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domenica 6 agosto 2023

The End of Six Thousand Years – S/t

#PER CHI AMA: Sludge/Post-Metal/Crust
Ci hanno messo un po’ per rimettersi in sella i The End of Six Thousand Years. Dopo un silenzio durato 11 anni, fatto salvo per un singolo uscito nel 2020, il quintetto italico formato da membri ed ex di Postvorta, Hierophant e Viscera///, ci spara addosso un EP autointitolato di quattro pezzi. Quattro caustici brani che si muovono nei paraggi melmosi delle loro band originarie. Questo almeno quanto si evince quando a decollare nel mio lettore trovo “Collider”, che parte sludgy al punto giusto, per poi dare un paio di scarburate pesanti, tra accelerazioni alla Ulcerate, rallentamenti di scuola post metal, ripartenze feroci, il tutto condito dalla selvaggia voce dell’ex Postvorta Nicola Donà. La proposta della band è corrosiva quanto basta anche e soprattutto, nei momenti più atmosferici o dissonanti del disco. Si continua a picchiare durissimo con le chitarre funambolicamente “svedesi” di “Endbearer”, un pezzo che vede una certa apertura melodica che finisce per collidere con certo retaggio crust/hardcore dell’ensemble nostrano. Tra continui cambi di tempo, melodie sghembe e vorticose raffiche di chitarra si arriva a “Voidwalker”, un pezzo che è un’altra mazzata nello stomaco, come se i Deathspell Omega suonassero sotto l’influsso malsano del crust, in una poderosa e dirompente avanzata di chitarre imbufalite. In chiusura la cover dei Today is the Day, ossia “The Man Who Loves to Hurt Himself”, in una rilettura del brano della band statunitense, distorta quasi quanto l’originale, a decretare quanto i The End of Six Thosand Years siano oggi incazzati, in forma e tosti più che mai. (Francesco Scarci)

domenica 22 gennaio 2023

Bones - Vomit

#FOR FANS OF: Death/Crust
The first time introduced to this band at a live show for Autopsy headline late October of last year. They had a great set and my buddy introduced me to Usurper which a few members of this band was from. I kind of like them more but they're in a sub-genre called "crust" which I've never heard of before. They're an actual mixture of death metal/crust. They have quite the energy that's for sure! They seem to be able to keep to their death metal roots mixed with the crust sub-genre. It's excellent how they managed to create this album. It's high on the energy factor. Riffs are intense and full-throttle. Good recording as well.

These guys know how to construct some serious METAL! Their guitars are wicked, not so much in the lead department but the rhythms. They are catchy as all hell. Being former members of Usurper it seems as if that musicianship carried over to Bones. I haven't heard their older materials but I'm aware of the high ratings on some. I'm glad they're doing this gig but still if Usurper is to make a new album, I'd be keen to hear what it sounds like! I'm just totally digging the riffs. High energy mixed with some really fast drumming. I'm liking the vocals as well. They go well with the music. They've got it all down here!

I'm interested in this band's future. If they'll keep going at this pace or will they quit? I'm not sure, when I saw them live, they had enormous energy. Very impressive performance which led me to purchasing this CD. I like the sound of the guitars. They bleed through the speakers. Really good musicianship, that's for sure. I like all the songs! But I'll stay tuned to future releases hoping that they don't give up in the process. Awesome release, death metal/crust to the core! (Death8699)


(Disorder Recordings - 2022)
Score: 75

https://bones-chicago.bandcamp.com/album/vomit

mercoledì 6 aprile 2022

Crust - Stoic

#PER CHI AMA: Black/Doom/Sludge/Post
Con un moniker del genere che cosa vi aspettavate, dite la verità? La band originaria di Veliky Novgorod ci spara in faccia otto pezzi che dall'iniziale title track giungono alla conclusiva "Desert", attraversando le paludi fangose dello sludge, le inquietanti atmosfere doomish, il tutto senza disdegnare brutali scorribande post black e death. Eccovi presentato in poche righe quanto ritroverete durante l'ascolto di questo terzo lavoro dei russi Crust, intitolato 'Stoic'. Se l'opener è un connubio di un po' tutti i generi sopraccitati, la seconda "Watching Emptiness" ha un piglio decisamente più atmosferico e introspettivo, muovendosi nei paraggi di un death doom emozionale, in grado di richiamare i primi Paradise Lost, attraverso un sound cupo ma costantemente accattivante, nonostante gli oltre dieci minuti di durata (anche se gli ultimi due sono piuttosto inutili). Con "A Blind Man in Darkness" si torna a galoppare alla grande con un riffing più teso, articolato, a tratti anche decisamente più ostico da digerire, sebbene numerosi tentativi volti a rasserenare gli animi, con parti più atmosferiche. Per un ripristino delle funzioni cerebrali, arriva però l'acustica di "Willow Forest", un breve intermezzo in grado di metterci in pace col mondo. Da qui si riparte con la seconda parte del cd e un trittico formato da "Plague", "Darkness Becomes Us" e "Anhedonia" che sembrano restituirci una band più tonica ed ispirata tra le dirompenti e melodiche ritmiche post black della prima, il black dissonante della seconda (uno dei pezzi forti del disco) e il doomish black della terza (un altro brano davvero interessante), che ci accompagnerà fino al finale affidato alla strumentale e più pacata "Desert", un pezzo che per il suo ipnotico impianto ritmico, potrebbe addirittura evocare "Angel" dei Massive Attack. Alla fine 'Stoic' è un disco che lascia qualcosa dentro che mi ha spinto più volte ad un ascolto più attento dei Crust. (Francesco Scarci)

