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giovedì 3 agosto 2023

Hlidskjalf - Vinteren Kommer

#PER CHI AMA: Dungeon Synth/Black
One-man band russe, ne sentivamo davvero il bisogno? Ai posteri l’ardua sentenza, nel frattempo ci ascoltiamo il progetto di Svarthulr in questi impronunciabili Hlidskjalf da non confondere con gli omonimi francesi e tedeschi. La band di quest’oggi si muove musicalmente nei paraggi di un black synth dungeon cosmico-minimalista, mentre le voci sembrano lontani versi di forme aliene provenienti da un altro mondo. Tre soli pezzi compongono alla fine questo ‘Vinteren Kommer’, un disco che potrebbe evocare nelle sue note, un che del Burzum più sperimentale. “Vinteren Kommer I” è la song più lunga con i suoi oltre otto minuti di sonorità glaciali, ma al contempo sognanti, complici un riffing scarno che più scarno non si può, e dei giochi di synth che rendono il tutto più digeribile, per quanto poi il pezzo possa essere estremamente ridondante nel suo incedere atmosferico. I rimanenti due brani del disco sono puro ambient, quasi quella sorta di rumore bianco che uno si piazza nelle orecchie per dormire la notte. Un lavoro un filo indigesto che suggerirei ai soli appassionati del genere. E per rispondere alla domanda iniziale, forse non ne abbiamo davvero più bisogno di altre one-man band. (Francesco Scarci)

lunedì 16 maggio 2022

Vaina - ✥ FUTUE TE IPSUM ✥ Angel With Many Faces

#PER CHI AMA: Black Sperimentale
Il buon Stu Gregg, mastermind della Aesthetic Death, prosegue con la ricerca di band "particolari" da inserire nel proprio roster. Dopo Goatpsalm e Horthodox recensiti dal sottoscritto, non del tutto felicemente qualche mese addietro, ecco un'altra stramba (giusto per non cadere in aggettivi più disdicevoli) creatura per l'etichetta inglese. Si tratta dei finlandesi Vaina, una band che fa del "non sense" musicale (giusto per citare anche il titolo di un loro vecchio brano) la propria filosofia musicale. Dopo 'Purity' del 2019, un EP ('Futue Te Ipsus' incluso in questo stesso disco) ecco la nuova proposta della one-man band guidata dallo stralunato Santhir the Archmage, uno che a quanto pare, si è svalvolato il cervello durante il suo primo e unico concerto live, decidendo fondamentalmente di non dare più alcun riferimento stilistico alla propria proposta. Pertanto '✥ FUTUE TE IPSUM ✥ Angel With Many Faces' segue queste regole, decidendo di partire con "Oppenheimer Moment", una song tra l'ambient e il drone, su cui possiamo tranquillamente sorvolare. Con "I1" le cose si fanno più strane ma al contempo interessanti: si tratta infatti di un pezzo black acido, originale, ritualistico, con una base melodica affidata ai synth davvero evocativa, sommersa poi da vocals urlate ed altre declamate. La pseudo normalità dura però solo tre minuti degli otto abbondanti complessivi della song, visto che poi l'artista finnico imbocca una strada tra l'esoterico, il dungeon synth, l'ambient e per finire una bella dose da cavallo di sperimentazione sonora (con suoni sghembi di scuola Blut Aus Nord) che sembra nascere da un'improvvisazione estemporanea. "HCN" ha le sembianze dell'intermezzo orrorifico, consegnata quasi esclusivamente a synth e tastiere. La tappa successiva è affidata a "Yksikuisuus", un pezzo che cresce musicalmente su basi tastieristiche oggettivamente suonate male, ma comunque dotate di un'aura cosi mistica che sembra addirittura coinvolgermi. Non vorrei cascarci come l'ultimo dei pivelli, ma l'egocentrico musicista finlandese suona quel diavolo che gli pare, passando da delicati momenti di depressive rock/dark/post punk contrappuntato da una rutilante (quanto imbarazzante) drum machine che, inserita in questo contesto, trova comunque il suo filo logico, soprattutto in un epico e maestoso finale symph black. Questo per dire alla fine che Santhir the Archmage è davvero penoso a suonare, eppure tutto quell'entropico marasma sonoro che prova a coniugare in queste tracce, trova stranamente il mio consenso. Se dovessi trovare un termine di paragone con una band, citerei i nostrani Hanormale, con la sola differenza che quest'ultimi hanno fior fiore di musicisti. Il delirio musicale prosegue attraverso l'EBM di "About:Blank" (ecco la classica buccia di banana su cui scivolare) e il black avanguardistico di "Raping Yer Liliith" (assai meglio). "πυραμίς" ha un incipit stile 'Blade Runner' che perdura per qualche minuto prima di lasciare il posto ad una proposta indefinibile tra derive ambient burzumiane, deliri alla Abruptum e rimandi agli esordi malati dei Velvet Cacoon, ecco non propriamente una passeggiata da affrontare visti anche i quasi undici minuti di durata del brano. Esoterismo rap per "--. .-. . . -.", un'altra song davvero particolare che forse era meglio omettere per non toccare la sensibilità degli adepti dei Vaina. "Todestrieb" è un altro intermezzo noise che ci introduce alla conclusiva "Minä + Se", gli ultimi undici deliranti minuti di questo estenuante lavoro (un'ora secca). La song saprà inglobarvi ancora nel mondo disturbato e visionario di Santhir con suoni tra elettronica, black, drone, ambient, liturgico, sperimentale, horror, dark e tanta tanta follia suonata alla cazzo di cane ma sancita da un bell'urlaccio finale volto a Satana. Non ho ben capito se Santhir ci faccia o ci sia, fatto sta che questo lavoro meriterà altri ascolti attenti da parte del sottoscritto. (Francesco Scarci)

