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giovedì 30 marzo 2023

The Pit Tips

Francesco Scarci

In Flames - Foregone
Enslaved - Heimdal
Ne Obliviscaris - Exul

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Death8699

Cradle of Filth - Nymphetamine
Kreator - Extreme Aggression
Malevolent Creation - Retribution
 
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Alain González Artola

Sorry... - All that died was my innocence
Frayle - Skin & Sorrow
Jöjjön - Faust's grave

 


Ramen Holiday - Be Poor, Eat Rich B​/​W Crypto Crash

#PER CHI AMA: Punk/Hardcore
Credo di aver trovato la release più breve del mondo e l'ho voluta recensire proprio per tal motivo. Quello dei Ramen Holiday è un lavoro che dura due minuti e 14 secondi, di puro punk/hardcore nudo e crudo che peraltro giunge alle nostre orecchie a circa 21 anni di distanza da quando è stato mentalmente concepito, dalle menti di questi stravaganti musicisti. La band scrive infatti sulla propria pagina Bandcamp che uno dei membri, Curtis Grimstead, stava seduto con gli amici nella veranda del suo appartamento quando vennero colpiti alla testa da una pila di CD che svolazzavano nell'aria. Era il 2002 e quei CD erano i Sampler #1 della Robotic Empire. La band di Curtis ebbe quindi il sospetto che la Robotic Empire fosse stata cacciata da uno degli appartamenti locati nel suo edificio, e si scoprì che era effettivamente vero. Il batterista Adam Palmore pensò quindi che sarebbe stato figo chiedere alla Robotic di pubblicare qualcosa, il che non è mai successo, almeno fino ad oggi. 'Be Poor, Eat Rich B/W Crypto Crash' è il regalo che i nostri si sono finalmente concessi con questi due minuti di felicità hardcore con dei testi che trattano di istituzioni finanziarie, si avete letto bene. E cosi i tre pazzi papà americani si sono riuniti per prenderci a scarpate nel culo con "Be Poor, Eat Rich" (fantastico il coro che subito si fissa nella testa) e con lo schizoide finale corrosivo. Segue "Crypto Crash" che peraltro presenta l'ex Robotic Alumni Michael Backus (The Catalyst) e la guest star alla voce, Fredrika Herr (No Sugar) per un concentrato (e in questo caso vale proprio sottolinearlo) di punk stralunato. Ah, il fatto di essere la release più breve al mondo non ne ha fatto anche la recensione più breve. Un premio alla perseverenza nel crederci. (Francesco Scarci)

mercoledì 29 marzo 2023

BleakHeart - Twilight Visions

#PER CHI AMA: Doom/Shoegaze
Avevo particolarmente apprezzato la proposta dei BleakHeart ai tempi di 'Dream Griever' per quel loro flavour musicale che li avvicinava tremendamente ai norvegesi The Third and the Mortal. Questo EP, intitolato 'Twilight Visions', non sposta più di tanto la barra dell'act statunitense se addirittura non ne amplifica la componente doomish a livello musicale, lasciando tuttavia inalterati i vocalizzi della bravissima ed emozionante Kelly Schilling. La triste e decadente "No Way Out" si pone come apripista del dischetto, tra lugubri e catartiche atmosfere sorrette da un riffing intenso (emotivamente parlando non in termini di pesantezza, sia chiaro) e dalla stessa voce di Kelly che accompagna quelle linee di chitarra che ammiccano in più di un'occasione ai già citati master nordici. La title track sembra inglobarci invece in una delle surreali scene di Twin Peaks, magari dove il famigerato nano balla al ritmo della musica fluttuante dei BleakHeart che nel corso del brano, strizzerà l'occhiolino ai The Gathering. A me la musica di questo quintetto di Denver piace eccome e vi invito pertanto a dargli un ascolto. (Francesco Scarci)
 
(Self - 2022)
Voto: 74
 

Foul Body Autopsy - Shadows Without Light - Pt​.​3

#PER CHI AMA: Melo Death
Ho recensito la prima e la seconda parte di 'Shadows Without Light', non potevo quindi tralasciare quella che dovrebbe essere la terza e ultima parte di questa trilogia che, a differenza delle precedenti, si presenta con sole due tracce (il mix originale e la plan 9 mix - chissà poi che vorrà dire) anzichè tre. Fatto sta che il buon Tom Reynolds continua a macinare sonorità techno death infarcite di buone melodie. "Shadows Without Light - Pt​.​3" è sparata a tutta velocità con il classico sound "in your face", caratterizzato da buone linee di chitarra dritte ed essenziali, azzeccatissime melodie (mai troppo ruffiane), e accelerazioni furenti che mi hanno fatto venire in mente gli Anaal Nathrakh per precisione chirurgica e aggressività. La voce si conferma corrosiva e di ottimo impatto. Il plan 9 remix trasforma ancora una volta quella che è la traccia originale del dischetto e la sublima in una song strumentale (fatto salvo per qualche voce robotica pre-registrata) devota alla synth wave che conferma quanto il buon Tom si diverta nel proporre questo genere di soluzioni, che ora però suonano un filo scontate visto che l'esperimento è già stato ripetuto più volte. Perso l'effetto sorpresa, rimane quell'ottimo brano di death melodico e poco più, in attesa auspico, di ascoltare tutto di un fiato un disco decisamente più lungo. (Francesco Scarci)

Kuolemanlaakso - Kuolleiden Laulu

#PER CHI AMA: Death/Gothic/Doom
Evidentemente i finlandesi Kuolemanlaakso non sono riusciti a far stare questi tre pezzi nel full length uscito lo scorso anno, intitolato 'Kuusumu'. Questa deve essere la ragione dell'uscita di questo 'Kuolleiden Laulu', EP che racchiude tre song dedite ad un death gothic doom che apre con la super orecchiabile, almeno nelle melodie, title track. Sonorità alla HIM infatti imperversano per i suoi tre minuti e mezzo, tra voci goticheggianti, eteree e suadenti vocals femminili, melodie super ammiccanti sorrette da chorus ultra mega catchy. Decisamente più decadente e malinconica l'impronunciabile "Juuret Jalkojeni Alla", con un inizio soffuso e la voce del frontman che qui evoca quella di Fernando Ribeiro dei Moonspell. La traccia suona quasi come una ballad folk doom, con delle chitarre che richiamano anche il prog degli Opeth, ma verso metà virerà verso il death doom, con tanto di growling incorporato di scuola Swallow the Sun. A chiudere "Rautasiivet", un pezzo che prosegue col piglio malinconico della precedente tra arpeggi autunnali, vocals dalla tonalità ribassata, atmosfere dotate di quel struggente romanticismo da storia d'amore finita male, e delle liriche che, fin dall'inizio, proseguono in lingua finlandese. Insomma un bel modo per chiudere l'anno (è stato rilasciato a dicembre 2022) e fare contenti i fan e quelli che si avvicinano per la prima volta ai nostri. (Francesco Scarci)

