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domenica 10 agosto 2014

Enola - The Light Fröm Below

#PER CHI AMA: Post Hardcore, Isis, Mastodon, Yakuza
La Francia si riconferma terra sacra e fertile per l'underground dedito al post core più interessante e prolifico. Gli Enola vengono da Tolosa e sfornano un album dal titolo 'The Light Fröm Below' che supera ogni mia aspettativa. Post core per attitudine, alternativo di nascita ed emotivamente spinto per carattere. Dentro questo scrigno sonoro possiamo trovare di tutto, dall'heavy psichedelia astrale dei Mastodon alla fisicità stregata di Yakuza, Eyehategod e Converge, dalle ali illuminate del suono degli Isis all'allucinata urgenza creativa divergente degli At the Drive In e chissà quante altre band vi verranno in mente nel riascoltarli più volte. Il fatto è, che la bravura indiscussa del quintetto francese fa scivolare la musica tra i vari stili musicali estremi con una facilità spiazzante. Restando fermi dell'idea che a renderli ancora più interessanti è il loro modo di mantenere alta l'originalità nelle composizioni, quell'identità che (mi si perdoni il paragone!) mi rimanda con nostalgia alla veste più selvaggia dei compianti Noir Desir (quelli di 'Tostaky' del 1992). Certo, gli Enola vengono da un altro pianeta, sono molto più potenti, suonano parti melodiche intense e magmatiche, hanno energia da vendere, attingono anche dal nu metal (vedi System of a Down) e riescono ad aggiungere un'emotività così reale e vitale che in pochi nel genere sanno ancora far pulsare. Tecnicamente ben preparati, vocalmente sicuri, due chitarre ben congeniate e talentuose, un ordigno di cinque brani pronto ad esplodere tra le vostre mani senza pietà. Questi indomabili musicisti francesi non si sono risparmiati nel comporre e suonare quest'album e si sente dalla prima all'ultima nota, tutto per la gioia dei nostri timpani. Calcolate un nuovo amore per la vostra collezione di post core, nel sotterraneo francese vi attende qualcosa di atomico... Enola! Da avere!!! (Bob Stoner)

(Self - 2014)
Voto: 80 

sabato 9 agosto 2014

Sagas – Traumwanderer

#PER CHI AMA: Doom Black Progressive, Tyr, Anathema, Agalloch, Paradise Lost 
Parto inconsueto questo EP di debutto dal titolo 'Traumwanderer' dei tedeschi Sagas, uscito nella primavera del 2014. la band teutonica si presenta con un artwork abbastanza originale, e un booklet completo di testi cantati esclusivamente in lingua madre, cinque brani per circa una mezz'ora di musica divisa tra alternative metal, progressive e black atmosferico. Potremmo accostare il quintetto di Happenheim allo spirito degli Agalloch ma i nostri non sono così devoti al pagan folk, li potremmo avvicinare agli ultimi Tyr ma suonano più moderni e alternativi anche se l'effetto ipnotico/epico si avvicina molto; potremmo trovare deboli tracce dei Paradise Lost o dei My Dying Bride (vedi "Konigsmord") se solo volessero apparire più gotici, potremmo giudicarli come una versione prog dei Craft se fossero decisamente più glaciali e ferali, comunque, anche se non tutto quadra alla perfezione, in queste cinque tracce si trova la forza e il coraggio di oltrepassare le barriere dei generi, sperimentare nuovi accostamenti sonori, vedi il growl e le parti vocali narranti estremamente ostiche e malvagie (di scuola Immortal), legate a chitarre pulite, cristalline, supportate da doppia cassa rombante a pieno regime. Un sound (dalla chiara derivazione gothic anni '90) pulito all'inverosimile, astratto, come se ad una black metal band sostituissimo i tipici suoni distorti e cavernosi scambiandoli con quelli dei ultimi Anathema o dei primi Alcest. L'incontro risulta affascinante, atipico, originale anche se a volte non sempre incisivo, sicuramente ricco di atmosfera, arcaico e innovativo allo stesso istante. Qualche piccola modifica, amalgama e sofisticazione alle composizioni ed il gioco è fatto! Possiamo quindi sperar bene per il prossimo futuro di questi musicisti tedeschi. Calcolando poi, che la band è di recentissima costituzione, è nostro dovere tenerla d'occhio, confidando in nuove ricette sonore molto promettenti. Album da recepire con cautela, da odiare o amare senza moderazione. Interessante debutto! (Bob Stoner)

