might be able to find this one on YouTube or Spotify. I'm sure that's possible. I bought the CD. But that's because I'm a CD collector. And it was worth it. I didn't think much of the album when I first heard it till I played it a few more times. The music is great on here. Just HEAVY and brutal. They put everything together very well. The vocals never changed throughout the release and the musical tempos were similar on each song. But they're very likeable, weird but OK. I showed the band support by buying their CD. I didn't know what to expect but it turned out to be good! Check them out! (Death8699)


Varde - Fedraminne

#FOR FANS OF: Black Folk
The Norwegian trio Varde was founded three years ago by musicians with, at least for two of them, a previous background in the metal scene, being especially linked to the black metal scene in Norway. I especially think to Nord, currently involved in the return of the excellent Russian band Tvangeste. In its short existence the band has been quite active releasing two singles, one promising EP and the recently debut album 'Fedraminne', which has been released by the always reliable label Nordvis Produktion.

Varde’s core sound is firmly rooted in the black metal genre, though the Norwegian folklore has a primordial influence both in its lyrics and the music itself. Moreover, the band has not fear to introduce some unusual influences which enrich its music. The debut album 'Fedraminne' is a mature evolution of those ideas, which have been represented in eight songs, with a quite interesting degree of variety. This remarkable diversity may surprise the unprepared listener in certain moments. Varde’s style has a raw nature in its heaviest moments, with some powerful riffs and a remarkable vocal performance with some vicious screams. Anyway, we will taste through the album a combination of influences and approaches, both in the vocal department with the introduction of different types of clean vocals and rhythmically with the introduction of different arrangements. The evocative opening track, "Kystbillede del I" is a nice first example of it, with an excellent mixture of delicate keys, great riffs and a different range of vocals. We can also find more straightforward tracks like "Halvdan Svarte" or the more extreme one "Forbundet", which show Varde’s rawest face, with a high dose of aggression in the later one. The more surprising homonymous song shows in contrast the most experimental side of Varde, where we can find acoustic guitars, saxophone leads and folk influenced clean vocals, which create a totally different composition. Surprises don´t end here as a song like "Skuld" could confuse us with its industrial and martial sound, bringing us back those industrial black metal influences. The track itself is a good piece, though I must admit it may sound a little bit out of place in comparison with the general tone and conceptual background of the album. The closer song, "Kystbillede del II", is a nice summary of the album, combining atmospheric touches, experimental details and a more blackish and aggressive second half. In this final section both influences converge lead by ferocious vocals and a faster pace, until the rhythm decreases and the initial experimental and quiet introduction returns, making this song a remarkable way of ending this debut album.

All in all, 'Fedraminne' is a good work with some truly interesting and even genuinely surprising moments, which make the listener be reasonably excited with every song that comes next. This is always good when the quality is high and in general terms, Varde has created a fine release, which should help them to receive some attention from the scene. (Alain González Artola)