venerdì 24 marzo 2023

Luminescence - S/t

#PER CHI AMA: Depressive Post Black
One man band dalla Cina questa dei Luminescence e il qui presente 2-track omonimo altro non è che una gustosa anticipazione di quello che sarà il full length in uscita a giugno per la Pest Productions. La band, originaria di Shandong e fondata solo nel 2021, è guidata da Bureauty (qui supportato da T.Z.) che propone la propria esplorazione intimista del mondo post black, con una eleganza che potrebbe evocare band del tipo di Heretoir, primi Alcest o Dreariness. "水蝶/Mizucho" è uno dei due snack che fungono da antipasto a questa release, e presenta una matrice black depressive per quanto concerne l'architettura musicale, con le grim vocals del frontman sorrette da un'arpeggiata e malinconica linea di chitarra e un'altra in tremolo picking, per un mid-tempo che qui, non troverà mai modo di esplodere. Con la successiva "萤/ Glowworm", i Luminescence provano a mostrare il loro lato più aggressivo, ma l'approccio resta fin dalle prime note decisamente compassato, tra spoken words, parti acustiche, scream vocals e break atmosferici. Il polistrumentista cinese proverà tuttavia, nel corso del pezzo, a dar sfogo alla propria furia, ma solo per qualche striminzito secondo. Insomma le premesse sembrano buone, vediamo se il nostro nuovo eroe riuscirà magari a conferire una maggiore originalità alla propria proposta. (Francesco Scarci)

giovedì 23 marzo 2023

Secrets of the Moon - Stronghold of the Inviolables

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Dark
Quello di oggi è il cd di debutto per i tedeschi Secrets of the Moon (scioltisi ahimè lo scorso anno/ndr), che tra le loro fila vantavano ex-membri dei Martyrium, band attiva nei primi anni '90. Questo cd ci permette di conoscere una band che ha evoluto il proprio stile attraverso le precedenti releases (due demo, un promo, ed un 7" split con i Lunar Aurora), mostrando qui un suono meno melodico e sicuramente più oscuro, cosa dovuta ad una produzione più curata. Le influenze musicali sono tutte provenienti dalla scena nordica, con i Celtic Frost che fanno capolino di tanto in tanto, per una band che comunque non ha paura di sperimentare, pur restando sempre "nera". Dalle parti tiratissime fino ad ampie parti dark & slow, arrivando a quella che secondo me è una della migliori tracce "synth-based" che ho avuto modo di ascoltare negli ultimi tampi, "The Rise of Mercury". Qualcosa in più è stato aggiunto alla scena black metal. Se volete ascoltare qualcosa di interessante, ma saldamente ancorato nelle radici del black, non resterete delusi.

Opeth - Watershed

#FOR FANS OF: Prog Death
This is one HEAVY Opeth release. There's more aggression here alongside some bolstering riff-dynamics which are intriguing. Mikael said that he's "also a genius when it comes to music" and I'd have to agree up until they changed from progressive metal to progressive rock. They should've not sold out because my contention is that they lost some true fans. But anyway, 'Watershed' some call "disjointed" but I say on here highly experimental. When they belt out heavy riff, that's something to admire and bang your head to. Although I like older Opeth more meaning 'Blackwater Park' and 'Still Life', 'Watershed' still has it's moments of precision.

Mikael's vocals are way aggressive on here. It's way on the progressive scale, but I find more brilliance the more that I listen to it. It's not as catchy as the two albums I mentioned, but I still think that its diversity and ingenuity is still there. They are just changing a little bit of styles here on the guitars and vocals. Some things sound a little backwards, but that's because I think that this is one of their more experimental efforts to date. And because of this, I took some points off, not because of the direction, but because of the sounds from the guitar aren't as creative as past works in any respect. One that I haven't mentioned that's my favorite of all-time is 'My Arms, Your Hearse'.

A lot of the tracks are all over the place, but the sound quality is still top notch. I enjoyed the clean guitars and the solemn vocals. But they needed a little bit more grit to the songs to bring the ideas together. Mikael falls a little short of his "genius" here probably because he wants to tend the band into a different direction. This being one of the albums that remains to be maintained before their fall from the metal community. They just show that they were heading this direction. I've found sort of just a select few songs that I can follow and some of the progressive rock sound meshed into this release. It doesn't help that Mikael doesn't like to sing brutal vocals.

In summary, this is a decent effort by the band. But for me, it's just a "70" rating. The songwriting on here was a bit "off" and hard to swallow. I'm not saying that it's their worst release, I'm just saying that it needed some work. Songs don't seem to flow in tandem like they did on their older releases. Well, this is it, hello to the progressive rock that follows a band that had some great talent to just throw it away. I guess Mikael just lost the fire and turned to another direction with the band just to sell records. He could've put more energy into this release and showed us that Opeth's metal days would go on till the end. (Death8699)


(Roadrunner - 2008)
Score: 70

http://www.opeth.com/

Dez Dare – Perseus War

#PER CHI AMA: Alternative/Garage Rock
In un rituale cosmico di circa 35 minuti, Dez Dare ci delizia con un altro album di psichedelia acuta, stralunata, astratta, figlia di una serie di teorie musicali molto personali, che ruotano attorno a questo musicista australiano con sede a Brighton (UK). La peculiarità nell'accostare strade diverse dalla psichedelia è innegabile nello stile di Dez Dare (al secolo Darren Smallman), passando dalle immagini dell'artwork, colorate e allucinate, al bel video di "Bozo", questa volta il nostro menestrello sonico, crea muri sonori con un ammasso di suoni provenienti da variegate direzioni. Che siano le chitarre fuzz dei Dinosaur Jr, il garage dei Gorilla, il krautrock, il noise rock, il fattore hippie caro a Brant Bjork, il proto punk degli Stooges, la prima synth wave elettronica o il mondo immaginario messo in musica da Daevid Allen, poco importa al nostro incredibile figlio, non dei fiori, ma dei funghi allucinogeni. Ogni cosa nel suo mondo è psichedelia, quindi, nelle sue composizioni, ci si può trovare di fronte ad un cantato che ricordi i primi riverberi dei Monster Magnet ("OUCH!"), o che un effetto vocale, diciamo alla The Pop Group (!?!), sia inserito in un contesto ipnotico di un rock scheletrico proveniente dallo spazio ("My Heels + My Toes, My Lies + My Nose"), ricordando l'effetto follia di "The Return of Sathington Willoughby", brano d'apertura di 'Brown Book' dei Primus. Tutto questo è praticamente concepito con una logica di libera espressione, di fatto tra le mura domestiche, un "Do It Yourself" anticonvenzionale, che rende tutti gli album di Dez Dare un'esperienza cosmica unica. Il suo è uno stile altamente originale, da puro e simpatico anti divo e artigiano del suono, dove il canto/parlato alla Beastie Boys, si confonde con quello dei Fu Manchu e con il tipico approccio punk, in un'atmosfera costantemente dilatata, sormontata da montagne di fuzz e xilofoni dal retrogusto dark. In effetti, come tutte le sue realizzazioni, non è facile descrivere le sue opere, si possono fare degli accostamenti a priori, ma il mood compositivo con cui genera e degenera la sua musica, scardinando il modus operandi della maggior parte delle bands che suonano questo genere, gli permette di essere veramente unico, nel bene e nel male dell'opera, e nel percorrere la strada che porta alle infinite lande della psichedelia sotterranea. L'orecchiabilità dei suoi brani è un'altra delle sue caratteristiche, poiché anche 'Perseus War', si contraddistingue per la sua facilità di approccio, anche se tutto è allucinato ed ipnotico a dismisura e nulla è lasciato al caso, e questo lo si percepisce benissimo ascoltando la ricercata musica di Dez Dare. I 2:54 minuti del singolo "Bozo", sono un apripista splendido. Garage rock degno dei 500ft of Pipe, guidato da una ritmica spinta alla Hawkind, rumori di fondo, feedback, un tremolante xilofono giocattolo e umore lo–fi. Un video divertente accompagna il brano, surreale e spettrale, decisamente geniale, come del resto anche il video inquietante di "Bloodbath-on-HI". Penso che in ambito sotterraneo Dez Dare non abbia tanti rivali, lui è diversamente psichedelico, in senso talmente ampio, che l'impossibilità di paragonarlo a qualche altro artista è reale. La sua arte riesce a parlare delle lotte dell'universo per la sua sopravvivenza come della pressione quotidiana che l'uomo subisce nella sua esistenza contemporaneamente, attraverso suoni ed immagini, che sdoganano con una certa naturalezza, incubi, sogni, allucinazioni e figure da cartone animato, atmosfere horror e commedie satiriche del sabato sera. La proposta di quest'artista è forse quanto di meglio il mondo psych rock oggi possa offrire, un rock disagiato, che non guarda necessariamente al virtuosismo, che abbandona la veste patinata e torna allo splendore del sottosuolo, fa rumore intelligente, oltrepassa il confine nuovamente, e illumina come le band di un tempo. Una musica adatta per i più folli ma sani di mente, una musica da evitare per i puristi e poco liberi all'ascolto. (Bob Stoner)

