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domenica 24 novembre 2013

Cold Lands - Inside

#PER CHI AMA: Emotional Metal, Anathema, Klimt 1918, Katatonia
Quattro strumenti per quattro ragazzi d’oltralpe ed il gioco è fatto: mettete assieme due chitarre dall’animo opposto, una intenta a graffiare l’asfalto e mitragliarvi di schegge e frammenti di catrame, l’altra a cullarvi ed avvolgervi in morbide onde, quindi un basso ed una batteria precisi e puliti nello scandire la marcia di questo disco che, a parere di scrive, è quanto di più ruffiano sia passato ultimamente da queste parti. A tutto questo poi mescoliamo una voce calda e pulita, perfettamente calata nella parte di cantore delle arie melodiche sparate fuori con classe da questi cugini francesi di Grenoble, che per certi versi ricorda la prova di personaggi come il bravissimo Marco Soellner dei nostrani Klimt 1918. Insomma, musicofili assetati più di melodia che di sferragliamento, qua c’è pane per i vostri denti: 'Inside', infatti, non poteva avere titolo migliore giacché mantiene fede letteralmente al suo significato fin dal primo ascolto, infilandosi a forza nelle vostre orecchie per restarvi... ma senza arroganza e pretese di sorta. L’ho definito un lavoro ruffiano, ma nel senso più positivo possibile del termine: per quanto mi riguarda, questi ragazzi hanno composto un album che senza difficoltà potrebbe piacere anche a tutti coloro che non ascoltano la nostra musica preferita, quasi una testa di ponte da proporre, per dire, alla vicina di casa molto carina che non sapete come approcciare. Scherzi a parte, non voglio far passare l’idea che si tratti di un lavoro semplice, perché non è affatto così: la relativa facilità con cui si riesce ad ascoltare non deve distrarre dalla sua complessità e, come spesso (e per fortuna!) capita, anche dopo diversi ascolti non si esaurisce. Voglio dare ulteriormente supporto a questa affermazione citando le fonti di ispirazione dei ragazzi (peraltro facilmente riconoscibili), che annoverano pezzi da novanta come Katatonia ultimo periodo, Moonspell, Anathema e Paradise Lost, ai quali vorrei aggiungere i succitati Klimt 1918. Tutto risulta molto pacato, nessuna voglia di strafare ed il risultato è un insieme di pezzi che si susseguono con naturalezza, in un altalenarsi di episodi ora più morbidi, ora più aggressivi, senza un solo passo falso, cosa non facile da ottenere puntando su un prodotto di tale tipologia (dove la sensazione del “bah, troppo melenso” è sempre in agguato). Mi risulta un po’ difficile segnalarvi un pezzo piuttosto che un altro data la qualità validissima di ogni singola canzone, pertanto mi limito a nominarvi l’opener “The King of the Broken Chair”, che introduce al meglio l’attitude dei Nostri, “When I Die” dal refrain di presa immediata (vi ritroverete a canticchiarlo di sicuro) e la conclusiva “The Way”. In definitiva, ottimo disco ed ottimo esordio (self-released), buona produzione, veste grafica molto semplice ma tutto sommato curata. È un sentiero non facile quello intrapreso dai Cold Lands e sarà interessante seguirne le mosse future. Per intanto gustiamoci appieno questo lavoro: promossi a pieni voti. (Filippo Zanotti)