(Nordvis Produktion - 2020)
Score: 76

https://vardeband.bandcamp.com/

domenica 8 novembre 2020

Well of Night - The Lower Planes of Self​-​Abstraction

#PER CHI AMA: Black Metal
Nati dalle parti di Dayton in Ohio, i Well of Night sono un quartetto in giro dal 2015, che ingloba nelle proprie fila membri di Tryblith, Engraved Darkness ma anche un ex membro degli storici Acheron. La proposta musicale di questo 'The Lower Planes of Self​-​Abstraction', primo full length per i nostri dopo un EP uscito nel 2016, converge verso un black melodico, sorretto peraltro da un'ottima produzione che rende il suono gonfio e potente. Sei i brani a disposizione per saggiare di che pasta sono fatti i nostri. E la furente opener, "Black Alder Sacristy", ci mostra sin da subito l'aggressività di cui è dotato il quartetto statunitense. I nostri combinano infatti chitarre ringhianti sparate a tutta birra, interrotte da break più ragionati, in cui le sei corde si concedono in formato tremolo picking, regalando sprazzi di melodia, sui quali si stagliano le screaming vocals di Max Otworth. Il risultato, per quanto scarseggi in termini di originalità, ha comunque un suo perchè, soprattutto nella parte conclusiva del pezzo, dove le ambientazioni orrorifico/angoscianti hanno la meglio su tutto il resto. La delirante ritmica di "Allegiance to the Barren Lands" chiama in causa per destrutturazione, i Deathspell Omega, anche se i francesi rimangono un paio di spanne sopra, semplicemente perchè i Well of Night prendono altre strade che vedono comunque il sound saturarsi in modo quasi esagerato. Muri ritmici invalicabili riempiono cosi le nostre orecchie con funambolici giri di chitarra e maledettissime harsh vocals che trattano tematiche legate a stati emotivi distorti e allucinati. La proposta del combo si fa intrigante, soprattutto laddove la band associa al black una bella dose di doom a rendere il tutto non proprio cosi banalmente prevedibile come credevo inizialmente. C'è intelligenza musicale dietro le note di questo lavoro, che si palesano nella violenza maligna di "Doctrine of Futility and Human Extinction", un'altra scheggia di violenza che vede una tempesta di blast beat, basso e chitarre abbattersi sulle nostre teste, con i vocalizzi abrasivi del frontman che completano un quadro di suoni vorticosi, mefitici ed infernali di grandissimo impatto. Sempre meglio direi, con la consapevolezza comunque che i nostri non hanno certo scoperto l'acqua calda. Con semplicità e naturalezza, i quattro musicisti americani costruiscono un sound credibile, solido ed interessante che ha ancora modo di dire la sua attraverso le note della rutilante ma forse un po' più elementare (e ridondante da un punto di vista ritmico) "Ritual of the Seven Shrines". Molto meglio invece "Apex and Eschaton", con i suoi cambi di tempo marziali, i suoi ammiccamenti agli Emperor, ma anche ai Carach Angren (ovviamente deprivati della componente orchestrale). Qui però c'è un sorprendente break centrale che cattura l'attenzione dell'ascoltatore e ci dirige con il fare pungente delle chitarre verso strani lidi psichedelici, prima di ritornare sulla rotta maestra del black. In chiusura, i dieci minuti abbondanti della tenebrosa "Ossuary of the Fallen Snow", song dotata di una notevole spinta melodica che le permettono di fissarsi immediatamente nella testa, sebbene nella sua progressione dirompente, il black dei Well of Night sembri deragliare in porzioni più death metal oriented, soprattutto quando i nostri decidono di osare e spararci in faccia un assolo da paura che mi provoca un godimento esagerato, spingendomi a dire che il prossimo lavoro di questi quattro individui dovrà essere necessariamente una bomba. Per ora il debutto dei miei nuovi paladini del black a stelle e strisce è un qualcosa che merita decisamente una chance da parte vostra, per il resto, cari Well of Night, vi dico fin da adesso che mi aspetto un nuovo lavoro scrostato dalle imperfezioni qui riscontrate, con una dose di originalità ben maggiore che vi permetta di fare un prepotente ingresso nell'elite del black metal. Bravi, mi siete piaciuti. (Francesco Scarci)

(Self - 2020)
Voto: 74

Starless Domain - ALMA

#PER CHI AMA: Cosmic Black
Gli Starless Domain li abbiamo incontrati già un paio di volte lungo il nostro cammino e io li ho particolarmente apprezzati quanto lo scorso anno fecero uscire quasi in contemporanea, 'EOS' e 'ALMA', quest'ultimo però solo in formato digitale. La Aesthetic Death, presasi in carico dell'uscita in cd del primo lavoro, ha pensato bene di rilanciare in questo 2020, anche il secondo, che riparte dalle medesime coordinate sonore che avevo già apprezzato in 'EOS'. Stiamo parlando di un black cosmico che si palesa nei 44 minuti dell'unica traccia qui contenuta. Facile pertanto per il sottoscritto descrivere i contenuti di "Alma" che rispetto al precedente album, perde forse in imprevedibilità e ci consegna un lungo e reiterato black fatto di sonorità terrificanti. Questa è la prima parola che mi sovviene durante l'ascolto, in quanto quelle urla che si dipanano in sottofondo, mi fanno immaginare a quelle dei dannati imprigionati nell'Inferno dantesco o se vogliamo rifarci ad un paragone più attuale, a tutti coloro nel mondo che oggi sono bloccati nelle loro case dal lockdown. È pertanto pauroso quindi l'effetto che ne deriva, mi angoscia, mi attanaglia la gola, l'ansia cresce frenetica e non bastano francamente quei break atmosferici, a base di elevate dosi di synth, a stemperare il delirio che nel frattempo è esploso nei miei emisferi cerebrali. Ancora una volta la musicalità disturbante del trio dell'Oregon si rivela poderosa, ma non so francamente se a questo punto sono ancora cosi predisposto ad ascoltarla. Detto questo, confermo le ottime impressioni che avevo palesato ai tempi di 'EOS', certo è che l'ascolto diventa sempre più complicato in questi folli tempi di morte. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2020)
Voto: 75