(Self - 2014)
Voto: 70

Fallujah – The Flesh Prevails

#PER CHI AMA: Death Progressive, Cynic
Dopo il cambio stilistico ravvisato con il precedente EP, il brillante 'Nomadic', si è creata una certa attesa per il nuovo album degli americani Fallujah, anche da parte del sottoscritto, che non aveva particolarmente amato gli esordi della band, ancora impastati da una buona dose metalcore. Invece sono curioso di ascoltare il nuovo 'The Flesh Prevails' che promette di portare una bella ventata d'aria fresca al genere. E la opening track, “Starlit Path”, mette subito i puntini sulle "i" offrendo sonorità dotate di classe e una buona dose di melodia, quasi del tutto inattesa. Notevole l'impatto dei nostri con una song che non rinuncia al roboante ardore del deathcore, alle sue ritmiche al fulmicotone, alle growling vocals di Alex Hofmann, ma che aggiunge articolati giri di chitarra, ariose linee melodiche e ne garantisce una notevole accessibilità. Il suono si fa ancor più articolato con la seconda “Carved From Stone” che affianca alla furia dei nostri break dal forte flavour progressivo in pieno stile Cynic. Pazzesco. La violenza dirompente esplicata da una ritmica schiacciasassi e da brutali vocals vengo mitigate da semplici delay di chitarra. Forse è con la successiva “The Night Reveals” che i nostri prendono ancor più le distanze con il passato, certo non a scapito della pesantezza dei suoni, che vengono meglio convogliati e arricchiti da arrangiamenti che rendono il sound dei Fallujah più pieno e completo. Con la title track, la musica dei Fallujah completano definitivamente la propria conversione con un sound di fatto più vicino ai Cynic, piuttosto che agli esordi burrascosi dell'ensemble californiano, e questo non può far altro che giovare alla nuova immagine dei nostri. Non conosco il perché di questa svolta, sinceramente me ne frego e anzi me ne compiaccio visto che ho trovato una nuova band che mi faccia vibrare con la propria musica ricca, complessa e cinematica. Non me ne vogliano i vecchi fan della band, ma io i Fallujah li preferisco cosi e quando in “Levitation” compare in sottofondo una voce femminile, non mi sconvolgo e confermo nel vedere i nostri come potenziali e degni eredi dei già citati Cynic. Ci vorrà ancora tempo, consapevolezza e il raggiungimento di una maturità consolidata, per arrivare là dove sono arrivati Paul Masvidal e soci, ma posso dire che quella imboccata dai Fallujah è una strada tortuosa, irta di ostacoli, ma sicuramente illuminante. Ben tornati ragazzi. (Francesco Scarci)