giovedì 1 aprile 2021

Forest of Frost - S/t

#PER CHI AMA: Ambient Black
Dall'Aquitania ecco giungere una nuova one-man-band guidata dal polistrumentista Moulk, uno che ha anche un gruppo con questo moniker e con cui ha rilasciato una cosa come otto full length e quattro EP all'insegna di un folk metal sinfonico, sebbene gli esordi fossero più radicati nel punk rock. Da qui si evince che il mastermind di oggi non sia certo uno sprovveduto, ma direi semmai un musicista navigato quanto basta per registrare quest'album (che a quanto pare rimarrà un episodio isolato) in due sole settimane durante il primo lockdown, deliziandoci con un inedito black atmosferico che ha colto successivamente l'attenzione della Narcoleptica Productions, l'etichetta russa che ha rilasciato il cd proprio in questi giorni. Cinque i pezzi, tutti intitolati con numeri romani. Si parte chiaramente con "I", che delinea immediatamente i tratti somatici di questa neonata creatura transalpina. Il sound dei Forest of Frost è gonfio di passione per lunghe partiture strumentali, costruite su multistrati eterei di synth e chitarre a costruire splendide melodie, con le harsh vocals che fanno la loro apparizione solo di rado. E allora cosa di meglio che farsi cullare dalle estasianti ambientazioni sonore erette da Moulk, che vedono i soli punti di contatto col black, in sporadiche accelerazioni e in quelle voci di cui facevo menzione poc'anzi. Tutto molto interessante non c'è che dire, anche quando la durata dei brani va dilatandosi. Si passa infatti dai quasi otto minuti dell'opener, ai quasi dieci di "II" e ai dodici abbondanti di "III", attraversando paesi incantati quasi fossimo stati catapultati in un mondo senza tempo, o nel più classico "Signore degli Anelli" del plurinominato Tolkien. E qui il consiglio è di lasciar andare la vostra fantasia, occhi chiusi e tanta immaginazione. Vedere draghi, unicorni, gnomi e folletti per cinquanta minuti non sarà un'eresia ma la normalità. Per chi ama realtà affini agli Eldamar o ai nostrani Medenera, credo che qui potrà cibarsi di un valido esempio di fantasy black corredato da suggestive e ariose melodie, che trovano forse la sua massima espressione in "IV", cosi orchestrale e malinconia al tempo stesso, nella sua strabordante epica musicalità. Personalmente, avrei preferito un pizzico di vocalizzi in più altrimenti una release come questa rischia di essere presa come una colonna sonora piuttosto che un album di metal estremo. Che poi di estremo c'è veramente poco, quasi niente... (Francesco Scarci)

