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sabato 31 luglio 2021

Amorphis - Under the Red Cloud

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Prog Death
Nel corso di dodici corposissimi album, il suono degli Amorphis si è evoluto dal primordiale death metal melodico finnico degli esordi ad un ben più raffinato death metal melodico finnico, ma con qualche timido germoglio metal-prog stile Dream Theater sotto la doccia (la title track di questo 'Under the Red Cloud'), qualche sparuto pollone Leprechaun-metal stile Blind Guardian in gita al lago di Lochness ("The Skull", "Tree of Ages"), qualche renitente barbatella soap-metal stile private line in un pomeriggio di shopping ("Dark Path"). Ragguardevoli le doti tecniche del cantante Tomi Joutsen, capace di passare da un quasi-Patton a un pre-LaBrie fino ad un grizzly incazzato collocato in fondo a un pozzo con la stessa disinvoltura di un cambio di tempo in un pezzo prog-metal ("Enemy at the Gates"). Ascoltate questo disco mentre vi recate a Helsinki in kayak per partecipare a un addio al celibato a cui non siete stati invitati. (Alberto Calorosi)

(Nuclear Blast - 2015)
Voto: 70

http://www.amorphis.net/

venerdì 30 luglio 2021

MaB - Decay

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Alternative Rock
L'ultracorposa invasione di palco da parte delle MaB al grido di "Su cunnu e Maomettu" e la cybermutazione di "Voglio vederti danzare" da tormentone-sta-finendo-il-concerto-di-Battiato in megatonica bordata hardcore da sangue nei padiglioni sarebbe stato, per chi c'era, il miglior imprinting nei confronti di questo schizofrenico album d'esordio, in cui però le quattro esangui fanciulle sarde giocherellano coi noise-clichet anninovanta inzuppando Hole, L7, muri di suono in un sulfureo magma alcalin-goth a base di Siouxie ("Astrophel"), Tarja ("Last Tango in London"), Amy Lee ("Black") e forse Alice Cooper. Immanenti i suoni, eteree le composizioni. Intriga e al contempo intenerisce lo sguaiato operettismo di Psycho Jeremy. "Adrenalina" è una cover dell'omonimo pezzo di Giuni Russo e Rettore. Trovatemi un qualunque metallaro, borchioso e no, che ne fosse informato. (Alberto Calorosi)

(Casket Music - 2007)
Voto: 60

https://www.facebook.com/mabofficial/

giovedì 29 luglio 2021

Sólstafir - Svartir Sandar

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Experimental Metal
Un intrigante spleen introduce la prevedibile, poderosa galoppata a pelo nudo su strati di ossidiana incandescente e, in chiusura, un sofferente, epico landscape-wave da vesciche sui talloni: i panorami emozionali e la riuscita attitudine (ma solo quella) progressive di "Ljós í Stormi" aprono programmaticamente (come già accadde con "I Myself the Visionary Head" su 'Masterpiece of Bitterness' e, in precedenza, "Goddess of the Ages", stavolta in chiusura di 'Köld') questo tumultuoso joküll sonoro. Con l'eccezione della splendida ballata post-rock "Fjara", con tanto di ardito ritornello "abba-esque", il resto di 'Andvari', il primo di due dischi qui contenuti, espande o contrae gli elementi di "Ljós í Stormi" con la galoppante "Þín Orð" e la sofferente "Kukl". Spetta invece alle contrapposte epiche "Melrakkablús" e "Djákninn" ("Svartir Sandar" permettendo) il valoroso compito di traghettare, non senza qualche tollerabile lungaggine, il secondo disco 'Gola' nella direzione di un melodismo forse meno sussultorio ma senz'altro più ondulatorio. In altre parole, verso quel capolavoro indiscutibile e preterintenzionale che tre anni più tardi prenderà il nome di 'Ótta'. (Alberto Calorosi)