martedì 21 marzo 2023

Morcaint - Elessar

#FOR FANS OF: Atmospheric Black
Sweden’s obscure project Morcaint was created in 2008 and it seems that Ulvtyr and Heruhim, the two founding members, composed a debut full-length, which sadly never saw the light of the day. The project was put on hold during a long of time, but fortunately it came to live some time ago and managed to catch the attention of the respected Swedish label Nordvis Produktion, which always gives you a hint of the project’s quality.

The aforementioned unreleased debut album doesn’t seem to be recorded in this new era, but Morcaint has released its debut EP which consists of only two new songs, although the quality of both compositions makes me feel a reasonable hype for an, hopefully, upcoming debut album. 'Elessar' is the title of the EP, and as you probably guessed, it is a direct mention to the world of Tolkien. Personally, I am never fed up with bands taking inspiration from Middle Earth, so I was more than happy to check out what this project can offer. Morcaint’s music is firmly rooted in the atmospheric black metal sub-genre, which I consider quite appropriate for Tolkien’s fantastic universe. Musically, Morcaint achieves an excellent balance between the expected atmosphere, and the heaviness you could expect from an extreme metal band. The first track "Elessar" immediately shows that with a captivating atmospheric intro followed by a great tremolo riffing, which is a perfect example of how atmospheric black metal should sound. The combination of mid-tempo and headbanging inducing riffs, and the always welcomed blast-beats make the song very entertaining. Both the vocals, with the classic distant sound in its production, and the drums, sound clear and powerful. The production has a raw touch, but it is enough clear and well-balanced which gives an organic touch to the songs, a characteristic that I consider a correct approach for this music. The keys have a reasonable presence, as you can hear them through the song, which includes certain moments of a bigger prominence, where they truly shine. The second "O Lórien" is a bit longer, which gives a greater room to introduce more variations and, in this case, longer mid-tempo sections where the atmosphere is absolutely captivating. The simple yet atmospheric hypnotic keys enhance the ambience and gives a truly solemn touch to the song. The classic riffing is solid, and it is a great example that there is no need for experimentation where things are done with great taste. The intensity of the song is increased towards its final section, with a marvellous combination of relentless fury and beautiful atmospheric arrangements, that remain in loneliness to close this great track.

In conclusion, Morcaint’s debut EP 'Elessar' is an excellent debut and a fine example of how atmospheric black must sound. As it only has two songs it leaves the listener wanting more, much more, so I do hope that this time the project will remain active and will release in a near future its debut full-length. (Alain González Artola)
 
(Nordvis Produktion - 2023)
Score: 82
 

domenica 19 marzo 2023

Weltmatch - Ancient Hatred

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
I Weltmatch ci propongono un Black spasmodico ed intenso, ricco di emozioni, questo a dimostrazione che anche gli americani ( sì, perché le origini del gruppo sono queste) riescono a proporci, oltre ai soliti rigurgiti death, anche una buona impostazione black con contenuti epici. Forse quello che il gruppo riesce a creare non è eccelso, ma molto probabilmente è meglio di tutte quelle merdate che gruppi di recente formazione cercano di rifilarci.

(Profanation Records - 1999)
Voto: 64

https://www.metal-archives.com/bands/Weltmacht/

Laika nello Spazio - Macerie

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Post Hardcore
È giusto che sempre più persone sottolineino come il mondo stia andando a farsi fottere, siamo destinati all'estinzione lo sappiamo, e questo processo ha accelerato pericolosamente negli ultimi anni: prima il covid, poi la guerra e le catastrofi climatiche in ogni angolo del mondo. E i Laika nello Spazio, in questo nuovo capitolo della loro discografia, ne fanno cosi il loro manifesto, 'Macerie', ecco cosa rimarrà del nostro pianeta e la band originaria dell'hinterland milanese, non fa altro che ricordarcelo dalla traccia d'apertura in avanti, con un sound che prosegue coerentemente quel processo iniziato in 'Dalla Provincia', che già avevamo recensito su queste stesse pagine nel 2019. Il terzetto lombardo ci offre quindi uno spaccato della società odierna, quella frastornata e sfiancata "dalle polveri sottili, dalle isterie di massa, dalla falsa informazionme, dai virus e dal popolo sovrano coglione" ("Coprifuoco Definitivo" che mostra richiami ad un ipotetico ibrido tra Teatro degli Orrori e IN.SI.DIA), quella dei profughi e del femminicidio ("Reazione"), quella conformista narrata in "Schrödinger". Il tutto accompagnato poi da una proposta musicale che oscilla tra post-punk ed un oscuro post-hardcore, con la conferma di un trio a due bassi, voce e batteria (si, non ci sono chitarre, avete letto bene), mentre il cantato di Vittorio Capella continua ad evocare più di una certa similitudine con il frontman dei Massimo Volume, come già aveva evidenziato il buon Bob Stoner ai tempi di 'Dalla Provincia'. La musica dei nostri non è affatto male, presentando più di un qualche richiamo ai Marlene Kunz nella title track, cosi come pure echi stoner rock nella più intimista "Evento Sentinella", con quei bassi magnetici (scuola New Model Army) che s'intrecciano tra loro con una certa benevola efficacia. Ciò che fatico però a digerire è proprio il cantato di Vittorio, che nelle parti non narrate, mi pare stoni pericolosamente. Le liriche in italiano rischiano poi di relegare questa release entro i soli confini nazionali (il (para)culo dei Måneskin qui non è di casa), ma va bene cosi, gustiamoci a tutto volume e con i bassi del nostro stereo a manetta, mi raccomando, la nuova fatica dei Laika nello Spazio. (Francesco Scarci)

