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martedì 24 giugno 2025

Khôra - Ananke

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Credo che ormai non ci sia band estrema che Les Acteurs de l'Ombre Productions non possa raggiungere. Oggi è il caso della creatura internazionale che risponde al nome di Khôra e del loro nuovo secondo album, intitolato 'Ananke', che si rifà alla divinità greca del fato. Nati come progetto solista di Oleg, la band oggi si è evoluta in una formazione completa che include Frédéric Gervais (Orakle, Cor Serpentii) alla voce, Göran Setitus (ex-Setherial, Svartghast) al basso e Kjetil Ytterhus (Profane Burial, Haimad) alle orchestrazioni. Dopo il debutto del 2020, 'Timaeus', ecco tornare la band nel tentativo di consolidare il proprio sound, in quella sua stravagante mistura di black atmosferico e progressivo, in grado di evocare nomi altisonanti quali Dimmu Borgir, Emperor e Arcturus. Io francamente non li conoscevo e devo ammettere che già dai primi pezzi sono rimasto piacevolmente colpito dalla proposta del gruppo. "Empyreal Spindle" e "Legion of the Moirai" mostrano infatti di che pasta sia fatto il quartetto, capace di bilanciare la ferocia del black/death metal con una certa raffinatezza delle orchestrazioni. Le chitarre offrono riff taglienti e acidi, spesso arricchiti da assoli dissonanti (in stile Ved Buens Ende e Virus, oserei dire) che aggiungono una dimensione psichedelica alla proposta. Il basso di Göran fornisce una solida spina dorsale, così come il forsennato drumming di Ole che alterna blast beat furiosi (spaventoso in tal senso in "In the Throes of Ascension") a sezioni più atmosferiche. Le orchestrazioni di Kjetil costituiscono poi quell'elemento distintivo, con archi, tastiere e suoni sintetici che evocano un'atmosfera cosmica e inquietante, completata dalle voci di Frédéric, che si muovono tra uno stile "arcturiano" e il tipico screaming black, anche se le varie collaborazioni del disco, probabilmente mi hanno un filo disorientato nel capire dove realmente il frontman offre la propria performance vocale. Comunque, tra le guest star, troviamo Blasphemer (ex-Mayhem, Vltimas) a cimentarsi nell'assolo dell'opening track, Kristian Niemann (ex-Therion, Sorcerer) in quello di "Wrestling with the Gods", mentre Wolfgang Rothbauer (Thirdmoon, In Slumber) si esibisce dietro al microfono in "On a Starpath", con la sua alternanza tra pulito e growling. Queste comparsate aggiungono ovviamente ulteriori strati di complessità a un lavoro già di per sé complesso, considerando che anche "Legion of the Moirai" vede la presenza di Arnhwald R. (Deathcode Society) alla voce mentre "In the Throes of Ascension" la performance vocale è condivisa con Bill Kranos (Savaoth). Alla fine, quello che conta è il risultato, e qui non ci sono dubbi che 'Ananke' si pone come un'opera decisamente ambiziosa che conferma i Khôra come una delle realtà più intriganti del metal estremo contemporaneo. La produzione impeccabile, gli arrangiamenti orchestrali e la profondità lirica creano un'esperienza immersiva che bilancia furia, emozione e sperimentazione di quello che si candida a essere una delle sorprese dell'anno. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2025)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/ananke

venerdì 4 aprile 2025

Zeal & Ardor - Greif

#PER CHI AMA: Alternative/Avantgarde
Prosegue il percorso alquanto accattivante intrapreso dagli svizzero-statunitensi Zeal & Ardor, che giunge al traguardo del quarto album, il qui presente 'Greif'. L'audacia di Manuel Gagneux, leader della band, si conferma sin dalle prime battute con dei pezzi solidi, orecchiabili, originali e che vanno a consolidare la reputazione dei nostri come pionieri del crossover tra metal, blues e gospel. "Fend You Off" è subito una bomba, con le chitarre che s'intrecciano con percussioni evocative e le spettacolari melodie vocali del frontman, che si esibisce sin da subito, con un'eccellente performance, soprattutto nel ritornello azzeccatissimo del brano. "Kilonova" parte da quello che sembra essere il battito di un cuore per poi continuare su una ritmica tribale oscura e ipnotica. "Are You The Only One Now?" sembra uno di quei brani intimistici dei Radiohead che però va in crescendo a sfociare territori più estremi, ma comunque sempre molto melodici. "Go Home My Friend", al pari di "369", è il classico brano gospel di scuola Zeal & Ardor che abbiamo imparato ad apprezzare sin dal primo straordinario 'Devil is Fine'. Con "Clawing Out" ci muoviamo nei paraggi di band come i francesi CROWN, coniugando il metal con elettronica industriale. Qua e là troviamo anche pezzi che rappresentano un po' una novità per la band: penso alla cantautorale "To my Ilk" o a "Thrill" che chiama in causa addirittura gli ultimi Muse, palesando quindi una eterogeneità di fondo in questo lavoro più spiccata che nei precedenti album, spalancando le porte quindi a nuove frotte di fan. Insomma, "Greif" è un'opera che non solo soddisfa le aspettative degli storici fan degli Zeal & Ardor, ma probabilmente le supera ampiamente. Con la sua combinazione di sonorità robuste, testi evocativi e una produzione impeccabile, quest'album dimostra come gli Zeal & Ardor possano essere una forza innovativa nel panorama musicale alternativo, offrendo un'esperienza sonora che invita all'ascolto attento e alla riflessione profonda. (Francesco Scarci)
 