(Unique Leader Records - 2014)
Voto: 85

Clouds Taste Satanic – To Sleep Beyond the Earth

#PER CHI AMA: Doom, Sunn O))), Dark Buddha Rising, My Silent Wake
Affrontare un album del genere rigenera lo spirito. Niente voci, due lunghi brani di oltre venti minuti ciascuno e una sonorità cupa, nera ma allo stesso tempo carica di una vitalità rock eccezionale. Parliamo di Doom, quello con la D maiuscola, figlio dei Black Sabbath più profondi, caldo e spirituale come i migliori Saint Vitus, riflessivo e d'avanguardia come gli onnipresenti seminali Sunn O))). L'incedere lento non è mai catastrofico anzi, dona vita alla magnificenza del rock, la solennità con cui avanzano le due tracce crea potenza e riflessione, una chitarra a dir poco geniale ci conduce verso strade sicuramente già percorse ma viste e interpretate sotto una nuova luce, come se la band di Iommi volesse rinnovarsi con caratteristiche cinematiche e da colonna sonora di un film fantascientifico ambientato nei meandri più bui della galassia sconosciuta. Il suono è magistralmente rallentato e a dir poco affascinante, desertico, naturale come solo i Karma to Burn sono riusciti a fare nei tempi migliori, la cadenza è astratta e perennemente guidata da una sei corde spettrale che evolve il genere fino a renderlo astrale all'inverosimile e qui entrano in gioco gli insegnamenti di colta psichedelia di Monster Magnet e 35007, viaggi lunari, passeggiate spaziali cariche di malinconia e pesantezza che lasciano pietrificato l'ascoltatore per il progredire filmico e allucinato della musica che non nasconde una certa devozione per gruppi eletti come Skepticism, My Silent Wake o Dark Buddha Rising (anche se alla fine prevale sempre quel tocco vintage anni '70 che li rende unici). Un ottimo debutto per questa super indipendente band proveniente da New York coronata da un suono eccelso e da una grafica di copertina con opera del maestro Giotto a dir poco spettacolare. A voi il rock iniziatico, il rock esoterico per antonomasia! (Bob Stoner)

(Self - 2014)
Voto: 80

venerdì 8 agosto 2014

Dogmate - Hate

#PER CHI AMA: Stoner/Grunge
I Dogmate sono un quartetto metal romano, nato nel 2012 e che in breve ha registrato due album, lanciato un paio di video e firmato pure per la Agoge Records. Ottimi risultati quindi ottenuti relativamente in poco tempo, questo a dimostrazione della determinazione dei quattro musicisti che non si sono certamente fatti intimidire dal difficile settore musicale del metal. Ascoltando 'Hate' ci si accorge subito dell'elevato livello tecnico generale della band e della qualità sonora della registrazione, dentro quest'album si trova tutta la scuola degli ultimi vent'anni e i Dogmate scelgono suoni moderni e classici facendo tesoro degli insegnamenti acquisiti con gli anni. La chitarra è corposa (si, una sola ed è devastante a sufficienza) con la giusta equalizzazione e guida i dieci brani dell'album, ma nulla avrebbe potuto senza una sezione ritmica di batteria/basso che viaggia sputando fuoco e vapore a più non posso. Il cantato è potente, mai oppressivo e pesante, il che rende l'ascolto piacevole e dinamico, permettendo di apprezzare i vari arrangiamenti. Nelle parti scream ricorda i Linkin Park, ma ha anche una buona dose di sfumature southern/grunge nei restanti frangenti. "Dark in the Eyes" è caratterizzata da una strofa ipnotica che veleggia su una ritmica altrettanto raffinata, in stile Tool/A Perfect Circle che anticipa il cambio rabbioso dove i riff accelerano e scaricano violenza a profusione. Un brano dalla doppia indole, prima soave e allusivo, poi dispensatore di inaudita cattiveria. Molto bello. Per lo stesso motivo, "World War III" si fa apprezzare per la complessa struttura, che elargisce riff e arrangiamenti in continua evoluzione, senza dare il tempo all'ascoltatore di abituarsi ad un fraseggio che tutto cambia di nuovo. Ribadisco che la sezione ritmica è potente e variegata, doti indiscusse che sottolineano ancora il duro lavoro di produzione delle tracce. Chiudiamo con "Black Swan", ballata guidata da una grande chitarra acustica che crea un tappeto pieno di melodia e sfumature per la voce che duetta all'unisono con le sei corde, il tutto accompagnato da archi che regalano profumi di un luogo epico e senza tempo. Altra prova di tecnica e flessibilità artistica da parte dei Dogmate, che in questo modo abbracciano ancora di più quello che altre grande band hanno fatto in passato. 'Hate' è un disco godibilissimo, ben fatto, che non aggiunge grosse novità alla scena metal nostrana, ma ribadiscono il fatto che ne fanno parte occupando una posizione di rilievo a livello nazionale. Vedremo cosa faranno in altri due anni, a questo punto le aspettative sono alte. (Michele Montanari)

