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lunedì 11 marzo 2024

Skeletal Remains - Fragments of the Ageless

#FOR FANS OF: Brutal Death Metal
Heavily DEATH and OBITUARY influence like the previous recordings ('Devouring Mortality' & 'The Entombment of Chaos'), they have more of their own sound to them on this release. The vocals are a little bit different too, less echo and reverb, just a grueling sound. The last two releases have been solid, and this one is definitely another "winner" so to speak. The leads are chaotic, the rhythms are chunk filled, and the recording quality is top-notch. These guys put together one creative platter for us death metal fans to incorporate it. Take the last two releases, put them combined into two, and then you have this one ultimately creative. Also features a Hate Eternal cover song entitled "Messiah of Rage."

This release is pretty fast metal all in all and it's tight. This one is definitely a "screamer." They seemed to be on the cutting edge and more mature than the previous two releases. This one is another 45 minutes in length and by no means is it "boring." High energy and great riffs.

I'm not one into lyrics in metal, just as long as the music is good, and the production quality is awesome, then I'm totally locked in. Anyway, the whole bulk of this album is interesting when you pick apart the riffs. Very good musicianship all the way through!

I like the crunch tone guitar sound. And the leads are highly technical and a tad bit of reverb/delay on those navigating through the fretboard. The ultimate quality in sound, and the drums sound great. I dug this whole album, it was an entire masterpiece. Nothing to take away or add to it, the whole album is superb. I caught onto the fact that this album is utterly brutal. They really seem not only to be maturing, but also taking death metal to new heights. I would say that they're constantly maturing. They're taking it a step more brutal each succeeding release. And the guitars are done with ultimate precision! These native Californians sure as hell upped the brutality and are coming into their own, especially on here! (Death8699)


A/Oratos - Ecclesia Gnostica

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Non sembra ci sia voglia di cambiar politica in casa Les Acteurs de L’Ombre Productions, della serie squadra che vince non si cambia. Eppure, a un certo punto, inizierei a cercare qualcosa di più originale per evitare di incancrenirsi con proposte che rischiano di divenire un po' troppo scontate. Oggi mi trovo di fronte i parigini A/Oratos che provano a mischiare un po' le carte, muovendosi comunque nel panorama black di casa. 'Ecclesia Gnostica' è il loro primo album su lunga distanza, dopo l'EP 'Epignosis' uscito nel 2019. Ora, dopo un covid di mezzo, la band torna finalmente a far sentire la propria voce con sette nuovi brani che si muovono nei meandri di un black glaciale, contrappuntato da una vena mistico-esoterica che si declina attraverso alcune parti vocali salmodianti in un po' tutti i pezzi. Si parte dalle ritmiche infuocate dell'opener "Le Hiérophante", guidate comunque da una discreta ed epica melodia di fondo e dal dualismo vocale (black/pulito) di Aharon (che abbiamo peraltro avuto modo di incontrare recentemente anche con i suoi Griffon). Diciamo che se non ci fossero state queste parti declamate in francese, avrei tagliato corto nella recensione, descrivendo i nostri come una delle tante band seguaci dei dettami Swedish black dei Dark Funeral. Fortunatamente, ci mettono del loro e in quel caos sonoro generato, riescono addirittura a carpire la mia attenzione. Penso al pacato arpeggio che apre "Deuteros" e che ci dà modo di prender fiato dopo il martellamento asfissiante delle prime tracce. Poi la song prosegue tra le maglie sghembe di un black sinistro (o "gnostico", cosi come definito dalla band stessa). Ancora meglio, citerei le orchestrazioni adoperate nell'incipit di "Le Septième Sceau" (o nell'atmosferica "Ô Roi Des Eons"), un brano le cui trame chitarristiche evocano in un qualche modo la musica classica, un po' come fatto in passato da Dispatched o Windir, cosi come da sottolineare, c'è pure più ampolloso passaggio dai tratti sinfonici. Quello su cui lavorerei ora è una maggior ricerca di originalità, che già emerge a tratti nell'evoluzione di questo disco, ma che rimane spesso ancorata alla brutalità delle ritmiche. Per il resto, la strada imboccata sembra quella giusta, ma qualche accorgimento lo prenderei per il futuro. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2024)
Voto: 70

https://ladlo.bandcamp.com/album/ecclesia-gnostica

Maledictive Pigs - Bloodshed

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Brutal Death
Alla prima occhiata di copertina mi son detto: "...chi cacchio sono questi Maledictive Pigs???" In effetti non avevo mai sentito prima parlare di questa brutal death band teutonica giunta con questo 'Bloodshed' tagliava il traguardo del terzo album (su quattro totali/ndr)! Già, terzo album... devastante terzo album. Questi quattro tedeschi infatti si giostrano molto bene in un'eccellente brutal d'assalto che fonde le sue basi su bands come Deeds Of Flesh, Anasarca, primi Sinister e qualcosa dei primi Krabathor. Il risultato della proposta è interessante, soprattutto perché ben curato dal lato tecnico e sulla produzione, decisamente superiore alla media. Non ci sono pezzi che figurano più di altri, tutto il disco si ascolta piacevolmente senza mai annoiarsi. Maledictive Pigs rules!