(Self - 2024)
Voto: 77
 

giovedì 13 marzo 2025

Sear Bliss - Heavenly Down

#PER CHI AMA: Symph Black
I Sear Bliss potrebbero essere annoverati tra i pionieri del black metal atmosferico-avanguardistico. Me ne innamorai infatti quando nel 1998 uscì 'The Haunting', in cui faceva la comparsa nell'intelaiatura ritmica della band, la tromba. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e i nostri sono tornati alla carica nel 2024 con 'Heavenly Down', nono album per la band che non solo conferma il loro status di maestri del genere, ma li proietta verso nuove dimensioni sonore. Questo disco è un viaggio cosmico, un’esplorazione tra cieli tempestosi e abissi emotivi, dove ogni nota sembra avere un’anima, tra atmosfere epiche e tromboni trionfali che già si svelano nell'opening track, "Infinite Grey", che ci dà buone sensazioni di come sia la band oggi, dopo un silenzio durato sei anni. E se c’è una cosa che i Sear Bliss sanno fare meglio di chiunque altro, è quello di fondere il potere distruttivo del black metal con melodie che ti sollevano da terra. E questo nuovo disco non fa eccezione, dando largo spazio ai tromboni, vero marchio di fabbrica della band, che risuonano maestosi e aggiungono un’aura epica, quasi cinematografica ai brani. "Watershed" rappresenta il secondo indizio, con il suo mid-tempo ragionato e i suoi fiati a prendersi il giusto spazio che meritano. "The Upper World" è il terzo indizio, e a questo punto, come diceva Agatha Christie, tre indizi ci consegnano la prova di come il quintetto magiaro sia in grado di offrire melodie taglienti, passaggi orchestrali, creando un contrasto perfetto tra caos e armonia, epicità e melodia che troverà modo di esplicarsi anche attraverso altri splendidi brani, tra cui la più mite e onirica title-track e la cosmico-sperimental-elettronica "The Winding Path", un pezzo di notevole spessore che racchiude l'essenza di questo sorprendente 'Heavenly Down'. (Francesco Scarci)

