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martedì 28 gennaio 2025

The Pit Tips - Best 2024

Francesco Scarci
 
Iotunn - Kinship
Akhlys - House of the Black Geminus
Voraath - Vol 1: The Hymn of the Hunters
Evoking Winds - Your Rivers
Hail Spirit Noir - Fossil Gardens
 
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Alain González Artola
 
Isenordal - Requiem for Eirênê
Dwarrowdelf - The Fallen Leaves
Seth - La France des Maudits
Hrad - Leaving the Ancient Times Behind
Ardente - La Nuit Éternelle

Dark Tranquillity - Endtime Signals

#PER CHI AMA: Swedish Death
'Endtime Signals' dei Dark Tranquillity, si erge come un autentico monumento alla malinconia e all'introspezione, un viaggio musicale che esplora i meandri più profondi dell’anima. Questo nuovo album rappresenta una fase evolutiva per la storica band svedese, intrecciando un mix di pessimismo e riflessione che permea ogni traccia. Il viaggio si apre con "Shivers and Voids", un brano che fonde un’introduzione malinconica affidata alle tastiere a chitarre distorte, creando un’atmosfera avvolgente e accattivante. Riff affilati e percussioni martellanti dialogano con passaggi più atmosferici, mantenendo l’ascoltatore costantemente in tensione. Tra le tracce più impattanti troviamo "Unforgivable", un pezzo dirompente e diretto, dove i blast beat scuotono le fondamenta e i riff sembrano divorare lo spazio circostante. Nonostante l’intensità travolgente, la ricerca melodica rimane centrale: gli assoli di chitarra, impeccabili dal punto di vista tecnico, offrono istanti di pura estasi sonora. "Neuronal Fire" impressiona con un’introduzione atmosferica che culmina in momenti di aggressività magistrale. Il brano si distingue per il suo assolo di chitarra particolarmente ispirato e per le dinamiche avvincenti che catturano sin dal primo ascolto. "Not Nothing" si apre lentamente, avvolgendoci in una malinconia quasi ingannevole, per poi trasformarsi in una potente traccia di metal estremo. Le melodie accattivanti e un finale che richiama l’incipit, conferiscono al pezzo una struttura circolare perfetta. Ogni brano dell'album diventa una finestra su paesaggi interiori complessi, dove luce e tenebra danzano in un duello eterno. La rabbia manifestata in alcuni episodi (penso a "Enforced Perspective", il brano meno convincente del lotto) si alterna a momenti di intensa riflessione. Un esempio toccante è "One of Us Is Gone", un tributo emozionante all'ex chitarrista Fredrik Johansson, spentosi nel 2022 per un tumore. Qui la band si allontana temporaneamente dall’aggressività del metal per immergersi in una dolcezza malinconica, accompagnata da violini che si intrecciano magistralmente con le melodie vocali di Mikael Stanne. Il risultato è una sinfonia ricca di emozioni, capace di colpire nel profondo. Allo stesso modo, "False Reflection" si presenta come una ballad atmosferica che si trasforma gradualmente in un finale epico. Il connubio tra tastiere e chitarre pulite aggiunge delicate sfumature a un album pervaso da forza e determinazione. In definitiva, 'Endtime Signals' non è solo un album: è un’esperienza immersiva di quasi sessanta minuti (nella versione con due bonus track), un’opera che invita a riflettere sulla condizione umana. I Dark Tranquillity riescono a mantenere viva l’essenza del loro sound distintivo, pur esplorando nuove frontiere artistiche. Con una produzione attenta e una scrittura profondamente ispirata, questo lavoro risulta uno dei più affascinanti della loro recente discografia. Preparati a lasciarti trasportare da questa sinfonia cupa e stratificata, un album da ascoltare ripetutamente per coglierne ogni dettaglio e le mille emozioni racchiuse tra le sue note. (Francesco Scarci)
 