(Narcoleptica Productions - 2021)
Voto: 75

https://forestovfrost.bandcamp.com/album/forest-of-frost

venerdì 12 febbraio 2021

WitcheR - Néma Gyász

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Quello che ho tra le mani oggi non è altro che l'EP del 2012 dei WitcheR, rispolverato dalla Filosofem Records con una traccia addizionale, che porta la durata di 'Néma Gyász' a quella effettiva di un full length, senza dimenticare poi l'utilizzo di una nuova veste grafica per l'artwork di copertina. Il disco consta di cinque tracce per oltre quaranta minuti di musica. L'album si apre con una tastieristica intro ambient a cui segue "Egyedül": qui grande spazio viene concesso alla componente strumentale che delinea immediatamente il sound del duo ungherese come un black atmosferico. Quando la voce di Roland irrompe col suo gracchiare, i toni diventano più compassati e la proposta dei WitcheR sembra ammiccare a quella dei loro conterranei Sear Bliss. Questo per dire che i due musicisti ungheresi non propongono chissà quale ricercata proposta sonora, tuttavia il compito lo portano a casa con diligenza e intelligenza. Si sente ovviamente che il sound non è ancora del tutto formato, pecca ancora in fase compositiva e sembra essere un po' carente in fatto di personalità, per non parlare poi di una pastosità nei suoni che ne minano la riuscita finale. Nella title track si possono scorgere altri riferimenti che portano i nostri ad abbracciare anche l'epica di Summoning e Falkenbach, con un sound in cui i synth di Karola punteggiano l'intera ritmica del pezzo, affiancati dallo screaming strozzato di Roland e da una linea ritmica talvolta un po' gracile e più nelle retrovie. "Esőnap" è un lungo pezzo strumentale ascrivibile al dungeon synth, visto che qui le keys la fanno da unico padrone. In chiusura la sostanziosa bonus track, "Keresztúton", quindici minuti che ci riconducono alle radici del black atmosferico degli anni '90, per uno splendido salto nel passato che vuole rendere tributo a 'Stormblast' dei Dimmu Borgir oppure ai Gehenna degli esordi. I ritmi si confermano rilassati per quasi l'intera durata del brano, la cui stesura è comunque concomitante a quella degli altri pezzi. Eppure nel finale qualcosa cambia, un licantropo sembra impossessarsi di Roland che sprigiona dalla sua bocca voci demoniache, cosi come la ritmica qui si fa più incalzante e tirata che nel resto del disco, mostrando un lato che fino ad ora non avevamo apprezzato cosi tanto. Se il mattino ha l'oro in bocca, allora dobbiamo aspettarci grandi progressi per l'ultimo album realizzato, quel 'A Gyertyák Csonkig Égnek' che presto recensiremo su queste stesse pagine. (Francesco Scarci)