Primordial - To the Nameless Dead

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Pagan Black
Gli irlandesi Primordial sono di gran lunga una delle migliori band in ambito di metal pagano. Abbandonata l'oscura rabbia e le tematiche popolari del precedente 'The Gathering Wilderness', la band guidata da Alan Nemtheanga rilascia, solo nella prima edizione, un doppio cd assai malinconico (che include tra l'altro un raffinato libro di 40 pagine e un bonus live cd registrato nel 2005 al Rock Hard Festival), che avrà reso felici i fan più accaniti, che rimpiangono gli esordi più epici e bellicosi della band. Il disco apre meravigliosamente con un trittico ispiratissimo di brani: le tragiche “Empire Falls” e “Gallows Hymn”, che affrontano il tema di Nazione e le sue implicazioni politiche, regalandoci una band rinnovata, fiera e matura, con un Alan Nemtheanga, che credo non abbia rivali in ambito estremo, grazie alla sua voce espressiva, sofferente, ricca di pathos e in grado di conferire a tutte le songs un'aura mistica, mortale e fugace. La terza “As Rome Burns” (che tratta l'incendio di Roma ad opera di Nerone) è il tipico brano in stile Primordial: assai ritmato, trascinante nel suo climax ascendente grazie a quei suoi riff carichi di epicità, in grado di condurci, al termine dei suoi nove minuti, in un'estasi di piacere che non trova confini nel tempo. Sembra di essere scaraventati in un'altra epoca, un'era di battaglie in cui il sangue sgorgava a fiumi e le spade brandite nel cielo. Forti di un songwriting maturo e di elevata qualità, i Primordial rilasciano tonnellate di emozioni, emozioni che scorrono violente nell'incedere possente e monumentale di questo straordinario disco, frutto di duro lavoro e sacrificio. Con “Failures Burden”, la band irlandese affronta il tema della mortalità umana: ricompare il growling di Alan (più raro rispetto al passato, a dire il vero), mentre la musica si fa più heavy, diretta e veloce. Con la quinta “Heathen Tribes”, la band omaggia invece il nostro passato, andando a pescare dalla musica tradizonale e acustica del proprio paese. Dopo l'intro “The Rising Tide”, esplodono le finali “Traitors Gate” e “No Nation on this Earth”, con le quali si torna all'antico, in cui l'act irlandese sfodera una rabbia primordiale, che ha come tema portante la decadenza della società: echi di 'Storm Before Calm' riemergono vigorosi dalle note di questi due brani, dove ricompaiono forti le caratteristiche della band di Dublino, fatto di giri ossessivi di chitarra, cupe atmosfere doom e richiami alla tradizione celtica. Drammatici, emozionanti, epici, furiosi, oscuri e malinconici. questi sono solo alcuni degli aggettivi necessari a descrivere i Primordialdi questo lavoro. E correva l'anno 2007... (Francesco Scarci)

lunedì 26 luglio 2021

Deadmarch - Initiation of Blasphemy

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Experimental Death Metal
Allora, procediamo pure con calma per farvi capire che cosa avete fra le mani: 'Deadmarch: Initiation of Blasphemy' è stato il primo album registrato dai The Project Hate MCMXCIX nel lontano 1998, album che tuttavia non vide mai la luce, per una serie di incidenti ed episodi che ne portarono alla perdita del master originale. Finalmente nel 2005, la versione originale viene rilasciata dalla band sul sito ufficiale, in versione Mp3. Ma il desiderio di rilasciare questo cd in una versione più "ufficiale", con le vocals ri-registrate fu molto forte, tanto da spingere Lord K. Philipson, insieme a Dan Swano (ai mitici Unisound Studios) e alla Vic Records, a soddisfare questo desiderio. Cosi, finalmente riusciamo a capire le origini dei The Project Hate e capire da dove arriva quello straordinario sound, misto di follia, rabbia e creatività. Le otto songs di 'Initiation of Blasphemy' sono perfettamente in linea con le produzioni della band scandinava: brani tutti abbastanza lunghi, complessi e articolati, una forma embrionale dei vari 'Armageddon March Eternal', 'In Hora Mortis Nostrae' e via dicendo, in cui si intravedono già le enormi potenzialità della band. Gli ingredienti ci sono tutti: le songs viaggiano su un mid-tempo ragionato, con il giusto apporto tastieristico, le vocals crude di Mikael Oberg e l'angelica voce di Mia Stahl che irrompe, come un angelo buono, per contrastare la brutalità del maligno Mikael. I soliti cambi di tempo, magari non così geniali come nelle più recenti produzioni dei nostri, l'utilizzo dell'elettronica e la classe primordiale di Lord K. Philipson completano un lavoro, che tutti i fan della band svedese e non solo, dovrebbero avere! (Francesco Scarci)

(Vic Records - 2009)
Voto: 75

http://www.theprojecthate.net/

The Pit Tips

Francesco Scarci

Cicada The Burrower - Corpseflower
Laetitia in Holocaust - I Fall with the Saints
Fyrnask - VII: Kenoma

