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domenica 28 aprile 2013

Antigama/Psychofagist - 9 Psalms Of An Antimusic To Come

#PER CHI AMA: Experimental, Noise, FreeJazz, Grindcore
Una piacevole sorpresa questo split di Antigama e .psychofagist.: già leggendo gli artisti, si capisce che questo disco sia molto particolare e ammettere che riesca completamente a (s)co(i)nvolgermi. La prima parte dedicata agli Antigama annega nelle sperimentazione più totale, coinvolgendo parti di death metal moderno, post-hardcore e noise, tanto che durante l'ascolto di "Paranoia Prima" mi chiedo cosa stia succedendo, mentre mi prende un sorriso in "For Just One Breath" grazie ai suoi suoni non convenzionali e al walking bass, che fanno apparire il tutto ideale per un lounge bar. Si capisce immediatamente che con "Apophtegma Nonsense" comincia la parte riservata ai .psychofagist., grazie al loro tipico sound che prevede una chitarra in stile jazzata estremamente veloce, un cinque corde dal suono ferroso ed una batteria fin troppo tecnica. Emerge "Aritmia" come traccia più varia che comprende al suo interno dei rallentamenti e l'apice ritmico del combo piemontese; in chiusura non si può non citare la cover di Tom Waits, "Misery Is the River of the World", smontata e rimontata a piacimento. Uno split con due anime diverse, la prima per chi è anche appassionato di ambient e noise, mentre la seconda per chi è più patito di free jazz e grindcore estremo. (Kent)

Contre Jour – Passion and Fall

#PER CHI AMA: Cold Wave, Alternative, Siouxie, New Order, Kirlian Camera
I Contre Jour ci spediscono dalla Francia la loro ultima fatica autoprodotta uscita nel 2012. L'album è il terzo in sequenza dal loro debutto nel 2009. L'act francese ha le idee chiare e si esprime attraverso forme care alla new wave anni ottanta filtrata e rivisitata con sonorità sintetiche più moderne. La sintesi che ne esce è un mix di musica elettronica venata di leggere sfumature rock oriented ma in perfetto equilibrio tra loro. Il tributo ai signori della new wave è alto ma ben dosato e originale, ben reinterpretato, la lezione è stata assimilata, decisamente reinterpretata a modo e con originalità. L'album è scorrevolissimo tra memorie di Siouxie, New Order, Xmal Deutscheland e Kirlian Camera, la voce di Roxy è spettrale e calda allo stesso modo, eterea e gelida, potremmo definirla come una fata dei ghiacci ma il groove e l'attitudine dance è spinta e il leggero soffio pop la rendono ancora più ammaliante (come si può resistere a "Bittersweet!") , la sua presenza fa la differenza e alle volte sia per soluzioni stilistiche che per esecuzione ricorda un sacco il guizzo elettronico di Emilie Simon anche se in veste meno, si fa per dire soundtrack (vedi l'album "Vegetal"). Sono quattordici brani di soffice e raffinata elettro dance, ricca di momenti d'atmosfera né mai troppo pesante né troppo pop, intelligente e in alcuni casi di spiccata intuizione, una auto produzione di qualità, sempre sulla punta dei piedi e dalla incombente velata malinconia, una sorta di Miranda Sex Garden senza visioni noir e allucinogene. Il breve brano strumentale "Mirage" riporta prepotentemente alla mente Siouxie e i suoi Banshees nella forma più psichedelica e la successiva "Diseased" vola tra The Sound e Ghost Dance, progressivamente il cd scivola sempre più verso i meandri degli '80s in maniera silenziosa, abbandonando ulteriormente i contatti con le sonorità più moderne, sposando soluzioni più EBM e sperimentali che non sfigurano affatto nella scaletta dell'intero lavoro. Sicuramente i Contre Jour hanno carte in regola per tentare di emergere consci del fatto che la loro è comunque una musica di nicchia molto speciale. Per gli amanti del genere e i nostalgici degli '80s sono l'ideale, sound rimodernato e aggiornato ai tempi odierni. Un lavoro interessante, magari non innovativo ma studiato e ragionato con gusto e ampliato da una voce deliziosa. (Bob Stoner)