(Rotten Crowz Productions/Filosofem Records - 2012/2020)
Voto: 70

https://witcherband.bandcamp.com/album/n-ma-gy-sz 

lunedì 11 gennaio 2021

Spectrale - Arcanes

#PER CHI AMA: Ambient/Neofolk
Fluttua gorgogliando, agitandosi lento il primo pezzo degli Spectrale di questo secondo lavoro intitolato 'Arcanes'. “ Overture”: vortici dalla forza centrifuga alimentano acuti inviolati. L’apertura senza colpo di scena non sarebbe degna. Eccoci a “Le Soleil” brano da cui è stato estratto uno splendido video. Cavalcano i suoni le valchirie di Odino con i tocchi acustici del maestro Jeff Grimal. Scompongono i suoni le ancelle di Zeus. Le baccanti danzano sinuose dinanzi al fuoco di Bacco. Capite che in questo corpo di emozioni potreste essere chiunque, senza scordare che la malia del suono vi può portare da Medea. Dagli dei ad un talamo di veli di lino mossi dal vento dell’est. “L’Impératrice”. Un arpeggio di chitarra ed il violoncello di Raphaël Verguin ci portano ad un loop scomposto, poi a singole note pizzicate, ed ancora all’emozione, perché questa song si congeda con un climax ascendente di suoni emotivamente sanguigni. Quest'album è un salto continuo tra continenti. Ora la foresta Amazzonica ci ospita nell’ascolto di “Le Jugement”. I tronchi sentono i suoni, rimbalzandoli di volta in volta per rendere giustizia ai pensieri degli Spectrale che sembrano riflettere qui, alimentando l’attesa del prossimo brano. Non si fa attendere “Le Pendu”. Musica e poesia. Ripetuti e Rabbia. Carezze e diamante. Un vetro scolpito. Una soglia che cela. Un manto invisibile che vorrebbe cadere. Lasciamo l’atmosfera per una colonna sonora al cardiopalmo. “Interlude”. E vi ho detto troppo. Cambia ancora la veste trasformista degli Spectrale. Eccoci a “La Justice”. Ebbene siete innocenti? O siete colpevoli? Questo brano, col suo ritmo vibrante, vi porterà alla soluzione catatonica delle vostre incertezze. Aspettate che debbo vestirmi appositamente per questa “Le Bateleur”. Senza forma non potremmo assorbire la sostanza invisibile di questo grido femminile che vede il sublime featuring di Laure Le Prunenec (Igorrr, Corpo-Mente, Öxxö Xööx, Rïcïnn) dietro al microfono. Noi sulle rive della Senna. Lei sulle vette piu alte di una città. Noi predati dal suono. Lei suono. Ed è come avessimo vissuto un istante in mille anni. Sempre sul suono strumentale. Sempre sul ghiaccio sciolto dall’armonia. Sempre chiara, lontana e nostalgica è “La Lune”, un pezzo oscuro quanto una notte di luna nuova. Gli Spectrale chiudono con “La Papesse” il loro album. Un labirinto di speranza ed attesa. Una caccia ed una preda. Una evoluzione sonora che può ravvivare il nostro ascolto o portarci in un ghiaccio che solo noi potremo sciogliere. Immaginoso. Folgorante. Enigmatico. In questo lavoro degli Spectrale, ascoltate e scrivete. Avrete sorprese in musica.(Silvia Comencini)

(LADLO Productions - 2020)
Voto: 75


https://ladlo.bandcamp.com/album/arcanes

domenica 30 agosto 2020

Almach - Battle of Tours

#PER CHI AMA: Epic Black/Dungeon Synth
Quando c'è da vagare con la fantasia sono sempre il primo a farlo e cosi quando ho scoperto questo gruppo afgano (o presunto tale, le fregature qui sono sempre dietro l'angolo), mi sono lanciano al suo ascolto ed abbandonato la mia mente ai suoni contenuti in questo epico 'Battle of Tours', che dovrebbe evocare la Battaglia di Poitiers tra gli arabi-berberi e i franchi di Carlo Magno. Gli Almach sembrerebbero originari di Kabul, ma non si sa nulla di questa compagine, complice una nazione chiusa ad ogni forma di arte per cosi dire pagana, come può essere la musica. E allora, il mio consiglio è quello di immergervi nelle sognanti atmosfere dell'opening track "Abdul Rahman Al Ghafiqi", un pezzo che combina un black strumentale con il dungeon synth. Potrebbe essere una sorta di intro ma la sua lunga durata mi ha fatto pensare ad un brano vero e proprio. Le cose si fanno ancor più interessanti nella successiva traccia, quella che dà il titolo al disco, dove accanto alle caratteristiche descritte in apertura, compaiono anche pesanti influenze arabeggianti (a dir poco spettacolari) e fa capolino in sottofondo uno screaming leggero. Ampio spazio qui viene lasciato alle parti atmosferiche quasi si trattasse di un campo di battaglia dove a fronteggiarsi ci sono due invincibili eserciti. La musica si configura come un epic symph metal dove la presenza black è limitata esclusivamente ai rari vocalizzi estremi. "Blood Brother" è un pezzo interamente affidato alle tastiere, quasi una malinconica colonna sonora di un film durante una scena d'addio tra la bella fanciulla e il suo prode guerriero. Con "Temple of Old Gods" si riprende la strada del black atmosferico, sulla scia di Bal Sagoth e Summoning, ma in questo caso, la song non mi ha impressionato come le precedenti. Fortunatamente con "Sons Of Umayya" torno a respirare l'atmosfera delle popolazioni berbere con una chitarra orientaleggiante e la presenza della voce di una gentil donzella. È proprio in questi momenti che apprezzo notevolmente la proposta degli Almach per la loro capacità di catapultarci in un'altra epoca, in un altro luogo, sfoderando semplicemente la seducente arma della tradizione musicale araba o lo splendido intermezzo atmosferico che ancora una volta sembrerebbe essere quello di una cinematografica soundtrack. In chiusura l'ultima gemma, "Yamrā", uno splendido esempio di fantasy ambient che riflette i valori di questo sorprendente 'Battle of Tours'. (Francesco Scarci)