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Alain González Artola

Vampiric Tyranny - Ere The Lunar Light Diminishes
Moonscar - Blood Moon
Gojira - Fortitude

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Death8699

Arch Enemy - Wages of Sin
Megadeth - Rust In Peace
Warbringer - Woe to the Vanquished

Laetitia in Holocaust - I Fall with the Saints

#PER CHI AMA: Experimental Black
Per celebrare vent'anni di carriera, i modenesi Laetitia in Holocaust tornano con un EP di tre pezzi, giusto per dire "stiamo bene, siamo in forma e incazzati più che mai". Ecco come ho percepito il messaggio contenuto in queste tre nuove song, di cui in realtà solo due inedite, mentre la terza è una riproposizione di un pezzo contenuto nel primo disco. Si parte comunque con la title track e quello psicotico sound che avevo già avuto modo di apprezzare nelle precedenti release, un black avanguardistico in cui grandissimo spazio viene concesso al fretless basso di Nicola D.A. che in più frangenti si contorce su se stesso, assecondando le vocals schizoidi di Stefano G., le chitarre che disegnano stralunati accordi (qui peraltro troviamo due ospiti alla chitarra) e la batteria di Marcello M. a più riprese a suonare una forma di jazz black davvero unica. In seconda posizione in scaletta, ecco "Hair as the Salt of Carthago", contenuta nel devastante 'Tortoise Boat', e qui riproposta forse con un maggior appeal jazzistico, a rappresentare il fil rouge di questa funambolica release. Quello che mi sorprende di questi ragazzi, oltre alla perizia tecnica, è la capacità di risultare assai originali in un genere estremo qual è il black. Quei giochi di basso, che chiamano in causa Steve Di Giorgio per mostruosità tecnica, quelle ritmiche sincopatiche, singhiozzanti, tra tortuosi stop'n go e accelerazioni bestiali, rappresentano i punti di forza di una band che trova modo nella conclusiva "Crypts of Rain and Confabulation" di abbandonarsi in malefiche atmosfere di morboso e salmodiante noise. Peccato solo che l'EP si interrompa qui, francamente avrei ascoltato molto di più. (Francesco Scarci)

Not Movin LTD - Live in the Eighties

#PER CHI AMA: Garage Rock
Premessa all'ascolto di questo 'Live in the Eighties': se siete alla ricerca di suoni puliti e cristallini, questo non è il disco adatto a voi. Quello dei Not Moving, band garage rock piacentina in giro negli anni '80, tra le cui fila vi era quel 'Dome La Muerte', che abbiamo recensito qualche mese fa su queste stesse pagine, è un lavoro che comprende una serie di brani live risalenti al periodo 1985-88, e pubblicati nel 2005 dalla Go Down Records (il lavoro all'epoca includeva peraltro un dvd, oggi scaricabile dal sito della label stessa). Oggi, l'etichetta italica ristampa quel lavoro di una band riformatasi un paio d'anni fa con un moniker leggermente modificato in Not Movin LTD. Cosi, per rendere tributo alla band, ecco fare un tuffo nel passato per assaporare quei 13 brani che vedevano peraltro i nostri proporre anche "Break on Through" dei The Doors, l'inedita "Kissin Cousins" di Elvis Presley, "I Just Wanna Make Love to You" di Willie Dixon e "Cocksucker Blues" dei The Rolling Stones, giusto per inquadrare una proposta musicale che ora sarà molto molto più chiara. Ho parlato di garage rock all'inizio ma quanto contenuto qui è solo terremotante puro rock'n roll, registrazione pessima inclusa e stacchi tra un pezzo e l'altro che evidenziano come i brani siano stati estrapolati da più concerti, un peccato veniale quest'ultimo. Per il resto lasciarsi investire dal vibrante punk rock dei Not Movin LTD è l'unica raccomandazione che mi sento di darvi oggi, cosi come farsi ammaliare dalle voci di Rita 'Lilith' Oberti, una che potrebbe aver influenzato l’ugula istrionica di Pina Kollars dei Thee Maldoror Kollective di 'Knownothingism'. I brani sono tutti carichi di adrenalina, ma se dovessi scegliere i miei preferiti, direi la psichedelica "Sweet Beat Angel" e l'altra inedita "No Friend of Mine", un pezzo che potrebbe evocare un che dei Metallica del periodo 'Black Album' (un similare approccio è udibile anche nei primi secondi di "Catman"). Echi doorsiani emergono nella psicotica "I Stopped Yawning", mentre "Goin' Down" sembra essere un inno al punk. Insomma, una bella carrellata di pezzi che ci mostrano un pezzo di storia che per la maggior parte di noi è verosimilmente rimasta oscura. (Francesco Scarci)