Lamentu - Liack

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Questa fu la terza produzione della Inch Prod., etichetta guidata dal sommo Agghiastru (Inchiuvatu, La Caruta Di Li Dei, Astimi, Visina, Ultima Missa, tanto per citarne alcuni): si trattava del debut album dei Lamentu che, dopo due interessanti demotape ('Erva Tinta' del ’98 e 'Aggrissu' del ’99), giungevano all’obiettivo della pubblicazione di questo 'Liack'. Insolito e affascinante è il concept lirico di questo progetto che vede Liotrum alla voce, alla chitarra e alle tastiere, Ummira al basso e Jafà alla batteria e alle percussioni (in sostituzione di Agghiastru). È infatti loro intenzione portarci nel regno di Liack governato dal demone Liack-Aru e situato nell’Africa nera. I testi (fatta eccezione per un paio di versi in inglese) sono tutti in dialetto siciliano e anche questo disco conferma (come le prime due uscite Inch Prod.) come tale dialetto sia adatto al metal estremo per via della sua cadenza dura e ormai marchio di fabbrica della "Mediterranean Scene". È trascinante e personale il mix musicale dei Lamentu: thrash/black/death supportato da un riffing coinvolgente in cui appare sempre una ben evidente linea melodica in stile mediterraneaneo. Il primo brano, "Trasuta", è un breve strumentale atmosferico che efficacemente ci trasporta verso il regno di Liack; già dal secondo, la title track, compare una delle caratteristiche principali della band, consistente nell’uso di percussioni etniche che ben si amalgamano nel concept generale e nel sound che è composto anche da efficaci melodie orientaleggianti, atmosferici mid-tempo e frequenti armonizzazioni delle melodie. L’ultimo brano “Demons In The Liack-Aru’s Slumber" ha il compito di trasportare l’ascoltatore tra i demoni che affollano il sonno di Liack-Aru tramite oscuri e ipnotizzanti campionamenti. La maggior parte dei pezzi di 'Liack' erano già presenti nei due demo della band e la struttura di questi brani è rimasta pressoché immutata. Ci sono comunque delle differenze che vorrei far notare tra lo stile della band ai tempi dei demo e quello attuale: nei demotape era più diffuso l’uso della tastiera (e compariva anche un flauto) e aveva un effetto più fascinoso, sognante e spiritato. D’altro canto, su 'Liack' è aumentato l’uso delle percussioni per le parti tribali; sarebbe stato ancora più interessante se insieme a quest’ultimo elemento si fossero trovati anche quegli interessanti arrangiamenti di tastiera e flauto tanto riusciti sui demo. Le parti vocali di Liotrum sono all’altezza della situazione e sono molto migliorate rispetto ai demo. Due parole sulla produzione: anche questo disco, come tutti quelli targati Inch Prod. gode di una produzione veramente underground (e completamente autogestita dalla band e da Agghiastru) che penso sia adatta ed efficace. Molto attento e curato è l’artwork del booklet in cui ci sono anche importanti informazioni su tutti i gruppi della "Mediterranean Scene". Con questo disco la Inch Prod. mise a segno un importante obiettivo: l'avanzamento della Mediterranean Scene!

sabato 9 marzo 2024

Luring - Triumphant Fall of the Malignant Christ

#FOR FANS OF: Raw Black
Luring is an interesting project based in Pennsylvania, US. This project belongs to a scene of bands that play a quite old-school form of black metal, hereditary of the '90s golden time of the genre. These projects have a particular mixture of rawness and atmosphere that I find particularly enjoyable. As it usually happens, some members of Luring participate in other similar projects, being their current side-project Azathoth’s Dream. Its debut album entitled 'Nocturnal Vampyric Bewitchment' is another very interesting piece of black metal, full of a dark atmosphere.