(Century Media - 2024)
Voto: 78
 

domenica 26 gennaio 2025

Thy Catafalque - XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek

#PER CHI AMA: Avantgarde/Black/Folk
Il nuovo album 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' dei Thy Catafalque rappresenta un ulteriore capitolo complesso e affascinante nella carriera di Tamás Kátai, la geniale mente dietro il progetto, consolidandone la reputazione nell’universo dellavantgarde black metal. Questo dodicesimo lavoro si distingue per una sorprendente fusione di stili, che si muovono dall’estremo al melodico, con un forte legame alla storia e alla cultura ungherese. La complessità musicale, una firma distintiva dell’artista magiaro, permea l’album attraverso elementi folk, prog, elettronica e avantgarde, oltre a intensi momenti di metal estremo. Per la prima volta, Kátai ha collaborato con il produttore Gábor Vári, ottenendo una produzione più raffinata rispetto ai lavori precedenti. Tra i dieci brani che compongono il disco, identificherei come di maggiore spicco "Mindenevő", un’intensa combinazione di growl e melodie accattivanti che richiamano vagamente gli Amorphis nelle note iniziali, a cui fa seguito una cavalcata black/death a guidarne il refrain. "Ködkirály" sembra articolarsi in due atti: una prima parte malinconica, impreziosita dalla voce femminile di Ivett Dudás (dei Tales of Evening) e una seconda, che si evolve in unesperienza sonora drammatica e potente, sospesa tra sonorità black e atmosfere imponenti dal sapore doom. "Lydiához" è una reinterpretazione malinconica e folkloristica di un brano dell’artista ungherese Sebő Ferenc, cantata con grazia, da Martina Veronika Horváth (The Answer Lies in the Black Void) e Gábor Dudás. I due artisti vanno a unirsi allo stuolo di collaborazioni (oltre 20 musicisti coinvolti) che hanno contribuito a rendere ogni traccia unica, arricchendo il tessuto sonoro dei Thy Catafalque, e donando sfaccettature sempre nuove ai pezzi. Nel frattempo si arriva a "Vakond", un vivace brano strumentale che intreccia stili e strumenti diversi, dal fischio al bouzouki, creando un’atmosfera festosa ma carica di nostalgia. La title track chiude il disco con melodie leggere e un ritornello coinvolgente, mettendo nuovamente in mostra la straordinaria versatilità della band. In definitiva, 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' riflette l’evoluzione continua e coraggiosa dei Thy Catafalque. Sebbene non raggiunga le vette dei precedenti 'Vadak' o 'Sgùrr' (che rimane il mio preferito), questo nuovo capitolo offre una ricchezza di suoni e ispirazioni che non mancherà di stupire anche lascoltatore più ignaro, regalandoci nuove prospettive ed esperienze sonore. (Francesco Scarci)

(Season of Mist - 2024)
Voto: 78

sabato 25 gennaio 2025

Anomalie - Riverchild

#PER CHI AMA: Post Rock/Atmospheric Black
Il nuovo 'Riverchild' degli austriaci Anomalie, segna un'importante evoluzione all'interno del panorama post-black metal. Con una durata complessiva di 54 minuti, questo quinto capitolo della band austriaca, targato AOP Records, esplora un'ampia gamma di influenze sonore, fondendo post-rock, black atmosferico e dark metal, per creare un'esperienza musicale ricca e stratificata. In questo modo, 'Riverchild' si distingue per la sua capacità di trasmettere emozioni in modo profondo attraverso composizioni articolate e dinamiche, sin dall'opener "Mother of Stars" con ogni brano poi, che scorre con inusuale naturalezza, invitando l'ascoltatore a immergersi in suggestioni emotive intense. Il sound dell'album si caratterizza per texture avvolgenti, melodie accattivanti e riff intrecciati con grande maestria, senza scordarsi poi della componente vocale, eccelsa nel muoversi tra vocals che sembrano derivare dal dark e un buon growl. La varietà stilistica presente nelle tracce, garantisce un'esperienza d'ascolto coinvolgente e sempre stimolante dall'inizio alla conclusiva "Thoughts" (una ballad in stile Moonspell), tra l'altro senza strafare, ma garantendo una certa fluidità melodica, dimostrata attraverso le ottime "Perpetual Night" (feroce a livello ritmico quanto ammiccante, a livello vocale), la malinconica title track o la più oscura "A Cosmic Truth". In definitiva, questo nuovo capitolo degli Anomalie conferma un talento che io ebbi modo di apprezzare su queste pagine, proprio dal primissimo lavoro 'Between the Light', talento che è stato poi in grado di evolvere nel tempo, mantenendo sempre alta la qualità che era già stata raggiunta nel precedente 'Tranceformation'. Questo nuovo lavoro sarà capace di catturare sia i fan di vecchia data, sia chi si avvicina per la prima volta al mondo del polistrumentista Marrok che guida la band di Leobendorf. (Francesco Scarci)