La Go Down Records ristampa una gemma fonografica che aveva già pubblicato nel 2005, ovvero questo splendido 'Live in the Eighties' dei Not Moving, band che infiammò tra il 1981 e il 1988 i palcoscenici italiani e non solo con delle esibizioni dal vivo a dir poco devastanti. Il disco è la conferma della loro forza scenica che si esprimeva tra garage rock, post punk, punk, psychobilly e psichedelia ottimamente miscelati tra loro. Una band apprezzata anche da personaggi internazionali del calibro di Jello Biafra e John Peel, capitanata fin dagli esordi dalla splendida figura e voce di Lilith (Rita Oberti) e a ruota dalla chitarra di Dome la Muerte (Domenico Petrosino), un progetto che sfociò in una serie di concerti come spalla di veri autentici miti come Johnny Thunders o Joe Strummer e che diede vita ad una serie di album tra full length ed EP che sono divenuti leggendari nel cicuito underground. Il disco in questione nel formato del 2005 era accompagnato da un DVD ma nella ristampa odierna è solo cd e versione digitale (ma comunque si può visionare e scaricare tramite il sito dell'etichetta), ed è un peccato non poter riappropriarsi visivamente di  quelle performance diaboliche, riascoltare le cover riadattate di "Break On Through" dei The Doors o "Cocksucker Blues" dei Rolling Stones, assieme alle altre di Willie Dixon ed Elvis Presley, con il selvaggio rintocco delle note suonate come solo i Not Moving sapevano fare in quel periodo nel bel paese. Quest'album non rende giustizia al suono della band come qualità sonora, anche se l'audio è più che onorevole, ma la innalza a repertorio cultural-musicale che ha fatto storia, il fissare un momento nel tempo che oggi più che mai ha la funzione di portare in alto una band che nel panorama underground italiano, a cavallo degli anni '80, fece scuola e deve essere ricordata e riscoperta da tutti gli appassionati di musica alternativa del bel paese. La band portava il nome di un brano dei DNA di Arto Lindsay, rincorreva le forme artistiche di The Cramps e l'avanguardia di Lydia Lunch, una meteora sonora nata dal nulla nella sconosciuta provincia piacentina che scrisse delle pagine di rock sotterraneo a dir poco esaltanti. (Bob Stoner)

venerdì 23 luglio 2021

Captain Kickarse and the Awesomes - Grim Repercussions

#PER CHI AMA: Prog/Math Rock
Ancora Bird's Robe Records, ancora band australiane quindi, quasi sia un mantra dell'etichetta di Sydney arruolare realtà del proprio paese. La band di oggi è un trio strumentale che propone in questo 'Grim Percussion', un rock muscoloso davvero libero da ogni schema. A certificarlo subito le note della breve intro "Sixes and Dozens", che ci danno un'idea di che pasta siano fatti questi tre aussie boys, che sono in giro ormai dal 2009, quando uscì il loro EP di debutto, 'Falsimiles From The Facts Machine'. Con la seconda "Pogonophobe", ma sarà poi una costante lungo l'intero disco, quello che balza subito all'orecchio, è l'assoluta libertà da parte dei Captain Kickarse and the Awesomes di suonare quel diavolo che gli pare senza paura del giudizio esterno. Si va quindi dal jazz rock singhiozzante di questa song, alla più percussiva "Immaculate Consumption", dove ancora i fraseggi jazz la fanno da padrone. Certo si richiede una certa predisposizione a questo genere di suoni perchè dire che siano immediati da percepire e gradire, rischierebbe di essere una gigantesca bugia. E allora lasciatevi investire dalle sonorità un po' più grasse di questo pezzo e dalla sua delirante follia, affidata alla tecnica sopra la media dei tre musicisti, che in tre differenti occasioni, riusciranno a mettersi in mostra. Un breve intermezzo acustico e via per altri lidi di delirio musicale: ascoltando l'apertura di "Smallcastle", non si può non corrucciare le sopracciglia cercando di capire che cavolo i nostri stiano combinando con i loro sperimentalismi musicali. Dopo un paio di minuti, la traccia prende una sua forma meglio definita combinando prog e post rock, con un tappeto ritmico bello robusto e con ulteriori ammiccamenti a psichedelia e sludge. Il duetto di song costituito da "The Grapes" e dalla title track, si prende da solo quasi 21 minuti di musica stralunata, oscura ed imprevedibile (chi ha detto math-rock?), che saprà disorientarvi ancor di più rispetto a quanto fatto sin qui dal terzetto originario del Nuovo Galles del Sud. Non mancheranno infatti momenti estremamente riflessivi ed introversi, cosi come scariche di rabbia e frustrazione, colate di suoni ridondanti e roboanti che vedono a mio avviso, solo l'assenza di una dissennata forza della natura a urlare nel microfono, il che avrebbe reso la proposta dell'act australiano un po' meno ostico da digerire. Si perchè le cose si fanno ancor più complicate in "A Beard of Bees", un pezzo noise introdotto dal didjeridoo e affidato poi al caos primordiale, prima che "Fourth Party" metta la parola fine a questa fatica targata Captain Kickarse and the Awesomes, a tratti davvero complicata da affrontare. (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records - 2021)
Voto: 73