venerdì 17 marzo 2023

Fluisteraars - De Kronieken Van Het Verdwenen Kasteel - I - Harslo

#PER CHI AMA: Black
In attesa di ascoltare il loro nuovo album, gli olandesi Fluisteraars ci regalano un EP di un paio di pezzi, giusto per ingannare il tempo. 'De Kronieken van het Verdwenen Kasteel - I - Harslo' (The Chronicles of Vanished Castle) è il titolo di questo lavoro che farà parte di un trittico di EP da collezionare, votati ad un black isterico e animalesco che si esplica attraverso le iniziali furenti melodie di "Dromen Van de Zon". La ritmica è serrata e sparata a tutta velocità e su di essa si stagliano le grim vocals di Bob Mollema, per un risultato che a me non convince proprio del tutto. Si continua con la più lunga "De Koning Die Werd Ontdekt Tijdens de Blootlegging Van de Nieuwe Dimensie" e il risultato non cambia poi di molto, con otto minuti tiratissimi che almeno fino al quarto minuto non lasciano scampo e un briciolo d'ossigeno. Poi, i nostri rallentano incredibilmente il tiro, evocando un che dei Burzum di 'Hvis Lyset Tar Oss', grazie alle classiche chitarre zanzarose e alle tastiere in sottofondo, in grado di donare quel tocco di straziante malinconia che alla fine mette tutti d'accordo su quanto i nostri sappiano essere ancora tremendamente glaciali. (Francesco Scarci)

Jeffk - TAR

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
Tornano le uscite della Golden Antenna Records e l'etichetta tedesca ci propone oggi la seconda release dei conterranei Jeffk che, a distanza di cinque anni dal precedente 'Inadequate Shelter', si riaffacciano con questo 'TAR'. La band, originaria di Lipsia, propone un post rock strumentale che sembra strizzare l'occhiolino ai God is an Astronaut con al seguito tutta la serie di clichè tipici del genere. Si parte da "Fingers" e dalle sue melodie dilatate, quasi intimistiche, spezzate però qua e là da frangenti metal decisamente più ruvidi che sembrano allontanare il terzetto dal post rock. Non so voi, ma verso il sesto minuto del brano ci ho sentito poi un che della melodia della Marcia Imperiale che accompagnava la comparsa de La Morte Nera in 'Star Wars'. Chiamatela suggestione o quello che volete, ma l'atmosfera da li in poi si farà più cupa, almeno fino a quando nel mio stereo partirà "Arcades", song che si muove con un ipnotico giro di chitarre in tremolo picking, accompagnato da una fantasiosa batteria, che evolverà ancora una volta nel finale verso tonalità più fosche e apocalittiche, quasi fosse il marchio di fabbrica dei Jeffk. Con "Ratio" si parte invece decisamente più delicati grazie ad una linea di basso che guida l'incedere di un brano che non mostra in realtà significativi sussulti, se non in una parte centrale più robusta e in una chiusura ancora spettrale. Con "Idle Eyes" ci approcciamo al singolo per cui i nostri hanno girato anche un delirante video. L'inizio è lento e straniante, per poi pigiare successivamente sull'acceleratore grazie ad un sound decisamente più energico, anche se brevi break atmosferici provano a minimizzarne l'irruenza. Una voce urlata qui avrebbe fatto di certo la sua porca figura, soprattutto per donare un po' più di variazioni al tema, laddove il trio teutonico persegue una certa ridondanza ritmica ed effettistica. Tuttavia, devo ammettere che anche questo brano, cosi come tutto l'album, si rivelerà convincente. Anche le residue due tracce, "Lake Bled" e "Swarm", regalano interessanti sprazzi di musica raffinata, peraltro con una ricerca tecnica di un certo livello, leggasi i numeri da circo con cui si destreggia il batterista dietro alle pelli, per quella che sembra essere una continua ricerca di cambi di tempo che possano intrattenere nel migliore dei modi l'ascoltatore. Anche qui non ci troviamo certo di fronte ad una proposta di semplice assimilazione, bisogna infatti entrare in profondità nel mood di questi musicisti, per capirne le intenzioni e assaporarne ogni singola sfumatura. La chiusura affidata a "Swarm" sublima infatti la ruvida emozionalità che 'TAR' è in grado di sprigionare lungo i sui quasi tre quarti d'ora di musica. Non certo la più semplice delle passeggiate, ma spesso anche un buon trekking in montagna con l'aria tagliente può regalare piacevoli emozioni. (Francesco Scarci)

(Golden Antenna Records - 2023)
Voto: 74

https://jeffk.bandcamp.com/album/tar

giovedì 16 marzo 2023

Evol - Dies Irae

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Folk Black/Ambient/Gothic
I primi demotape della band italiana Evol non erano facilmente reperibili. L'idea di proporli (e riproporli più di recente/ndr) su cd fu pertanto lodevole. 'Dies Irae' contiene i demo 'The Tale of the Horned King' (1993) e 'The Dark Dreamquest - Part I' (1994), più due tracce registrate dal vivo nel 1995. Chi conosce gli Evol e ne ha apprezzato lo stile non si faccia sfuggire l'album in questione. Per coloro che li hanno sentiti solo nominare si rendono necessarie alcune informazioni supplementari. Gli Evol erano fautori di un "black metal" (ammesso che questa definizione sia legittima) molto atipico. Nulla a che vedere con Darkthrone e Mayhem, per intenderci, né con i primi Satyricon ed Emperor. Nelle loro composizioni musicali, caratterizzate fra l'altro dalla presenza di una trasognata voce femminile, le parti aggressive erano assai rare. Le atmosfere, lungi dall'essere lugubri, inclinavano semmai verso l'onirico e il fiabesco. Caratteristiche, queste, che si sono venute accentuando nel corso degli anni, sino ad imporsi con assoluta evidenza nell'ultimo vagito della band, 'Portraits' (1999).

(Black Tears/Iron Goat Commando - 2001/2019)
Voto: 66

https://www.metal-archives.com/bands/Evol/6145

Garota - Czarne Wizje

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Devo ammettere di aver tirato giù santi e madonne quest'oggi perchè non riuscivo a capire il nome della band e del disco tra le mie mani. Tra l'essere scritto in caratteri gotici e in polacco, la faccenda si era fatta alquanto imbarazzante per il sottoscritto, ma alla fine ce l'ho fatta a identificare i Garota e il loro debutto su lunga distanza, 'Czarne Wizje', dopo un EP uscito nel 2021. La proposta è un black thrash che può evocare i Destroyer 666, con un piglio qui più punkeggiante, ma che francamente non si rivelerà proprio memorabile, andandosi a perdere in riffoni sentiti e risentiti. Complice poi i titoli (e i testi) tutti interamente in polacco, potrete capire come accostarsi a questo terzetto della Pomerania, possa risultare alquanto più complicato. Trentaquattro minuti sparati a tutta velocità, tra riff taglienti, blast beat, grim vocals, tematiche sataniche, violenza a profusione e potrete immaginare come questo possa essere assimilabile ad un altro milione di lavori. Ci provano i nostri in "Prymitywne Rytuały" o nella successiva "Czarne Wizje Pełne Krwi" a rallentare il ritmo per cercare di distinguersi dalla massa e l'effetto non è nemmeno poi cosi male, ma in tutta onestà, nella mia lunga carriera di recensore, di dischi del genere ne ho affrontati fin troppi e a certi ho fatto anche parecchio male. I Garota alla fine sono onesti mestieranti che probabilmente sono nati negli anni in cui avrebbero dovuto proporle simili sonorità, avrebbero forse goduto di maggiore considerazione. Ora, a parte le conclusive e debordanti "Nad Jeziorem Ognia" e "Oczy Golgoty", non mi soffermerei più di tanto su questo disco. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 60

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/czarne-wizje

Soilwork - A Predator's Portrait

#FOR FANS OF: Melo Death/Metalcore
This is an interesting album but it doesn't top its predecessor 'The Chainheart Machine'. The riffs are good but not to that caliber. And the vocals are a little more laid back mixed with some clean bits. The music is what's awesome on here. The melodic rhythms that go along with the clean vocals (at times). I liked this release, it is just a little step down from the previous. The leads were outstanding though. As this was the older lineup. These guys have had a great career in music some good releases and some duds. This one is definitely not the latter, it's quality melodic death metal. The intensity is there just not as much.