https://starlessdomain.bandcamp.com/album/alma

Sibireal - Blood Color Sky

#PER CHI AMA: Thrash Black
Ogni giorno mi rendo sempre più conto di quanto sia infinito l'underground musicale. Dalle zone dell'Altai, la porzione siberiana al confine col Kazakistan, ecco arrivare il quartetto dei Sibireal e il loro immaginario thrash black. La proposta dei quattro russi è sicuramente molto particolare, schizoide mi verrebbe da dire. Se l'intro "Aktilirauw" potrebbe somigliare più ad un rituale sciamanico, la successiva title track sembra mostrare i deliri schizofrenici di cui la compagine di Biysk sembra essere affetta. La proposta è infatti una carneficina di urla iraconde che poggiano su ritmiche tipicamente thrash metal per un effetto dapprima disturbante ma che comunque mostrano il loro perchè. Niente di rivoluzionario sia chiaro, però mi sento di dire che non va necessariamente bollato come negativo cosi di primo acchito. Al suo interno è pure frequente fare incontri con il punk/hardcore ma non solo, visto che, cosa più sconvolgente, ci ritroviamo aver a che fare anche con quegli evocativi cori che si trovano poi in "Through the Pain", che mescolano le carte in tavola. Diciamo che il problema dei Sibireal risiede forse nel non aver ancora messo a fuoco la direzione che i nostri vogliono intraprendere in quanto c'è un po' di marasma sonoro e ancora una certa immaturità che probabilmente ne penalizzano il risultato finale. "The Way of Ego" è un pezzo black che probabilmente risulterà più interessante per ciò che concerne le liriche che trattano temi di psicanalisi legati alla conoscenza di se stessi. Anche "Giennah" è ancora un po' troppo scolastica per quanto l'assolo non sia affatto male. Gli altri pezzi qui contenuti, lasciano presagire una certa vena di follia, ma per ora francamente il tutto è ancora in fase di maturazione, considerato che la stesura dei brani (fatto ovviamente salvo per la cover dei misconosciuti thrashettoni ucraini Fatal Energy) risale addirittura al periodo 2008-2010. E allora sarei un po' più curioso di sapere come suonano i Sibireal oggi e vedere in 12 anni quali progressi siano stati fatti. Per ora niente più che un'ordinaria sufficienza. Ma mi aspetto decisamente di più, pena una fragorosa bocciatura. (Francesco Scarci)

(GrimmDistribution/Wings Of Destruction - 2020)
Voto: 60

https://grimmdistribution.bandcamp.com/album/063gd-sibireal-blood-color-sky-2020

Intaglio - S/t

#PER CHI AMA: Funeral Doom
A distanza di 15 anni dalla data del rilascio ufficiale del debut album dei russi Intaglio, la Solitude Productions ha pensato bene di tornare a riproporre quel lavoro completamente remixato, con un nuovo artwork, un interludio in più e i titoli delle canzoni tradotte in inglese (tanta roba insomma). Era il 15 ottobre 2005 allora, è il 15 ottobre 2020 oggi, quando la release ha spento le sue prime 15 candeline. Per chi non li conoscesse e per chi non avesse mai avuto a che fare con la label russa, beh sappiate che fra le mani abbiamo un discreto lavoro di funeral doom, che parte dalle abissali sonorità di "Dark Cherry Day" che per 12.57 minuti (13 secondi in meno della traccia originale), ci spingono nel profondo con le catacombali atmosfere create dal combo originario di Orël. Gli ingredienti inclusi in questo lavoro sono inevitabilmente i soliti, con le classiche ritmiche a rallentatore, le voci dall'oltretomba e qualche lungo frangente acustico che stempera una pesantezza a tratti sfiancante per quanto desolante essa sia. Il brano non disprezza nemmeno una certa vena melodica, chiaro che per chi non mastica il genere, non è che sia cosi facile avvicinarsi ad una proposta cosi conservatrice. "Interlude" lega con la sua placida malinconia strumentale il precente pezzo con "Solitude", per un'altra estenuante song di nostalgica battaglia interiore. Oltre dodici minuti di sonorità opprimenti che seguono sulla falsariga, quanto tracciato dal precedente brano, insomma la colonna sonora ideale per chi è rimasto recluso in casa in uno dei tanti lockdown sparsi nel mondo e stia vagamente pensando a farla finita. Ecco, "Solitude" credo che potrebbe dare la giusta spinta a tutti coloro che si trovano in tale situazione di equilibrio precario, quindi vi prego, maneggiate con cura e se non siete proprio dell'umore giusto, beh forse è meglio posticipare l'ascolto degli Intaglio a tempi migliori. Soprattutto perchè a rapporto mancano ancora gli angoscianti dieci minuti di "Wind of Autumn" (nella sua versione originale peraltro ne durava più di 17): la song parte piano con lievi tocchi acustici che lasciano ben presto il posto ad un riffing marcato, pesante, plumbeo quanto basta per darci il colpo di grazia definitivo e farci sprofondare nella disperata mediocrità della nostra vita. Amen. (Francesco Scarci)