giovedì 23 gennaio 2025

Swallow the Sun - Shining

#PER CHI AMA: Doom/Depressive
‘Shining’, il nono album in studio dei finlandesi Swallow the Sun, rappresenta un punto di svolta significativo nella loro discografia. La nuova uscita del quintetto di Jyväskylä propone un suono che, pur non rinunciando del tutto alla componente death-doom più pesante del passato, si orienta verso una dimensione più melodica e accessibile. Questa evoluzione si traduce in composizioni maggiormente dirette e orecchiabili, come si può notare in brani come “Innocence Was Long Forgotten” e “MelancHoly”, esempi perfetti del cambio di rotta intrapreso dalla band. Tuttavia, questo nuovo lavoro non abbandona l’oscurità che da sempre ha contraddistinto gli Swallow the Sun. Al contrario, l’album è pervaso da un’atmosfera avvolgente e da melodie che evocano profondità insondabili, dove la luce appare solo come un lontano ricordo. Questa sensazione emerge anche nelle liriche, che esplorano temi come la perdita, l’isolamento e la vulnerabilità. E la musica diventa così un mezzo catartico, un riflesso sonoro delle fasi del lutto e un’espressione poetica che risuona nel cuore dell’ascoltatore (ascoltare la title track per comprendere al meglio). L’esperienza complessiva dell’album risulta, però, contrastante: i brani alternano momenti malinconici ma carichi di groove, come accade in “Under the Moon & Sun”, a tracce che sembrano rievocare i fasti e le atmosfere plumbee delle origini della band, come in “Charcoal Sky”. Sebbene questa eterogeneità possa sembrare un punto debole per chi cerca maggiore coesione musicale, in realtà essa rivela un viaggio interiore tormentato e irrisolto. È un invito ad affrontare i propri demoni, sintonizzandosi con il profondo senso di inquietudine che permea l’album. Ciò che rimane indiscutibile è la capacità degli Swallow the Sun di non essere mai prevedibili. Pur richiedendo un ascolto attento e una buona dose di pazienza per assimilare appieno i brani, ‘Shining’ si conferma come un’opera di grande qualità e profondità emotiva. (Francesco Scarci)

Doedsmaghird - Omniverse Consciousness

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Pubblicato lo scorso ottobre, 'Omniverse Consciousness' dei norvegesi Doedsmaghird, si distingue come un’evoluzione artistica significativa dei membri Ms. Longue Vie Imminent Doom e Mr. Vicxit Baba Maharaja, ben noti per il loro lavoro con i Dødheimsgard (peraltro l'anagramma del moniker della band di quest'oggi). Questo side-project è interessante per la fusione di elementi elettronici con il nero verbo metallico. Fin dall’inizio infatti, c’è una forte sensazione di spontaneità e libertà creativa che differisce da alcune delle più recenti uscite dei Dødheimsgard. L’album ritrae la musica dei nostri come un'estensione naturale del suono distintivo della band madre, ma qui con un'inflessione più irriverente e sperimentale, dimostrata attraverso l'arricchimento del sound con una varietà di elementi sonori, tra cui "blips", "whooshes" e "chimes", che accompagnano chitarre e batteria, creando un'atmosfera quasi psichedelica. A ogni modo, basta ascoltare la prima traccia, "Heart of Hell", per intraprendere un viaggio sonoro che può sembrare confuso, ma che in realtà riesce a rivelare armonie e transizioni logiche all'interno di essa, mescolando darkwave con atmosfere contemplative. Altri brani degni di nota includono la super stralunata "Sparker Inn Apne Dorer" e "Then, to Darkness Return", che esplora (e abbina) ritmi tribali a sonorità cupe di valenza black metal. Infine, segnalerei "Adrift Into Collapse" che chiude l'album, prima dell'outro conclusivo, con una transizione verso atmosfere più eteree e poetiche, utilizzando campionamenti di violini in un contesto cyber-noir. In conclusione, 'Omniverse Consciousness' non è solo un debutto promettente per i Doedsmaghird, ma anche un'opera che espande i confini del black metal contemporaneo, invitando gli ascoltatori a immergersi in un universo sonoro complesso e affascinante. (Francesco Scarci)

mercoledì 22 gennaio 2025

Grava - The Great White Nothing

#PER CHI AMA: Sludge/Post Hardcore
Li avevamo lasciati nel 2022, quando esordirono per l'Aesthetic Death con 'Weight of a God'; sono ritornati nel 2024 con questa nuova release, 'The Great White Nothing', sempre sotto l'egida dell'etichetta britannica. Loro sono i danesi Grava, portatori di uno sludge/post hardcore che vede in Neurosis (e primi Amenra) le principali fonti di ispirazione. Tuttavia, l'apertura affidata alla breve "Erebus", vede anche sperimentazioni di "ufomammuttiana" memoria diluirsi nelle note del terzetto di Copenaghen, che si affida questa volta, a nove nuove tracce per dimostrare la propria personale progressione musicale. Questa si traduce però in non troppe variazioni al tema, rispetto all'album precedente: i brani si confermano infatti su durate medio brevi (attorno ai tre minuti, fatto salvo per le outlayer "The Fall", "Mangled" e "Hinterlands"), con ritmiche mid-tempo dilatate, angoscianti e ipnotiche quanto basta ("Decimate"), addirittura anche dotate di un certo piglio marziale (come accade nell'oscura "Breaker", che alla fine risulterà essere anche il mio pezzo preferito e nella più ossessiva e un filo più noiosa, "Mangled"). Le vocals di Atli Brix Kamban si confermano catramose (anche se del death doom di "Hinterlands", il cantato tende ben più al growl), cosi come non si rinuncia ai momenti più meditabondi, come "The Fall" potrà piacevolmente dimostrarvi con le sue più ariose e malinconiche melodie. "Bayonet" non mi smuove nulla, troppo scolastica, sebbene il tentativo nella seconda parte, di scombinare le carte in tavola. Molto meglio la suadente e strumentale "Ceasefire", anche se a causa di una durata inferiore ai tre minuti, rischia di lasciarci con la fame addosso. Alla fine, 'The Great White Nothing' è un album intrigante ma che a mio avviso, necessita ancora di uno step addizionale per scrollarsi di dosso tutte le similitudini ad altre band, di cui l'ensemble ancora soffre. (Francesco Scarci)