Half Moon Run – Dark Eyes

#PER CHI AMA: Indie Folk Alternative, Radiohead, Fleet Foxes, Ben Folds, GranDaddy
Gli Half Moon Run sono tre giovani musicisti canadesi con una sensibilità e una composizione evoluta e matura, potremmo dire già completa considerando che l'età media del trio si aggira tra i 21 e i 25 anni. Nonostante l'età la band è navigata, è al suo primo disco e ha alle sue spalle numerosi concerti in giro per il mondo. Probabilmente tutta questa repentina esperienza ha fruttato molto ai tre che hanno composto queste canzoni in maniera semplice e raffinata, dal soffice manto elettronico/ psichedelico e dal tocco folk, supportate da un'interpretazione vocale più che ottima. Siamo nei paraggi di Fleet Foxes, Ben Folds, GranDaddy e Tame Impala con quel tocco pop che fa tendenza ma che non scade mai nella banalità e la musica risente di una benevola ricerca di carica emotiva sempre in evidenza. La voce padroneggia la scena e a gran diritto si ritaglia uno spazio di prima stella tra languide sfumature elettroniche alla Radiohead e caldissime ballate di casa Neil Young periodo "Harvest 1972". Il tutto procede egregiamente con un carattere quasi corale e pastorale con armoniose melodie estasianti, solari, sonorità molto intime, innesti di elettronica minimalista in suoni tradizionali ma ben strutturati. La band mostra una padronanza del folk pop disarmante e ci si stupisce come alcune di queste canzoni così cool e moderate non siano sulla bocca di tutti (ascoltate il brano "Give Up" per credere!). Le linee melodiche espresse dalla voce ci ricordano anche alcune chicche di casa Jeff Buckley (anche se la musa ispiratrice è chiaramente Thom Yorke!) sia per tonalità raggiunta che per l'interpretazione calda, intensa, malinconica e si ha sempre l'impressione di essere dinanzi ad un cantante esperto, svezzato e al pieno delle sue capacità. E' sconvolgente l'idea che abbiamo di fronte una voce che ha poco più di una ventina d'anni! Comunque l'intero cd nell'ambito folk/pop/psichedelia di moderna generazione viaggia a vele spiegate e si fa ascoltare piacevolmente, senza una lacuna, senza carenze di alcun tipo sfiorando apici d'intensità molto cari ai Radiohead. Ovvio non stiamo parlando di nuove idee ma di una band di qualità che fa del classico pop sound un'arma vincente, credibile e godibilissima in tutti i brani. Possiamo dire per chiudere che questo è un disco consigliato pieno di intensità e intimità stilistica, dai suoni che scaldano l'anima e carico di un feeling al di sopra della media. Un album consigliato!

Aut Mori - Pervaja Sleza Oseni

#PER CHI AMA: Death Doom Gothic, Draconian
Primo lavoro per questo relativamente nuovo gruppo: formatisi infatti nel 2009 in Russia, la band è composta da Alexey Chernyshov e Stepan Sorokin alle chitarre, Maria Sorokina alle tastiere (e anche unica voce femminile) e Evgeniy Chepur alla voce. Tra le loro maggiori influenze si possono contare i Draconian e gli Auto-de-Fe, dalla quale band la maggior parte dei componenti provengono. Scritto e cantato totalmente in russo, le atmosfere espresse, si affacciano sul gothic doom metal, con il solito trito e ritrito connubio voce soave – growl (insomma la bella e la bestia) e tante tante tastiere che enfatizzano la malinconia e la parte più introversa dell'ensemble. L’alternanza di melodia e ritmi doom rendono il lavoro interessante da un punto di vista di attenzione, ma diventano poi ripetitivi ad ogni brano, con il risultato di risultare pesanti all’ascolto e definitivamente noiosi alla lunga. Le vocals maschili non mettono i brividi, anzi: appaiono flebili, seppur profonde; probabilmente la causa è anche l'utilizzo della lingua russa, che tende ad essere molto consonantica e poco musicale. Da sottolineare la presenza di Jerry Torstensson dei Draconian alla batteria (e responsabile anche delle registrazioni) e di tal Olof Göthlin al violino. Difficile dare un giudizio completamente positivo, a meno che non siate ragazzine che giocano ad essere dark sbandierandolo ai quattro venti, e particolarmente attratte dai ruoli di “la bella e la bestia” nelle band metal. Almeno i Nightwish avevano Tarja Turunen che metteva alla prova le sue grandi capacità liriche e trasmetteva passione; qui purtroppo non ve n’è traccia.(Samantha Pigozzo)