Going back to Luring, after its first effort, which was just released a year before, the trio returns with its sophomore album entitled 'Triumphant Fall of the Malignant Christ', which has been released by the well-known label Iron Bonehead Productions. This fact obviously marks a step forward in the career of this band as it will receive a greater notoriety through the scene. The new opus is loyal to what we could expect from Luring and the aforementioned scene. 'Triumphant Fall of the Malignant Christ' is an honest testimony of the passion of the members for the metal black metal genre. The production is unsurprisingly raw, but not reaching the ‘low-fi’ level of certain bands, which I appreciate as some rawness is welcome, but to distinguish the instruments make the listener appreciate the music a lot more. The atmosphere is also a key element in Luring’s music, although the project tends to sound much rawer in certain songs, and particularly in some songs of the second half of the album. For example, the album opener "Where Forgotten Spirits Dwell" is a furious piece, where the guitars sound truly rough, and the drums have a relentless pace, but the atmospheric touch of the composition in certain moments create a more hypnotic feeling that I truly enjoy. Even more atmospheric is the next track, entitled "Strew Carcass of Christ", where the synthesizers play a major role. As it is in greater part a slower track, this ambience shines even more. An ambient interlude marks the transition to the already mentioned second half, which sounds a bit more brutal and less ambient infused on a couple of tracks. "Death is the Master I Obey" is a fine example of it. I do not imply that it lacks atmosphere, which is not the case, but the lack of keys and the darker and heavier tone of the guitars differ a little bit from previous songs. Even "Feral Spirit" seems to torture his throat even more, as his vocals sound more desperate and raspier. A couple of tracks follow similar patterns before the album concludes, retaking some of the atmosphere of its first half. These mentioned, both sides don’t differ too much, as they could be considered the two sides of the same coin. Personally, I prefer the songs where the synthesizers create a more captivating ambience, but it's up to each listener to make its own judgement.

In any case, 'Triumphant Fall of the Malignant Christ' is a quite good album of pure black metal, where rawness and atmosphere cohabitate quite naturally as it always should be in this genre. (Alain González Artola)


Tomb Mold - The Enduring Spirit

#FOR FANS OF: Brutal Techno Death
Canadian giants unleash another top-notch death metal release that's a little bit slower than their competing band Cryptopsy though Tomb Mold is a lot slower in their tempos but still ranked as death metal. These guys are more on the brutal end of the genre. Brutal vocals and guitar work. All is sounding original in their riffs and some of the songs contain clean portions, especially the outro song. It's rather good, however.

The sound quality is good as well. Good mixing and production. Those breaks between the heavy guitar sound is refreshing. So it isn't "brutal" the entire way through, but rather their mixing heavy guitar licks with clean portions. There are some melodic parts too as well as some guitars which are fast and ferocious, the few that there are. This band seems to cover a lot of different portions of metal, but they still hold the death metal label. So that's good! They keep it ever-changing and eye-opening through your cranium.

This is one of a better release of 2023 that has them on the top of the charts, despite the "C" average I'm seeing on here. My rank is above for them. And like the tempos, even though it's somewhat odd to have a death metal band that uses quite a bit of clean guitar. Reminds me a little of the older Opeth, but not exactly. The hoarse vocals to the clean guitars keeps them into a realm of their own. No clean vocals here, deep throat here and guitars that are mostly death metal. And leads that well accompany the music. Quite technical, but pretty well flawless!

I would venture to say that this is a release that's got a variety of good licks in it and brutal vocals. I like the diversity, makes it more interesting and fluctuating. They don't mess around, as with their style, they keep you guessing as for what's going to happen next! Own it! (Death8699)