Dammercide - Link

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Techno/Prog Death
Già dal demo, affiorava la perizia tecnica e nello stesso tempo, anche la naturalezza con cui i Dammercide riuscivano, e forse riescono tutt’ora, a tessere trame intriganti e complesse, pur mancando un po' d’incisività nelle chitarre. Ritornando a parlare nello specifico del debut album, ormai datato 2000, e intitolato 'Link', vi posso dire che il genere si rifà al death-prog dei primi Opeth, quindi con cambi di atmosfere repentine e con un sound che alterna al death melodico, tempi più rilassati e riflessivi. Lo stesso dicasi per la voce, che nelle parti pulite non è sempre all’altezza (problema che si protrae ancora oggi), mentre nelle parti growl svolge un buon lavoro e ben si amalgama nel tessuto delle song. Infine, per quanto riguarda la registrazione, si può dire che è ben calibrata perché durante l'ascolto, si riesce a cogliere un quadro completo delle varie sfumature che caratterizzano il suono dei Dammercide. Le canzoni poi, hanno finalmente la giusta dose di potenza nelle chitarre che prima mancava.
 
(Negatron Records - 2000)
Voto: 70
 

lunedì 20 gennaio 2025

Luring - Malevolent Lycanthropic Heresy

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
USA's Luring is a trio whose members are involved in similar and equally interesting projects, particularly Azathoth's Dream, which I strongly recommend if you enjoy old school atmospheric black metal. Since the release of its first album, Luring has released albums each year, improving and refining its sound, which is firmly rooted in the purest essence of the black metal genre. As is common with these underground projects, the change and evolution is not particularly significant as they strive to maintain their core sound unaltered, yet the listener will notice a progression in each album.

'Malevolent Lycanthrophic Heresy' is the name of Luring's newest effort, and from the moment you see the album cover, you can realize that the USA-based project remains loyal to its roots. The black and white tenebrous artwork is a fine portrait of what you will listen to. This new opus sounds as dark as the previous ones, combining the pure aggression of the genre and a murky atmosphere. The production is, as expected, raw and lugubrious, but still enjoyable, not reaching the annoying levels of certain projects that sound like a noise ball. The short and straightforward album opener "Ravaged By the Teeth of a Feral God" is a fine example of it, with its aggressive riffs and raspy vocals. Although, I particularly enjoy songs where the atmosphere is more present, like the longer composition "Born With the Devil's Marking". This song has some nice tempo changes, making the composition quite interesting and enjoyable. The other longer track, entitled "The Odious Gaze of Chronos," is also remarkably inspired, showing that Luring finds the best room to shine in these lengthy songs. In this case, the pace is much slower except for the final section, although the riffs are equally sharp and tasty. The final proper track, entitled "Dying Wolf Beneath the Stars," is another enjoyable piece of atmospheric black metal with a particularly raw atmosphere that Luring masterfully creates. The guitar lines are again the best thing here, as they have the hypnotic essence that is a trademark of the genre. There are no big complaints from my side if we solely focus on the aforementioned songs, but the album lacks something important due to its shorter length. The whole record lasts 36 minutes, which in theory is enough, but half of the compositions are ambient/instrumental tracks. Don’t get me wrong, to a certain degree I enjoy them, but as this is a black metal album, having half of the compositions in this vein is a bit disruptive and leaves you with a feeling of wanting more.

In conclusion, 'Malevolent Lycanthropic Heresy is a quite good album when it focuses on its pure atmospheric black metal side. However, having so many ambient tracks leads you to think that this is more an EP than an actual full-length album. I sincerely think that a couple more tracks would have improved the experience a lot more. (Alain González Artola)


(Iron Bonehead Productions - 2024)
Score: 73

https://luring.bandcamp.com/album/malevolent-lycanthropic-heresy

No Return - Self Mutilation

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Thrash
Non servono molte parole per descrivere il sound dei francesi No Return, basta anzi un solo termine: thrash metal!!! Questo per dire che potete (e dovete) aspettarvi un album spaccaossa, violento nel suo riffing serrato e nella ritmica incalzante, ma non così brutale e marcio. Tutti i brani ricalcano bene o male lo stesso collaudato schema, delineando un album omogeneo (a volte forse fin troppo) e ben strutturato, privo di carenze esecutive e assolutamente ben prodotto. Un’uscita da non mancare per tutti gli headbangers in circolazione.