(Solitude Productions/Weird Truth Productions - 2005/2020)
Voto: 68

https://intaglio.bandcamp.com/album/intaglio-15th-anniversary-remix

sabato 7 novembre 2020

Wobbler - Dwellers of the Deep

#PER CHI AMA: Symph Prog Rock
Gli Wobbler sono una band spettacolare, eccellenti musicisti e straordinari compositori di melodie complesse, assai intricate ma sempre fluide. La loro musica è avvolgente, luminosa, e porta, come pochi altri, i segni di quel progressive rock che ama stupire e far sognare. La band di Oslo mostra anche un lieve tocco glamour, un portamento intellettuale e leggermente epico e quanto serve di trasgressivo, un velato apparire folk che ricorda molto le opere ipnotiche de Le Orme, sfoderando poi tecnica sopraffina che dal lontano 1999, ha creato musica ad alto interesse, sfociata negli anni in ben cinque album di carattere. Cercate per farvi un'idea, il video su youtube "Dwellers of the Deep" che dà il titolo all'album, e capirete di quale caratura artistica è dotata la band. In questa nuova avventura, uscita tramite Karisma Records (geniale come sempre nel scegliere le sue band), i cinque musicisti norvegesi si rendono ancora una volta degni prosecutori e orgogliosi portatori del verbo musicale che fu parola di mostri sacri come Yes, Gentle Giant, Genesis, Van der Graaf Generator, ELP e i più recenti Anekdoten, con i quali condividono lo spirito di innovazione dentro un genere che ai più risulterebbe riciclato o addirittura plagiato. Gli Wobbler suonano la musica del passato in maniera totalmente personale, pesando i suoni e le partiture in modo tale da non farle apparire obsolete e farle apprezzare ai fans del prog rock di vecchia data cosi come agli estimatori di certo neo progressive di stampo più moderno (Marillion, Porcupine Tree, Beardfish). I brani sono elaborati e di notevole durata, come l'apertura in pompa magna di "By the Banks", che non lascia dubbi sul tipo di scrigno magico che si aprirà alle nostre orecchie nell'ascoltare quest'opera. La versatilità di un brano che evolve continuamente in un flusso costante di melodie e fraseggi capitanato da una voce impeccabile che ricorda molto le particolari tonalità del mitico Jon Anderson. Scambi e intersezioni, variazioni e chiaroscuri sono all'ordine del giorno per questo quintetto che si prodiga in composizioni ricche, corpose e suonate con variegati strumenti. Galoppate micidiali, slanci sinfonici e collegamenti con l'hard rock convivono in perfetta armonia nel brano "Five Rooms", mentre il barocco ed il romanticismo si uniscono in "Naiad Dreams", ballata sofisticata dai toni morbidi, sognanti e psych folk, tra aperture floydiane ed il primo Re Cremisi (King Crimson/ndr). Menzione a parte per "Merry Macabre", con il titolo che già infonde curiosità e dove la band si abbandona ad una magnifica suite multicolore e multiforme che supera i 18 minuti di durata. Un' immersione a tutto tondo nel mondo del prog rock di tutte le epoche pienamente riuscito, con l'aggiunta di accenni cosmici vicini a certa psichedelia di scuola Ozric Tentacles e qualche incursione nel mondo surreale ed irraggiungibile degli Univers Zero. Alla fine devo ammettere che questo album è una vera delizia, saturo di mille influenze e stili, delicato, sognante, a volte drammatico e graffiante, imprevedibile come deve essere un perfetto album di rock sinfonico e progressivo. Contenuti sonori di alto rango con tematiche trattate nelle liriche che parlano di meraviglia, desiderio e disperazione per un viaggio introspettivo attraverso i ricordi e le emozioni del sentire umano. (Bob Stoner)

