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lunedì 28 febbraio 2022

Cherry Five - Il Pozzo dei Giganti

#PER CHI AMA: Psych/Prog Rock
La suite che apre e domina il secondo album dei "nuovi" Cherry Five (del nucleo originario sopravvivono infatti soltanto i non-Goblin Tartarini e Bordini) recupera il pathos pianistico ma soprattutto la durata autocelebrativa di certe suite tardo E-L-P, in combinazione con passaggi aromaticamente psych e un inopinato chitarrismo rock-metal alla, uh, diciamo Brian May? Sul lato B, una seconda suite alifaticamente prog-pop che mescola la Premiata folkeria Marconi, i New Trolls melodici di "Signore, Io Sono Irish", Notre Dame de Paris, i Rush e un poltergeist dispettoso travestito da Rocky che saltella sulla tastiera di un pianoforte. La galoppante "Dentro la Cerchia Antica" rivela invece una spiccata devozione, specialmente da parte del cantante, nei confronti di 'Nuda' dei Garybaldi, ma con una chiusura crimson-perentoria. L'immobilismo protervo della politica, la guerra, la morte: un concept sui mali moderni come allegoria della Commedia dantesca, che a dire il vero sarebbe già abbastanza allegorica per i fatti suoi. Niente di assolutamente originale, beninteso, ma un po' meglio del qualunquismo sdegnoso del coevo 'L'Era della Menzogna' firmato Delirium. (Alberto Calorosi)

domenica 27 febbraio 2022

Corrupter - Descent into Madness

#PER CHI AMA: Death Old School
I nostri amici polacchi della Godz Ov War Productions ci presentano una nuova release del loro diabolico roster, i transalpini Corrupter e il loro debut 'Descent into Madness'. Dimenticatevi ora l'origine della band, non pensate pertanto a raffinate e ricercate forme di black metal intellettualoide, ma concentratevi su un marcissimo passato death metal che sembra essersi perso con l'evoluzione dei primissimi Entombed o lo split dei Dismember nel 2011 (lo so, lo so che si sono riformati nel 2019). Fatte queste dovute premesse, capirete da soli che quanto fra le mani oggi possa non essere cosi originale, tuttavia quanto trasuda da questo debutto è un maligno essudato death che sembra essere sgorgato dalle viscere della Terra. I brani si susseguono con mortifera cadenza tra accelerazioni ferali e growling indemoniati. "End of the Rope", "Darkest Light" e "Into the Hearse" rappresentano il trittico terrificante che apre la danze del Diavolo con un riffing violento che solo nella terza traccia trova attimi di tregua, susseguiti peraltro da ripartenze ancor più selvagge. In tutto questo magma ribollente di puro e crudo death, devo ammettere di essere comunque riuscito a ritrovare un briciolo di melodia a rendere un filo più digeribile un disco che rischierebbe di essere visto come un pugno ben assestato nello stomaco e nulla di più. Invece, percepisco il tentativo del duo francese di proporre qualche variazione al tema: certo "No Life Here" è di una ferocia inaudita anche se i nostri provano ad inserire un break di natura doom a spezzare il ritmo infernale a cui ci sottopongono. La brevità delle song (tra i due e i quattro minuti) ammetto poi che contribuisca ad acuire l'intensità della proposta, nel senso che un brano di due minuti e mezzo come "Horror and Aftermath" è paragonabile ad un paio di ganci ben assestati nel muso che ci mettano al tappeto. Il senso di ottundimento che si prova successivamente nel rallentamento doom, è solo una gentilezza per consentirci di rialzarci da terra e cercare di capire dove ci troviamo. Un pezzo come "Not Enough to Harm", più lungo e strutturato, palesa invece influenze più ricercate nel death americano da parte del duo formato da -J- e -M-, qui peraltro aiutati nelle vocals da Meyhna'ch, mastermind degli ormai disciolti Mütiilation. La scelta della mia song preferita ricade però su "Home for the Dead", un brano dove le variazioni di tempo sono all'ordine del secondo e questa alternanza tra death e doom, innaffiato da un aurea perennemente maligna, la rendono non solo la traccia più ascoltabile del lotto, ma anche quella più morbosa e angosciante. In chiusura, la title track nel suo maelstrom sonoro, palesa nuovamente influenze oltreoceano (Immolation in testa) che sanciscono la brutalità efferata di questa release. (Francesco Scarci)

Aborted - Maniacult

#FOR FANS OF: Brutal Death
This is the first time stumbling upon this band despite their wide discography. Yes, a lot of triggers in the drums but it keeps up with the fast paced tempos. And the leads in my humble opinion are epic! I really dig the guitars the rhythms were dynamic. I think that this is one top album from 2021. Sucks that I just discovered this up until recently. I haven't heard much of it talked about for a great album then but I'm telling you it is a great album. The vocals are brutal and in your face along with the music it just compliments everything. One of those albums that you can listen to ad nauseum and not get bored.

So they are in the death/grind genres and they've pulled it off clearly got this one absolutely! The album doesn't seem to let up, though there are slower tempos to go along with the music. A lot of blasting too though. I feel like on this one they're not getting many points off. The production quality is top notch and they sure as heck made this one to remember. I'm surprised other people have not discovered this or they have and haven't written about it. Come on, one review this whole time?! I am going to put this down in history with and almost immaculate release filled with some many good elements!

The one thing I like about this is that it's totally their own. The variety in vocals, tempos, and top notch leads make it entirely impeccable! I like the higher end vocals more than the low-end but both are complimentary to the songs. First time, me hearing an extreme brutal death metal band in the origin of Belgium. At least in this few genres mixed. They really put a lot of effort into this one and it shows. There isn't a track on here that's sub-par. They all have equal amounts of good tracks to grab the listener. I think that they stole the genres making this into a revelation. What a great album the whole way through!

Yes! They certainly stole the show with this one. I actually bought this on CD which I'm not saying that you should, but it's definitely worth downloading. I just took a chance buying the CD and I was totally satisfied. You have to check it out and form your own opinion. I'm saying that these guys know what they're doing to make quality metal. A lot of albums I didn't care for that were released in 2021 but not this one. I liked it the whole way through! I'm sure that they'll be back again to make an even better performance (if that's possible). Worth looking into and owning it eventually! (Death8699)


(Century Media Records - 2021)
Score: 84

https://goremageddon.be/

Kenos - Rigor Mortis

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death Progressive
Prima prova in studio, con ottimi risultati, per i milanesi Kenos. Ottimi musicisti, i nostri propongono un death metal cattivo con elementi progressive che mostrano le capacità tecniche dei nostri attraverso gli svariati cambi di tempo e l’alternanza di parti vocali che con gli screaming di Tommaso e la melodia di Valentina, la corista, segnano i vari stati d’animo che si susseguono nelle canzoni. La terza traccia, "Clouded by Chimeras", ha una notevole durata (poco più di undici minuti!) e mostra come la doti tecniche dei Kenos riescano a fare parti molto ben intrecciate pur mantenendo il "filo del discorso": cioè, non tecnica fine a se stessa, ma supportata da buone idee e soluzioni originali. La produzione forse ne sminuisce un po’ la potenza essendo leggermente cupa. Comunque, questo fu l’inizio, confermato poi da un brillante seguito.