(Hammerheart Productions - 2024)
Voto: 80

https://searblisshhr.bandcamp.com/album/heavenly-down

martedì 4 febbraio 2025

Rheinkaos - All my Being is a Dark Verse

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Ci sono voluti ben 16 anni per risentir parlare dei Rheinkaos, band greca che era uscita nel 2008 con un demo - che il sottoscritto aveva recensito - e poi il nulla. Un silenzio assordante. Si era parlato di un primo full length nel 2010, ma questo rimase strozzato in una carenza di budget che mi fece pensare alla prematura capitolazione dell'act ellenico, cosa che effettivamente accadde nel 2015. Eppure, la creatura di Dimitrios B. aveva lasciato un segno, per quel sound industrial-avanguardistico che scomodava mostri sacri come Dødheimsgard e Ulver. Poi con mia grande sorpresa, lo scorso anno ho letto che la band si era riformata, e addirittura aveva deciso di completare le due tracce lasciate abbandonate una decina d'anni fa. Il trio ha quindi rilasciato questo EP di due pezzi, intitolato 'All my Being is a Dark Verse', che include "Beta Religion" e "The Commencement Fear". Devo dire che i pezzi riflettono assolutamente quanto avevamo già apprezzato su quel 'Demo 2008', ossia una base avantgarde su cui imbastire una ritmica black coadiuvata da elementi sperimentali, che portano i nostri a sbandare in derive di "ulveriana" memoria, complice peraltro un uso possente dei synth, ed evocando, in altri momenti, le cose più progressive degli ultimi Enslaved, con la band greca che arriva a citare addirittura i Fates Warning, tra le proprie influenze. La proposta del trio è davvero molto interessante, con pulsioni cosmiche che divampano dalle linee di basso, chitarra e componenti elettroniche varie, al pari delle esplosioni vulcaniche sulla luna di Giove, Io, mentre la voce del frontman si alterna tra parti pulite e harsh vocals. L'inizio della seconda traccia è ancor più affascinante, e qui si sentono probabilmente quelle influenze che conducono al prog dei Fates Warning, ovviamente in una veste più pesante viste le grim vocals che duettano con altre più cibernetiche e insieme si affacciano comunque su una matrice musicale davvero da brividi. Uno strabiliante break atmosferico centrale miscela hammond e chitarre, mentre oniriche visioni psichedeliche, coadiuvate da giri di chitarra acustica, fughe post rock, un sax delirante e orchestrazioni da applausi, completano un brano esagerato, lasciando trasparire le enormi potenzialità di una band che potrebbe realmente configurarsi come la maggior sorpresa di questo 2025. Per ora mi tengo basso con il voto (e sarà un 75!), solo perchè il qui presente dischetto è stato partorito oltre 10 anni fa e include due sole song, ma la curiosità di conoscere lo stato di forma dei Rheinkaos oggi, vi garantisco che è enorme. (Francesco Scarci)

domenica 2 febbraio 2025

Hail Spirit Noir - Fossil Gardens

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Con 'Fossil Gardens' i greci Hail Spirit Noir segnano un nuovo capitolo nella loro percorso musicale, tornando a esplorare con maggiore enfasi le loro radici black metal, senza però rinunciare alla sperimentazione che li ha sempre contraddistinti. Questo sesto album, pubblicato nell'estate dello scorso anno, è un viaggio sonoro ambizioso che mescola elementi di metal progressivo, psichedelia e rock gotico, creando un'opera complessa e affascinante. L'album si apre con "Starfront Promenade", un brano che cattura subito l'attenzione grazie a riff di chitarra potenti e blast beat tipici del (post) black metal atmosferico, con un connubio di voci, growl e pulite. È evidente un cambio di direzione rispetto al precedente e controverso 'Mannequins', che si muoveva in territori più vicini al synthwave. In 'Fossil Gardens', il sestetto di Salonicco recupera invece la ferocia del metal estremo, ma la fonde con la loro inconfondibile vena sperimentale. La produzione è impeccabile: calda e potente, in grado di valorizzare sia i momenti più aggressivi che quelli più delicati. Gli arrangiamenti sono stratificati e complessi, con synth cosmici e chitarre che si intrecciano in modo fluido ("The Blue Dot"). Ma anche altri, brani come la lunga "The Road to Awe", incarnano perfettamente questa fusione, alternando sezioni vocali che spaziano dai growl feroci a melodie pulite e ipnotiche. E ancora sottolineerei, l'avanguardismo di "The Temple of Curved Space", il post black della title track che guarda ad atmosfere cinematiche e blackgaze, senza dimenticare nemmeno la stravaganza ambient-strumentale di "Ludwig in Orbit". Dal punto di vista lirico, questo nuovo lavoro affronta temi cosmici ed esistenziali, portando l'ascoltatore in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, attraverso testi enigmatici e profondi che aggiungono un ulteriore livello di coinvolgimento emotivo e intellettuale all'album. In definitiva, 'Fossil Gardens' è una prova convincente della maturità artistica degli Hail Spirit Noir, con i nostri che riescono a combinare il peso del metal estremo con elementi progressivi e atmosfere psichedeliche, offrendo un'esperienza sonora davvero entusiasmante che farà la gioia di chi ama il metal d'avanguardia e cerca qualcosa di stimolante ma un po' più accessibile, per un viaggio affascinante da intraprendere senza alcuna esitazione. (Francesco Scarci)