(Kodiak Records/Listenable Records - 2000/2008)
Voto: 65

https://noreturnarmy.bandcamp.com/album/self-mutilation

Fickle - Tacet Tacet Tacet

#PER CHI AMA: Ambient/Noise
Il lavoro che è appena uscito, via Bloody Sound, del progetto sonoro denominato Fickle, è da ritenersi un'interessante proposta in ambito ambient sperimentale, proponendo un album che, ascoltato per intero, si avvale dell'aura tipica delle soundtrack cinematografiche, con un suono astratto, visionario, a volte minimale, a volte più complesso, ma che non perde mai la sua corposità, e con un'attitudine che lo contraddistingue e lo fa emergere nella sua essenza più cristallina. Concepito tra i numerosi viaggi fatti tra Islanda e altre parti d'Europa dal titolare del progetto, Francesco Zedde, con l'intento di fondere parti strumentali, realmente suonate, con registrazioni d'ambiente e campioni, rimodulandole, filtrando ed elaborandone l'effetto elettronicamente, emulando gli alfieri del sound ambient e post rock dell'isola di ghiaccio e non solo. Così possiamo trovare all'interno di 'Tacet Tacet Tacet', umori rubati al suono fresco ma pensieroso di album come 'Utopìa' di Murcof, che interagiscono con le ritmiche destrutturate e disturbate da continue interferenze noise, alla maniera dei Mùm in "Yesterday was Drammatic, Today is Ok", riviste in una maniera più cupa e messe spesso in prima linea. Queste interferenze rumorose sono molto affascinanti e sono seminate qua e là su tutto il percorso strumentale dei Fickle, e in qualche modo, riescono a governare tutte le direzioni che intraprende la musica di questo disco, con il pregio inoltre, di non riuscire mai a dargli una via unica e definita, lasciandogli un ampio spettro d'azione sonora, indefinito e libero da scontate strutture. Per questo motivo, lo paragono a una sofisticata colonna sonora futurista, musica che omaggia i suoi precursori e caldamente consigliata ai cultori di questo genere. Al suo interno ci sono anche collaborazioni di valore, come Rea Dubach e Jacopo Mittino dei 52 Hearts Whale, nella composizione e nell'interpretazione di alcuni brani, e bisogna aggiungere che il tempo di incubazione per la nascita di questo album è stato assai lungo, infatti è stato registrato in giro per l'Europa tra il 2017 e il 2023, parecchio tempo a disposizione che va a giustificare cotanta peculiarità e ricerca nella varietà dei suoni. Il brano più indicativo è, a mio avviso, "Recurrence", ossia quello che chiude il disco, il più lungo e il più carico di profondità oscura, lacerato dal suono di una presunta campana che risulta devastante, incastonato in un sound d'ambiente dal ritmo frastagliato e lontano, con un finale a sorpresa sul filo di una svolta ritmica dal gusto etnico. Non possiamo dimenticare poi, senza togliere niente all'intero disco, la verve ritmica di "Pertinence", ai confini con i primordiali concetti compositivi della drum'n'bass, rivista in maniera minimale e fusa a certa new wave riletta in chiave elettronica. Aggiungerei infine una nota per l'ipnotica "Dissimulation". Per chiudere, direi che 'Tacet Tacet Tacet' è un buon disco, curato e avvolto in atmosfere intriganti e dai colori sfuocati, un disco che sarebbe un peccato lasciarsi scappare. (Bob Stoner)

Rising Moon - European Aliens

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Melo Death
I Rising Moon nascono nel ’96 con il nome Body Grinder e dopo una demo ('Morituro') cambiano nome e firmano con la Elegy Rec., facendo uscire il debut-album 'Hate From Heaven' nel ’98 e a seguire, 'Area 51', nel 2000. A breve distanza poi, ecco questo EP di cinque pezzi che li rimise subito in pista alla ricerca di un nuovo contratto discografico. Il suono era riconducibile a band illustri come At the Gates e primi Dark Tranquillity, ma solo perché c’era la stessa raffinatezza nel coniugare melodia e aggressività, senza dimenticare un approccio heavy-oriented nei riff di chitarra. Veramente impetuosi e irrefrenabili. La registrazione era ben curata e professionale: potente e chiara. Da segnalare “Roswell File” con un riff portante d’effetto. Credo che alla fine i Rising Moon fossero (sono in silenzio dal 2009) forti e incisivi nella maggior parte dei loro brani, in cui spingevano l’acceleratore al massimo, ma anche in quelli più tranquilli (si fa per dire) se la sapevano cavare egregiamente, vedi la canzone succitata.