(MAE Productions - 2002)
Voto: 68

https://www.facebook.com/kenosband

sabato 26 febbraio 2022

The Pit Tips

Francesco Scarci

Voraath - The Barrens
Amorphis - Halo
Silent Moriah - Kill Everything You Love

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Death8699

Corpsegrinder - Corpsegrinder
Eidolon - Hallowed Apparition
Once Human - Scar Weaver

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Alain González Artola

Inferi - Vile Genesis
Enterré Vivant - Les Ténèbres ne Sont Pas Formées d'Ombre
Nostra Dementia - Spectral Songs From Vehemence

Preamp Disaster - By The Edges

#PER CHI AMA: Post Metal, Cult of Luna
Con gli svizzeri Preamp Disaster (chissà se vuole realmente significare il disastro del preamplificatore), torna a riaffacciarsi sul Pozzo la Czar Of Crickets Productions con una delle sue intriganti creature cosi come abbiamo già avuto modo di apprezzare in passato. 'By the Edges' è il lungo e nuovo EP della band originaria di Lucerna che torna sul mercato a cinque anni di distanza da 'Waiting for Echoes'. In tutta franchezza non conosco i nostri, quindi sarà interessante valutarne il loro sound come un novizio alle prime armi. L'apertura è affidata ai robusti suoni di "Above the Bloodline", traccia piacevolmente melodica a cavallo tra post metal e post rock, con i punti di forza del primo (chitarre belle toste) e di debolezza del secondo (gli eccessivi riverberi tipici del genere). I quattro musicisti elvetici giocano comunque su saliscendi ritmici, roboanti chitarre e psichedeliche atmosfere. Tutto molto carino, già sentito mille volte però. Non serve nemmeno quella voce incazzosa a fine brano a togliermi quella sensazione di eccessiva strumentalità della song. Bene, ma non benissimo. Mi muovo sulla seconda song, "Dark Brilliance" e le cose iniziano a farsi più interessanti con una proposta più atmosferica e delicata (non sono certo una mammoletta ma cerco qualcosa di più emozionalmente toccante e meno scontata). Qui i nostri, emulando un che degli Isis più ispirati (e morbidi), ci regalano un approccio più pacato, prima di una totalmente inaspettata esplosione di violenza con una ritmica inferocita e un growling corrosivo. Poi, un break con ancora un landscape delicato su cui poggiano spoken words, che destabilizzano positivamente la concezione musicale che avevo di questo ensemble. Finalmente, qui le cose iniziano a funzionare in modo adeguato e riesco a scorgere segni di una più ricercata proposta musicale. Chitarre di stoneriana memoria si dispiegano invece in apertura di "Holdun", prima di lasciar spazio ad un incedere lento ed evocativo, con le voci quasi sussurrate del frontman a guidarci nel profondo di un brano accattivante che avrà ancora modo di mostrare atmosfere soffuse e un growling di tutto rispetto alla Cult of Luna, in un finale in crescendo che ci sta alla grande. Non saranno originalissimi, ma mi prendono bene. E le cose sembrano andare meglio con la chiusura affidata alle noste di "Entering One Last Epoch", la traccia più lunga del lotto (oltre nove minuti) che mostra un bel basso in apertura che ammicca allo stoner ed una progressione sonora che ci porterà nei paraggi di un post metal sporcato da atmosfere darkeggianti dotate comunque del loro perchè. Alla fine 'By the Edges', pur non inventando nulla, è un lavoro piacevole e strutturato che farà la gioia di tutti gli appassionati di sonorità post metal. Quindi gliela diamo o no una chance a questi Preamp Disaster, che dite? (Francesco Scarci)

(Czar Of Crickets Productions - 2022)
Voto: 74

https://preampdisaster.bandcamp.com/album/by-the-edges

Godspeed You! Black Emperor - Asunder, Sweet and Other Distress

#PER CHI AMA: Post Rock
L'incedere epico dei pezzi anziché apocalitticamente ascetico, una minore emozionalità più rock-oriented, la scomparsa di tutti quegli ammenicoli sonori funzionali all'esperienza live ma fastidiosi in cuffia: nel quinto album dei terroristi del borborig-metal attraverserete il deserto del Maghreb seduti sul parafango di un carro armato in un tardo pomeriggio autunnale col cielo scuro di petrolio bruciato (vi basti ascoltare "Peasantry" o "Light! Inside of Light!"); darete la caccia a un fastidioso calabrone di mare coi piedi attaccati alla carcassa di un sommergibile a testata nucleare arenata sul fondo dell'oceano ("Lambs’ Breath"); attraverserete il Nunavut (non sapete cosa diavolo è? andatevelo a cercare su Wikipedia) attrezzati esclusivamente con un thermos di punch e un paio di racchette da tennis ai piedi ("Asunder, Sweet"). Dopodichè, manderete a cagare questo album, i Godspeed e l'autore di questa cialtronata di recensione e vi andrete a sedere in balcone con una moretti ghiacciata, una paglia, 'Slippery When Wet' dei Bon Jovi a palla nel giradischi e vaffanculo al secchio ("Piss Crowns are Trebled"). (Alberto Calorosi)

Kadavereich - Radiance of Doom

#PER CHI AMA: Brutal Techno Death, Morbid Angel
In questo particolare periodo storico c'è chi ha deciso di boicottare le recensioni musicali di band russe, francamente mi dissocio da questo approccio in quanto la musica non è politica e perchè poi auspico che i Kadavereich possano essere in prima linea a dire no alla guerra. Comunque, 'Radiance of Doom' rappresenta l'EP di debutto per la band moscovita (ma che vede anche un membro ucraino al suo interno) che apre il platter con il suono di sirena quasi come segno premonitore di un attacco impellente. "Invincible Sun Devourer" ci trascina quindi in un gorgo black death dove accanto alle chitarre belluine, si staglia una voce animalesca, un growling soffocato in gola che guida un attacco disarmonico e dissonante che sembra chiamare in causa un ibrido tra Morbid Angel e Portal, in un sound vario che mette in mostra anche le qualità dei nostri in sede solistica. Si riparte con "Caldarium of Boiling Blood" da una ritmica più pacata spezzata da improvvise e schizofreniche accelerazioni di chitarra, corredate da interessanti fughe solistiche e break atmosferici dal sapore orrorifico, il tutto comunque avvolto da un'aura misteriosa, sinistra ma comunque melodica. "CCCIII" ci trascina più in profondità negli abissi dell'inferno con un sound quasi più cacofonico, ma in realtà dopo meno di un minuto si stabilizza la porzione ritmica mentre le vocals cavernose di Morkbeast fungono da traghettatore infernale al pari di Caronte. La traccia è distorta, mostruosa, dissonante con le chitarre di Panzer e Bonecrushing Apocalypse a richiamare il sound chirurgico degli esordi degli inglesi Akercocke. Arriviamo velocemente alla conclusione del lavoro con la chiusura affidata alla title track e ai suoi ritmi incendiari e ad una voce che sembra provenire da un'altra dimensione. Per il resto sono i blast beat del bravo Kist a prendersi la scena tra accelerazioni serrate e tetri rallentamenti tetri chiudono in modo egregio una release devastante, destinata ad un pubblico amante di sonorità davvero estreme e bestiali ma comunque intriganti. (Francesco Scarci)

venerdì 25 febbraio 2022

Primus - Primus & the Chocolate Factory with the Fungi Ensemble

#PER CHI AMA: Alternative
Sovente accade che in sede di dollarosa reunion certe band riscontrino i medesimi dissidi di vent'anni prima, affrontati però con un baricentro diverso. Gravitazionalmente, i Primus di questo lavoro sono Les Claypool accompagnato da una band di gloriosi fricchettoni fuoriusciti da un ipotetico biker-movie di Tim Burton. Partendo da presupposti di questo genere, risulta sorprendente riscontrare primizie "primusiane" in questa ordinariamente bizzarra rilettura dello score del primo "Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato". "Candy Man", sopra tutte, a meno degli eccessi tardo-Claypooliani di bidibidi boudiboudi, oppure il surf-tango "I Want It Now" cantato per una volta dal chitarrista Larry Lalonde o la obscured-by-floydiana "Farewell Wonkites" e la sua speculare "Hello Wonkites". Ascoltate questo album degustando un merdessert di Alessandro Negrini durante una cenetta esclusiva al Luogo di Aimo e Nadia. (Alberto Calorosi)

(Prawn Song - 2014)
Voto: 70

http://primusville.com/

Sólstafir - Ótta

#PER CHI AMA: Experimental Metal
La sottile linea adamantina che avvicina gli elementi Ragnarǫk del viking black metal islandese al post metal metereocratico con tinte nebbiolin-folk, non può non transitare attraverso i suoni nu-sludge-ambient dei Sólstafir e la voce geyser-grohl dello spudorato Aðalbjörn Tryggvason. Collocabile grosso modo a metà strada tra Lars Von Trier che ascolta in cuffia 'Alternative 4' degli Anathema e Michael Gira che sbraita la frase “Sigur rós 'sti maròn”, rompendo un banjo sulla zucca del casellante di Reggio Emilia, questo album nei fatti è affascinante almeno quanto l'immagine di un branco di lupi che sbrana il cantante degli Ulver durante una maestosa aurora boreale. Vi ho incuriosito, dite la verità. (Alberto Calorosi)

(Season of Mist - 2014)
Voto: 85

https://solstafir.bandcamp.com/album/tta

Furis Ignis - Decapitate the Aging World

#FOR FANS OF: Black Old School
A devotion to the seminal sound of each genre has been something quite common in the metal scene, and something perfectly understandable. They were those first bands that let us a profound impression and made us love a certain style of music. Black metal is not an exception as we see many projects that try to reflect the majesty of those mighty projects appeared in the '90s and even in the second half of the '80s. Personally, I enjoy those bands that push the boundaries, as every genre needs fresh sounds, because without them the process of stagnation and mediocrity would be unstoppable. On the other hands, I also appreciate and find exciting to discover new projects, capable of bringing back those old sounds with quality, and if possible, to bring their own personality. The German solo project Furis Ignis seems to be one of them. The project was born in 2019 and after three years of existence and no previous known stuff, Furis Ignis has signed a deal with the always reliable label Iron Bonehead Productions to present its first opus entitled ‘Decapitate the Aging World’.