domenica 26 gennaio 2025

Thy Catafalque - XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek

#PER CHI AMA: Avantgarde/Black/Folk
Il nuovo album 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' dei Thy Catafalque rappresenta un ulteriore capitolo complesso e affascinante nella carriera di Tamás Kátai, la geniale mente dietro il progetto, consolidandone la reputazione nell’universo dellavantgarde black metal. Questo dodicesimo lavoro si distingue per una sorprendente fusione di stili, che si muovono dall’estremo al melodico, con un forte legame alla storia e alla cultura ungherese. La complessità musicale, una firma distintiva dell’artista magiaro, permea l’album attraverso elementi folk, prog, elettronica e avantgarde, oltre a intensi momenti di metal estremo. Per la prima volta, Kátai ha collaborato con il produttore Gábor Vári, ottenendo una produzione più raffinata rispetto ai lavori precedenti. Tra i dieci brani che compongono il disco, identificherei come di maggiore spicco "Mindenevő", un’intensa combinazione di growl e melodie accattivanti che richiamano vagamente gli Amorphis nelle note iniziali, a cui fa seguito una cavalcata black/death a guidarne il refrain. "Ködkirály" sembra articolarsi in due atti: una prima parte malinconica, impreziosita dalla voce femminile di Ivett Dudás (dei Tales of Evening) e una seconda, che si evolve in unesperienza sonora drammatica e potente, sospesa tra sonorità black e atmosfere imponenti dal sapore doom. "Lydiához" è una reinterpretazione malinconica e folkloristica di un brano dell’artista ungherese Sebő Ferenc, cantata con grazia, da Martina Veronika Horváth (The Answer Lies in the Black Void) e Gábor Dudás. I due artisti vanno a unirsi allo stuolo di collaborazioni (oltre 20 musicisti coinvolti) che hanno contribuito a rendere ogni traccia unica, arricchendo il tessuto sonoro dei Thy Catafalque, e donando sfaccettature sempre nuove ai pezzi. Nel frattempo si arriva a "Vakond", un vivace brano strumentale che intreccia stili e strumenti diversi, dal fischio al bouzouki, creando un’atmosfera festosa ma carica di nostalgia. La title track chiude il disco con melodie leggere e un ritornello coinvolgente, mettendo nuovamente in mostra la straordinaria versatilità della band. In definitiva, 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' riflette l’evoluzione continua e coraggiosa dei Thy Catafalque. Sebbene non raggiunga le vette dei precedenti 'Vadak' o 'Sgùrr' (che rimane il mio preferito), questo nuovo capitolo offre una ricchezza di suoni e ispirazioni che non mancherà di stupire anche lascoltatore più ignaro, regalandoci nuove prospettive ed esperienze sonore. (Francesco Scarci)

(Season of Mist - 2024)
Voto: 78

giovedì 23 gennaio 2025

Doedsmaghird - Omniverse Consciousness

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Pubblicato lo scorso ottobre, 'Omniverse Consciousness' dei norvegesi Doedsmaghird, si distingue come un’evoluzione artistica significativa dei membri Ms. Longue Vie Imminent Doom e Mr. Vicxit Baba Maharaja, ben noti per il loro lavoro con i Dødheimsgard (peraltro l'anagramma del moniker della band di quest'oggi). Questo side-project è interessante per la fusione di elementi elettronici con il nero verbo metallico. Fin dall’inizio infatti, c’è una forte sensazione di spontaneità e libertà creativa che differisce da alcune delle più recenti uscite dei Dødheimsgard. L’album ritrae la musica dei nostri come un'estensione naturale del suono distintivo della band madre, ma qui con un'inflessione più irriverente e sperimentale, dimostrata attraverso l'arricchimento del sound con una varietà di elementi sonori, tra cui "blips", "whooshes" e "chimes", che accompagnano chitarre e batteria, creando un'atmosfera quasi psichedelica. A ogni modo, basta ascoltare la prima traccia, "Heart of Hell", per intraprendere un viaggio sonoro che può sembrare confuso, ma che in realtà riesce a rivelare armonie e transizioni logiche all'interno di essa, mescolando darkwave con atmosfere contemplative. Altri brani degni di nota includono la super stralunata "Sparker Inn Apne Dorer" e "Then, to Darkness Return", che esplora (e abbina) ritmi tribali a sonorità cupe di valenza black metal. Infine, segnalerei "Adrift Into Collapse" che chiude l'album, prima dell'outro conclusivo, con una transizione verso atmosfere più eteree e poetiche, utilizzando campionamenti di violini in un contesto cyber-noir. In conclusione, 'Omniverse Consciousness' non è solo un debutto promettente per i Doedsmaghird, ma anche un'opera che espande i confini del black metal contemporaneo, invitando gli ascoltatori a immergersi in un universo sonoro complesso e affascinante. (Francesco Scarci)