(Addicted Label - 2021)
Voto: 74

https://crustband.bandcamp.com/album/stoic

mercoledì 9 marzo 2022

Fistula - Ignorant Weapon

#PER CHI AMA: Sludge/Hardcore, EyeHateGod
Adoro i 7", hanno quell'aspetto cosi vintage che mi riportano indietro di 40 anni quando mettevo i miei primi vinili sul giradischi, quanta nostalgia. E anche se quello dei Fistula è un EP uscito nel 2015, perchè non soffermarsi a parlarne un attimo? I nostri sono una band originaria dell'Ohio (da non confondere con gli omonimi del Missouri) con un quantitativo infinito di lavori nella propria discografia. 'Ignorant Weapon' potrebbe essere un sunto del loro sound, con quattro pezzi (di cui due cover) caustici come l'odio, all'insegna di uno sludge crust hardcore feroce, dotato di un muro di chitarre che mi ha quasi evocato i primi lavori degli Entombed. E l'essenzialità dei quattro brani e delle song coverizzate ("Destroy the Handicapped" dei Fang e "I Love Nothing" dei punkers GG Allin & Antiseen) tratteggiano le caratteristiche del quintetto statunitense. Chitarre dritte e marcescenti ed un sound nudo e crudo, si scagliano contro l'ascoltatore in "Wood Glue" con piglio devastante e voce abrasiva. La cover dei Fang è una melmosa traccia di poco più di un minuto e mezzo che lascerà il posto all'incipit doomeggiante di "This is Sodom, Not L.A.", prima che si trasformi in un arrembante song punk hardcore. Non ci pensano troppo a spaccare culi, anche se a metà pezzo compaiono delle spoken word che rendono il tutto un po' caotico e impastato. In chiusura "I Love Nothing", pezzo corrosivo e tagliente contraddistinto da chitarre belle gonfie e potenti ma mai veloci. Insomma per chi ama questo genere di sonorità e a voglia di un oggetto da collezione, dateci un ascolto. (Francesco Scarci)

(Bad Road Records/Patac Records - 2015)
Voto: 64

https://patacrecords.bandcamp.com/album/ignorant-weapon

martedì 25 maggio 2021

Regnvm Animale - Ignis Sacer

#PER CHI AMA: Black/Crust
Gli svedesi Regnvm Animale non è la prima volta che li incontriamo qui all'interno del Pozzo. Ve ne abbiamo parlato in occasione del loro debut 'Et Sic in Infinitum', poi in compagnia degli islandesi Norn nello split 'Brinna / Brenna' e ora in questo nuovo EP intitolato 'Ignis Sacer' e contenente cinque nuovi pezzi. La nuova proposta della band di Stoccolma si snoda dall'opener "Att Leva Utan Självaktning", un pezzo che in realtà non è altro che uno spezzone del film "Passione" di Ingmar Bergman, fino alla conclusiva "Suveränitetserosion". In mezzo, tanti spunti più o meno interessanti, dal folk metal di "Interregnum" che riprende se volete quanto fatto nel precedente split con "Våga Se Mig I Ögonen", e un sound all'insegna di parti acustiche e vocals graffianti. Si passa poi alla più cupa title track, con sonorità a cavallo tra hardcore, doom e crust, il tutto proposto in chiave atmosferica. Mi rendo conto che sia difficile comprenderlo ma voi dategli un ascolto e capirete meglio queste mie parole. Come al solito, mi preme sottolineare che l'ensemble scandinavo non stia inventando nulla di nuovo e originale, ma è comunque qualcosa che si lascia piacevolmente ascoltare tra ottime rabbiose accelerazioni e rallentamenti criptici dove a palesarsi positivamente è il lavoro in sottofondo del basso. "Missväxt" mi sembra un pezzo decisamente più dinamico tra black melodico, punk e crust, con buone linee di chitarra (soprattutto a livello di una specie di assolo), un basso perennemente pulsante dietro le quinte e le harsh vocals del frontman sostenute da un drumming costantemente incessante nel suo martellare furibondo. In chiusura, la già citata "Suveränitetserosion", un pezzo più meditabondo nel suo primo giro d'orologio, prima che esploda in raffiche di mitragliatrice ritmica nel resto del brano, gigioneggiando ancora tra black e crust-punk. Insomma, la degna conclusione per i Regnvm Animale e il loro nuovo 'Ignis Sacer'. (Francesco Scarci)

domenica 28 giugno 2020

Comity - ...As Everything is a Tragedy

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Post Hardcore, Dillinger Escape Plan
Li abbiamo recensiti in occasione del loro ultimo lavoro, 'A Long, Eternal Fall', li ripeschiamo oggi con il vecchio '…As Everything is a Tragedy', quando ho potuto apprezzarli per la prima volta nella loro ossessiva e asfissiante veste musicale. I parigini Comity sono essere un interessante ibrido tra The Dillinger Escare Plan, Neurosis e Meshuggah, i primi per la loro follia di fondo, i secondi per la loro genialità, i terzi per la capacità di costruire ritmiche monolitiche ammorbanti, atmosfere rarefatte e oppressive. La struttura dei brani di questo lavoro si rivela infatti veramente delirante a causa della sua elevata complessità: i nostri sono dei maestri nel portarci al limite del baratro con dei momenti di frustrante ultra doom, per poi scaraventarci giù dalla rupe con la violenza profusa dalle schizoidi ritmiche. La musica dei Comity non è del tutto ortodossa e difficilmente potrà piacere ad un vasto pubblico, tuttavia chi ama questo genere di sonorità non potrà fare a meno di dare un ascolto alla spirale emozionale messa in atto da questi pazzi scalmanati autori di un’astratta musica brutale. Non posso segnalarvi un brano piuttosto di un altro perché il disco fra le mani consta di 99 schegge impazzite (suddivise in quattro suite), frapposte a momenti di inusuale calma e melodia che preludono al caos primordiale. Qui c’è da farsi male! (Francesco Scarci)