'Decapitate the Aging World' is undoubtedly a remarkable debut, consisting of six tracks, having each one of them its own personally and specific characteristics. In any case, the whole album and its songs are strictly tied to black metal’s foundations and classical aspects as they make me remember all the classic bands of the '90s. Through its 39 minutes, you will taste some chaotic riffs, melodic tunes and captivating atmospheric touches that show why black metal is such an especial sub-genre. Production wise, the album has an expected raw production, with a clearly old school touch, especially in the guitars that have a rough and sharp sound. Apart from that, the balance is quite good, as vocals, guitars and drums are perfectly distinguishable and have an equal presence, which is a basic aspect to fully enjoy the band’s music. Another interesting fact of this album is the length of the songs, quite unbalanced, as two tracks last half of the album’s time, while the other four tracks are around two to  five minutes. As you can imagine, the longer tracks have a greater room to appreciate Furis Ignis different influences. Anyway, the guitars are excellent regardless of the song as they sound quite elaborated, taking into account that this music is not technical or so complex, because the riffing is excellent both when the riffs are ferocious or more melodic. "Witness the Nightsky Palpitating to the Beat of Premonition" is the excellent album opener that summarizes all the good aspects of this powerful debut. Rasping vocals combined with an impressive guitar work, whose pace and intensity fluctuates between pure rawness and speed to a slower tempo with some interesting atmospheric touches. The surprisingly audible bass increases the feeling of listening to something truly loyal to the old times. The ambient arrangements remind me Burzum’s most hypnotic moments, which is something truly especial. This song is like you would discover a bastard descendant of Burzum, Mayhem and Darkthrone, which I guess it’s the wet dream of any classic black metal fan. "Guarding the Gate" is the longest piece of this album and again the longer duration gives us the chance of enjoying every single aspect of Furis Ignis full potential. Again, the riffing is memorable and as the song progresses, we can appreciate the amount of work done to build a long, yet irremediably interesting, piece of music. The initial and powerful beginning combines the impressive riffs, fast paced drums and some tiny and great atmospheric touches that make this part equally hypnotic, yet apt for a nice headbanging. The middle part focuses on what is maybe the rawest section of this album. It combines pure furious parts with some really crushing and raw riffs, until a more melodic essence progressively appears and its shares the prominence with the rawer riffs in a very inspired way, showing that brutality and melody can successfully coexist. The album closer "Donner In Den Bergen" is another interesting track as it has its own personality. It’s the slowest song as it has a more depressive and “doomy” touch. Its sombre nature makes this track a good ending for this powerful album as it is a sonic portrait of a devastated scenery.

At the end 'Decapitate the Aging World' is arguably one of the most interesting debuts in a long time, when we speak about old school black metal. The album is a compendium of what we love from this genre as it has been composed and executed tastefully. Furis Ignis succeded in creatin an album that has its own personality thanks to the respectable amount of work done. The intensity and variety are something undeniable and make this album a must for every fan of the black metal genre. (Alain González Artola)


lunedì 21 febbraio 2022

Closure in Moscow – Pink Lemonade

#PER CHI AMA: Prog Rock/Psych/Alternative
L'etichetta australiana Bird's Robe Records, come abbiamo riferito di recente, si è presa l'incarico di ristampare la discografia dei Closure in Moscow e dopo i primi due ottimi lavori ci troviamo di fronte alla loro ultima opera di studio, uscita qualche anno fa, precisamente nel 2014. L'eclettica band australiana fa del suo bagaglio musicale un format esasperato, mescolando generi e sonorità a più non posso, dando vita ad un lavoro spettacolare e complicato allo stesso modo. Potrei dire che 'Pink Lemonade' sta ai Closure in Moscow come 'Sgt Pepper' s Lonely Hearts Club Band' sta ai The Beatles, ovvero, il massimo sforzo creativo dove una band possa cimentarsi nella sua carriera. Chiarisco subito che musicalmente i due album non sono accostabili per ovvie ragioni ma come attitudine si possono avvicinare, soprattutto nelle rispettive gesta compositive che di fatto puntavano a superare i confini della propria arte. Nel caso dei Closure in Moscow, il mescolare R&B, progressive rock, funk, hard rock, elettronica, blues e pop punk, in una veste che mi ricorda una sorta di musical d'altri tempi, ha dato i suoi buoni frutti, e la sua orecchiabilità va spesso e volentieri a braccetto con la complessità dei pezzi, costantemente baciati da una positività solare trascinante e musicalmente colta. Quindi, ricapitolando, tra una miriade di rimandi sonori, vi possiamo trovare paragoni con i Coheed and Cambria, ma anche con la teatralità progressiva di 'Suffocating the Bloom' degli Echolyn, l'alternative degli Incubus e perfino piccoli sbocchi creativi e progressivi alla 5UU'S, e poi blues, free jazz e free rock. L'insieme si svolge con una dinamica notevole vista la qualità dei musicisti in questione, con la voce impareggiabile di Christopher de Cinque che fa venire i brividi in "Mauerbauertraurigkeit" o nel duetto con Kitty Hart in "Neoprene Byzantine", un brano spettacolare di circa tre minuti e mezzo, impossibile da descrivere, ma che caratterizza l'intero disco, e che potrei provare a definire solo ricordando due brani lontanissimi tra loro. Un mix tra "It's Oh So Quiet", nella versione di Björk, e "Goliath" dei Mars volta, suonato con un mood seventies caldo ed esplosivo. Alla fine, 'Pink Lemonade' è un disco che sfiora la perfezione, anche se in un calderone così stipato di note, generi e suoni, è sempre difficile trovare il bandolo della matassa, il filo conduttore per capire un'opera del genere. Forse, il vero segreto per farsi catturare da questo album, è proprio quello di farsi trasportare e stupire dalle sue coordinate nascoste, apprezzare lo stile di questa band che ha osato il salto nel mainstream internazionale senza rinunciare alla propria essenza di band crossover a 360 gradi, musicisti, esploratori e manipolatori di universi musicali diametralmente opposti richiamati in maniera esemplare ed esaltante. Un disco complicato e delizioso, un disco da veri appassionati di musica libera. (Bob Stoner)