Hell:On - Scythian Stamm

#PER CHI AMA: Death/Thrash, Nile, Melechesh
Bombaaaa... e non stiamo certo parlando della hit di King Africa, ma del nuovo lavoro degli ucraini Hell:On, il sesto per essere precisi. 'Scythian Stamm' è un attacco frontale di death thrash senza tanti fronzoli ma con un'intensità davvero come pochi. Ragazzi io sono ancora frastornato dalla furia annichilente dell'opener "Spreading Chaos" (e dal suo brillante coro), un pezzo che lanciato alla velocità della luce, ha un effetto frantuma ossa, nonostante il quantitativo esagerato di melodia che sgorga dai suoi riff. Per non parlare poi degli spettacolari arabeschi che qua e là emergono lungo il brano. Pazzeschi. Una sorta di Melechesh del death metal con una minor influenza mediorientale ma con una intelligenza musicale ben superiore a mio avviso. E non è solo legato al primo pezzo perchè il tutto si conferma anche nelle note della seconda "The Architect's Temple", forse anche meglio. La tempesta ritmica che si abbatte sulle nostre teste è granitica ma comunque attenuata dalle melodie onnipresenti, che in fase di assolo assumono le sembianze di un heavy classico da URLOOOOOO. Ragazzi, smettete di ascoltare qualsiasi altra cosa e concentratevi su questo 'Scythian Stamm', mi sa che siamo in odore di top album dell'anno per il genere, almeno per il sottoscritto. Album memorabile di cui ne prescrivo obbligatoriamente l'ascolto. E le cose sembrano migliorare di brano in brano con la terza "Ashes of Gods" che sembra più imbrigliata di sonorità Middle East in una sorta di riproposizione degli Orphaned Land più ispirati. Mi piace il tiro delle chitarre (qui più compassate), l'amalgama con basso e batteria e ovviamente anche il ringhio del vocalist, nonchè il lavoro eccelso dei synth a costruire spettacolari parti atmosferiche. Citavo inizialmente l'eccelso livello dei cori, e "Under The Protection From Beyond" oltre a livello musicale, si conferma accattivante soprattutto a livello corale. Certo che poi quando gli axemen decidono di fare i fenomeni della sei-corde non ce n'è davvero per nessuno. Tutto passa in secondo piano e rimango assorbito dal fascino miracoloso dei cinque musicisti di Zaporizhia che in questa song oltre ad inglobare influenze di Nile, Melechesh, Vader, Morbid Angel, sento anche un che dei Pestilence di 'Testimony of the Ancients'. Ma lo spettacolo non finisce certo qui perchè "Movements of the Godless" sfodera quantitativi esagerati di epiche orchestrazioni scuola Xerath/Dimmu Borgir, fate voi, anche se poi la ritmica somiglia più al suono di un cingolato con il drumming in particolare, vicino alla velocità della classica contraerea, con un suono peraltro frastagliato e detonante. Potrei utilizzare decine di righe per descrivere la qualità eccelsa di questo brano ed in generale dell'intero lavoro, ma ve le risparmio e a questo punto mi limito a darvi gli ultimi consigli per un ascolto accurato. Se "The Denial Of Death" sembra configurarsi come un classico del death metal, beh non fatevi fregare perchè le colate chitarristiche potrebbero ricordarvi gli inglesi Akercocke mentre per la componente sinfonico orchestrale, i richiami potrebbero andare ai nostrani Fleshgod Apocalypse, con la sola differenza che io preferisco gli Hell:On, vi basta questa come referenza? C'è comunque ancora tempo per farsi sorprendere dall'inquientante incedere di "B.S.B" e dall'utilizzo di una strumentazione più mediterranea (mi sembra addirittura di sentire uno scacciapensieri) che sembra ritornare anche nell'effervescente "Whispers Of The Past Yet To Come", un altro pezzone a mio avviso forte sotto ogni aspetto melodico strumentale. Mi ero ripromesso di non fare un track by track, eppure 'Scythian Stamm' sembra non lasciare scampo, indi per cui posso ammettere che se avessi potuto fare a meno di una song, quella sarebbe stata "Roaring Silence", meno avvincente delle altre, che in un qualunque altro album però farebbe la sua porca figura, soprattutto a livello solistico (mostri i due chitarristi). In chiusura la deflagrante "My Testament" che obbliga il sottoscritto ad ascoltare l'intera discografia degli Hell:On e se necessario fare incetta dei loro dischi. Ah, l'obbligo è valido anche per tutti voi, sono stato sufficintemente chiaro? (Francesco Scarci)

(Hell Serpent Music - 2020)
Voto: 88

https://hellonband.bandcamp.com/album/scythian-stamm