lunedì 13 aprile 2020

Pornohelmut – Bang Lord

#PER CHI AMA: Experimental/Electro/Industrial
Ottimo il debutto del musicista texano e artista audiovisivo Neil Barrett, sotto il moniker, un po' banale se mi permettete, Pornohelmut; la musica mi ispirava infatti un nome più intellettuale, più nerd. Con questo esperimento sonoro, intitolato 'Bang Lord' (fuori per Atypeek music e Show & Tell Media), Neil si affaccia al mondo musicale con una proposta se non altro eccentrica ed abrasiva. Il lavoro è il risultato di una serie di patterns corrosivi e ritmi messi assieme con gusto e centrifugati al computer, per una manciata di brani che spingono veramente bene, tra crust punk, digital noise, techno, metal, indie, ambient noise ed elettronica sperimentale. Nel disco non c'è niente di nuovo o innovativo poichè tante di queste sonorità sono già state usate, tuttavia bisogna ammettere che una certa geniale intuizione ed una vera fiammata, di reale e sana ispirazione, abita davvero in questo lavoro. Venti minuti per un totale di sette tracce tutte al veleno, ruvide, infiammabili ed esplosive, come una molotov pronta ad essere lanciata. L'effetto in certi casi è immaginabile ed accostabile ad una catarsi musicale tra Godflesh, Prodigy, Swamp Terrorist, Pushifer, l'universo Pigface e perchè no, anche retaggi del seminale progetto denominato Scorn, con i vari paralleli di Mick Harris, tutto rigorosamente filtrato da un tocco digitale moderno e un occhio di riguardo per i suoni più di tendenza tra elettronica e dance. "Wizard Sleeve" è una chicca che sembra essere suonata dai mitici Warrior Soul, in maniera più acida e sintetica, in un futuro temporale lontanissimo dalla loro era, splendida, come l'apripista "Astroglide" e la notturna suite dalle trame techno, "Night Rider". Un disco, 'Bang Lord', stralunato e contorto ma allo stesso tempo omogeneo e straripante di idee sonore, amalgamate con vigorosa e urgente creatività. Un album velocissimo, devastante e carico di energia che per venti minuti di sana follia rock digitale, e ripeto, scrivendolo a caratteri cubitali, mostra un gusto per il crossover di generi, contrapposti tra loro, di tutto rispetto. Una visione del rock tra pixel e transistor, che può piacere a molte fasce di ascoltatori dai target musicali più variegati. Un disco decisamente interessante, da non sottovalutare assolutamente il cui ascolto è parecchio consigliato. (Bob Stoner)

(Atypeek Music/Show & Tell Media - 2020)
Voto: 74

https://pornohelmut.bandcamp.com/album/bang-lord

domenica 3 novembre 2019

Lambs - Malice

#PER CHI AMA: Crust/Post-Hardcore
Che fine hanno fatto i Lambs che ho recensito ormai tre anni fa su queste stesse pagine, in occasione dell'uscita del loro EP 'Betrayed From Birth'? Quella era una band di corrosivo post-hardcore/post-black, mentre i Lambs di oggi, sembrano piuttosto una realtà apparentemente più riflessiva, immersa in un contesto più vicino al post-metal. Questo è almeno quanto si evince dalla song posta in apertura di 'Malice', dall'eloquente titolo "Debug" (song che vanta peraltro la partecipazione di Paolo Ranieri degli Ottone Pesante e il musicista genovese Fabio Cuomo). Che si tratti quindi di una correzione del tiro da parte della compagine cesenate o che altro? Lungi da me trarre conclusioni cosi frettolosamente, visto che il finale della stessa si lancia verso un primigenio caos sonoro che richiama quello stesso corrosivo suono crust che avevo evidenziato in occasione del precedente dischetto, proseguendo addirittura con un sound ancor più aspro nella successiva "Arpia". La traccia si apre con ritmiche sghembe che strizzano nuovamente l'occhiolino alle band black della scena transalpina, per poi infilarsi in mefitici e fangosi meandri sludge (dove i nostri sembrano trovarsi più a proprio agio) e lanciarsi infine, come un treno fuori controllo, in un'ultima cavalcata dalle tinte oscure, non propriamente nere. È quindi il turno di "Ruins" e qui il ritmo va più a rilento, almeno fino al minuto 4 e 37, quando una grandinata improvvisa si abbatte sulle nostre teste. In "Perfidia", una song lenta e magnetica, i nostri si affidano all'italiano per il cantato e il risultato, devo ammettere, si rivela ben più efficace di quello in inglese. Certo, la song è assai particolare, muovendosi tra crust punk, math, uno sfiancante sludge e schizofrenia pura, risultando alla fine la mia song preferita. C'è ancora tempo per l'ultima sassaiola, quella affidata a "Misfortune", un brano che tuttavia parte piano con un timido esempio di post-rock in stile *Shels, con la tromba di Paolo Ranieri in sottofondo. Come anticipato però, di sassaiola si tratta e non c'è niente da fare, non la si può scampare quando esplode nella sua furia distruttiva. I Lambs cercano di attutirne i colpi, rallentando pericolosamente l'incedere intimidatorio del pezzo. Il giochino riesce alla grande ma alla fine provoca un giramento di testa non da poco, che mi sa tanto che mi accompagnerà per parecchio tempo. (Francesco Scarci)