(Bird's Robe Records - 2014/2022)
Voto: 84

https://closureinmoscow.bandcamp.com/album/pink-lemonade

domenica 20 febbraio 2022

Benthik Zone - Εἴδωλον

#PER CHI AMA: Cosmic Black, Darkspace
Nell'antica Grecia, con il termine eidola ci si riferiva alle anime dei morti, le ombre, le apparizioni, il riflesso di una persona o alle statue funerarie. 'Εἴδωλον', eidola rigorosamente traslitterata in greco, è anche il titolo del terzo album dei portoghesi Benthik Zone, duo formatosi in quel di Porto nel 2016 che, con il proprio sound all'insegna di un cosmic black, ha attirato l'attenzione della Onism Productions. Questo disco parte dalla letteratura classica e attraverso un parallelismo con la contemporaneità, celebra la bellezza della metamorfosi e dell'ibridismo, attraverso liriche introspettive e complesse, che lascerei maggiormente approfondire all'ascoltatore, sebbene i testi siano scritti esclusivamente in portoghese. Spazio pertanto alla musica, quella che ci introduce al mondo filosofico dei nostri, attraverso la suggestiva intro "Atravesso o Portal Mítico", con suoni quasi di stampo orientale che si fondono con quelli della natura. Poi divampano le stravaganti sonorità di "E Embriagado pelo Reflexo" che si palesano attraverso un sound non proprio di facilissimo approccio, complice una dissonanza di fondo che tuttavia ben si amalgama con delle melodie tetre e ancora di carattere orientaleggiante, mentre un cantato da girone infernale, aleggia in sottofondo. Poi improvvisamente a metà brano una brusca interruzione, quasi a certificare la fine del pezzo, e invece da un arpeggio e successive stralunate melodie, ecco un nuovo accompagnamento in una song che di primo acchito potrebbe sembrare caos puro, ma che a successivi ascolti, vi permetterà di metterne maggiormente a fuoco la proposta. Un lungo intro dronico, narrato in portoghese, introduce "Sonho-a Desnuda", un altro esempio della peculiare offerta del duo formato da Francisco Braga (aka Bragadast - Seaweedzard Pirate) e Artur Neto Leão (aka Einsichtmartur - Seerweed Viking): quasi tre minuti di rumori dallo spazio e poi largo ad un black tiratissimo dai tratti glaciali che sembrano mettere in congiunzione l'inquietudine dei Blut Aus Nord con la densità cosmica e spaventosa dei Darkspace. "Na Iluminação do Presente" conferma i sentori contaminanti della band svizzera in un vortice sonoro denso e claustrofobico, dai tratti ipnotici e destabilizzanti che rendono il duo lusitano una creatura bizzarra e degna di tutta la vostra attenzione, con lo screaming arcigno del frontman ad aumentare uno stato di nevrosi e terrore interiore. Non serve il breve intermezzo noisy di "Qual Espectro" a placare gli animi, perchè a scardinare ulteriormente i sensi arriva la psicotica "Da Zona Perdida no Tempo", una traccia aliena e alienante tra atmosfere industriali e ritmiche ridondanti, in un loop diabolico in grado di solo di farci uscire di senno. Le sue melodie conclusive proseguiranno il loro ingannevole cammino anche nell'apertura di "Imenso Abismo do Reino Submerso", la traccia conclusiva di questo alquanto originale lavoro. L'ultima atto è affidato ad oltre 11 minuti di sonorità arzigogolate che potrebbero per certi versi strizzare l'occhiolino alla follia musicale degli Esoctrilihum o, per quella vena sinfonica che arricchisce la seconda metà del brano, citerei i Limbonic Art, tanto per darvi un altro paio di riferimenti a cui accostare il suono dei nostri. Ribadisco però quanto detto in apertura, la proposta dei Benthik Zone non è nulla che possa essere assimilato cosi al primo ascolto, tuttavia se ascoltato con la dovuta precauzione potreste scoprire nuovi estasianti mondi al di fuori del pianeta Terra. Alla fine 'Εἴδωλον' è un disco davvero interessante, che mostra peraltro ampi margini di miglioramento (io aggiusterei la voce e la pulizia del suono), ma che va tuttavia approcciato con la massima cautela. (Francesco Scarci)

(Onism Productions - 2022)
Voto: 77

https://benthikzone.bandcamp.com/album/-

Dew-Scented - Intermination

#FOR FANS OF: Death/Thrash
This some intense material! I'd say that this one is more "thrash oriented" than "death oriented" but definitely a mixture of the two. Being the outro album from the band, they sure wrapped it up with the clincher. It's the best one that I've heard from them or riffing oriented it is! I admire their unique style to approaching songs. They seem to have their "own" sound to this past releases as well but I believe this is one of more aggressive ones to their discography. I enjoyed it from start to finish. You have to give them credit for being a part of the metal community with a certain wit to their songs. At least scoring two genres into one.

I did notice the fact that every album of theirs starts with an "I". Not sure why they did this but it is rather unique. Everything about this album and band is unique. I believe that this one again is their strongest to date. They did it all right on here. Such aggression! The vocals go well with the guitars. Everything seemed to fit well into each song. I liked all the songs on here. They sure as hell blew my eardrums away! More thrash as I said than death oriented metal. I think that they really did want to go out with a "bang" here. Whatever the reason, it's a great album!

Music was well orchestrated, production quality quite well done and mixing was top notch. They seem to lure you in with a quiet intro which segues into brutality. This one literally is LOUD. The riffs are the best things on here though everything fit in with the compositions. I believe that this band was truly unique. They wanted to do something that no one else has done before. Of course, showing their influences like Slayer for example it's relevant that this band was fueled with fire! They molded their influences into their own sound. Really good musicianship here. I don't have anything bad to say about the band or album.

I went ahead and bought this CD even though I think it may be on YouTube or Spotify. I like to collect CD's and this one I wanted to have for my own collection. I would say continue to support the music community and get it too, but not everyone nowadays is eager to collect CD's anymore. If it wasn't for a friend, I wouldn't have known about this band. She was quite appalled to hear that they broke up. As was I when I saw their status. I can still appreciate this release musically a masterpiece. They were a really good band with a decent track record this one again being my favorite. Check it out! (Death8699)


Suture - Carnivorous Urge To Kill

#FOR FANS OF: Brutal Death, Suffocation
This is a brutal re-recorded album and I thought that both 'Skeletal Vortex' and this were almost equally good. Maybe a little bit better. It's not an exceptionally long album 40+ minutes long and long enough to "hit home." These guys know how to put out some sick brutal death metal. This is their latest though it's nine years old. But hopefully they'll come out with something new soon. Most of the songs on here are filled with amazing riffs. The vocals go well with the music and the songs aren't amazingly fast. But the tempos do vary and the riffs are pretty technical. I liked the whole thing even the cover of Deicide's "Lunatic of God's Creation" was well done.

The album goes in spurt where you have quick tempos then slower paced bouts a mixture of pretty much everything all into one full album. The vocals make the music even more brutal and it's justified. I guess if you're looking for brutal death metal, this one and their previous are good ones to start with. I haven't heard the original version of this just 'Skeletal Vortex' but I'm sure the earliest may be decent. This trio put together some great music. It's pretty addictive the riffs and voice are what captured me the whole time. I'm just hoping a new album is underway especially in this pandemic. It would be an appropriate time to make an album.

The production quality was good, not 100% but it's done better than 'Skeletal Vortex'. The riffs are really original and unique. They resemble a little bit of other bands like Deranged, Suffocation et al. But they still have their unique vibe to their style, it's rather brutal but noteworthy. I like this album all the way through. Nothing about it bored me and I've heard it several times. I'm still into it. That's how blown away by it I am. They stick to their roots and just it's mind-boggling. I've tried to turn other people onto their music hopefully successfully. But I'm not so much concerned about them liking it, I'm concerned if I like it.

I bought the darn CD because I had faith that it was a step-up from the first recording that only got a 71% on Metal Archives. And I was right in taking that risk. They sure as hell ousted their 'Skeletal Vortex' release both musically and it was a better produced album as I've said. I'm a bit reluctant to know what the first recording sounded like. I'm sure this one gives it justice. They sure had some great music on here and I was a bit confused at first this being listed twice be it that it was a rerecorded album. I'm (again) glad that they redid this because the sound quality just rips and the music is awesome! Check it out! (Death8699)