sabato 11 gennaio 2025

Runopatia - Archaistia

#PER CHI AMA: Black Sperimentale
È stato divertente quando ho inserito il titolo di questa release in Google, e il motore di ricerca mi ha restituito come risultato rinopatia, ma va beh, alla fine ce l'ho fatta a trovare i nostri attraverso il portale Metal Archives. La band è originaria di Rzeszów, a detta dell'enciclopedia metallica, mentre bandcamp riporta Wrocław. Le discrepanze poi non si fermano qui, visto che MA si riferisce ai nostri come quartetto mentre sembrerebbe essere un duo. A parte queste divergenze di informazioni, andiamo ad ascoltare questo 'Archaistia', EP di tre pezzi e quasi venti minuti di musica, che seguono a distanza di sei anni il debut album, 'Kult Przemijania'. Il dischetto si apre con "Świat Przejrzy" e un'andatura che sa quasi di post punk ottantiano. Poi delle chitarre più graffianti prendono il sopravvento e la voce acidula del frontman, completano un quadro musicale più estremo che vede in furiose accelerazioni il più rilevante punto di forza della traccia. La melodia è presente nelle linee di chitarra dei nostri, che tessono comunque ariose ritmiche di influenza melo-black scandinava, mentre le liriche dovrebbero narrare storie di fantasia (ma il fatto che siano in polacco non mi aiuta di certo). Sul finale del brano, ad affiancare la stridula voce del cantante, arrivano anche delle spoken words. "Serce Krwawe" riparte da un black dotato di una vocazione quasi cosmica e non posso che apprezzare questo approccio, cosi mistico e intrigante, pieno di atmosfere suggestive, peccato solo che il brano duri tre miseri minuti, sembrava infatti avesse ottime potenzialità. Ma queste emergono prepotenti in "Za Późno", in cui la band si muove inizialmente in territori black mid-tempo, spruzzati di influenze dark-gothic, che si palesano anche attraverso un uso differenziato delle vocals e di tastiere qui ben più presenti. La band comunque non si snatura e si lascia andare a cavalcate epiche di chitarra, peccato solo manchi quel guizzo che faccia strabuzzare gli occhi o che ci restituisca la voglia di riascoltare il disco. Ma la band ha ancora qualche asso nella manica e nel finale ci offre qualche variazione al tema, un accenno di assolo, delle chitarre che richiamano addirittura i Deafheaven, e una vena più sperimentale che ci fa intuire che i Runopatia in futuro, le proveranno tutte per stupirci. (Francesco Scarci)

lunedì 9 dicembre 2024

Lord Agheros - Anhedonia

#PER CHI AMA: Symph Death/Black
Fermi tutti, prendete il vostro taccuino e segnatevi il 3 gennaio 2025 come data della nuova uscita dei Lord Agheros. Difficilmente faccio proclami di questo tipo, ma ascoltare 'Anhedonia' in anteprima, è stata una delle più belle sorprese di questo fine 2024 e l'album del polistrumentista siciliano Gerassimos Evangelou, si candida già a essere uno dei top del prossimo anno. Quello della one-man-band italica è da sempre un percorso ambizioso, che noi qui nel Pozzo, abbiamo provato ad accompagnare nella sua evoluzione sonora, recensendo alcune delle sue passate release. Ci siamo persi la precedente 'Koinè', ma per 'Anhedonia' volevamo esserci. E allora, pronti a immergervi nelle atmosfere raffinate di questo lavoro, il cui titolo si riferisce all'incapacità di provare appagamento per le comuni attività quali cibo, sesso e relazioni interpersonali? Il disco, che consta di otto pezzi, si apre con i malinconici vocalizzi di "Lament of the Lost", e un'atmosfera cosi cinematica che pare catapultarci in un kolossal come 'Il Gladiatore', e in una delle inquadrature più famose in cui Massimo Decimo Meridio accarezza le spighe di grano. Questa è l'immagine che mi sono configurato mentre ascoltavo le note iniziali del disco, con la magnetica presenza di una voce femminile in un contesto crescente in cui irromperà il growling potente del frontman. Con una proposta che mi ha evocato i Moonspell più ispirati, i Lord Agheros sprigionano qui la loro maestosa forza, tra roboanti ritmiche e break ambientali affidati a delicate vocals femminili e suoni di carillon. "Harmony of Despair" è uno dei due singoli che hanno anticipato l'uscita del disco e si apre con delicati tocchi di pianoforte e un angelico coro che mette i brividi. A sconquassare l'eterea atmosfera ci pensano le vocals del mastermind, in un'atmosfera che comunque mantiene una forte componente orchestrale, cosa che contraddistinguerà l'intera release. La componente cinematica torna nelle note iniziali di "Eclipse of Hope", che affida all'essenzialità di chitarra e tastiere, il traino di un altro brano da applausi, struggente nella sua vena crepuscolare almeno fino al minuto 2.30 quando deflagrerà la componente vocale a rompere quella delicatezza iniziale che si era instaurata. Da li sembra di sprofondare in un incubo a occhi aperti con una ritmica deragliante che conserva comunque la sua parte sinfonica. "Lost Dreams Ritual" con i suoi cori salmodianti, ha le sembianze di un rituale esoterico, complice anche l'utilizzo di strumenti alternativi, in un incedere tribale che potrebbe evocare un cerimoniale attorno al fuoco, tutte immagini che si parano davanti ai miei occhi durante l'ascolto, un viaggio mistico che trova la sua strada "metallica" solo verso il finale che ci prepara a "Sorrow's Shroud" (il secondo singolo) e a una song decisamente più classica, affidata a un black atmosferico mid-tempo. Niente di trascendentale almeno fino al secondo giro d'orologip quando subentra un break cinematico-avanguardistica, con melodie dal sapore orientale e il brano a instradarsi verso un death dalle forti tinte sinfoniche (chi ha detto Therion?). Il disco si conferma una bomba nella sua alternanza tra parti dal sapore folklorico che si intersecano con altre orchestrali quasi operistiche ("Soul's Descent into the Void") e ancora con il death sinfonico o il black atmosferico norvegese, in un viaggio musicale che ci consente di vedere il mondo in luoghi e periodi storici differenti. A chiudere il disco altri due pezzi: il delicato savoir-faire di "Tears in the Silence", interamente affidata a delle vocals femminili e la conclusiva "Ancient Echoes", un ultimo omaggio alla mediterraneità racchiusa in questo disco, espressa in chiave dark/ambient, a sigillare un piccolo grande gioiello pronto ad aprire in modo entusiastico il 2025. (Francesco Scarci)