(Argonauta Records - 2019)
Voto: 72

https://lambsit.bandcamp.com/album/malice

domenica 15 settembre 2019

Vile Nothing - Pessimist

#PER CHI AMA: Crust/Hardcore
Un po' di insano punk-crust-hardcore proveniente dalla Svezia è quanto proposto oggi dai Vile Nothing e dal loro 'Pessimist'. Si tratta di un EP di quattro pezzi che irrompono con la ferocia molestia di "In Disgrace, With Fortune", un brano breve ma incisivo, costituito da chitarre sparate ai 200 km/h e da una batteria al limite del grind, per poi rallentare paurosamente sul finale con una tirata di freno a mano da cappottamento garantito. "Erased" prosegue con un'altra ritmica al fulmicotone su cui s'installano le vocals sbraitanti del frontman; da notare che come sul finire della traccia in apertura, cosi anche in questa seconda song, sono presente i classici bombastici tonfi del deathcore a contaminare ulteriormente la proposta dell'act di Stoccolma che con il proprio sound non fa altro che darci un sacco di schiaffoni. Vi basti ascoltare la ficcante proposta della terza "Dåren Är i Lådan" un pezzo di 67 secondi devoti ad un tremebondo mathcore. Il finale apocalittico è dispensato dalle note furenti di "Abhorrence", l'ultimo straripante ed iconoclasta inseguimento dei Vile Nothing. Paurosi. (Francesco Scarci)

lunedì 5 agosto 2019

Deathcrush – Megazone

#PER CHI AMA: Noise/Crust/D-Beat/Digicore
Interessante debutto sulla lunga distanza (fuori per Apollon Records) di questa giovane band norvegese che riesce nell'intento di proporre qualcosa che sia fuori dalle righe e non inquadrato negli schemi. Quindi, l'accostamento di generi come il noise, il digitalcore, il crust punk, con il sound laccato ed oscuro degli anni d'oro dell'epoca Batcave, riesce a generare quel suono genuino, moderno, trasversale e ricco di pulsioni alternative che incuriosisce ed appassiona non poco ogni amante di novità soniche. La musicadei Deathcrush è prevalentemente una sorta di catarsi ritmica che ricorda una via di mezzo tra gli Amen e gli Atari Teenage Riot, lasciati in ammollo negli acidi del noise ribelle dei primi, seeminali, The Curve, con una voce femminile in quasi tutte le canzoni (in "Push,Push,Push" emerge anche la parte vocale maschile), che emula il proibito dei Garbage, il rock dei The Primitives e il controcorrente di Kim Gordon. Se poi ci versiamo sopra una buona dose di nero alla Alien Sex Fiend o Cabaret Voltaire, con quel gusto macabro, robotico e noir che, nonostante la forte voglia di spaccare, si trascina appresso un'orecchiabilità fenomenale, arriviamo alla giusta conclusione che questo 'Megazone' è un gran bel disco, adrenalinico e tagliente, sensuale, aggressivo, devastante come possono esserlo solamente i sussulti giovanili di anime sotto effetto di urgenza creativa. L'artwork, a mio avviso poi, è ben fatto ma non così interessante (dal taglio punk di primi anni '80) e meriterebbe di più, visto il valore della musica al suo interno e la capacità di risvegliare seriamente nell'ascoltatore, il concetto di piacere verso un suono il cui battito è da vera e credibile rockstar alternativa. Le tracce sono tutte sparate in faccia, di corta durata o al massimo superano di poco i quattro minuti, rendendo l'ascolto velocissimo, immediato e senza lasciar prigionieri. Desta un po' di sospetto la conclusiva traccia nove, "State of the Union" (uscita peraltro come singolo), con i suoi finti 24 minuti dichiarati: dopo i primi consueti quattro minuti inizia infatti un interminabile silenzio (modello traccia fantasma) fino ad un minuto dalla fine del disco dove riemerge uno spezzone di brano al rovescio, cosa riciclata che poteva andar bene al vecchio Marilyn Manson o ai Nofx d'annata. Ad ogni modo, l'album resta un grande disco (bello anche il video di "Dumb") per il trio di Oslo, dinamico, giovane e piacevolmente rumoroso nel suo aspetto acido e trasgressivo, scritto da giovani che cercano di non farsi sommergere dalla deformazione imposta dalla grande metropoli. Bello in tutte le sue tracce che potrebbero essere tutte delle potenziali hits, un disco da ascoltare in pompa magna e pieni di voglia di ribellione. Ottima prova al fulmicotone! (Bob Stoner)

(Apollon Records - 2019)
Voto: 74

https://deathcrush.bandcamp.com/album/megazone

lunedì 8 aprile 2019

Finis Omnivm - Cercle

#PER CHI AMA: Crust Black, Nux Vomica
I Finis Omnivm hanno un retaggio grind crust e si avverte in 'Cercle', EP ed opera prima della band francese. Si chiamavano infatti Faxe poco meno di una decina di anni fa quando quella era la loro proposta. Quel bagaglio musicale, sebbene i molteplici cambi di line-up, è rimasto intatto e crudo nel loro DNA e ancora ammanta il loro sound, sebbene l'iniziale "The Womb" ci conduca in anfratti oscuri di un tenebroso post-hardcore dalle forti tinte malinconiche. Non fatevi fuorviare perchè da li a poco, la musica dei nostri incendierà l'aria con paurose accelerazioni crust-black e rallentamenti dal sapore quasi doom. Quello che meglio tocca le mie corde è la bravura del quartetto parigino negli avamposti musical-emozionali con dei frangenti che trasudano veramente un senso di disagio. Lo stesso che irrompe nella ritmicità marziale di "The Great Destroyer", la song che più delle altre, nella parte centrale, evidenzia proprio le passate influenze dei Finis Omnivm, con le classiche cavalcate crust-grind-black-punk e le urla sguaiate figlie di un genere che non ha mai mollato nonostante le mille mode che sono succedute. E allora che ne dite di abbandonarvi anche voi alle furiose accelerazioni dei quattro musicisti transalpini, sudare quel tanto necessario, prima di arrendervi alle suggestioni sludge che si palesano nel finale della seconda traccia, che peraltro mi ha evocato un che degli ultimi Entombed A.D. Che i nostri non siano dei pivellini è chiaro dalla loro padronanza strumentale, che si palesa fin dall'opening track, di grande livello. La terza è ultima song, "The Empty Gem", completa con i suoi quasi 15 minuti, il quadro musicale dei nostri con un approccio tribale, in cui le grim vocals, accompagnate da basso, batteria e chitarra, ci avvolgono in una spirale sonora stritolante, prima di irrompere nuovamente in un abrasivo crust-punk dal sapore novantiano, pregno di paurose accelerazioni black e di rarefatti momenti fangosi, due caratteristiche che chiamano in causa i Downfall of Gaia, giusto per darvi un ulteriore punto di riferimento, se volete capire qualcosa di più dei Finis Omnivm e di questo 'Cercle', un corrosivo manifesto sonico degno delle migliori realtà crust degli anni '90, là dove ebbe origine il tutto. (Francesco Scarci)

martedì 9 ottobre 2018

Systemik Viølence - Anarquia-Viølência


#FOR FANS OF: Crust/Punk
I positively absolutely love this!