mercoledì 16 febbraio 2022

We Lost the Sea - Departure Songs

#PER CHI AMA: Post Metal/Rock
'Departure Songs' rientra in quello che ormai definisco abbonamento mensile con la Bird's Robe Records (qui in collaborazione con Art as Catharsis) e nella riedizione di vecchi (ma non cosi vecchi) lavori dell'etichetta australiana, riproposti per celebrare il compleanno della label di Sydney. I We Lost the Sea non sono poi una novità su queste pagine, avendo in precedenza recensito, peraltro sempre il sottoscritto, sia 'Triumph & Disaster' che 'The Quietest Place on Earth'. Quindi potrei già dire di sapere cosa trovarmi tra le mani. Tuttavia non è proprio cosi, considerando che l'opener del disco, "A Gallant Gentleman", ha fatto da colonna sonora ad un episodio della serie tv Afterlife e già questo potrebbe attribuire una certa rilevanza all'opera del sestetto di Sydney. Per chi non li conoscesse (ah che bestemmia), i nostri sono una band che ha mosso i propri passi nei paraggi di certo post rock/metal strumentale sporcato da venature post-hardcore. Eppure, la veste più graffiante dell'ensemble non compare nelle delicatissime note dell'ouverture, un pezzo che narra la drammatica vicenda di Lawrence Oates, un esploratore britannico che morì durante la spedizione al Polo Sud. Il brano si muove su un percorso sognante e delicato, con tanto di coro di voci eteree che si materializza a metà brano, prima che il sound si faccia più magniloquente, evocativo, epico, trasognante e malinconico. Con "Bogatyri" (termine che indica i guerrieri eroici della tradizione slava) si rimane nei paraggi del medesimo sound con melodie soffuse e dilatate, affidate semplicemente ad eleganti ed ipnotici giri di chitarra che per oltre quattro minuti si fisseranno nella testa con la loro ridondanza ritmica, prima di inspessirsi, crescere, minacciare, accelerare, innervosirsi in un vortice emozionale che non lascia ampi margini di fuga, tra chitarre riverberate e altre ben più pesanti. Peccato solo manchi quella voce graffiante che mi aveva conquistato ai tempi di 'The Quietest Place on Earth', ma che poi fu costretta a lasciarci per lidi più lontani (RIP). Dopo i quasi 12 minuti di "Bogatyri", ecco i 17 di "The Last Dive of David Shaw" per un'altra maratona sonora che evoca la storia di David Shaw, uno scuba diver australiano che morì per problemi respiratori durante il tentativo di recuperare il corpo di un altro sommozzatore, morto anni prima. Potete pertanto immaginare come la musica rifletti una situazione angosciante, che tra chiaroscuri, bianchi e neri e saliscendi ritmici, dipinge una storia tragica, ossia l'ultima missione di David prima di morire. Una melodia sconquassante, suoni vertiginosi, ad un certo punto anche furenti ed esplosivi, che caratterizzano egregiamente la proposta dei We Lost the Sea. Si arriva cosi ad un'altra montagna da scalare, i quasi 24 minuti di "Challenger part 1 - Flight" che, insieme alla conclusiva "Challenger part 2 - A Swan Song", narrano l'ultima storia di questo drammatico lavoro, ossia l'esplosione in cielo dello Shuttle Challenger nel 1986, appena dopo il decollo. Ricordo bene quelle tragiche immagini e la musicalità dei nostri è affidata ad una parte parlata iniziale con le voci del personale di Cape Canaveral e a successivi landscape ambientali che riescono solo a farmi vagare con la mente ripensando a quell'evento e alla morte in diretta di quegli astronauti. La musica inizia finalmente verso il nono minuto e lo fa sempre con somma eleganza, quella che ha contraddistinto l'album sin qui. Atmosfere sinistre, le chitarre che nuovamente si perdono in loop ritmici, prima che la situazione si sblocchi con melodie più pulite ed un assolo da favola per un finale che continua con un climax costantemente in ascesa, che rischia però di perdersi in un brano forse eccessivamente prolisso. In chiusura, l'ultimo atto che ripristina una durata più umana ad una musicalità che sin qui ci ha regalato comunque grandi emozioni e che non tarderà a donarne anche nel corso di questo pezzo che sancisce la grande emozionalità di cui i We Lost the Sea si fanno portatori. I riflessi musicali che ritroviamo qui sono quelli del post rock malinconico che avrà un crescendo forse senza precedenti nel disco e troverà il suo culmine di drammaticità nelle parole di Donald Reagan e il suo messaggio alla nazione americana nel celebrare quegli eroi che "sciolsero i duri legami della terra per toccare il volto di Dio". (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records/Art as Catharsis - 2015/2021)
Voto: 80

https://welostthesea.bandcamp.com/album/departure-songs

Thumos - The Republic

#PER CHI AMA: Post Metal Strumentale
I Thumos sono una misteriosa creatura di cui non ho trovato troppe informazioni. Certo la Bibbia Metal Archive dice che sono americani, si sono formati nel 2018, ma poi non si sa quanti e quali membri costituiscano la band, o di quale città siano realmente originari. Dopo una serie infinita di demo, split, EP e compilation, il gruppo nordamericano arriva finalmente in questo 2022 al tanto agognato full length d'esordio. 'The Republic' è un lavoro di dieci pezzi dediti ad un post metal che supera l'ora di durata. La sua peculiarità? È interamente strumentale, sebbene il disco voglia essere una sorta di rappresentazione musicale de 'La Repubblica', l'opera filosofica in forma di dialogo, del filosofo greco Platone, la quale ebbe una enorme influenza nella storia del pensiero occidentale. Quantomeno stravagante. Il disco si apre con i toni cupi di "The Unjust" che rivela subito la direzione musicale intrapresa dai nostri. Le chitarre infatti sono quelle tipiche del post metal, tuttavia le ambientazioni tendono a farsi, nel corso del pezzo, estremamente rarefatte e paranoiche, complici una serie di rallentamenti dal mood asfissiante. Un filo più tirata "The Ring", dove comunque mi preme sottolineare il piacere nella band di produrre break in cui affidare lo stage ad un singolo strumento. Accadeva con la batteria sul finire del primo brano, accade qui con largo spazio concesso alla chitarra e da qui ripartire con un piglio costantemente in bilico tra post e doom, profumato anche da derive progressive e da qualche accelerazione che ammicca al black. Il disco non è proprio facilissimo da digerire, però non appare alle mie orecchie scontato come tanti altri lavori che ho ascoltato in ambito post, forse per questa capacità di variare il tempo, di inferocire la componente ritmica, cosi come di renderla più mansueta in altri frangenti come accade nella più delicata e melodica "The Virtues" che potrebbe ricollegarsi al IV libro di Platone e alle virtù in esso citate, la sapienza, il coraggio e la temperanza. Più tortuosa invece "The Psyche", d'altro canto con un tema del genere era lecito aspettarsi qualcosa di simile. Si tratta di un brano pesante che si muove su una ritmica lenta e ossessiva, caratterizzata da giri di chitarra sparsi qua e là alquanto bizzarri e da un incedere comunque pachidermico nella sua seconda metà. Si arriva intanto a "The Forms" e al suo sconfortante incipit che evolve in un pezzo che per certi versi mi ha evocato lo spettro dei Cult of Luna di 'Somewhere Along the Highway', quelli più glaciali e desolanti, sebbene le tastiere provino a smorzare i toni e a sopperire all'assenza di un vocalist. "The Ship" è il brano più corto del disco che attacca con un rutilante incedere ritmico. Bordate di piatti e rullante, chitarre super distorte vicine più al death metal che al post, ed una serie di schiaffi in faccia ben assestati. L'oscura "The Cave" non mi lascia alcun dubbio sul fatto che affronti "Il Mito della Caverna", una delle più conosciute allegorie del filosofo greco. Il pezzo è fondamentalmente orientato sulla falsariga dei precendenti almeno fino a quando, poco prima di metà brano, divampa la miccia di un black furibondo che ci accompagnerà, tra rallentamenti e accelerazioni improvvise, fino al termine. "The Regimens" è un'altra song che parte da toni pacati ma con una linea di chitarra un po' più sghemba rispetto alle precedenti. Anche qui il break di batteria non tarderà a materializzarsi, quasi il battito ritmico di un cuore in mezzo al petto, comunque ostico e nevrotico. Un delicato arpeggio apre "The Just", che mi ha colpito per la sua intrinseca malinconia dettata probabilmente dall'utilizzo degli archi che donano una certa solennità a quello che è il pezzo più evocativo del disco, quello che ammicca anche maggiormente al post rock, quello meno originale ma che forse riesce più a toccare la componente emotiva di chi ascolta. In chiusura "The Spindle", la traccia più lunga del lotto, quella che attacca anche in modo più minaccioso con delle chitarre multistratificate che non lasciano presagire a nulla di buono, quasi un black norvegese di altri tempi. In realtà non ci troveremo di fronte a nulla di cosi spaventoso o feroce, sebbene il drumming ogni tanto sembri voler aumentare i giri del motore, ma da qui alla fine ci sarà spazio per qualche accenno di accelerazione, qualche sporadico blast beat e poco altro che si concretizzerà in un pianoforte che chiude delicatamente un disco inaspettato, intrigante e complicato. (Francesco Scarci)