(Self - 2013)
Voto: 80

http://www.cold-lands.com/

sabato 12 maggio 2012

My Sixth Shadow - 10 Steps 2 Your Heart

#PER CHI AMA: Love Metal, HIM, The 69 Eyes
Per lo spazio “Back in Time”, andiamo a pescare il debutto tanto atteso dei My Sixth Shadow! La band che nel 2002 aveva raccolto così tanti consensi presso tutte le testate giornalistiche italiane, torna a breve distanza dal demo-cd “Sacrifice” con l'esordio discografico “10 Steps 2 Your Heart”. Freschi di un nuovo contratto con la tedesca Voice of Life Records, i sei ragazzi romani si apprestano ad esportare il proprio nome oltre i patrii confini e ad accrescere sempre di più quel seguito di estimatori che il loro gothic metal è riuscito a conquistare in così poco tempo. Anche se la tracklist dell'album riporta un totale di dieci brani, “10 Steps 2 Your Heart” non va inteso come il vero e proprio full-length ma piuttosto come un assaggio di quali siano le attuali capacità del gruppo: i pezzi nuovi sono infatti solo quattro, a cui si aggiunge una cover di “Rain” dei Cult e le cinque tracce dell'acclamato demo-cd “Sacrifice”. Dall'ascolto di “Intoxicate My Heart” salta subito all'attenzione il notevole miglioramento del cantato di Dave, il quale dimostra di sapersi inserire con maggior grazia tra le note dei nuovi brani. Inoltre i passaggi più movimentati vengono interpretati con un'impostazione vocale grintosa e decisa, del tutto priva di quelle stucchevoli "scivolate" in cui lo stesso Dave si era imbattuto in passato nell'affrontare certi acuti. Proseguendo con “Death is My Rebirth” e “Throw Me Away” l'impressione è quella di assistere alla fusione della tradizione glam-rock americana (Mötley Crüe, Skid Row e Cinderella su tutti) in un contesto più attuale, che può trovare un'attinenza con le melodie romantiche e affilate di HIM e The 69 Eyes. I My Sixth Shadow non possiedono ancora la maturità e lo charm delle due band finniche ma “10 Steps 2 Your Heart” si presenta ad ogni modo come un lavoro ricco di brani d'impatto e dai cori facilmente memorizzabili, con un'attenzione particolare riposta nella scelta delle melodie e nell'uso sempre parsimonioso dei synth. Un lavoro, insomma, che nonostante qualche sbavatura qua e là può costituire un punto di partenza ottimo per avvicinarsi al pubblico gothic-metal. Consigliandovi di tenere d'occhio questi ragazzi, vi anticipo anche che la band è già al lavoro sulla registrazione delle dodici nuove tracce di “Love Fading Innocence”, full-length che vedrà la luce per gli inizi del 2005. (Roberto Alba)

(Voice of Life Records)
Voto: 70

domenica 26 febbraio 2012

Icon & the Black Roses - Icon & The Black Roses

#PER CHI AMA: Love Metal, Gothic, HIM, The 69 Eyes
Gli Icon & The Black Roses, al loro esordio discografico per la label tedesca Dark Wings, si candidarono a diventare la nuova sensazione gothic-metal "made in Finland", se solo non provenissero da Lisbona! Un'affermazione al limite dell'assurdo, me ne rendo conto, ma anche la più schietta e veritiera, se si pensa all'effettiva fonte d'ispirazione di questi cinque ragazzi. Il filone del metal "romantico" inaugurato da HIM, To/Die/For e The 69 Eyes non è solo un semplice punto di riferimento per il gruppo portoghese, ma un'influenza da cui attingere a piene mani, nel tentativo di carpire ogni aspetto più intrigante del genere e assimilarlo nelle proprie composizioni senza risultare mai sgradevoli o pacchiani. Vorrei precisare che, non essendo un grande sostenitore del cosiddetto "Love Metal" (definizione che, per giunta, trovo orribile), non sono nemmeno la persona più adatta per recensire un disco che si rifà in modo così appassionato a queste sonorità. Devo ammettere però che i ragazzi sono in gamba e l'ascolto del cd si è rivelato comunque piacevole. Di "zucchero" gli Icon & the Black Roses ne usano in gran quantità ma sanno anche suonare molto bene e scrivere delle belle canzoni, due prerogative che non sempre sono così diffuse tra le band in erba intente a seguire i passi dei propri colleghi più famosi. Per il resto, il gruppo possiede tutte le caratteristiche per fare innamorare ogni ragazzina gotica dal cuore inquieto e dalla lacrima facile, vale a dire melodie vellutate, purpurei fraseggi di tastiera, robuste chitarre che rimandano subito al suono potente dei To/Die/For e infine una prova vocale fortemente debitrice dello stile "Valo", con tanto di quei respiri interrotti, quei sussulti e quelle esitazioni che fanno apparire la voce di Ville così sensuale. Non è da meno João Silva (ovvero Johnny Icon), che, oltre a dimostrarsi un "clone" apprezzabilissimo del cantante degli HIM, nell'album dà prova di notevoli doti interpretative. Resta un ultimo appunto: tentare a tutti i costi di cavalcare il successo di un genere musicale fortunato è sempre un arma a doppio taglio, per cui non so immaginare se in futuro i cinque portoghesi sapranno emergere dall'anonimato. Certo, i nostri hanno giocato al meglio le loro carte anche se dovrebbero liberarsi dalla pesante influenza HIM, unendo alle proprie capacità tecnico-compositive delle forti dosi di personalità, che per ora sembrano ancora mancare. (Roberto Alba)