Remember the past. When you were fifteen. Your mother or father came to your room and told you to fucking tidy up your chaos. And what did the average pubescent like me do? Everything but! Back into the present and right to “Anarquia-Viølência”. A serious sounding guy tells you that he is “positively absolutely sure that a lot of you are going to hate this”. I feel like fifteen again, stick my finger in the air, tell him to stuff it and expect positively absolutely the exact opposite. By definition. By principle. The question is whether a Suicidal Tendencies “One Finger Salute” is justified. Let me be the objective judge for you.

Should anyone be out there who thinks that punk has gone soft (what in my humble opinionis unfortunately true for a lot of today´s “post-something bullshit”), here is your salvation. Systemik Viølence gives you a seven-song tour through the grime and filth of the Portuguese gutters and sewer system. The dudes created a cesspool that mixes punk, hardcore, d-beat and crust in a fantastic way. Sawing shredding guitars, totally anarchic and slightly distorted vocals that are shouted, spit out and vomited into you face and relentless drumming is the foundation of SV hate campaign.In a world, a lie gets halfway around the globe before the truth has a chance to get its pants on, I am positively absolutely sure we need upright people like in SV to shake the moral tree and share their truth in a way it can be heard.

And hear you do! There is no single highlight to be highlighted. The recording works best if digested as a whole. The spoken samples between the seven pandemic outbreaks help to make listening a seamless exercise. If any first wave Scandinavian raw black metal band had decided to go punk / hardcore / crust, we now would listen to “Under a crapitalism moon” or “Transylvanian vulture culture”. What I really like when listening to AV is that though the record barely hits the 13minutes mark, it feels more intense, more elaborated than that. I understand that “elaborated” in connection with a bare to the bones punk / hardcore manifestation feels like a contradiction in terms. But SV manage to squeeze chaotic soli into their eruptions (“Crapitalism”), throw quite memorable metallic riffs at you (“Male Dumbinance”), created excellent choruses (“Anarquia-Viølência”) and are fucking convincing oozing the trve spirit in the true sense of the word.

You may ask me, what is the flipside of the coin? Aha, you see, you have been affected by the current global negativity around us. Always looking for the fly in the ointment. I am positively absolutely sure that once you start to dig into ““Anarquia-Viølência” you will join to support the fight against the stupidity of modern day dictators, self-appraising idiot presidents and similar D.R.I.s and will forget that 13 minutes next time should be 30 with the alternative to acquire the next record as a CD as well (here you have your justification of the missing 15%....).

In summary: it felt good to be fifteen again! Saúde! (Dominik)


(Ring Leader/Regulator Records/Raginplanet/Raw'n'Roll Rex - 2018)
Score: 80

https://systemikviolence.bandcamp.com/album/anarquia-viol-ncia

lunedì 9 luglio 2018

Thørn - S/t

#PER CHI AMA: Crust Black, The Secret
If I Die Today, Calvario, La Fin e Lamantide hanno pensato bene di unire le proprie forze in un nuovo progetto black crust, i Thørn, da non confondere con gli omonimi colleghi norvegesi che peraltro avevano anche una "s" come ultima lettera del loro moniker. Fatta questa dovuta precisazione, lanciamoci all'ascolto dell'EP omonimo della band milanese, che consta di cinque brevi tracce per un'apnea sonora che dura circa 13 minuti. Un'intro rumoristica/parlata apre la tape che esploderà da li a poco nella morsa black punk hardcore di "Your God is Dead": poco più di tre minuti di sonorità nere come la pece, in cui la forte vena punk emerge grossomodo a metà brano con una ritmica cadenzata che si miscela con le acide vocals di A. Mossudu. "Nahua" parte più lentamente, quasi immobilizzata da delle sabbie mobili invisibili che, dopo 50 secondi, trovano modo di scrollarsi di dosso quel mood sludge e lanciarsi verso una nuova cavalcata punk che non disdegna vaghe reminiscenze grind, le stesse che riassaporeremo nei 40 secondi della tempesta sonica di "Sun Will Never Rise". Un bel thrashcore com'era tempo che non ne sentivo, s'impossessa della scena nel pezzo più lungo del lavoro, i quasi quattro minuti di "Burn the Throne", l'ultima annichilente tappa di questo EP di debutto a firma Thørn, mi raccomando, non quelli norvegesi, ma l'ennesima ottima band proveniente dal nostro tanto bistrattato paese. (Francesco Scarci)