https://birdsrobe.bandcamp.com/album/grim-repercussions

Flotsam and Jetsam - S/t

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Thrash Metal
This is one powerful release! I was quite taken aback by it's ingenuity and originality. There's not a track on here that I dislike. The whole album is filled with precision! I dug the vocals, too. I didn't care much for their new album. I thought that this was one MONUMENTAL LP. It's filled with songs that are invigorating and earth-shattering. The sound quality is quite good, too. I didn't hear anything on here that really missed a beat at all. Pure power/thrash filled with originality, upbeat tempos and production quality that's nothing clear of holding the goal they were seeking on this full-length almost hour-long masterpiece.

This was actually an introduction to the band recommended by a friend but I know about the band since it's Jason Newstead's former band before joining Metallica in late '86. I would have to say that this quintet blasted my eardrums on this release. My friend was absolutely right about this one. I was rather disappointed with their follow-up, but I know that they're close to done with their new release for this year or early next year. I'm interested into what that one will sound like! But nevertheless, lets get down to the nitty gritty on this one. I think that they busted ass on here (self-titled) and utmost originality is what kept me interested.

I know that I've said this earlier, but the sound quality is what's best on here aside from the originality in the songwriting. I'm not too familiar with the band members, but all I know that whoever was in charge of the songwriting if it was a collective effort they didn't at all bomb this one in any way. The music and vocals are what interested me the whole time. I was sucked into how the quality and ingenuity this there was dynamite entirely. I didn't lose interest on any song, tempo, vocal, none of it. It all kept my attention entirely! They really created something that's so utterly devastatingly incredible.

I bought this shortly after it came out. I'm surprised that overlooked it in regards to writing about it. It just sat on the wall collecting dust till I realized that I needed to get in my two cents in regards to opinion, objectivity and precision. Whatever they did, they sought approval by me in all stated aspects of precision! If you're a metalhead, get this album because it's great power/thrash metal to the core! (Death8699)


(AFM Records - 2016)
Score: 75

https://www.flotstildeath.com/

giovedì 22 luglio 2021

Chaos Synopsis - Art of Killing

#FOR FANS OF: Death/Thrash
I just stumbled across this release on my Spotify and didn't realize how amazing it really is! Some great thrash/death metal. The guitar is totally unique in many ways! It's thick with a tinge of echo to it, but not much! I think that this is highly underrated! They go through a lot of time signature changes. And the vocals are hoarse. I think that this is ingenious in its composition. And they really stay true to their roots! The songs are put together with an amazing ensemble of riffs! This band is solely unique. The time changes are all there. And the vocals keep it totally underground.

It's as though the riffs go through "mood changes" in their variability. Totally different and ingenious. I cannot stress that enough. They show their influences but make their own sound. The guitars are like none I've heard before. The production was good! Every instrument was weaved in nicely. And the lead guitars were extravagant. I wouldn't change anything on here. The music is what stole it for me. Absolutely! These guys are one in their own style. I just liked every song on here. And nothing is stale about this release. Their newer album isn't as good as this one in my opinion.

The production quality was good (as previously mentioned) and I think it did the album justice. They were just all over the place in brutality. But just different. The time signature changes were significant. I think that they really stuck to one main stationary vibe and then continue to change things up. Each song was brilliant in it's own making. I give the band credit for making some music that's just atypical. They really show the metal community how to be in utmost variability. This band has not been well enough discovered, really. I think that they need to be in more circulation within this type of split genres.