(Badmoodman Music)
Voto: 55

https://www.facebook.com/autmoriband

Ulver - Svidd Neger

#PER CHI AMA: Ambient
“Preface”, ”Surface” Venite con me. Versatevi qualcosa di forte e sedetevi in un comodo abbandono. Vi guiderò io tra le sonorità cupe di questo Svidd Neger in cui gli Ulver richiamano passioni dark sopite e perpetrano il loro stile inconfondibile tra tastiere, accordi circolari, effetti sfumati, malinconici, sensuali ed ipnotici. Soffia un vento lento che scopre le tracce di piedi nudi coperte dalle sabbie del pensiero. Il pensiero diviene fisso e suddito, preso, imprigionato, deviato dalla sua realtà fino a perdersi tra i cambi di strumenti e di ritmo. “Preface”, “Surface” sono solo l'assaggio al come gli Ulver possono cambiare la vostra dimensione, il vostro tempo, le vostre certezze sonore. Venite con me è solo l'inizio… 3. “Somnam” …l'inizio di un viaggio da ascoltare in cuffia. Non vi nego che dovete essere preparati a questo ascolto. Potreste subire danni alle corde dell'anima, forse dovrete riaccordare il vostro strumento. Rumori, suoni sottesi all'inconscio si avvicendano, vi esplorano, percuotono la vostra coscienza. Si interrompe la musica, ma è un risveglio apparente…andiamo a…”Widcat”. Rimanete fermi. Rimanete immobili. Forse sarete scossi. Vi dico che reagiscono gli occhi a questi lamenti, che questi lamenti parlano come contrazioni del viso di fronte a chi guarda. Poi la musica accarezza l'angoscia…da provare… È la volta di “Rock Massif” e “Poltermagda” Mi ridesto dal torpore. Scuoto il capo e poi seguo le percussioni nell'intro aggressivo di questo brano che mi fa abbassare ed alzare la testa ripetutamente. Il piatto della batteria sembra una tortura che frusta i timpani, ma ancora una volta gli Ulver non lasciano nulla al caso ed è solo un graffio all'anima…il sangue che sgorga cola su “Poltermagda” che sa di intermezzo futile e funzionale a chi s'è perso nelle caverne buie degli Ulver…si prosegue con… “Mummy”, “Burn the Bitch” e “Sick Solliloquy”: tenetevi saldi a qualsiasi cosa abbiate a portata. Chiudete gli occhi. Lasciatevi disintegrare. Durano poco questi tre brani, ma sono efficaci. L'uno horror. L'altro elettronico. “Sick Solliloquy” inquietante, parlato. Torniamo a noi. Una ritmica da ballo. Degli intercalari inaspettati. Dei suoni quasi caldi muscolari accentuati. Piacevolmente sorpresa mi alzo e danzo tra le note di questo brano che spezzano il gotico senza lasciarlo mai. È “Waltz of King Karl” che sembra continuarsi in “Sadface”, ma d'improvviso percussioni impreviste spezzano il ritmo, si mescolano al ritmo, poi si addensano, infine divengono ossessive sino all'epilogo di “Fuck Fast”, che chiede senza diritto di replica. Ci involiamo verso la conclusione con il trittico “Wheel of Conclusion”, “Camedown” e “Ante Andante”. State comodi. Le ultime note di questo album vi accompagnano ovunque vogliate andare, cullano i vostri desideri, guidano i vostri pensieri, vi scortano con arte fuori dall'antro degli Ulver che vi aspetta non appena vi vada di perdervi di nuovo. (Silvia Comencini)