(Metal Fortress Entertainment - 2001)
Voto: 67

https://www.facebook.com/risingmoonofficial?ref=stream

domenica 12 gennaio 2025

Sahg - More of Nothing

#PER CHI AMA: Heavy/Doom
A dimostrazione che la Norvegia non è solo la patria del black metal (e dei Motorpsycho), ecco arrivare i Sahg con un nuovo lavoro, 'More of Nothing'. La band originaria di Bergen e in giro ormai da un ventennio, ci propone quattro nuovi brani che affondano le proprie radici nel doom di sabbattiana memoria, ovviamente rilette in chiave più moderna e anche un filo ruffiana. Eh si, perchè la title track, posta in apertura di dischetto, oltre a palesare il classico mastodontico rifferama tipico del genere, ammicca con i cori a soluzioni più easy listening. Piacevoli eh, non è una lamentela la mia, giusto una pura constatazione. Decisamente più oscura e robusta "Suffer in Silence", complice un suggestivo break atmosferico a metà brano atto a prepararci a un roboante finale, in cui a mettersi in luce sono la voce dell'onnipresente Olav Iversen, fondatore della band, e breakdown improvvisi. "Children of the Revolution" è invece più marcatamente blues/hard rock, ma d'altro canto, trattandosi di una cover del 1967 dei britannici T. Rex, e riproponendola in modo piuttosto fedele all'originale, era anche lecito aspettarsi quest'attitudine. Una traccia tuttavia di cui avrei fatto a meno. Più seducente la conclusiva "She's a Queen", una sorta di ballata blues old fashion che chiude piacevolmente un lavoro che mi sentirei di suggerire però ai soli fan della band scandinava. (Francesco Scarci)

(Drakkar Entertainment - 2024)
Voto: 68

https://www.facebook.com/Sahgband

Faidra - Dies Irae

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Non mi perdo in troppi giri di parole per questo EP degli svedesi Faidra, dal momento che include due tracce, "Ixion" e "Phantasmagoria" che sono rimaste come puri singoli rilasciati dalla band nel 2020 e 2022, e mai incluse in nessun album ufficiale, e la nuova "Dies Irae", song che dà il titolo al dischetto. La release, fuori in formato mini-Cd e mini-Lp, sembra già andare verso il sold-out, quindi meglio affrettarsi per accaparrarsene una copia. La proposta poi della misteriosa one man band scandinava, non sembra discostarsi di una virgola dai precedenti lavori, proponendo fin dall'iniziale title-track, un concentrato di black mid-tempo oscuro e depressivo, con quei suoi giri di chitarra evocanti i Burzum di 'Hvis Lyset Tar Oss', ma con una dose di eleganza un filo superiore a quella del buon Conte norvegese, soprattutto senza sfociare nella ridondanza (e noia) che le chitarre di Varg Vikernes, potevano evocare al millesimo loop infernale. "Ixion" incarna maggiormente l'indottrinamento del Conte Grishnackh, con quelle sue spettrali tastiere ad accompagnare ritmica e screaming, portandoci quasi sull'orlo del baratro del delirio mentale per poi salvarci, ripiegando su suoni folklorici, che si paleseranno nuovamente nelle note introduttive di "Phantasmagoria". Questo è un altro brano che incarna la passione del mastermind per il black nordico, combinato con partiture folk atmosferiche che gli permettono di prendere le distanze da Burzum e soci. L'Ep è comunque un piacevole ritorno che lascia presagire che qualcosa di nuovo stia bollendo nella magica pentola infernale dei Faidra. (Francesco Scarci)