mercoledì 11 settembre 2024

Vaina – Unio Mystica

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Nell'ultima uscita dei Finlandesi Vaina, esiste una componente così magica, che difficilmente passerà inosservata agli ascoltatori, fin dal primo ascolto. Una magia oscura o forse meglio, come rimarcato dal significativo titolo, 'Unio Mystica', una magia misterica, criptica e intrigante. Quel tipo di legame misterioso, che nella teologia cristiana, lega l'uomo alla figura di Cristo e lo fa vivere in riflesso della sua essenza, nel bene e nel male. Un disco che affascina per suoni e varietà compositiva, per le sue atmosfere in chiaroscuro, che nasconde tra le righe dei testi, cantati in lingua madre e inglese, quel concetto che nella filosofia di Kirkegaard, rappresenta il binomio disperazione dell'uomo/ricerca religiosa, in pratica un lungo viaggio sonoro vissuto come una fuga mistica a perseguire la verità. Musicalmente, 'Unio Mystica', si presenta come un caleidoscopio di rimandi sonori, che spaziano tra diversi emisferi del metal estremo e non solo. Al suo interno troveremo spazio per l'avanguardia e l'esoteric metal, e strutturalmente potremmo ricollegarlo anche alle geometrie barocche di 'Gothic Kabbalah' dei Therion, ovviamente rivisto sotto la luce buia e sotterranea di una sperduta cattedrale gotica dispersa nella foresta. Il sentore oppressivo del capolavoro classico, i 'Carmina Burana', è sempre presente, con le sue atmosfere ampie e corali all'ombra delle candele, lo spettro de 'La Masquerade Infernale' degli Arcturus, è fonte d'ispirazione, con una teatralità viva ma meno plateale, più underground. Riecheggiano anche i Manes, quelli di 'Vilosophe', con in più schiaccianti aperture verso l'avantgarde black metal, ferreo e glaciale di stampo Angst Skvadron, e insieme, compiono il resto del richiesto miracolo. Certo i Vaina non sono una band sprovveduta e con l'avanguardia ci hanno sempre giocato. Tuttavia, stavolta ci hanno regalato il loro lavoro migliore, un gioiello sonoro tutto da gustare, dove trovare echi di doom jazz, con una tromba devastante, presente nell'articolata "Inverted", che sembra uscita da qualche cassetto dimenticato dei Mercury Rev che suonano un brano della Kilimanjaro Darkjazz Ensemble. Per luminosità e melodia, mostrano un lato progressivo eccelso, di una band in grado di fondere magistralmente correnti diverse in una traccia di poco meno sei minuti, senza perdere oscurità, profondità e amalgama nelle sue composizioni. "Incinerate" è un'icona toccante che spolvera vecchie teorie da classic metal, con un cantato esaltante in puro e astratto stile, ancora di scuola Manes/Arcturus, che ci accompagna verso un'altra chicca, stavolta nel verbo del folk rock progressivo, "Moribundus Sum", fiabesca e sognante nell'introduzione, come la calma prima della tempesta nel suo legarsi alla successiva "Golgatan Tähti". Questa è violenta e funambolica, dal piglio progressive folk metal, epico e dai mille colori, che va a sfociare in una composizione che rimanda ad alcune arie di 'Blossom of Mourning' dei Dark Reality, con quel suo gusto progressivo dai tratti classicheggianti ma tenebrosamente e totalmente metal. L'atmosfera globale ricorda l'austero, immaginario mondo monastico, visto da vie traverse e dal suo lato più introspettivo e oscuro. Infatti, sparse un po' ovunque, si presentano luci rubate alle scene di un film come 'Il Nome della Rosa', dotato comunque di una vena molto sinistra. Un rarefatto black metal avvolge molti momenti di questo disco, a renderlo oggetto di ascolto da approfondire a più riprese, per capirne la vera essenza. Una creatura artistica che vive di luce propria, difficile per questo racchiuderla in preconcetti musicali standardizzati. Alla fine possiamo dedurre però che, per quanto ostica possa sembrarci la sua struttura, dopo svariati ascolti, sarà impossibile non percepire l'attitudine originale di questo disco e di tutte le sorprese inaspettate nascoste al suo interno. Un album eclettico come poteva esserlo a suo tempo, il manifesto sonoro dei Solefald di 'In Harmonia Universal', suonato in chiave sotterranea, scarno e cupo. Un album che non vuole confini, che pone il suo aut-aut senza paura. Un ascolto che merita attenzione e che non vi lascerà l'amaro in bocca. (Bob Stoner)