domenica 14 giugno 2020

Firienholt - Beside the Roaring Sea

#PER CHI AMA: Black Epic, Summoning
Della serie "piccoli Summoning crescono", ecco che dalla contea del West Yorkshire arrivano questi Firienholt per un EP di due pezzi che ci racconta un po' di più di questa misteriosa band britannica al suo secondo lavoro. L'opener di 'Beside the Roaring Sea' è affidata alla lunga "The Haven Grey" e alle storie sugli elfi e a quell'universo immaginario creato da J.R.R. Tolkien ne 'Il Signore degli Anelli'. Il sound offerto dalla band di Leeds è all'insegna di un black epico ed atmosferico con tocchi di dungeon synth che ne garantiscono una magica riuscita. Buone le linee di chitarra, i break corali (uno in particolare all'ottavo minuto) che ci colloca immaginariamente al crocevia tra i due fiumi Celebrant e Anduin nella foresta di Lórien mentre si consuma un qualche rituale elfico. Buoni i vocalizzi del frontman inglese, abile sia con un growl molto intelligibile ma anche con insperate cleaning vocals. La seconda traccia è invece all'insegna del dungeon synth più puro, solo tastiere a narrare storie fantastiche di strane e magiche creature soprannaturali, un tempo parte preponderante delle credenze popolari dei popoli germanici. Dopo due EP, direi che ora è arrivato il momento di svelarsi al pubblico con qualcosa di più sostanzioso, che ve ne pare? (Francesco Scarci)

lunedì 24 febbraio 2020

Medenera - Oro

#PER CHI AMA: Atmospheric Black, Summoning
Medenera è una one-man-band italica di formazione abbastanza recente, nata infatti nel 2017 ma con già due album alle spalle. L'ultimo arrivato è 'Oro', un disco suddiviso in quattro sezioni a loro volta divise in tre parti. Il disco si srotola per quasi settanta minuti di musica evocativa che sin dalle iniziali parti tastieristiche chiama immediatamente in causa un nome, i Summoning. Di fronte a simili manifestazioni artistiche, la prima cosa che faccio, e accade di rado, è chiudere gli occhi e immergermi totalmente nelle atmosfere magiche che band inserite in tale filone, sono in grado di creare. E sembra che la voce femminile della prima terzina intitolata "Aurea", sia lì apposta per guidarmi in questo epico viaggio in un fantastico mondo lontano. Le melodie sognanti di questa prima lunga suite rapiscono la mia fantasia con quel loro ritmo cadenzato accompagnato da spettacolari synth che arricchiscono la base ritmica del misterioso factotum italico, che si sente cantare solo in piccole porzioni, lasciando alla musica il compito di riempirci le orecchie di splendide emozioni. Il trittico scivola delicato anche nella seconda parte tra sussurri, eteree atmosfere ma anche saltuarie sfuriate, in cui a venir fuori sono le screaming vocals del frontman. E il nostro ascolto prosegue cosi come le immagini che mi si parano avanti sembrano quelle di un Frodo Baggins che passeggia imperturbato a Hobbiton, immagini felici e di quiete che vengono spezzate da sporadiche accelerazioni black e dal cantato arcigno del mastermind. Con "Splendor" si apre un altro trittico di song che sembrano introdurci in un nuovo mondo fatato, complice un cantato femminile differente da quello ascoltato in principio. La musica invece prosegue con il suo incedere raffinato, in cui ampissimo spazio è concesso alle tastiere ma anche ad un drumming quasi tribale, che insieme costituiscono un lungo cappello introduttivo a quel riffing efferato che verrà fuori più avanti. La musica dei Medenera è in costante evoluzione, come se si trattasse di un racconto e la musica ne vada a rappresentare la spettacolare colonna sonora in un coordinato movimento stilistico in base a quanto narrato. Ovviamente a dischi del genere sono collegate storie legate a mondi immaginari e alla natura che vi appartiene, come quei luoghi narrati appunto da Tolkien nella sua epica saga. La terza parte raggiunge il massimo splendore espressivo, affidandosi nuovamente a delle spoken words femminili e ad un'ispiratissima ritmica. Il flusso sonoro come dicevo, è in costante mutamento e dalle arrembanti ritmiche in un batter d'occhio ci si ritrova in un ambient dalle tinte decadenti quasi ci si trovi di fronte al preambolo di uno scontro spaventoso. L'affacciarsi di una voce operistica in sottofondo, cosi come l'utilizzo di uno strumento di difficile identificazione, stemperano però quella tensione che si era creata in un cosi breve tempo. Nel frattempo si entra nel terzo episodio, "Ver Aeternum" e si palesa subito un cantato dai tratti esoterici come novità di questa terzina. La musica si conferma ispirata con le tastiere ormai elemento portante dell'intera release, sia in chiave ritmica che ambientale. La soave voce della gentil donzella di turno fa poi il resto cosi come la tribalità etnica del drumming va ad impreziosire ulteriormente una release già di per sè notevole che vede peraltro anche un flauto far capolino. A "Flumina Nectaris" è affidato l'arduo compito di chiudere la release e l'esordio è di quelli portentosi con un rifferama accompagnato da un maestoso tappeto tastieristico. Di nuovo però un rallentamento nella storia, un flashback, una digressione, un sogno sospeso, delicati tocchi di piano, eteree e folkloriche melodie che troveranno un nuovo risveglio nella seconda parte della song, ove la cantante, che sembra utilizzare una lingua inventata, va ad affiancarsi al growling del polistrumentista nostrano, qui in grande spolvero e che si prepara a chiudere la release con un pezzo all'insegna del dungeon synth. Ora, prima di lasciarvi alla sentenza finale, mi domando solo come sia possibile che le etichette italiane si siano lasciate sfuggire una simile release e abbiano obbligato i Medenera a chiedere asilo in Russia. Abbiamo forse trovato i degni eredi dei Summoning? Ascoltatevi il cd e fatemi sapere. (Francesco Scarci)