(Indelirium Records - 2018)
Voto: 70

https://thorncrust.bandcamp.com/releases

venerdì 18 maggio 2018

Phantom Winter - Into Dark Science

#PER CHI AMA: Black/Sludge/Crust, Neurosis
"Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate". Dante e Virgilio dinanzi alla porta dell'Inferno, che mette in guardia coloro che stanno per entrare, me li immagino davanti a quella soglia, con una colonna sonora di fondo simile a quella che ascolterete in questo terzo disco targato Phantom Winter. Sperando che il buon Dante Alighieri non si rivolti nella tomba per questa mia eresia, posso dirvi che 'Into Dark Science' consta di sei malatissime tracce, che affondano le loro radici in un melmoso sludge black dalle tinte fosche a dir poco. L'impatto sonoro con "The Initiation of Darkness" è spaventoso: una song mefitica, in cui verrete spazzati via dalla totale assenza di luce, per sprofondare in un suono malsano, fatto di sonorità post-core, atmosfere doom, urticanti voci black, e di tastiere spettrali che sembrano burlarsi dell'ascoltatore, quasi fossero un fantasma che appare e scompare davanti ai nostri occhi. La proposta non è facile da assimilare per quanto si riveli estremamente affascinante da ascoltare. Nella seconda "Ripping Halos from Angels", l'aria si fa ancor più claustrofobica, nonostante l'incipit strizzi l'occhiolino al post-hardcore; poi sono di nuovo desolatissime ambientazioni, cosi cupe e al limite del minimalismo sonoro a prendere il sopravvento, prima dell'incandescente e iper-caustico finale affidato ad una scorribanda di black ferale, in cui a colpire, oltre alle disumane vocals, sono in realtà quelle malinconiche e ronzanti linee di chitarra che accompagnano le grida disperate e angoscianti dei due insani vocalist (qui appare anche un bel growl). Confermo, la proposta è di difficile digestione, si consiglia un antiacido già alla terza traccia, "Frostcoven". Per quanto questa cominci in modo decisamente compassato, con il dualismo vocale prodotto dai due frontman (uno dei quali è peraltro ex membro degli Omega Massif), la song sembra prepararsi ad una tempesta sonora senza eguali. Lo si avverte in quel rallentamento a metà brano che fa da preludio ad una ferocia, venata di una forte componente malinconica, che da li a poco prenderà possesso di questa song, impregnata di cotanta indicibile violenza. Fortuna nostra che l'inizio della lunga "The Craft and the Power of Black Magic Wielding" riveli alcune influenze post-rock per i nostri, che si squaglieranno però da li a breve, lasciando posto ad un rifferama monolitico, inquietante, dannato, con i lacerati vocalizzi che si vanno a sovrappore ad un tremolo picking che ricorrerà presto nei vostri incubi peggiori, sappiatelo. Forse per questo che continuo ad immaginarmi la musica di 'Into Dark Science' come l'ideale accompagnamento per la calata agli inferi del sommo poeta. Una furia dirompente divampa anche nel prologo della title track che mostra segni nei suoi solchi, derivanti da territori crust, e che nella sua seconda parte, tira invece il freno a mano, rallentando i ritmi vertiginosamente e proponendo l'ennesima visione apocalittica di questi musicisti teutonici. Le ultime ammorbandi visioni da fine del mondo fuoriescono dalla conclusiva "Godspeed! Voyager", la cui delicata intro preparatoria non è altro che presagio dei brutti sogni a venire frutto delle notti insonni di questi cinque ragazzi bavaresi. Complimenti a chi è arrivato a leggere o addirittura ad ascoltare l'album fino a questo punto, essere arrivati qui è come aver sconfitto il mostro finale di Doom. Paurosi. (Francesco Scarci)

lunedì 29 gennaio 2018

Regnvm Animale/Norn - Brinna/Brenna

#PER CHI AMA: Black/Crust Punk
Ho notato che gli split album nel mondo crust sono merce assai frequenti. Non mi meraviglia pertanto questa nuova release, targata Deutsche Bulvan Bolag, condivisa tra gli svedesi Regnvm Animale (che abbiamo avuto modo di conoscere nel Pozzo con il loro debut 'Et Sic in Infinitum') e gli islandesi, a me sconosciuti, Norn. Il genere proposto l'ho già anticipato: un crust miscelato al black metal. Cinque tracce a disposizione di ogni band per far capire chi è la più cattiva nella loro personale proposizione di 'Brinna' (degli svedesi) e 'Brenna' (degli islandesi), con quest'ultimo che è dedicato all'Universo 25 (che suppongo si rifaccia all'esperimento della fogna del comportamento, condotto nel 1962 negli Stati Uniti). Si parte con i Regnvum Animale e l'intro quasi country (credo sia un banjo quello che risuona nel mio stereo) di "Förhoppning". Nella seconda "Människan är Människans Varg", i nostri propongono la loro personale forma di crust melodico ed atmosferico, quasi fischiettabile (non me ne vogliano, ma io lo trovo un complimento) perchè la melodia mi si stampa nella testa e non riesco a levarmela di dosso. Ancora meglio la successiva "Våga se mig i ögonen", in cui le vocals disperate del frontman Jens si schiantano su di una ritmica sconnessa, quasi folklorica a metà brano, ma assai intrigante nella sua componente melodica e nei suoi strappi più estremi. La title track corre che è un piacere in una violenta miscela crust punk con la melodia di fondo in tremolo picking, che ha sempre forti richiami volti alla tradizione folk scandinava, con la stridula componente vocale che fa il suo sporco mestiere. Un pianoforte, si avete letto bene, apre a braccetto con delle spoken words, "I Doden", una traccia che va a pescare direttamente nel dark di primi anni '80 (penso ai The Cure di "A Forest"), grazie ad una voce pulita e darkeggiante. Bravi. Mi muovo sui Norn e qui il sound sembra apparentemente inasprirsi con una proposta che viaggia sui binari del punk black. "Hvitar Kjùkur" mette in mostra la propria versione di tremolo picking con un riffing e una melodia che scomodano un paragone inatteso con gli In the Woods del primissimo demo 'Isle of Men'. La voce è pulita, ma urlata, le chitarre belle impastate come da tradizione, alla fine per quanto lineare ed elementare possa essere la proposta della band di Reykjavík, mi convince. La sezione punk corre veloce anche nella successiva "Þúsund Rauð Ljós", fatta di ritmiche serrate oltremodo lineari, una sorta di Sex Pistols riletti in chiave crust. Il tremolo picking continua a fare il suo dovere nella più incasinata delle tracce, "Af Svörtum Álfum og Öpum Þeirra", per lo meno quella dalla chiusura più indecifrabile. Ancor più complicato poi, il finale affidato alla chitarra acustica di "Ábreiða" in una song che sembra derivare dalla tradizione folk nordica che spiazza non poco. Alla fine 'Brinna/Brenna' è uno split album ben riuscito che conferma quanto di buono avevamo già detto per i Regnvm Animale e che nel frattempo ci fa conoscere anche la musica dei Norn, orfani purtroppo da poco del bassista Vltimvs Diabolvs, deceduto a novembre del 2017. Due band decisamente da approfondire. (Francesco Scarci)