(Snow Wolf Records - 2022)
Voto: 75

https://thumos.bandcamp.com/album/the-republic

martedì 15 febbraio 2022

Árstíðir - Hvel

#PER CHI AMA: Folk Rock
L'introduttiva "Himinhvel" è una specie di requiem celtico come lo suonerebbero dei Solstafir che affondano al largo delle Fær Øer maledicendo Odino (ma a differenza del conterraneo Aðalbjörn Tryggvason, questo Daníel Auðunsson è capace di cantare), mentre "Things You Said" è un rassicurante folk cameristico turbato da repentine pennellate emozionali, qualcosa, se possibile, a metà tra i Mostly Autumn più primaverili e i Fleet Foxes meno anticoncezionali. Nella sfolgorante tensione emotiva generata dalla giustapposizione delle due tracce introduttive dell'album è individuabile l'intero weltanschauung musicale di questo album e più in generale degli Árstíðir medesimi. Armatevi di fazzoletti. Da una parte i C-S-N-Y intirizziti di "Someone Who Cares" e i Kings of Convenience dal radiologo di "Moonlight", forse anche gli Inti tecnoillimani (ommadonna) di "Vetur Að Vori". Dall'altra le tonalità bistrate e intimamente atmosferiche dello strumentale "Ró", ma anche "Shine", "Unfold" e di quella straordinaria bossa nordica intitolata "Friðþægingin", qualcosa che St(ronz)ing donerebbe uno dei suoi una-volta-tantricissimi testicoli pur di saper (nuovamente) scrivere. (Alberto Calorosi)

(Beste! Unterhaltung - 2015)
Voto: 80

https://arstidirsom.bandcamp.com/album/hvel

Within Temptation - The Unforgiving

#FOR FANS OF: Symph Metal
What a solid release despite the critics. But hey! I'm considered a critic myself. I think "Shot in the Dark" is their most pivotal song on this entire album! But the music on here is catchy and anything but brutal. I'm not a huge fan of alternative metal. But I do dig Lacuna Coil though Within Temptation is pretty much all clean vocals. I like that better actually, especially the clean female vocals like on Epica's albums where Simone sings. Cristina Scabbia is also a great vocalist for Lacuna Coil. I think this band has been around and a lot of discography behind them. Definitely a solid band to change it up from the brutal stuff that I like.

The songs are well constructed, the vocals hit home the most and the music featuring synthesizers and guitars make it a solid recording. What a beautiful voice on here! This band being Dutch like Epica shows you that they can rock! The album is almost an hour of beautiful songs! It's not as heavy as I thought it would be but it definitely is a change from hard stuff. The music and vocals are the highlights to this release. I thought that this album would never end nor did I want it to. The songs are so epic. And the opener probably one of their best songs ever!

The sound quality is superb. Everything seems to be mixed well together. This band was actually a recommendation from my female metalhead friend of mine. I didn't like the album initially because I didn't think it was heavy enough. Then I brought down my expectations and took it for however it is. It's a great "chill-to" album. The music is great and just hard enough to make it metal but not really that heavy. The main focus seems to be the voice. The acoustic guitars too are fantastic. Everything seems to fit together on here. Some songs are heavy but the main focus for them are epic songs.

Either way, don't miss out on some great music. I didn't think that they were that special of a band till I gave them a chance. I guess I'm used to hearing more brutal albums for a while. I need a break from that at times so yeah this is where Within Temptation comes in! I enjoyed this entire release. I think it's way way way too underrated. If people would lower expectations and listen to this for what it is they'd maybe realize that it's a strong album worthy of praise! Own this, now! (Death8699)


(Roadrunner Records - 2011)
Score: 75

https://www.within-temptation.com/

Blood Red Throne - Imperial Congregation

#FOR FANS OF: Brutal Death
Brutal death metal in the vein of Suture and Dying Fetus, though less technical than Dying Fetus. The brutality is all there! The vocals crush they go well with the music! The riffs are the highlight of the album, they're probably the best of the bands since their predecessor. I even think that the music is its strongest that it's ever been! I've heard a few releases from this band and I think it definitely is in the ranks of superior to all of their releases! Everything just seemed to fit together and the guitars are right on cue. These guys just crush it all! I was glad that I picked up the CD after hearing it all on Spotify!

The music and the vocals are the highlights to this release. I think they are often overlooked in the metal community for whatever reason. This being one of their strongest releases if not the strongest! 'Fit To Kill' is arguably one of their stronger releases no doubt. But I'd have to say that this caught me into the circle of brutal death metal making it one of their superior releases to date. They worked hard on making this album quite the powerful one and I'm so impressed with the end result. Of course I listen to the guitar mostly though the vocals aren't at all annoying. They actually compliment to music.

Recording quality is top-notch and everything was well mixed into the quality musical instruments as well as the vocals. They seemed to be right on target I think that this one isn't very fast in their tempos just aggressive. I still think they're similar to modern Suture just not AS brutal. It's a close call though. I'm so happy that they brought this forward to the metal community and whooped ass hands down. There's not that much variety in the music it's just brutal as fuck. And the guitars are tuned down a few steps it sounds like. One of the top albums of last year no doubt just they need more publicity!

Again, I'm glad that I picked up this CD. It's totally my gig and hopefully lovers of brutal death metal. The music wholeheartedly crushed! These guys know what they're doing in the music department and the vocals brought this underground totally! It's so heavy and they use a lot of double bass drums to suit the music! So awesome, it's on repeat mode in my stereo! These guys know what they're doing in respect to songwriting. From start to finish it's quality metal. I know that I rated 'Fit To Kill' as a 80% and this one is getting the same rating but I didn't think it is a perfect score, but close, check it out! (Death8699)

sabato 12 febbraio 2022

Oz Projekt - Life Before Your Eyes

#PER CHI AMA: Electro/Dark
'Life Before Your Eyes' è una bella maratona di circa un'ora di suoni intensi, delicati e sensuali a cura dei portoghesi Oz Project, che vede peraltro la partecipazione di membri di Secrecy, Dark Wings Syndrome e Usoutros. Con questo secondo album (che arriva dieci anni dopo il loro debut 'Voyages'), un concept album legato ad una tribolata storia d'amore, il collettivo lusitano ci porta indietro nel tempo di quasi 40 anni, a quei favolosi anni '80 dove dark, new wave e synth pop regalavano splendidi gioielli musicali. La band originaria di Porto francamente non la conoscevo, ma l'impressione è piuttosto positiva, pur non trattandosi del mio genere di elezione. Il disco si apre con le raffinate e soffuse melodie di "Spread Your Love", che vedono The Sister of Mercy, Bahuaus e Cocteau Twins come alcune delle influenze alquanto ingombranti dei nostri, ovviamente il tutto riletto in chiave decisamente più moderna e con una produzione da favola alle spalle. "Silhouettes and Shadows" segue a ruota con quel suo ritmo tipico della synth wave, con delle vocals gotiche quanto basta per donare un tocco di maggior oscurità all'intero lavoro. Colpisce poi anche il coro che ne rende ancor più orecchiabile l'ascolto. "Fire" è decisamente più robusta ma solo in apertura, con la voce affidata questa volta ad una gentil fanciulla (Sofia Portugal) che comparirà anche nella successiva e malinconica "Shooting Star" (a duettare con uno degli svariati vocalist della band - ne conto ben cinque) e nella delicata "Something Wrong", quasi una sorta di tributo a Dolores O'Riordan e ai The Cranberries di 'No Need to Argue'. "Fire" comunque è assai catchy soprattutto nella parte corale che dà il titolo al brano. "Our Wishes are Still the Same" ha un mood che conferma la verve decadente degli Oz Project e che ammicca a certe cose più cupe dei Depeche Mode. Il disco contiene comunque ben 14 tracce, pertanto mi soffermerei su quelle song che più mi hanno colpito a partire da "Together for All" e a quel cantato inserito in un contesto sonoro psych rock che emula per certi versi i Pink Floyd, questo a sottolineare comunque l'eterogeneità dell'ensemble portoghese che qui mostra l'ispirata chitarra di Rui Salvador (Usoutros). Alquanto intriganti le melodie di "Our Love is Close in a Window", in cui a cantare questa volta troviamo un'altra delle vocalist della band, e dove nelle cui note si percepisce quel disagio di un amore destinato a finire a breve. Ultima menzione per "Walking on the Line", che sembra riaffermare quanto proposto dalla band nella prima manciata di pezzi, con una elettronica più spinta in primo piano. Insomma, se avete voglia di farvi investire da un bel po' di emozioni, ritrovabili anche a livello lirico, date una chance a questo 'Life Before Your Eyes'. (Francesco Scarci)