They mellowed out on this release but the vocals feature a lot of screaming. It's like a mix of melodic death with metalcore. I don't like metalcore much but the music is quality. I just don't like the fact that their intensity lessened hence the "75" rating.

Their modern sound is like this too, their most recent has a lot of mellow parts to them. 'Övergivenheten' which means "The Abandonment" is their latest release that sounds a bit like this. I like both almost equally. They'll never get to the degree of 'The Chainheart Machine' but they're still a good band releasing good music. They just fizzed out whereas they could've progressed musically. I'm still a fan of the band but I just had to lower my expectations of their releases after 'The Chainheart Machine'. There are some good songs on here mainly these: "Neurotic Rampage", "Final Fatal Force" and the title track.

They're dealing with the loss of David Andersson who joined the band in 2012-2022. He died last year at 47 years of age. They can still get to the caliber of this album as they did of their most recent. 'A Predator's Portrait' had some dynamite songs! They've just chilled out.

There will never be a Soilwork of this degree again, but that doesn't mean that they're done as a band. This album is a good follow-up, just not nearly as good as their predecessor. I hope that they keep producing albums though! (Death8699)


(Nuclear Blast - 2001)
Score: 75

https://www.facebook.com/soilwork

Grava - Weight of a God

#PER CHI AMA: Sludge/Post Metal
Torna l’Aesthetic Death con un’altra delle sue uscite ad effetto. Questa volta l’etichetta britannica è andata a scovare i Grava in Danimarca, un terzetto originario di Copenaghen formatosi nell’anno del lockdown da Covid. Complice verosimilmente quello stato di angoscia generato dall’essere chiusi nelle proprie abitazioni, deve aver portato i tre musicisti a partorire questo angosciante esempio di blackened sludge/post-metal sperimentale di stampo americano (Neurosis docet). Sette i pezzi che sciorinano i nostri per cercare di convincerci della bontà della loro proposta. Si inizia con le fluttuanti melodie di "Waves" che mettono in mostra le peculiarità della band ossia un ipnotico rifferama sludge, vocals che si dimenano tra l'urlato e il growl e un'aura malinconica di scuola Amenra/Cult of Luna che aleggia per questo e i successivi pezzi. Dopo appena tre minuti è il tempo di "Bender" e le atmosfere si fanno ancor più cupe con un muro di chitarre e voci caustiche davvero da incubo, spezzate da frangenti di chitarra più melodici sul finale di un brano che supera di poco i tre minuti e mezzo. Strana la scelta di avere pezzi cosi brevi per un genere spesso contraddistinto invece da lunghe durate. Ma anche le successive "Crusher", "Alight", "Cauldron" e "Appian Way" (quest'ultima stralunata song si colloca addirittura sotto i tre minuti) continuano con questo trend, non solo legato al minutaggio ma anche ad una proposta musicale che si mantiene fedele ai dettami di uno stile che trova qui delle scappatoie in cambi vocali, per la presenza di brevi assoli che accompagnano le dissonanti linee di chitarra. Solo la conclusiva "The Pyre" si discosta non solo in termini di durata dal lotto delle restanti, con oltre otto minuti che condensano quanto ascoltato sin qui ma musicalmente perpetrano, con più break atmosferici, un sound più tormentato per molti più giri d'orologio. Insomma, quello dei Grava è un album complesso e non cosi facile da avvicinare, però potrebbe comunque regalarvi spunti interessanti in un ambito che inizia a scarseggiare per freschezza di idee. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death – 2022)
Voto: 70

https://gravadanois.bandcamp.com/album/weight-of-a-god

martedì 14 marzo 2023

Necroart - Dead Roses Parade

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Secondo demo, stavolta su cd, per questa band che già agli esordi mostrava buone potenzialità. A differenza del primo demo che risentiva di troppe parti di death/thrash vecchio stile, qui il loro sound si presenta più competitivo e convincente. L’aggiunta delle tastiere ha giocato a loro favore, non essendo, tra l’altro, invadente, donando più armonia e varietà nel suono. Ritagliandosi anch’essa un proprio spazio. Devo dire, che la registrazione è curata e gli strumenti sono ben distinguibili. Buona la prova del cantante che interpreta con enfasi i brani modulando la voce con parti grintose a metà tra il black e il death e alcuni sprazi melodici con la voce pulita. Le chitarre svolgono un ottimo lavoro. Direi che i riff si possono inquadrare come death metal svedese, di quello melodico, non dimenticando anche qualche parte più gothic oriented, vedi la bella “One Night Till the End”. Cinque i brani che compongono questo lavoro, con una strumentale eseguita da chitarra e tastiera, dal tono sconsolato, disegnando a tratti paesaggi onirici. Ho apprezzato anche la veste grafica, che si presenta professionale e infine segnalerei un altro brano che mi ha piacevolmente colpito che è il primo dell’album, “Suicidal Karma”.

Old Man's Child - Ill-Natured Spiritual Invasion

#FOR FANS OF: Symph Black
I don't think this album is "boring" at all. Sure maybe to other critics but not to me. I thought that this was a total monument. Such a great follow-up from 'The Pagan Prosperity'. It has better music and production quality. I liked the songs on here more than their predecessor. The vocals are still solid on here matches up with the music. Kind of guttural Galder but still GOOD! He's done great things for his project here. I think maybe nowadays he's spending too much time in Dimmu Borgir where he should be capitalizing with this project. Dimmu hasn't had a good album since maybe 'In Sorte Diaboli'. On here, he dominates on all instruments!

Every song is good and they are somewhat lengthy. But that's good, he has so much to offer musically. A true legend in every respect. I like his vocals too they're dark and the screams are totally fathomable. He really topped his musicianship on here. I think that this is one of his best releases out of all of them. The music, the production, sound quality, vocals and overall effort was ingenious. This guy knows exactly how to make music that's within a somewhat dying genre: melodic black metal. Naglar is tops on their genre like this one. But I like Old Man's Child more. They aren't all about speed.

This album is super catchy. I liked every single song on here but just to give you an idea, here's some: "Towards Eternity", "Demoniacal Possession" and  "My Evil Revelations." These are just to give you an idea of what this album is like. He has such catchy capabilities on this release. I think more so than 'The Pagan Prosperity', he just stepped it up a notch and the fact that the sound quality is much better he had it made on here. No need to criticize the album and coin it as "boring." He did a great job on the songwriting and overall musicianship. Totally dominated!