(Agoge Records - 2013)
Voto: 80

Epistasis - Light Through Dead Glass

#PER CHI AMA: Psycho Black Avantgarde
Il mio isolamento tecnologico di questi giorni non mi permette di avere a disposizione tante notizie a proposito delle band che sto recensendo, quindi non posso far altro che limitarmi ad una pura valutazione sotto il mero aspetto tecnico-musicale. Sei i pezzi a disposizione per i newyorkesi Epistasis per presentarsi al mondo (ma soprattutto al sottoscritto). Si parte con “Time's Vomiting Mouth”, una miscela di feroce e schizofrenico black/mathcore che si alterna tra ritmiche ribassate, su cui vomita uno screaming disumano, e alcuni inserti che rallentano l'incedere burrascoso e nevrotico della band. “Finisterre” apre con un lungo e semplice arpeggio che lascia presagire la classica quiete prima della tempesta. Appunto la tempesta. Novanta secondi dopo infatti, ritornano le linee di chitarra sghembe e disarmoniche degli Epistasis e il cantato vetriolico. La musica poi si muove attraverso un'alternanza di luci e ombre, sussulti psicotici e ambientazioni rarefatte di stampo post-rock, in cui mi sembra udire anche il suono di una tromba. L'effetto è intrigante, peccato poi subentri quel fastidioso screaming che rischia di rovinare il risultato finale. Le chitarre di “Witch” ronzano nelle mie cuffie come un fastidioso calabrone, prima di abbandonarsi a un devastante assalto black/grind, che vi saprà sorprendere per un break da lounge bar e ancora per deliranti e taglienti offensive all'arma bianca, in un sound in cui, sebbene la melodia sia totalmente assente, riesce comunque ad avere un effetto magnetico sul sottoscritto. Probabilmente le sperimentazioni avanguardistiche adoperate dai nostri lasciano intravedere spiragli di novità e comunque dimostrano la grande personalità di questi ragazzi, confermata anche dalla successiva “Candelaria”, song ritmata ma che comunque poggia le proprie fondamenta su strutture articolate e imprevedibili, in cui la sorpresa è sempre dietro l'angolo. “Grey Ceiling” è un interludio che ci introduce alla conclusiva “Gown of Yellow Stars”, ultima delirante traccia all'insegna del post-black/free-jazz/math che chiude 'Light Through Dead Glass', disco interessante che palesa qualità e ampi spazi di miglioramento degli Epistasis. Follia allo stato puro! (Francesco Scarci)