(Northern Silence Productions - 2025)
Voto: 70

https://faidra-northernsilence.bandcamp.com/album/dies-irae

Coffinwood - Acolythes of Eternal Flame

#PER CHI AMA: Black/Death
La Polonia ultimamente ci sta dando un bel gran daffare: dopo aver recensito i Runopatia, ecco sulla mia scrivania un'altra release polacca, targata questa volta Coffinwood, band originaria di Varsavia, da poco uscita con questo 'Acolythes of Eternal Flame', esordio sulla lunga distanza, dopo l'EP del 2020, 'Storm of Steel'. La proposta del terzetto non smentisce il paese d'origine, proponendo il classico mix death/black metal, che sembra andare un po' per la maggiore in quelle lande. Tutta quest'incazzatura si materializza attraverso otto tracce e 45 minuti di musica incendiaria che divampa quasi immediatamente dalle spoken words, che dovrebbero alludere ai tragici eventi di Chernobyl, e aprono la lunga "Disposition of Doom", evolvendo in una ritmica killer, che ben si alterna comunque a frangenti più ragionati. In tutto questo frastuono sonoro, ben si collocano le voci dei due cantanti, Beherit e Kumen, rispettivamente anche basso e chitarre del trio. Il sound che ne viene fuori suona come una sorta di rivisitazione delle sonorità estreme anni '90, sebbene abbia anche colto echi dei Melechesh, nella porzione conclusiva dell'opening track. Dai sette minuti della traccia d'apertura ai quasi tre della violentissima "Radionuclide", una rasoiata in pieno volto che, in totale assenza di schiuma, lascia come risultato una profonda cicatrice in faccia. E da li, ecco altre spoken words che dischiudono "Salvation Through Radiation", una song che ha nella ipertecnica performance del suo batterista l'acme artistico: la prova di Trommeslager dietro le pelli è davvero sontuosa ed efficace nel distogliere l'attenzione a una proposta che rischia di risultare ampiamente già sentita. Il focus sulla musica ritorna quando i ritmi si fanno decisamente più lenti e compassati, complice un claustrofobico break di chitarra che dona un pizzico di atmosfera a un disco eccessivamente dritto, forse troppo piallante e che necessiterebbe di qualche variazione in più al tema. Quella che i nostri azzardano nei 90 secondi di "90s" non è tuttavia sufficiente: la brutalità del brano necessita comunque di altro per giustificare l'ascolto di un lavoro troppo ordinario. E allora ci prova la title track, con una musicalità dotata di quel giusto mix di melodia (non troppa sia chiaro) e sonorità sghembe, che caricano di un certo interesse la release dei nostri. Altri attimi di angoscia arrivano con le sirene poste in apertura di "Biorobots" a evocare ancora le drammatiche scene del terribile incidente nucleare che ebbe luogo il 26 aprile del 1986. E la narrazione di quegli eventi prosegue nell'oscure trame chitarristiche di "Exclusion Zone" e della conclusiva "Sarcophagus", la prima con una ritmica thrash death devastante e un cantato in growl catacombale; la seconda più allineata a dinamiche black/death. Alla fine 'Acolythes of Eternal Flame' rischia di essere un disco interessante più per i contenuti lirici che musicali, ancora quest'ultimi troppo ancorati a un passato che fu e che deve essere ampiamente rivisto per non perdersi nell'infinito calderone di band che propongono la medesima zuppa. (Francesco Scarci)

sabato 11 gennaio 2025

Runopatia - Archaistia

#PER CHI AMA: Black Sperimentale
È stato divertente quando ho inserito il titolo di questa release in Google, e il motore di ricerca mi ha restituito come risultato rinopatia, ma va beh, alla fine ce l'ho fatta a trovare i nostri attraverso il portale Metal Archives. La band è originaria di Rzeszów, a detta dell'enciclopedia metallica, mentre bandcamp riporta Wrocław. Le discrepanze poi non si fermano qui, visto che MA si riferisce ai nostri come quartetto mentre sembrerebbe essere un duo. A parte queste divergenze di informazioni, andiamo ad ascoltare questo 'Archaistia', EP di tre pezzi e quasi venti minuti di musica, che seguono a distanza di sei anni il debut album, 'Kult Przemijania'. Il dischetto si apre con "Świat Przejrzy" e un'andatura che sa quasi di post punk ottantiano. Poi delle chitarre più graffianti prendono il sopravvento e la voce acidula del frontman, completano un quadro musicale più estremo che vede in furiose accelerazioni il più rilevante punto di forza della traccia. La melodia è presente nelle linee di chitarra dei nostri, che tessono comunque ariose ritmiche di influenza melo-black scandinava, mentre le liriche dovrebbero narrare storie di fantasia (ma il fatto che siano in polacco non mi aiuta di certo). Sul finale del brano, ad affiancare la stridula voce del cantante, arrivano anche delle spoken words. "Serce Krwawe" riparte da un black dotato di una vocazione quasi cosmica e non posso che apprezzare questo approccio, cosi mistico e intrigante, pieno di atmosfere suggestive, peccato solo che il brano duri tre miseri minuti, sembrava infatti avesse ottime potenzialità. Ma queste emergono prepotenti in "Za Późno", in cui la band si muove inizialmente in territori black mid-tempo, spruzzati di influenze dark-gothic, che si palesano anche attraverso un uso differenziato delle vocals e di tastiere qui ben più presenti. La band comunque non si snatura e si lascia andare a cavalcate epiche di chitarra, peccato solo manchi quel guizzo che faccia strabuzzare gli occhi o che ci restituisca la voglia di riascoltare il disco. Ma la band ha ancora qualche asso nella manica e nel finale ci offre qualche variazione al tema, un accenno di assolo, delle chitarre che richiamano addirittura i Deafheaven, e una vena più sperimentale che ci fa intuire che i Runopatia in futuro, le proveranno tutte per stupirci. (Francesco Scarci)