(Aesthetic Death - 2024)
Voto: 80

https://vaina.bandcamp.com/album/unio-mystica-2

lunedì 2 settembre 2024

Mekigah - To Hold Onto A Heartless Heart

#PER CHI AMA: Drone/Ambient/Experimental
Ho recensito tutti gli album degli australiani Mekigah, seguendo da vicino l'evoluzione sonora di Vis Ortis, partendo dagli esordi dark gothic di 'The Serpent's Kiss', attraversando la fase death doom, fino ad arrivare alle ultime derive dronico-avanguardistiche dell'ultimo uscito 'Autexousious'. Un percorso assai complesso quello del mastermind di Melbourne, che con questo 'To Hold Onto a Heartless Heart', taglia il traguardo del quinto album. Una miscela sonora quella contenuta nelle sei tracce di questa release, come sempre parecchio ostica da digerire, che si dipana dalle atmosfere sinistre della lunghissima song posta in apertura. "Collapsing Under" dura infatti oltre 14 minuti, costituiti da suoni complessi, infausti e disomogenei, che spaziano con una certa disinvoltura dal drone all'ambient, passando per suoni tribali, noise, funeral e quant'altro di sperimentale possiate immaginare, il tutto accompagnato da un cantato in screaming in sottofondo, che evoca riti sciamanici o litaniche possessioni. Come immaginavo, nulla di quanto ascolterete qui è di facile ascolto, nemmeno la seconda "Broken Rhythm Pressure", che sembra debuttare più teneramente rispetto all'opener, ma presto si immerge in sonorità orrorifiche, affidandosi a suoni stralunati, vocals ingarbugliate, atmosfere tra il rarefatto e il rumoristico, e consegnandoci di fatto, un altro brano assai malato e angosciante, che richiede una grande fermezza d'animo per essere affrontato e non rischiare la pazzia. Se poi siete degli audaci, beh, allora potrete continuare a vivere il delirio musicale servito dal factotum australiano, passando attraverso la sghemba e alienante "Away Drifting From", più easy-listening delle precedenti, ma non per questo, di meno complicato ascolto. Le atmosfere continuano a mantenere contorni agghiaccianti, complice lo stridolio vocale del frontman e un incedere apocalittico che permea il disco nella sua interezza. Un cantico sirenesco sembrerà ammaliarvi nella più breve "An Infinitesimal Difference", ma fate attenzione a lasciarvi sedurre da quei suoi quasi gentili suoni, che lasceranno ben presto il posto alla marziale glacialità della sua coda noisy che sfocerà nelle derive infernali di "It Hisses So", un brano che potrebbe mischiare l'approccio danzereccio degli Hocico con la depravazione sonora degli Aevangelist, ma rallentato e amplificato rispetto alla violenta furia della band finlandese. Chi avrà la forza di arrivare sino in fondo, troverà "Eyes Glazed Over", l'ultima strenua prova di sopravvivenza offerta da quest'album; già vi avverto che non sarà affatto semplice, data la natura ipnotica, stridente e dissonante del brano che potrebbe condurre definitivamente alla follia. Pensavo che l'effetto sorpresa si fosse esaurito, ma mi sbagliavo, il buon Vis Ortis ha ancora molto da offrire. (Francesco Scarci)