domenica 1 ottobre 2017

Khoy - Negativism

#PER CHI AMA: Punk/Post Hardcore
I Khoy sono una band divisa tra Torino e Biella, affiliata alla scena punk/hardcore, che ha rilasciato questo EP digitale di cinque pezzi durante l'estate. Le coordinate musicali di 'Negativism' si affidano a sonorità dissonanti che solo nel loro approccio incazzato e rozzo ci potrebbero ricondurre al punk. La opener "My Love For You Is Like A Truck Berserker" sembra più un pezzo che ammicca allo shoegaze mentre è con la seconda "Tapeworm" che si scorgono le influenze più datate della band, anche se le linee scorbutiche di chitarra evocano band più avanguardiste (penso ai Virus), ma con la classica impostazione vocale del genere si perdono i retaggi più raffinati della band, che emergono alla fine in inattesi break acustici. La velocità di "Misleading Existence For Fancy Thinkers" potrebbe ricondurre ad un ipotetico ibrido tra math e post black in salsa punk, ma poi la band si diverte tra chiaroscuri efficaci che rendono la proposta dei Khoy appetibile anche per chi non si ciba quotidianamente di post punk, come il sottoscritto. Quindi non posso far altro che lasciarmi trasportare dalle melodie oscure ed affascinanti del quartetto piemontese, dalla disperazione vocale di "Whorehouse" e da quel senso d'inquietudine che permea l'intero lavoro dell'act italico. Un bel bestemmione (io avrei evitato, è più un approccio da teenager per farsi notare) apre l'ultima traccia del lotto, "That One Time I Got Drunk Before 2 p.m.", una song bella tirata che probabilmente più si avvicina ad un'impostazione moderna del punk/crust/posthardcore e che forse mi risulta più indigesta. Alla fine 'Negativism' è un lavoro che merita un ascolto in quanto si fa notare per diversi spunti interessanti che non faranno la gioia dei soli fan punkettoni. (Francesco Scarci)

lunedì 3 luglio 2017

Dirt – Daysleeper

#PER CHI AMA: Crust/Mathcore
Un digipack piuttosto essenziale e “materico” accompagna il cd di questi Dirt, band canadese che di primo acchito non fornisce indizi di sorta sul proprio messaggio musicale. Copertina essenziale, font discreto e nessun rimando grafico a qualsivoglia genere / ambito musicale, fanno da cornice alla proposta musicale della band. Mi appresto quindi ad intraprendere l’ascolto di questo album senza un’idea ben che minima di cosa mi aspetti. L’intro passa liscia all’orecchio, non particolarmente malinconica, né lugubre, né bizzarra...e si passa così al vero e proprio contenuto dell’opera. Bam! entrata a piè pari sui timpani del malcapitato ascoltatore! Appare subito evidente il range, la categoria a cui la band appartiene. Si tratta di una miscela di crust e mathcore, o almeno fa figo oggi giorno chiamarlo così. Stiamo parlando di quel thrash tecnicissimo, iperviolento e freddo, portato in auge nel cuore degli anni '90 dai Meshuggah con quel capolavoro di 'Destroy Erase Improve'. I Dirt denotano una pregevole perizia tecnica, una padronanza degli strumenti innegabile e possono senza dubbio piacere a tutti gli amanti del genere. Io ho ascoltato il cd ripetutamente, lasciandomi pervadere dalla glacialità industriale della loro musica, e cercando nell’album quel “quid” che mi potesse emozionare o rimandare quantomeno a qualcosa di intimo. Ebbene, duole ammetterlo, questo “quid” non è mai giunto. Al di là della parossistica ossessività e del furore post-umano non ho purtroppo trovato alcunché degno di menzione. Ritmiche sghembe, tempi dispari ( mi raccomando eh, MAI e dico MAI un tempo pari adatto ad un sano headbanging!!!) e urla lancinanti procedono senza soluzione di continuità per l’interezza delle tracce presenti. Davvero il cd risulta monocromatico e stantio, sterile e sordo ad ogni coinvolgimento lirico o esistenziale. Agli amanti dei tecnicismi, del freddo mathcore e del heavy-listening questo album potrà anche piacere, la preparazione tecnica dei Dirt è fuori discussione. Per qualcosa di più profondo, coinvolgente ed emotivo...next please! (HeinricH Della Mora)

giovedì 22 giugno 2017

Comity - A Long, Eternal Fall

#PER CHI AMA: Crust Black/Post Hardcore
Caos e disagio. Sono queste le sensazioni ad emergere dopo l'ascolto di 'A Long, Eternal Fall' (A.L.E.F.), ultima fatica dei francesi Comity. La band parigina, attiva dal 1996, propone in sintesi un estreme rock sperimentale. Il lavoro in questione affonda le proprie radici nel metal estremo incorporando tuttavia numerose altre influenze, echi prog, rallentamenti doom e contaminazioni post rock (solo per citare le principali). A livello sonoro ci si trova davanti ad un buon prodotto, il sound ruvido e crudo dona al lavoro in questione una piacevole dimensione live, purtroppo va anche riscontrato che la voce di Thomas risulta eccessivamente penalizzata dalla differenza di volume, resta infatti troppo "sotto" al resto degli strumenti. Dal punto di vista tecnico-compositivo si nota subito una buona padronanza degli strumenti ed un invidiabile cultura musicale, ottime credenziali per esprimere appieno le proprie potenzialità. Le 8 tracce di 'A.L.E.F.' dipingono un'atmosfera malata, con l'intero album che risulta permeato da una costante sensazione di disagio e angoscia (sembra veramente di cadere da un'altezza vertiginosa senza arrivare mai al momento dell'impatto). Complice un ottimo uso delle dissonanze e un gran lavoro delle chitarre di François e Yann che dimostrano di essere a proprio agio e di saper esprimere una grande quantità di idee attingendo agli stili più disparati. Il drumming di Nico fa da degno contraltare, spaziando da tempi serrati tipici del metal estremo a soluzioni talmente inusuali da riuscire a stupire, il tutto condito da cambi di misura schizofrenici. Tuttavia 'A.L.E.F.' è un lavoro difficilmente assimilabile, se da una parte riesce a passare una certa emozionalità, dall'altra va riscontrata una certa amusicalità. Gli otto pezzi in questione mancando infatti di struttura logica, rendendone talvolta assai difficile l'ascolto. In sintesi, un lavoro che offre moltissimi spunti interessanti ma che obbliga a pensare. Consigliato a chi è curioso, ha una buona apertura mentale ed una buona dose di pazienza. (Zekimmortal)