(Darkwings)
Voto: 65

http://icon.no.sapo.pt/index.html

martedì 22 marzo 2011

Secrecy - Of Love and Sin


Siete in un momento in cui vi sentite contenti o comunque positivi? Avete voglia di ascoltare un po' di metal “leggero”, senza troppo impegno? Allora i Secrecy sono la soluzione che fa per voi. Questa band portoghese, formatasi nel lontano 2001, mescola sonorità rock al love metal tipico degli HIM, rendendo il lavoro di facile e piacevole ascolto. "Last Embrace", la opening track, presenta la voce della tastierista Lisa Amaral aggiunta a quella più greve di Miguel Ribeiro (non credo sia parente del buon Fernando, vocalist dei Moonspell, ma mi informerò), rendendo il tutto meno zuccheroso (dopotutto si parla di love metal, mica altro) e il ritmo ben radicato nella mente (sfido chiunque a non canticchiarla almeno una volta). Le tastiere sono ben presenti, come anche qualche assolo di chitarra: questo mi porta alla mente anche i nuovi Sirenia, ma più leggeri. I temi si incupiscono un po' con "The One that Death Deserves to Find": infatti qui passiamo a trattare la morte (amore e morte d'altro canto vanno a braccetto no?), ma sempre col pensiero fisso all'amata. Il brano si apre con una bel growling accompagnato dalle chitarre (e meno inserti di tastiera). La voce femminile di Lisa è meno accentuata, ma i suoi interventi sostengono egregiamente i toni oscuri di cui si tinge il brano. Con "Don't Leave Me Scarred" si torna ad un sound più rockeggiante e meno gotico, cosi come pure la voce di Ribeiro che torna a farsi pulita (assomigliando a quella di Villie Valo): tutto il brano sembra fatto apposta per accompagnare l'ascoltatore in un viaggio in auto (ammetto di aver pure accelerato durante il suo ritornello), per quanto sia canticchiabile. Nessuna traccia delle female vocals stavolta, ma qualche buon assolo di chitarra si. Con "Shadows Call" ci si muove sempre più in direzione degli HIM (con una somiglianza quasi imbarazzante), parlando ovviamente del fenomeno del momento: vampiri. Niente voci femminili, il cantato maschile si fa più basso ma perfettamente riconoscibile, tocchi di pianoforte per rendere il tutto adatto per il nuovo (o quasi) stile di vita giovanile: gli emo. "The Scarlet Dawn" riprende le medesime atmosfere della precedente senza però scadere nella ripetitività; vocals femminili, suoni campionati che si accompagnano bene alla voce roca. Ancora qualche altra song da canticchiare, qualche ritornello ruffiano e il giochino è fatto. Ultima menzione per "Angel Crimson Tears", a mio avviso progettata per un concerto in quanto sono certa darebbe il meglio di sé sul palco, mentre la folla composta per lo più da ragazzine urlanti inizierebbe a saltellare e strillare. Il ritmo è frenetico, le voci sono urlate, sarei curiosa di vedere quanti rimarrebbero fermi di fronte a questa canzone, senza nemmeno muovere un po' la testa. Solo alla fine dell'album; con "Since You've Gone Away" (ah l'amor perduto...) i nostri lusitani tirano fuori le unghie e dimostrano di poter fare qualcosa che rappresenti il metal vero e proprio! La batteria si fa potente, la ritmica d'accompagnamento e la voce più incazzata... questo brano mi piace proprio, non c'è che dire, cosi come la conclusiva "Another Dimension... with Angels and Demons" che riprendendo il sound della track precedente, presenta toni più mesti e angoscianti, con il ritmo più lento e pesante; persino la voce di Lisa è più triste, il che dà una forte sensazione di smarrimento. Album consigliato agli amanti di questo genere di sonorità, gli altri si tengano alla larga. (Samantha Pigozzo)

(Ethereal Soundworks)
Voto: 65