(GS Productions - 2019)
Voto: 82

https://medenera.bandcamp.com/album/oro

giovedì 22 novembre 2018

Runeshard - Dreaming Spire

#PER CHI AMA: Orchestral Dungeon Metal, Bal Sagoth
Chi si ricorda dei Bal Sagoth alzi la mano: bravi, è una black metal band inglese, capitanata da Lord Byron, concentrata su temi prettamente fantasy che trattano di civiltà barbare nate "prima di Atlantide", re-guerrieri, necromanti e sacerdoti di terrificanti divinità legate all'immaginario orrorifico di H.P. Lovecraft. Perchè questa mia introduzione? Perchè l'ensemble di oggi sembra essere posseduto da quello spirito chtuliano che caratterizzava Lord Byron e soci nei loro lavori. 'Dreaming Spire' è il debutto assoluto dei Runeshard, anche se Bálint Kemény, uno dei due membri, milita anche in Astur, Elanor e Ignotus Enthropya. L'EP consta di tre pezzi più "The Coronation", una bella intro suonata con l'organetto. Ma è dalla seconda song, la title track, che le cose divengono palesi e la vicinanza stilistica con gli albionici, quasi plagio. I pomposi synth sembrano infatti provenire da uno dei fatati lavori dei Bal Sagoth, penso in particolare a 'Battle Magic' e alle sinfonie magniloquenti in esso contenute. Analogamente, la traccia dei Runeshard srotola quasi sei minuti di sonorità epico-sinfoniche, il cui tema sembra strettamente collegato con draghi e castelli incantati, cosi come certificato anche dall'artwork di copertina. La musica pertanto qui, come nelle successive "Crimson Gates" e "Atlantean Sword", si muove su riffoni heavy - no, non posso dire black - montagne di dungeon synth ed orchestrazioni trionfali, suoni da menestrello e vocalizzi che si alternano tra un growl graffiato e calde voci pulite, in 17 minuti votati a battaglie insanguinate per salvare la nostra principessa dal perfido incantesimo di un mago o presunto tale. Che la saga dei Runeshard abbia pertanto inizio, spero solo che, a differenza dei Bal Sagoth, i nostri possano trovare più variazioni al tema, che alla lunga rischia di stancare notevolmente. Intanto, fiato alle trombe e godetevi questo 'Dreaming Spire'. (Francesco Scarci)