Check out those songs or the other tracks too and see what you think. This album was recorded about 25 years ago and still holds weight in the best albums category. Galder has spent a lot of time with Dimmu and I think that if Old Man's Child is still active he should release a new album. Dimmu hasn't done many good albums for a long while. He should take a step back from them and record an album with this project! He founded this band and has shown us his amazing talent on all instruments not to mention vocals that totally crush! He tears it all up on here. Have a listen! (Death8699)
 
(Century Media/Cosmic Key Creations  - 1998/2020)
Score: 80
 

The Lovecraft Sextet - Black†White

#PER CHI AMA: Jazz/Black
Pronti alla follia? Lo siete davvero? Ad accompagnarci in un turbinio sonoro ci pensa il polistrumentista olandese Jason Köhnen, supportato nuovamente dalla Debemur Morti Productions dopo lo straripante lavoro dello scorso anno, intitolato 'Miserere'. Per chi non conoscesse l'artista tulipano, si tratta di un ex membro dei The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble, e come si evince dal moniker della band, il musicista non cela di certo il proprio amore per il jazz. In questi The Lovecraft Sextet, Jason non si tira certo indietro continuando ad esplorare i meandri del jazz, qui abilmente miscelato a black e avantgarde. Quello che vi dò in pasto oggi è solo un assaggio delle potenzialità dei nostri, trattandosi di un 7" di un paio di pezzi, "Black" e "White" appunto. Si inizia con il classico sax in sottofondo, quello di Colin Webster, che ci mette a proprio agio su un drappeggio tipicamente jazzy, per poi scaricarci addosso una brevissima colata di liberatorio black metal, prima di nascondersi nuovamente in deliranti sperimentazioni dark avanguardistiche. Peccato solo che manchi qualche voce oscura, in sottofondo avrebbe reso tutto ancora più interessante e contrastato. Giriamo lato al dischetto ed ecco "White": le atmosfere ipnotiche e surreali del duo dei Paesi Bassi proseguono nei primi 120 secondi del pezzo per poi dar nuovamente sfogo ad una cacofonica forma musicale che potrebbe rievocare i Naked City del buon John Zorn, per un buon giro d'orologio a dir poco sconvolgente che vi lascerà inermi e senza parole fino alla fine. Potenzialmente i The Lovecraft Sextet sono assai pericolosi, un peccato solo che il 7" duri cosi poco. (Francesco Scarci)

(Debemur Morti Productions - 2023)
Voto: 75

https://thelovecraftsextet.bandcamp.com/album/black-white

giovedì 9 marzo 2023

Cruciatus - De Virtute Sectae

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Symph Black, Summoning
I Cruciatus sono il progetto di Tenebrio, già vocalist dei Nyarlathotep. Qui è accompagnato da Deletrix con cui ha sviluppato il concept lirico imperniato sulla Guerra Santa, vista come realizzazione della Grande Opera, la fusione del cosmo. Passiamo alla musica. Questo demo cd è il giusto incontro di black metal e musica, diciamo, arcana e trionfale come sapevano fare gruppi quali Summoning e Limbonic Art. Le tastiere predominano creando tappeti veramente esoterici, coinvolgenti e soprattutto originali. A volte stupiscono, pur nella loro semplicità, perché rimangono impresse nella mente con facilità già dal primo ascolto. Non sono i soliti quattro accordi gotici. Questo fa notare la sicuramente ottima vena compositiva dei nostri. Anche la batteria, pur essendo elettronica, è usata secondo giusti criteri che seguono un filo conduttore in ogni traccia. Con questo voglio dire che non è sparata a mille come in tanti gruppi black; è ben arrangiata, riempie perfettamente ogni giro. Ad essere sincero io non amo molto suoni “artificiali”, ma se sono adoperati in questo modo, ben venga. Devo dire che poteva essere un ottimo inizio: un altro demo infatti e poi lo scioglimento.

Cave Dweller - Invocations

#PER CHI AMA: Noise/Ambient/Dark
Il nuovo album di Cave Dweller, ovvero Adam R. Bryant, ex membro della band post black metal americana Pando, è stato concepito come una lunga colonna sonora, con l'idea stessa di emanare una visione simbolica del rapporto che lega l'uomo alla spiritualità della natura. Un concetto profondamente radicato tra le note della musica di questo uomo delle caverne, che si fa notare fin dal significato del moniker scelto dall'autore stesso. Le danze si aprono con una voce che recita sopra una rarefatta base, acustico ambientale ("An Invitation"), morbida ed eterea per proseguire nella oscura parvenza di "To Accept the Shadow", che ricorda le trame delle musiche più cerebrali dei Virgin Prunes (vedi la splendida raccolta 'Over the Rainbow'), con un piano nostalgico e amaro a condurre le musica, per poi finire a deragliare su di un finale dark/ambient, con la presenza ritmica di una percussione metallica, che sonda i terreni dei lavori, tutti da scoprire, del progetto mistico/ambient russo, Enoia. Da qui, si viene traghettati in modo naturale, verso la splendida "Bird Song". Questo brano era già presente nel precedente ottimo EP, 'Between Worlds', ed è una traccia che vanta un cantato fragile, drammatico ed epico, con una chitarra solitaria dall'animo grigio e un'evoluzione in stile folk black, che fa riscoprire tutta la forza artistica di questo atipico menestrello del Massachusetts. L'arte di Cave Dweller è sotterranea, rurale fino al midollo, criptica, sperimentale e la si apprezza solo se si colgono i dettagli di registrazioni fatte con smartphone, rumori, fruscii e suoni non convenzionali, particolari sparsi un po' ovunque con genialità e la consapevolezza di creare qualcosa di profondamente evocativo. Un'opera di 44 minuti che evolve le sperimentazioni dell'autore in vari ambiti, folk apocalittico, ambient, alternative country, neofolk, senza prendere a prestito niente da nessuno, per un viaggio personale e originale. Suoni d'ambiente, uccelli in sottofondo, gabbiani, noise, oppure una tiepida batteria di matrice jazz, per rendere più accessibile la ballata noir, minimalista, "Entelechy". Un sound tribale e oscuro, con conseguente esplosione black industriale, nello stile della sua precedente band, dona con vigore, una facciata ipnotica e cosmica al lungo brano intitolato "Mirror". Ma la differenza in chiave di bellezza estrema, la troviamo nella canzone conclusiva intitolata "Solastalgia", dove il solo campione di voce simil lirica/sciamanica, che persiste in sottofondo di tutta la traccia, fa onore all'arte di questo musicista unico e impareggiabile nella sua esplicita arte sonora isolazionista, fredda, rumorista e lo-fi, contornata da psichedelia cosmica ed un cristallino folk, con uno spirito etnico proveniente da qualche sistema solare sconosciuto, che rievoca un vero e proprio risveglio interiore. Un album in veste concettuale, che rispecchia un po' la forma del gioiello sonoro quale fu, 'The Inspiration of William Blake' di Jah Wobble, ovviamente da accostare solo come intuizione compositiva, non come stile musicale, visto che i due artisti sono agli antipodi stilistici, ma convergono entrambi per una libertà d'espressione molto proficua. 'Invocations' è stato creato e mixato dallo stesso Bryant in un arco di tempo piuttosto lungo, tra il 2018 e il 2021, e si presenta come un resoconto del suo percorso sonoro, quindi da considerarsi come una specie di diario di bordo delle sperimentazioni che hanno dato vita al primo splendido album del 2019 (sotto il titolo 'Walter Goodman – or the Empty Cabin in the Woods') e l'EP sopracitato del 2021. Una musica intimista tutta da scoprire ed apprezzare, per cui consiglio di ascoltare prima questa raccolta introduttiva, per poi passare in ordine temporale, alle altre due ottime opere di questo valido autore. (Bob Stoner)