Get this! It's worth it. Definitely. Take my word for it, it's worth it! They are in a league of their own with their style(s) of metal that they play. I wasn't convinced right away, I had to play it a few times to get the vibe they have to them. I was astonished that they could pull this one through! They really know how to construct some amazing metal music. I'm sure they'll be around a lot longer, but this one is one of the ones that's an untouchable, if you know what I mean. I would definitely give it a listen to! (Death8699)


(Wydawnictwo Muzyczne Psycho - 2013)
Score: 77

https://chaossynopsis.bandcamp.com/album/art-of-killing

Il Wedding Kollektiv - Brodo

#PER CHI AMA: Art Rock/Alternative/No Wave
Alessandro Denni (synth e programming) è la mente di questo interessante progetto, denominato Il Wedding Kollectiv, sviluppatosi musicalmente tra Roma e Berlino, dove è stato registrato (il moniker stesso della band deriva dal nome di un quartiere multiculturale della capitale tedesca). La prima cosa che salta all'orecchio ascoltando questa release di debutto della band capitolina, dal titolo azzeccatissimo, 'Brodo', è l'attitudine poetica dei testi, curati dalla giovane scrittrice romana, JFL, che caratterizzano il canto di una Tiziana Lo Conte in perfetta forma vocale che, sensuale ed intrigante, spesso tesa e misteriosa, si muove con stile tra le parole trasversali di nervose ed affascinanti scritture, cavalcando con classe composizioni cariche di teatralità. Un'ottima performance vocale che esalta il ricordo della sua lunga militanza in band iconiche come Gronge, Goah e Roseluxxx, e proprio di questi ultimi, si sente una buona influenza (si ascolti l'album 'Resti di una Cena'), sottraendone però il lato più rock. Colpisce anche l'istinto no wave che si aggira all'interno di tutte le tracce, una commistione tra avanguardia elettronica alla The Knife/Fever Ray, un lato cameristico alla maniera della Penguin Caffè Orchestra ed un pizzico della follia di musiche da culto come quelle prodotte dal mitico Confusional Quartet e Gaznevada, unite in maniera bizzarra da una vena cabarettistica, teatral-recitativa ("L'Astronomo") fino ad arrivare alla canzone d'autore e ad un certo acid jazz minimalista e sintetico. Tutto questo impasto sonoro è impreziosito dalla presenza di vari ospiti, Claudio Moneta alle chitarre, Inke Kühl al violino e sax, Chiara Iacobazzi alla batteria, Federico Scalas al basso e violoncello, Stefano Di Cicco alla tromba, per un sound difficile da inquadrare, assai stimolante, vivo e libero da vincoli di genere, cosa che lo rende molto piacevole sin dalla prima ottima traccia, "Ipersfera Relazionale". 'Brodo' è un lavoro che in poco più di venti minuti, traccia un solco incolmabile tra quello che la musica italiana, per così dire leggera, dovrebbe e potrebbe essere, e quella patacca sonora che ci viene propinata da tempo immemore. Una musica con brani che si avvalgono di una produzione preziosa, per una manciata di canzoni, complesse e ricercate, ragionate ed intelligenti. Venti di rock-in-opposition ed elettronica anni '80 per l'inizio di "Sabato 16 Giugno", con quel suo testo suggestivo e la voce vellutata, un sax astrale e quelle venature jazz a creare qualcosa di così distaccato dalla solita routine italica, che solo Cosey Fanni Tutti o le gesta eroiche dei Tuxedomoon sono riusciti a toccare. "A Proposito del Tuo Candore" chiude poi il cerchio, mostrando il lato più rock oriented del collettivo italico, con una registrazione che ricorda nei suoni, un miscuglio tra i Morphine di 'Like Swimming' e alcune cose alla P.J. Harvey, per una composizione diversa dalle altre presenti nel cd, più ipnotica e ariosa ma anche molto più psichedelica ed oscura nelle sue sonorità più classiche. Con 'Brodo' ci troviamo alla fine di fronte ad un ottimo disco, che per i canoni italiani odierni, è da considerarsi un lusso che non tutti possono permettersi, paragonabile a mio avviso, non per similitudine sonora ma per estro creativo, ad 'Aristocratica', il magico capolavoro dei Matia Bazar uscito nei primi anni '80. Ascoltare per credere. (Bob Stoner)

(Neontoaster Multimedia Dept. - 2021)
Voto: 74

https://ilweddingkollektiv.bandcamp.com/album/brodo