venerdì 8 marzo 2024

Monoscopes - Endcyclopedia

#PER CHI AMA: Psych Rock
Devo ammettere che mi sono sempre piaciute queste band ispirate dalla neo psichedelia, e il loro rifarsi, come nel caso dei Monoscopes, alla musica dei La's, è un toccasana. Quel modo di fare arte, tipico di questo genere musicale, di essere omogenei e coerenti con la propria musica, col rischio di risultare costantemente fuori moda, anche quando negli anni '90, le band potevano vantarsi di un buon seguito e il look e il taglio di capelli alla Tim Burgess, era trendy per i teenagers più scaltri di allora. Non griderò al miracolo per questa nuova band patavina, che per i miei gusti personali, rimane sempre un po' troppo alla larga dall'essere sonica e lisergica in maniera pesante, ma non posso negare che riesca a creare degli ottimi brani, cantabili e cristallini, e ben confezionati, con gusto e capacità, ripercorrendo le terre della neo psichedelia virata al pop d'autore e al folk. Poco contano le relazioni con Travis o in ambito folk rock, ai Camper Van Beethoven al netto del violino, o come dicono loro stessi, con il lato più morbido dei Velvet Underground, i Monoscopes, non tradiscono chi cerca questo tipo di sound, morbido e luminoso, contornato anche dai due bei video psichedelici di "Hey Atlas" e "The Electric Muse", usati per il lancio di questo nuovo disco. Per cercare di descrivere l'opera dei Monoscopes, aggiungerei un tocco della scena psych australiana con echi lontani alla The Dream Syndicate, un'andatura sempre moderata delle composizioni, con poche e controllate deflagrazioni soniche, nello stile dei The Third Sound, e una linea costante di rock evoluto e maturo. Se mi è concessa una critica, direi che l'approccio così soft del cantato, in alcune parti andava trattato con una mano più pesante a livello di effetti, per renderlo più interstellare: è il caso di "The Maker", dove la voce mi sembra troppo normale nei confronti delle incursioni di chitarra noise presenti nel brano, mentre in "This Silly Night", dove un leggero effetto eco si rivela ideale, per rendere una ballata standard, in una passeggiata lunare di scuola Mercury Rev. Questo è solo un punto di vista di un eterno innamorato dei suoni lisergici, e non cambia la mia idea sul fatto che 'Endcyclopedia', sia a tutti gli effetti un buon album, ricordando peraltro l'importante partecipazione di Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione, di Francesco Candura dei Jennifer Gentle e di Paolo Mioni al basso in "Today Today Today". Nota di merito per "It's a Shame About You", che sembra un brano tra Swirlies e Weezer d'annata, con quel superbo tocco garage, vintage e retrò, proprio una splendida canzone. La ballata "The Thinghs That You Want to Hide", con appunto Cerasuolo come ospite, risente chiaramente della sua influenza, ha la luminosità e il fascino del sole in una giornata d'inverno, per una canzone che ti obbliga a dilatare le pupille verso l'infinito, mentre la conclusiva "Today Today Today", riporta l'orecchiabilità e il suono del paisley underground all'attenzione delle masse. "You're Gonna Be Mine", rilasciando una formula di suono più corposo e saturo di distorsione e reverberi, rimanda piacevolmente il mio udito ai gloriosi fasti dei mai dimenticati The Wedding Present, per un'altra affascinante emozione sonora. Disco da scoprire nei suoi sofisticati rimandi, nei suoi tanti cunicoli musicali nascosti. Vietato fermarsi al primo ascolto e da evitare l'ascolto a basso volume. (Bob Stoner)

(Big Black Car Records - 2024)
Voto: 74

https://monoscopes.bandcamp.com/album/endcyclopedia

venerdì 1 marzo 2024

Griffon - De Republica

#PER CHI AMA: Symph Black
Terzo album per i nostri amici Griffon, band parigina che abbiamo già avuto modo di ospitare qui nel Pozzo un altro paio di volte. 'De Republica' è il terzo album per il quartetto transalpino che continua a mostrarsi particolarmente ispirato, forse qui ancor più che in passato, grazie a un black/death che sembra incrementare quell'eredità sinfonico-goticheggiante che avevamo apprezzato in passato. E cosi, già l'iniziale "L'Homme du Tarn" (ispirata a un'icona antimilitarista francese, Jean Jaurès) regala grandi emozioni tra scorribande in territori estremi, rallentamenti dal taglio sinfonico e i vocalizzi del duo formato da Aharon e Antoine, che si muovono in molteplici territori, dallo scream efferato al pulito gotico, fino ad arrivare a un growling comunque espressivo. Complimenti, dopo il primo brano comprerei il disco a scatola chiusa. I nostri intanto proseguono nella narrazione della storia francese con brani altrettanto corposi, e la violenza espressa in "The Ides of March" ne è la prova, con un'alternanza tra furibonde ritmiche, parti più atmosferiche e altre ancor più sinfoniche che strizzano l'occhiolino ai nostri Fleshgod Apocalypse, ma anche alla musica classica, soprattutto nel comparto solistico di questo brano (ma da estendere poi anche agli altri). "À l'Insurrection" ha un piglio rutilante che ammicca tanto ai primi Dispatched quanto alle forme più orchestrali di black metal, il che palesa la grande personalità e fiducia dei nostri nel proporre un sound fresco che mancava da un po' in questa scena. Bel colpo, mi fa piacere notare la crescita costante dei Griffon, ancor più palese nella successiva "La Semaine Sanglante", forse il brano che più ho apprezzato, per quel suo approccio epico che mi ha evocato anche un che degli Emperor nelle partiture più agguerrite, senza scordarsi della bellezza degli assoli e delle pompose ed eloquenti linee melodiche. Insomma, tanta roba. Anche laddove i nostri partono col freno a mano tirato ("La Loi de la Nation"), per poi lasciarlo in una discesa vorticosa negli abissi, la band si dimostra costantemente ispirata e mai scontata. A chiudere il disco, dotato peraltro di una splendida copertina, ecco la title track, che ci regala gli ultimi sontuosi minuti di un'ottima quanto inaspettata release: qui, tra solenni narrazioni in stile Misanthrope, registrazioni di battaglie, una tensione crescente e un suono compassato ma sempre magniloquente, esempio della grandeur francese anche nella musica, i nostri chiudono in bellezza un disco che si appresta a posizionarsi nella mia top ten dell'anno. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2024)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/de-republica