(Ethereal Sound Works - 2021)
Voto: 75

https://www.facebook.com/ozprojekt/

The Design Abstract - Metemtechnosis

#PER CHI AMA: Melo Symph Death, Scar Symmetry
Di uscite in ambito death sinfonico non ce ne sono poi cosi tante durante l'anno, cosi quando mi capita di ritrovarmi fra le mani un concentrato di death, prog deathcore, symph, il tutto spruzzato di una vena sci-fi, beh sapete cosa c'è, che mi fermo e lo ascolto gran volentieri. Questo è sostanzialmente capitato quando, per puro caso, mi sono ritrovato a visitare il sito dell'Abstrakted Records e questi The Design Abstract. E francamente, è stata una piacevole sorpresa. La band originaria dell'Ontario sciorina nove ottimi brani che dall'iniziale "Digital Dawn" alla conclusiva "Decryptor", mi hanno tenuto incollato ad apprezzarne le melodie. Quindi, se amate come il sottoscritto, band come gli Scar Symmetry o i Fallujah di 'The Flesh Prevails' o ancora Soilwork e Xerath, beh potreste fermarvi anche voi a dare un attento ascolto a 'Metemtechnosis' (secondo capitolo della trilogia 'Technotheism') e lasciarvi assorbire e sedurre dalle melodie dei synth (di ottantiana memoria) che pullulano in questo lavoro, mentre le chitarre si lanciano in giri alquanto ruffiani, adeguatamente supportati da un dose orchestrale di assoluto valore, che troverà ancor più spazio nella successiva "Born of Machines". La voce di Voiicide si muove tra il growling e il pulito (quest'ultima tuttavia è da migliorare), mentre le sei-corde viaggiano veloci ed estremamente melodiche, un vero piacere per le mie orecchie. Non c'è sicuramente un momento di pausa nel flusso ritmico del terzetto canadese, con le asce che corrono veloci anche in "The Hybrid Awakening", mostrando qui peraltro un break atmosferico già dopo 90 secondi, prima di ripartire più in palla che mai, con un'alternanza continua tra clean vocals e un growl davvero convincente. Ma il pezzo è comunque una sorpresa dopo l'altra, con un break pianistico, un bell'assolo e un riffing sempre bello serrato. Se proprio devo trovare un difetto, sta forse nella scarsa pulizia dei suoni, ma è un qualcosa che si può superare tranquillamente visto che la qualità musicale è davvero buona. "Organic Data Fusion" è un pezzo che nella sua progressione mi ha ricordato maggiormente i Fallujah, pur non mostrando la medesima violenza e robustezza della band californiana. Ma qui il lavoro è eccellente con pregevoli assoli che completano forse il brano che più ho gradito in 'Metemtechnosis'. Una bella dose di elettronica unita ad un rifferama compatto infiamma "Metropolis II" che, oltre ad avere una ritmica che richiama un mix tra Meshuggah e Fallujah, ancora una volta è da esaltare per il lavoro in chiave solistica degli axemen, Logan Mayhem e Matt Ngo, che si rincorrono con scale ritmiche e sverniciate per tutto il brano. "Aberration Omega" è un pezzo più breve che evoca maggiormente gli Scar Symmetry, soprattutto a livello vocale. "Upheaval" è un breve strumentale che ci porta a "Sentinels", un'altra song dal forte impatto orchestrale, seppur una durata più contenuta (poco più di tre minuti), che nel suo cuore, mostra un interessante break malinconico che rimarrà impregnato nelle trame del brano. A chiudere ci pensa la già citata "Decryptor" che ha nelle sue corde quell'apparato più compatto tipico del prog deathcore già incontrato qua e là durante l'ascolto del cd, e una serie di ulteriori innovazioni in chiave ritmica che non avevamo scorto sin qui. Alla fine, vorrei ribadire quanto abbia trovato piacevole l'ascolto di 'Metemtechnosis', un lavoro che mi sento di consigliare agli amanti di sonorità heavy melo death infarcite di porzioni orchestrali ed elettroniche. Bravi! (Francesco Scarci)

(Abstrakted Records - 2021)
Voto: 77

https://design.bandcamp.com/album/metemtechnosis

Megalith Levitation - Void Psalms

#PER CHI AMA: Psych/Stoner/Doom
Dall'oblask russo di Chelyabinsk ecco tornare il trio dei Megalith Levitation, band che avevo recensito su queste pagine nel 2020, in occasione del loro split in compagnia dei Dekonstruktor. Il trio formato da KKV, PAN e SAA propone un nuovo lavoro all'insegna di uno stoner doom psichedelico che già poco mi aveva fatto impazzire in occasione dello split album e che ho l'impressione non mi entusiasmerà più di tanto anche in questo caso. 'Void Psalms' contiene quattro lunghe tracce che ammiccano nuovamente ai Black Sabbath o ai primissimi Cathedral, cosi come pure ai nostrani Ufomammut e agli Sleep, certo con una minor dose di classe. Il disco si apre con "Phantasmagoric Journey" ed un sound che fa della pesantezza e della litanica componente vocale i suoi punti cardine. Metteteci poi anche una durata smisurata dei pezzi ("Temple of Silence/Pillars of Creation" dura poco meno di 20 minuti), che portano inevitabilmente alla noia, e capirete il perchè della mia freddezza nei confronti di questo lavoro. Non trovo infatti spunti di grande originalità nel cd, anche se sicuramente è da registrare un passo in avanti rispetto allo split che avevo trovato ben più monolitico del qui presente. Ci provano con qualche variazione al tema per evitare di farmi sbadigliare eccessivamente di fronte alla lentezza, a tratti snervante, della loro proposta. Anche "Datura Revelations/Lysergic Phantoms" si muove su questi stessi binari con un riff che rimarrà tale per tutti i suoi quasi 13 minuti, mentre l'aura che avvolge il brano, è quella sulfurea dei gironi più profondi dell'Inferno. La voce, pur palesandosi nelle sue due componenti, salmodiante e scream, non raggiunge picchi di eccellenza, seppur possa fungere come classico timoniere nel nostro viaggio infernale. Il pezzo suona comunque abbastanza scontato fino a quando un break di basso e chitarra finiscono con l'ipnotizzare l'ascoltatore e una nuova voce, ben più ammalliante, sembra collocarsi in sottofondo. Forse sta qui l'apice del disco perchè la già citata maratona musicale di "Temple of Silence/Pillars of Creation", metterà a dura prova il nostro ascolto con quel suo doom di sleepiana memoria, asfissiante e per lunghi tratti troppo simile a se stesso, almeno fino a quando, arrivati al dodicesimo minuto, i nostri si divertono ancora a giocare con quel duetto di basso magnetico e chitarra solista che sembrano far finalmente svoltare il pezzo, però prima che fatica. In chiusura "Last Vision", non fosse per la brillante performance al sax del guest Anton Maximov, sarebbe un pezzo davvero ostico da digerire, complice una ritmica mostruosamente lenta e ossessiva che metterà a dura prova i vostri sensi ancora una volta. Il ritorno dei Megalith Levitation è alla fine un lavoro per certi versi interessante, sebbene si dilunghi in estenuanti giri ritmici di cui avrei fatto volentieri a meno. (Francesco Scarci)