venerdì 26 luglio 2024

Venomous Echoes - Split Formations and Infinite Mania

#PER CHI AMA: Black/Death Sperimentale
Ascoltando quest'album, posso dire con certezza assoluta che le strade del metal estremo sono infinite e assai variegate. Ho scoperto di recente questa creatura estrema, e fin dal primo approccio, ne sono rimasto affascinato. La one-man-band del polistrumentista americano, Ben Vanweelden, torna in pista dopo l'ottimo debutto 'Writhing Tomb Amongst the Stars', con un nuovo album, uscito per I, Voidhanger Records, che continua sulle orme del suo predecessore e ne consolida la prolifica vena compositiva. Diciamo subito una cosa, 'Split Formations and Infinite Mania' non è per niente un album metal convenzionale. Al suo interno ci troviamo influenze di varia natura, dal black al suicide metal, dal death al metal d'avanguardia, e il noise, che è una componente molto importante per definire il concetto contorto, rumoroso e inquieto, di questa proposta musicale. Il disco nasconde sicuramente una forte vena oscura di avantgarde black metal ma l'interpretazione vocale e i testi rivolti alla dismorfia corporale e alle sue implicazioni psicologiche, virate tra il cosmico e all'horror, donano un landscape concettuale completamente diverso dalle classiche atmosfere maligne tipiche del black e death metal e, seppur usufruendo dei vari stilemi e crismi artistici, Venomous Echoes, crea un universo personale parallelo, dove certi canoni del genere vengono in parte sovvertiti. Di fronte a un impatto sonoro vicino alla devastazione propinata dai Portal, dove vi si può assaporare anche la vecchia scuola dei Morbid Angel, l'uso esagerato della voce in mille sfumature diverse, con conseguente utilizzo della migliore effettistica di scuola grindcore, fanno la differenza qualitativa di questo album. Penso anche che la quantità enorme di cantato, sempre con connotati drammatico / teatrali esasperati, che occupano un buon 70% delle composizioni, lasci nell'ascoltatore qualcosa di appetibile e facile da apprezzare, un contraltare che sopprime almeno in parte, alla poca presenza di veri e propri assoli di chitarra in stile classico, e alla natura del disco stesso propenso al rumore, cosi come inteso dall'artista americano, come mezzo d'espressione musicale, che qui, trova la sua massima espressione nel devastante brano "Abhoth Multiplied to Thy Millennium". Troviamo anche sparse qua e là, chitarre malate, malatissime, ed è il caso del pezzo che chiude il disco e che gli dona il titolo, "Split Formations and Infinite Mania", una vera e propria (s)tortura sonora con aspetti melodici multipli, degni di un vero film horror. Non mancano poi momenti oscuri e molto dark-oriented, come in "Miscreated Pustules", dove dopo appena un minuto circa di infuocato death/black, ci si imbatte in un jingle psicologicamente pericoloso, guidato da un basso spettrale, per poi tornare sulla via maestra. "For Thy Avant-void ha una cadenza rarefatta e i suoi suoni futuristi, stravolgono e spiazzano l'ascoltatore, trasportandolo nel finale verso le desolate terre del doom più decadente. Il metal estremo visto con gli occhi di un visionario cosmico, con una propensione all'horror psicologico, che non lascia nulla per scontato, dalla tipologia dei suoni usati, alla cura maniacale della voce, una splendida voce distorta. Un disco di sostanza che non punta mai sulla tecnica fine a se stessa, ma semmai gioca sulle atmosfere e sul piacere che porta una buona composizione nel suo insieme. La ricerca dell'impatto emotivo come fondamenta sonoro su cui orchestrare il resto, scalza il concetto del solo impatto ritmico/sonoro tipico del metal. Come se parlassimo di un'opera teatrale o cinematografica con effetti paralizzanti, focalizzati ad ammaliare la persona con una vena psicotica e oscura. Un disco che prosegue il cammino di un artista-sperimentatore, un disco che lo evolve ulteriormente, senza mai cadere nel calderone della banalità. Un album insano, terribilmente bello, straripante nella sua capacità espressiva. (Bob Stoner)