lunedì 6 gennaio 2025

Aborym - Fire Walk With Us

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Sperimentale
La passione di Fabban & soci per la musica elettronica non poteva che dare i suoi frutti. 'Fire Walk With Us' è un album violentissimo ma non monocorde, che annovera, accanto a episodi apocalittici ("Our Sentence", "Love the Death as the Life"), momenti più distesi sebbene non meno oscuri, quali la strumentale "Sol Sigillum". C'è persino un brano techno ("Here is no God"), peraltro ben inserito nel clima rumoristico complessivo dell'album. A destare qualche perplessità è forse la traccia conclusiva, "Theta Paranoia", di cui francamente non si riesce a intravederne il senso, al di là del puro e semplice intento destabilizzante. 'Fire Walk With Us' è un'opera delirante e visionaria (di prossima riedizione per la Dusktone), che riuscirà gradita ai patiti della manipolazione sonora e della commistione fra metal estremo e noise-industrial.

(Scarlet Records/Duskstone - 2001/2025)
Voto: 75

https://aborym.bandcamp.com/album/fire-walk-with-us

domenica 5 gennaio 2025

Exidia - From The Deep

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Brutal Death
Interessante mini cd di quattro canzoni per questo gruppo di Rovigo che proponeva un death metal d'impronta statunitense. Semplicemente granitica la sezione ritmica: gli Exidia pongono infatti l'accento più sulla potenza che sulla velocità di esecuzione. Efficace si rivela anche la performance vocale del cantante/bassista, giocata su toni stabilmente gutturali. E ciò è un bene, vista e considerata la fiumana di gruppi che ci infliggono triti "duetti" a base di growls e vocals straziate. I testi, scritti in un ottimo inglese, sfiorano, a tratti, tematiche gore evitando però inutili eccessi. Gli Exidia possedevano (la band è ormai sciolta/ndr) i requisiti necessari per suscitare l'interesse di una seria etichetta discografica del settore, anche se solo un'accentuazione delle caratteristiche più personali del proprio sound avrebbe potuto consentire al combo veneto di emergere dal calderone delle bands dedite al death metal.
 
(Self - 2000)
Voto: 63
 

venerdì 3 gennaio 2025

Eminenz - The Blackest Dimension

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Symph Black
Un album semplicemente strepitoso, caratterizzato da una miscela di componenti eterogenee - black, heavy, epiche - sapientemente amalgamate fra di loro. Gli inserti di tastiera conferiscono ad alcuni brani (su tutti, l'opener "Exorials Return") un maestoso respiro sinfonico. Si tratta, a mio avviso, del miglior album in assoluto di Eminenz: ricco di sfaccettature, variegato (anche nelle vocals), potente. La musica non scade mai nel caos indistinto. Gli amanti del black metal primordiale, grezzo e iperveloce, non sono il pubblico ideale per questa release. Chi invece non disdegna, accanto alla forza d'impatto, le atmosfere epiche e - perchè no - un pizzico di melodia, non si faccia sfuggire 'The Blackest Dimension'.
 
(Last Episode - 2000)
Voto: 75
 

giovedì 2 gennaio 2025

Belphegor - Necrodaemon Terrorsathan

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Black
Album violentissimo, situato sul crinale fra death e black metal. È appunto nella commistione fra elementi caratteristici dei due generi che consiste il tratto peculiare di questa release della band austriaca. Provate a immaginare un incrocio fra Cannibal Corpse ('Bloodthirst'), Morbid Angel ('Domination'), Dark Funeral ('Vobiscum Satanas') e Behemoth. Non c'è tregua nelle nove devastanti canzoni che compongono il cd: l'aggressione sonora perpetrata dai Belphegor non concede un attimo di respiro. I brani viaggiano, mediamente, a velocità sostenute, in taluni casi ai limiti del parossismo; le vocals sembrano scaturire direttamente da Malebolge. Furia, perversione, blasfemia: ecco cosa ribolle nel calderone intitolato 'Necrodaemon Terrorsathan'. Una ricetta già nota ai nostri palati, ma pur sempre efficace. Titoli e testi delle canzoni ricalcano purtroppo i consueti cliché anticristiani ("Vomit Upon The Cross"). Se - com'è probabile - l'inferno esiste, i Belphegor ne hanno colto appieno il lato frastornante.

(Last Episode/Nuclear Blast - 2000/2020)
Voto: 70

https://belphegor-austria.bandcamp.com/album/necrodaemon-terrorsathan