Saturnus - Veronika Decides to Die

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Doom
Ho i brividi, palpitanti tremolii pervadono tutto il mio corpo, il battito accelerato del mio cuore mi fa capire quanto sia vivo e quanto sia ancora in grado di emozionarmi ascoltando un disco. Questo è quanto ha generato a livello emozionale 'Veronika Decides to Die' dei danesi Saturnus, ma devo ammettere che così sia sempre stato per ogni loro uscita, dall’oscuro 'Paradise Belongs to You', al malinconico 'For the Loveless Lonely Nights' arrivando al raffinato 'Martyre'. 'Veronika Decides to Die' ricordo di averlo aspettato con estremo bisogno, quasi un morboso desiderio di farmi travolgere dalla decadenza emotiva del sestetto scandinavo. Il disco si apre con gli undici minuti della bellissima "I Long", un cammino di tragica melancolia in cui arrivo a soccombere nell’atmosferico e toccante epilogo, dove una chitarra ricama commoventi note di passione. La seguente "Pretend" parte veloce, ma sono le melodie create da questi ottimi compositori, a turbare il mio animo: l’assolo infatti che chiude il brano ha un che di commovente, quasi straziante. Ricordate le emozioni trasmesse dai primi lavori dei My Dying Bride? Beh, qui i ragazzi si sono superati e le suggestioni messe in musica dal sestetto nordico sono in grado di generare un batticuore a chiunque. Ritmiche rallentate, accompagnate dai vocalizzi, ora growl ora puliti, di Thomas Jensen (di cui prediligo la versione pulita, più calda e suadente), fraseggi chitarristici fenomenali, un gusto per la melodia come pochi, completano un lavoro straordinario contraddistinto da otto brani eccelsi, senza alcuna sbavatura, senza momenti noiosi, nonostante l’elevata durata del cd (che sfiora l’ora di musica). Un’ottima tecnica individuale concorre nel rendere ancor più gradevole questo cd. "Descending" è forse il pezzo migliore dell’album con l’imprinting tipico dei Saturnus: atmosfere sofferenti, intermezzi acustici, momenti deprimenti in abbondanza e bellissime e strazianti melodie. I Saturnus stillano nelle otto tracce qui incluse tutta la loro passione per il gothic doom, ricordando in alcuni frangenti gli Anathema dell’era 'Pentecost III' o i My Dying Bride di 'Turn Loose the Swans'. Siete pronti ad assaporare le emozioni profonde e la poesia che sgorga dalle anime di questi artisti, ora peraltro in una versione in doppio cd/vinile, in attesa di ascoltare il loro nuovo disco? Questa è musica nobile solo per uomini capaci di profondi sentimenti. (Francesco Scarci)

(Firebox Records/Prophecy Productions - 2006/2022)
Voto: 84

https://saturnus-official.bandcamp.com/album/veronika-decides-to-die

martedì 7 marzo 2023

Slayer - Divine Intervention

#FOR FANS OF: Death/Thrash
This is a release that I like with Bostaph was on drums. The guitar riffs are good on here, especially on "Killing Fields." The leads were a little lacking on Kerry King's side but he's always been in Hanneman's (RIP) shadow. The songwriting quality on here was top notch! Not as good as 'Seasons in the Abyss' though. A different production quality on here. It's actually better sounding than 'Seasons...' just the guitar riffs weren't as good on here. But they are pretty catchy. The title-track "Divine Intervention" had a killer opening riff that just took everything away. Mind you, the whole song is incredible.

I just don't like Slayer without Lombardo or guitar without Hanneman (anymore). But on here they did really well! I still think that this is deserving of anything higher. Araya's vocals were a little annoying on here but not to an nth degree.

The 90's Slayer I wasn't much in favor with or the newer modern stuff. I'm for the older material such as 'Show No Mercy', 'Reign In Blood', 'South of Heaven' and 'Seasons in the Abyss'. It just seemed to be the "real" Slayer that the 90's stuff and modern didn't cut it.

As I say, the production quality was decent on here. Rick Rubin on 'Seasons...' did a great job on that release. But here the instruments were done in well despite the music not being as well as the 80's and 1990 Slayer. The leads were good and the rhythms were tight. The music fits with the vocals. Just they will never reach the status of how they were in the past. It's too bad they're gone for good but without Hanneman and Lombardo it just isn't Slayer to me! The music on here is catchy though. Probably the best Slayer of the 90's aside from 'Seasons...'. They are good on here in the lead department and the riffs are pretty OK.

This album is less than 40 minutes but it's still good musically. The aggression fact isn't as prominent as the 80's Slayer and up until the end they turned out to be horrible on 'World Tainted Blood' and 'Repentess'. Those two were flops. This one isn't nearly as bad as those. At least on here they have some catchy songs. Aside from the title-track and "Killing Fields", I would recommend checking out "Sex. Murder. Art" and "213." Slayer retired too soon, they would've had more albums to release with Bostaph and Gary Holt. As Kerry King's anger about retiring too early, he misses the live shows. I don't blame him, but he's formed another band I think with an album on its way.

From the time that they formed in the early 80's, Slayer was a pivotal force in the thrash metal arena that basically never changed their style of music. Bands like Necrophobic got their name from a 'Reign In Blood' song. The whole community died when Hanneman passed on and (to me) Lombardo out. Though he's with Testament now. Old Slayer is gone, long live Slayer forever (RIP). (Death8699)


(American Recordings - 1994)
Score: 70

https://www.slayer.net/

Obituary - Dying of Everything

#FOR FANS OF: Death Old School
This album has a 'Cause of Death' vibe to it. The music is quality riff-wise. And the vocals are vintage John Tardy-esque. I like both the riffs and the vocals the most. The production quality is different. It's kind of hollow which doesn't mean I'm scoring it lower. The riffs are fresh and the songwriting is totally Obituary. But yeah, the vibe is in the vein of 'Cause of Death'. But it's modern death metal with their own sound that they acquired in the late 80's-early 90's. A lot of their releases duplicate the previous but this one is a little different. The main difference is the sound quality. It makes it sound unique.

The songwriting is quality and the guitar riffs are catchy. I liked this whole album I thought that they have a lot to offer (still) and I think they have more full-length albums up their alley in the future. The music is pretty slow but chunky riffs. Definitely one of their better releases.

Check out the songs "By The Dawn" and "Be Warned." The rest are good but the latter one is totally from the vein of 'Cause of Death', absolutely. The music is definitely fresh and new with the taste of the old. But they didn't seem to duplicate past releases with a grim vibe.

Like I said, the sound quality is different but good. The music on here is very catchy and new. These guys are great with their quality music the whole way through. I like the music the most and the vocals are totally like they usually are. Overall, they did great! These guys are middle-aged but still excellent brutal metal. I liked the riffs and it sounds like they're in D tuning. Maybe a little bit lower on here. But they're thick and catchy. Those two tracks I mentioned are my favorites from this release. They rehashed 'Cause of Death' with the touches of their new material going in that direction.