venerdì 11 febbraio 2022

Torii - S/t

#PER CHI AMA: Black/Death/Doom
In tutta franchezza i Torii non li conoscevo, eppure Bill Masino, il mastermind dietro a questo moniker, bazzica l'underground dal 2012, peraltro con all'attivo ben sette full length, tra cui l'ultimo qui presente album omonimo. Tra l'altro il genere proposto è affine anche ai miei gusti, trattandosi di un black death post doom, eppure devono aver frequentato circuiti estremamente elettivi perchè non li trovassi. Ora giunge finalmente tra le mie mani questo 'Torii', disco che include otto tracce che ripercorrono lidi musicali affini a Cult of Luna e Yob. Si parte con le apocalittiche tonalità di "The Second Renaissance" e quel cantato orrorifico di Bill che attanaglia quasi la gola. Il sound è oscuro, le linee di chitarra sporche fino a quello splendido break centrale, dove mi sembra di scorgere anche l'utilizzo di un violino accanto alla chitarra acustica. Si riparte da qui, con le voci che sembrano provenire da un gorgo infernale mentre le chitarre giocano a rincorrersi tra riverberi in tremolo picking di post-rockiana memoria. "Synthetic Dust" ha un'andatura più funerea, lugubre e asfissiante, con un drumming persistentemente rutilante e un vocione che sembra arrivare dall'oltretomba sebbene, a fronte di un'accelerazione ritmica, assuma sembianze più screameggianti. Il sound è comunque fluido e decadente, dotato di una buona dose melodica, il che lascia che si apprezzi con più semplicità, nonostante un claustrofobico finale. Ancora archi e un timido arpeggio di chitarra per "Persephone", un bridge interamente strumentale che ci accompagnerà dolcemente a "Eurydice", a confermarci come i contenuti lirici si muovano attorno a tematiche prettamente di carattere mitologico. Ancora doom oppressivo in questo brano, in cui da apprezzare sottolinerei sicuramente la stratificazione ritmica che ben si accompagna con la voce gracchiante del polistrumentista dell'Arkansas ed un finale affidato a psichedelici giochi di synth. "Grey Expanse" si palesa con una dissolvenza in apertura delle sue chitarre e un pezzo che si muove con un marziale e distorto giro ritmico che mostra più di un richiamo agli esordi dei Cathedral. La song è tuttavia cruda, grezza e malmostosa nel suo approccio quasi a voler mostrare il lato più rude di Bill. Un dronico intermezzo ("Void") ci conduce a "Inertia", un pezzo che mostra un incipit alla Cult of Luna, ma durante la sua elucubrante evoluzione, si lascia apprezzare più per le sue spettrali atmosfere che per altro. In chiusura, la title track sembra sancire con le sue morbide melodie la fine di un complicato viaggio: ciò sarà vero solo nella prima mite metà del brano, visto che dal quarto minuto in avanti, e per altrettanti giri di orologio, Bill vomita ancora tutto il proprio dissapore su di una linea melodica malinconica quanto avvincente. Alla fine quello dei Torii è un disco ostico, stralunato ma comunque affascinante che merita di sicuro un vostro ascolto. (Francesco Scarci)

domenica 6 febbraio 2022

Entrails - Tales From the Morgue

#PER CHI AMA: Death Metal
I didn't hear any flaws on this release. The music, the vocals, the guitars, the production/mixing quality all are top notch. Surprised this is 12 years old. It's even better than its follow-up. It's a dynamic release. The Swedish sound is totally there. But they have their own sound especially on this one. It's a little different than early Swedish death metal bands but it's got the same vibe to it. Definitely their own sound and creation. The guitars are totally spewing out original riffs and likable, too! All different tempos they change it up a lot. So it never gets stagnant or boring. A lot of tremolo picking going on!

Every song is unique in its own creation, nothing on here is duplicated by them or anyone else. The vocals are brutal and they can shift a little like the guitars but not much. I like the fact that they keep the guitars going smoothly changing tempos some songs start out slow that end up being a lot faster. And they fiddle around with some clean guitars but not much. The leads are slow for the most part. I felt that the combination of intensity and easing it up a bit at times gave the album a lot of diversity. Not only that but they're still spewing out the same death metal that they absolutely are invigorating in doing so.

I thought that the production sound quality was top notch and they give the music a sort of fresh atmospheric sound. It's different than others, it's a bit softer. But the vocals are mixing in a little lower, they don't over-dominate the music. It's just about right! I thought that what sets this aside from other Swedish death metal acts is that they have a similar guitar sound but the riffs and quality of music is just different. I don't know an album that I've heard that was coming from the same origin that as concise and ever changing than this album. It's totally in a league of its own. Entirely!

If you've never heard this band before, check this album out on YouTube or Spotify because it's on there. Don't jump to their new one because it's got negative reviews. I myself haven't heard it nor do I want to. So just check this out and make your decision whether or not you want this in your CD collection (if you have one). And yes, the band needs your support! Give them that much in this pandemic! They will not disappoint. From the beginning till the end this one is always getting a different sound on the guitar front and the vocals not so much. But I made sure to give it a high rating. Get it!


(F.D.A. Records - 2010)
Score: 80

https://www.facebook.com/Entrails666

Mona Kazu – Steel Your Nerves

#PER CHI AMA: Dark/Post Wave
Esce per il trittico Falls Avalanche Records/Urgence Disk/Atypeek Music il nuovo album di questo ottimo duo transalpino e vista la generosità della proposta, possiamo dire che il salto quantico dei Mona Kazu è avvenuto nel migliore dei modi e assolutamente in una forma splendente, luminosa, quasi accecante. L'evoluzione è impressionante, la voce di Priscilla Roy è divenuta possente, autoritaria, sognante, tesa, inquietante, protagonista e, brano dopo brano, si snoda tra i richiami canori di vocalist strepitosi e diversi tra loro, come Bet Gibbons o Kim Gordon, oppure, per la sua estensione vocale Ann–Mari Edvardsen dei mitici The 3rd and the Mortals o Rachel Davies degli Esben and the Witch. Ad una gran voce va equiparata una solida e credibile musica, che faccia incetta di tutto il background di una band che è in attività da più di un decennio e che sperimenta da sempre con generi opposti tra loro, trip hop, post punk, elettronica, rock alternativo e jazz d'avanguardia che, uniti solo per attitudine vocale e non per stile musicale, alle atmosfere cupe degli Avatarium (quelle più acustiche) della magica Jennie–Ann Smith, formano l'attraente stato sonoro degli attuali Mona Kazu. Aggiungete un velo mistico nel ricordo della compianta Andrea Haugen (Aghast/Hagalaz' Runedance) e avrete un quadro completo su cui valutare un'opera splendida, che dovrebbe essere osannata da tutti i cultori di musica alternativa. Un disco maturo e adulto che proietta la band in un emisfero magico, surreale, un altro mondo sonoro, etereo, riflessivo, affascinante. Franck Lafay che si occupa della musica ed è l'altra parte del gruppo. Da sempre i Mona Kazu si presentano come duo, ma questa volta si sono avvalsi anche della collaborazione esterna del bravo batterista/percussionista, Règis Boulard. Per il resto, l'ottimo mastering di Mathieu Monnot (Eyemat), ha consolidato la formula sonora perfetta per questo mix di generi, districandosi alla perfezione, tra bassi profondi, suono cameristico, post rock, teatralità e avanguardia, forgiando la variegata anima sonora di un album dal cuore dark, che in ogni sua canzone lascia senza respiro l'ascoltatore. Che i Mona Kazu avessero ottime qualità era indubbio da tempo, ma questo nuovo lavoro supera tutte le aspettative. Difficile trovare la miglior canzone, forse l'oscurità di "Birds" o il riff alla Sonic Youth di "Porto Twins" con la sua evoluzione trip hop ed il fantastico intermezzo avantgarde jazz, il buio romantico e futurista di "Troubles" che nel suo progredire riporta alla mente la natura musicale classica, drammatica e teatrale de "La Tristesses de la Lune", il brano dei Celtic Frost. Il fatto è che questa coppia di musicisti è riuscita a creare un vero e proprio capolavoro, una scatola magica di suoni e stili rimescolati tra loro in maniera magistrale, senza rinunciare al taglio underground, esaltando e innalzando le proprie qualità alla massima potenza espressiva, dando vita ad un album imperdibile che considero, a tutti gli effetti, una delle migliori uscite del 2021. (Bob Stoner)

(Falls Avalanche Records/Urgence Disk/Atypeek Music - 2021)
Voto: 88

https://fallsavalancherecords.bandcamp.com/album/steel-your-nerves