(Crucial Blast Records - 2014)
Voto: 70

Cognitive - S/t

#FOR FANS OF: Technical Death Metal, Alterbeast, Psycroptic, Decrepit Birth
The current state of Technical Death Metal has exploded with numerous acts cropping up from around the globe, and these New Jersey newcomers maybe one of the hottest to come along in a while. The potential is shown right off-the-bat as it unleashes a serious swarm of highly-complex and technically engaging riff-work that gets a slew of tight workouts in here that range from fiery, up-tempo Thrash-paced riffing filled with fluid pattern changes at rapid speeds to whirlwind razor-wire wankery that displays untold technical prowess, though the majority of the work is based off dense, heavy breakdowns loaded with brutal chugging in their riff-work, which is what makes this so effective. Each of these particular elements, though utilized by numerous other acts in this genre so this is nothing new or innovative but definitely the variety of what’s on display works so well here since it never stays locked in one formulaic approach for too long before segueing into another dynamic series of riffs full of savage, unrelenting energy and blistering technicality which is certainly impressive enough considering the fact that the tracks are quite short, mostly set in the three-minute range so there’s not a lot of room to work. The energy is delivered through a rather appealing ability to have nearly every song played at the fastest possible tempo it can muster, which is quite often with a few occasional slower sections thrown in which is either a breakdown segment or a light, atmospheric interlude to pick up some melodies within the more blistering segments surrounding them. Combine all these facets with loud, dynamic drumming that manages to hold the technicality as well as the power and speed associated with such genres, more of a heavy, thumping quality to the bass-work rather than the spindly, noodle-like work this style usually plays with and an incredibly powerful production job that keeps the music lines distinguishable yet powerful, clear and commanding which is perfectly in accordance with this type of music and there’s a lot to really like here. The tracks themselves are quite good, as intro ‘Cut the Fuck Up’ gives a great impression of what to expect here with blasting drumming, tight chugging and a series of complex riff-patterns and utterly raging tempos from those technical riffs. Both of the following tracks, ‘The Aftermath’ and ‘Blood Hungry’ rely more on heavy breakdowns in those riffs rather than the technical workouts apparent elsewhere, even though there’s the occasional spindly-based pattern thrown in. ‘World’s Beneath’ returns to quite effective complex riff-work and some more melodic interludes, while ‘Regurgitated Existence’ might be the one showcase track to get exposed to their signature style as this again features the breakdown-centered riffing with ruthless blasting, spindly noodling and a more pronounced effort to switch up the tempos quite well. The first instrumental, ‘Oceanic Erosion’ is a light breather with an acoustic guitar and sampled noises, while ‘Willingness of the Weak’ manages to get those technically-complex leads working alongside the faster tempos. ‘Imbuing of Wrath’ again manages to mix dynamic technical compositions and tight breakdowns together into a stand-out full-throttle effort while ‘Fire from the Sky’ wraps around a slew of ferocious, technical riff-patterns full of intensity and energy throughout while still keeping the melodies intact. The final track, the other instrumental ‘Affliction Humanity,’ has a far better soundscape about it just like the remaining songs with the technically-proficient riffs and blasting drumming sound rather nice before the sampled voices appear and down-grade it somewhat. On the whole, this isn’t really breaking any new ground in the genre and does seem a little weaker on the back-end with the two light instrumentals against the raging music, but it’s still fun enough to be worthwhile. (Don Anelli)

(Pathologically Explicit Recordings - 2014)
Score: 85

sabato 2 agosto 2014

Gnosis of the Witch – Dauðr Burðr Þrysvar

#PER CHI AMA: Black old school
L'intro di "Ek Bjóða Inn​.​.​" non può che generare una sola parola in me... occulti. Questo l'esito del mio primo approccio con il MLp degli statunitensi Gnosis of the Witch che anche con la flebile e tremulante (per l'uso del tremulo picking) “Ormar Eitr” non si discosta più di tanto dall'idea che mi sono fatto dei nostri. Anche quando i nostri accelerano con cavalcate caustiche e caotiche, mantengono inalterato il loro atavico feeling occulto. La furia black divampa come in quei demo tape di primi anni '90 che si ritrovavano nei lugubri circuiti underground del nord Europa. Registrazioni casalinghe, assenza di tecnicismi, ma solo feroci e primitive linee di chitarra su cui si impiantano abominevoli screaming ma che incorpora anche alcuni elementi del dark metal e del pagan. Qualche atmosfera lugubre e pomposa, qualche rallentamento apocalittico, nonché l'uso limitato ma ben azzeccato di affascinanti tastiere, mi inducono a non bollare l'album come obsoleto ma anzi mi suggeriscono di invitarvi addirittura all'ascolto di un lavoro che sembra riaprire vecchie strade black che credevo ormai chiuse. (Francesco Scarci)

(Iron Bonehead Productions - 2014)
Voto: 70

https://www.facebook.com/GnosisOfTheWitch