sabato 13 maggio 2017

Cowards - Still

#PER CHI AMA: Black/Hardcore
Ottima uscita per i Cowards che si confermano una delle realtà hardcore metal più oscure e affascinanti del panorama francese. Solo 19 minuti in questo EP per puntare ad un infuso al veleno che contiene sfuriate hardcore, sludge, schegge di black metal alla Deathspell Omega e sentori malatissimi di rabbia e ribellione, racchiusi in un contenitore di tecnica e composizione visionaria estrema. La voce è una sciabola che semina fendenti ovunque, mentre la musica, tra rasoiate ed energia nera, sostiene un concetto di hardcore evoluto e dal sottoscritto anche assai ben voluto con punte di noise e colori black che si sposano a puntino, una sorta di maestoso Breach e Cursed sound estremizzato e riadattato come in uso ai giorni nostri. I primi tre brani, "Still (Paris Most Nothing)", "Let Go" e "Like Us" volano distruttivi e feroci sulle ali della velocità e del rumore più piacevole per lasciare posto a due rivisitazioni in stile puramente Cowards. La prima "You Belong to Me" dovrebbe essere la rivisitazione di "Every Breath You Take" dei Police e se qualcuno riesce ad individuarne qualcosa batta un colpo. La seconda, "One Night Any City" vorrebbe essere "One Night in NYC" dei The Horrorist ed anche qui vi sfido a riconoscerla perché per me potrebbe essere tranquillamente un fuori onda dei Killing Joke epoca 'Democracy'. Comunque ottime interpretazioni entrambe che si sommano egregiamente all'intero lavoro, mantenendolo costante ed omogeneo nel drammatico suono e nel drastico, splendido concetto musicale del combo transalpino, che dopo il buon full length del 2015, 'Rise to Infamy', ci delizia con una nuova uscita targata Dooweet, uscita sul finire del 2016. Copertina poi dall'artwork fantastico, una costante per i Cowards... Spettacolare! (Bob Stoner)

(Dooweet - 2016)
Voto: 85

https://cowardsparis.bandcamp.com/

mercoledì 10 maggio 2017

Haunter - Thrinodia

#PER CHI AMA: Black/Sludge/Crust, Deafheaven
Direttamente da San Antonio (Texas), ecco arrivare gli Haunter, band attiva dal 2013 ma che giunge al debutto solo nel 2016 con questo 'Thrinodia'. L'album, che include sette tracce, è un riottoso concentrato di sonorità black death contaminate, ove le danze sono aperte da "Perinatal Odium Dilute", una song abrasiva per suoni e produzione, e in cui a mettersi in luce sono sicuramente le vocals maligne del frontman Bradley Tiffin, accompagnate da un riffing stralunato che si fa più dissonante e controverso nella successiva "Untitled", brano psicotico che mischia le linee disarmoniche in stile Deathspell Omega con il crust, per una proposta di sicuro particolare, soprattutto perché in questo tripudio di caos primordiale, si scorgono anche delle venature dai tratti progressivi. Peccato che le sonorità siano un po' ovattate, sicuramente una produzione più cristallina avrebbe giovato nella percezione di alcuni particolari musicali, ma ovviamente ne avrebbe anche perso buona parte di quella genuinità di fondo tipica delle produzioni DIY. E quel sound catramato si ritrova anche nella corrosiva "Shrouded Moor", traccia violenta, caustica, in cui il black diventa punk e il punk diventa black metal, in un incedere di sicuro minaccioso. Si corre sui binari di un post black frenetico con la breve "Vial", ove il sound è fondamentalmente sovrastato dalle schizoidi scorribande di blast beat e riff allucinati, che ritornano anche nella convulsa dinamicità di "Thus My Undertaking, To Reject Stagnation, and to Liberate Fervency", song che fortunatamente ha da offrire anche un lungo break post rock che rompe la forsennata frenesia ritmica del terzetto texano, in un finale ondivago tra sludge e black. C'è ancora tempo per fare male, con le ritmiche tiratissime (e un filo melodiche) di "Apnoeic (Polarized in Retrospective Contempt)", track che vanta comunque un epilogo che nelle sue dilatazioni soniche, richiama nuovamente il post rock, un po' come quanto fatto dai Deafheaven, in una versione qui più urticante. Pronti per il gran finale? La title track è una traccia di oltre 14 minuti, in cui il trio convoglia tutte le combinazioni ritmiche fin qui apprezzate in un deragliamento sonico feroce, tra screaming sguaiati, chitarre al fulmicotone, break acustici prendi fiato e una baraonda infernale a livello di batteria. Che altro dire, se non di avvicinarvi con cura a 'Thrinodia' e a questi diabolici Haunter. (Francesco Scarci)

(Red River Family Records - 2016)
Voto: 70

https://hauntertx.bandcamp.com/album/thrinod-a