I preordered this because it seemed to get positive press and they were right! I'm glad that I checked it out! (Death8699)


venerdì 3 marzo 2023

Paul Chain - Park of Reason

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Psych Rock/Dark
Veramente malata questa fatica di Paul Chain. Atmosfere dark come da tanto non ne sentivo, pura ossessione creata dalle tastiere che, nella loro prevalente lentezza, sembrano insopportabili, complice una durata medio-alta delle canzoni. Non manca la sperimentazione noise, come la quinta "War Abysses" mostra egregiamente. La voce, pur essendo pulita, è strana, monotona ma seducente all’ascolto. La lentezza, ribadisco, regna disperata assopita solo da qualche spunto stoner. Paul ha composto quasi tutte le canzoni, eccetto la settima traccia, cover dei Saint Vitus. Mantenendo la sua ispirazione dark, Mr. Chain è riuscito ad evolvere e trovare, attraverso alcune sperimentazioni/improvvisazioni soluzioni originali che fanno sicuramente onore ad un pioniere come è Paul. La produzione è ottima: ascoltate più volte "Wings of Decadence" e scoprirete come determinati suoni sappiano diffondere atmosfere già di per sè allucinanti. La undicesima "Logical Slow Evolution", in verità, è composta da due canzoni sovrapposte, registrate in mono, che possono essere ascoltate in tre modi differenti: se si porta l’equalizzazione a sinistra si ha "Logical Slow Revolution". Se invece si sposta l’equalizzatore a destra, si può ascoltare "… In Time". Con l’equalizzazione bilanciata, non sono sicuro del risultato che si può ottenere, forse questo esperimento si può gustare maggiormente con un buon impianto stereo. Comunque tutto è azzeccato, e Paul non ha fatto che confermarsi. L'unica nota che mi rende perplesso, è il linguaggio usato in queste canzoni. Nella prima pagina del booklet è riportato che ciò che canta Paul Chain, è "purely phonetics", mah...

(Beyond Productions - 2002)
Voto: 73

https://www.facebook.com/paolocatena4/

giovedì 2 marzo 2023

Purgatory - Apotheosis of Anti Light

#FOR FANS OF: Brutal Death
These guys are amazing death metal! And brutal as all hell. The vocals are utmost brutal and the guitars are mostly fast with a furious tempo. They know how to make some awesome death metal. Their album is about 45 minutes long and it's worth a listen to. I actually discovered this band from a friend of mine. What an awesome suggestion! I liked this whole release. It's immaculate and HEAVY. The vocals make it more brutal as the guitars are fast. They somewhat grind on here. They don't let up much in the intensity factor. The whole way through they're absolute dynamite.

I like the overall riffs they're catchy and unique. They play some harmonies too with the guitars. And the leads are impeccable. They're totally heavy and they don't let up much in the tempos. Maybe sometimes they a little less fierce but not much. A lot of blast beating and tremolo picking on the guitars. The riffs are totally catchy. These Germans know how to make good death metal. And they're not borrowing the Swedish sound like some bands do like Fleshcrawl (as an example). They've got their own sound and man are the drums totally wicked. I'm so loving what I heard from these guys!

The sound quality is top notch. Everything is mixed well the production is quality. It's hard to find acts that have good recordings. This one seems to be immaculate. And it does the album justice, absolutely! These guys I hope will be around longer. They've been around since maybe 1993 or thereabouts. I'm just discovering them! That's alright though. Their music and vocals are killer. The songs are powerful and intense. They seem to not let up much on the intensity. They're pretty insanely brutal this whole album. I'm glad that they're taking their aggression seriously and getting out the anger!

This album doesn't really lack anything. Just the vocals take a little getting used to (for me) but I think that they suited the music. Some songs to check out would be "The Moaning of Dismal Halls", "Deny! Deny!! Deny!!!" and "Pantheon of Slaughters." The whole album is amazing! They totally slay in the music department! The music is what made me a fan. These guys don't let up much. Their intensity and their vocals mixed in with the awesome drums totally slays. It's worth listening to this album if you're a fan of Dying Fetus, old Deicide and a Chicago based band called Cardiac Arrest. Check it! (Death8699)


Enslaved - Ruun

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black Progressive
Devo ammettere di non essere mai stato un grandissimo fan della band norvegese, ma dopo la svolta di 'Monumension', iniziai ad apprezzare enormemente il sound di Grutle e soci, aspettando ogni anno l’uscita dell’ennesimo piccolo gioiellino. In attesa dell'imminentissima uscita di 'Heimdal' (domani) andiamo a riscoprire un’altra prestazione maiuscola per la band norvegese, 'Ruun'. A differenza del precedente 'Isa', i nostri sfoderano un album leggermente più accessibile, grazie ad un ammorbidimento dei suoni e ad una ricerca ancora più raffinata di atmosfere progressive e sperimentali. "Path to Vanir" potrebbe tranquillamente essere l’emblema di questo nuovo capitolo firmato Enslaved: ritmiche rockeggianti su cui s’inseriscono i cori da brivido di Grutle, l’hammond dal deciso sapore seventies, atmosferici inserti che non possono non ricordare i Pink Floyd, evocativo. "Fusion of Sense and Earth" è già una song molto più aggressiva: ruvide chitarre sorrette da una ritmica incisiva e dalla vetriolica voce di Mr. Kjellson, mostrano di che pasta sono fatti i nostri, per poi abbandonarsi ad un finale travolgente grazie ad un bellissimo assolo. Da un bel po' si dice che il combo nordico non è più assimilabile al black metal, quella forma di viking che inventarono quasi 30 anni fa con quel capolavoro intitolato 'Vikingligr Veldi'. Gli Enslaved da un bel po' sono più vicini a sonorità progressive sia per genere proposto che per la eccellente perizia tecnica. Ogni song è un viaggio in un mondo parallelo, una caleidoscopica cavalcata attraverso giochi di luci e ombre che portano ad abbandonarmi alla mercè di questo meraviglioso album. 'Ruun' rappresenta la giusta consacrazione di una band che fin dagli esordi ha mostrato una propria personalità ben definita ed originale. La title track, richiamando i suoni di 'Isa', conferma il fatto che comunque l’act nordico non abbia tralasciato i suoni del passato: sette minuti di musica dai contorni epici, miscelati alla perfezione con il sound ispirato e psichedelico che abbiamo avuto modo di ascoltare in questi ultimi anni. "Tides of Chaos" ha un sapore più doom oriented con le sue pesanti e lente chitarre, le clean vocals corali contrapposte allo screaming tagliente di Grutle, ma ciò che comunque gioca un ruolo determinante in tutto il disco è il lavoro egregio fatto alle tastiere, mai in primissimo piano, ma fondamentali per la totale riuscita dell’album. Il disco si chiude con tre pezzi entusiasmanti: la malinconica "Essence", un eloquente dipinto del magnifico paesaggio nordico; "Api-vat", la song più metal dell’intero lavoro e "Heir to the Cosmic Seed" altro esempio di come si possa fare musica intelligente mantenendo invariata l’aggressività di fondo. Ottime melodie su dissonanti riff glaciali, atmosfere progressive, eccellenti vocals e brillanti assoli, rendono 'Ruun' un grande album da far vostro ad ogni costo. Consigliato a tutti gli amanti del metal, dal prog al death, passando per il black, il thrash o l’epic. Il più classico "Buy or Die"! (Francesco Scarci)

(Tabu Recordings - 2006)
Voto: 85

https://enslaved.no/