(Jester Records)
Voto: 85

http://ulver.bandcamp.com/

giovedì 25 aprile 2013

Royal Talons - Royal Talons

#PER CHI AMA: Heavy psichedelia, Sludge metal, Stoner
A volte ci si chiede come certe band non si pongano il punto della questione e alla fine il risultato delle loro azioni sia raccogliere semplicemente frutti acerbi e indesiderati. Spieghiamoci, i Royal Talons arrivano da Denver, sono bravi, pubblicano questo album per la Consouling Sounds e si fregiano del genere sludge metal, termine che tutto e nulla indica... L'album è ben prodotto, suonato a modo, i suoni sono buoni, le composizioni lunghe e psichedeliche, a loro modo variegate, mostrando una grande conoscenza delle band che gravitano attorno all'heavy psichedelia, ma quello che sconcerta è che in ben quarantasei minuti nulla è originale! Tutto suona di già sentito, un copia e incolla compositivo di tutte quelle band che hanno fatto grande il genere in questione tra cui gli OM fotocopiati drammaticamente sul brano “Robot Cities” e via via Acrimony, Core, Shrinebuilder, Nightstick, Sleep senza un briciolo di cuore o anima propria e non basta intromettere un cantato alla Neurosis nelle litanie psycho religiose di Al Cisneros, per essere monolitici ed heavy psichedelici, ci vuole di più molto di più, bisogna scavare nelle viscere del proprio universo cerebrale, smembrarsi e dilatare l'anima per suonare questa musica. Manca la cultura sciamanica di fondo, la dedizione alla scoperta di nuovi viaggi sonori e la fantasia ipnotica e profonda cultura del trip. Nonostante questo, l'intero lavoro suona a meraviglia tutto intento all'aspetto, alla perfezione ma non al contenuto che di questo genere un tempo era la forza e il suo nesso logico/illogico, la visione magica del terzo occhio... Un album perfetto per chi si affaccia per la prima volta allo stoner/doom/ heavy psichedelia; da evitare per i veterani e conoscitori di questa scena. (Bob Stoner)

Lilium Sova – Epic Morning

#PER CHI AMA: Mathcore, Noise, Zu
Prendere appunti: mai accettare inviti a cena da parte dei Lilium Sova. Non so se a Ginevra si mangi particolarmente male, ma vorrei evitarmi il concreto di passare una notte come quella raccontata nell’ultimo album del trio elvetico, che passa in rassegna, attraverso otto tracce incendiarie – una per ogni ora - , una nottata a dir poco turbolenta, fino all’apoteosi di una “mattina epica”. Strana storia, quello di questo disco, uscito quando la formazione che lo ha registrato già non esisteva più: infatti Michael Borcard, (tastiere e sax) abbandona il gruppo subito dopo la fine delle registrazioni, lasciando Cyril Chal (basso) e Timothée Cervi (batteria) orfani di un elemento fortemente caratterizzante il suono della band. Suono che si fonda su una sezione ritmica granitica, di impostazione noise scuola Touch & Go, a cui l’organo, spesso distorto, e il sax di Borcard, donano un colore decisamente peculiare, che in qualche modo può ricordare quello dei nostrani e ormai affermatissimi Zu. Partiamo dalla fine, da “Epic Morning” e i suoi 22 minuti che da soli valgono il prezzo del biglietto: poliritmi rotolanti su cui si dipana un piano elettrico come un sinistro carillon, per lasciare poi il posto a un synth alieno e a un sax inafferrabile nella sua furia free, che aprono la via a un crescendo imperioso e schizofrenico, dove convergono tutti gli elementi caratteristici del suono dei tre: math rock assassino, parentesi rumoriste alla Peter Brotzmann, colate laviche di hammond grasso e impennate free jazz, il tutto tenuto assieme da un collante post-metal che non consente mai di perdere il filo del discorso. Dopo tanto frastuono, la coda di chitarra acustica sembra il suono di un uomo che contempla le macerie di un palazzo appena crollato. Il resto del programma è comunque all’altezza, forte di un impatto ritmico davvero notevole (“Locked-in Syndrom”), delle ricercatezze del sax che in “Parasomnia” si fa orientaleggiante e delle guest appearance di chitarre roventi (“Call of Sova”) e disperate vocals di stampo hardcore (la devastante “Dawn of sweet villain”, unico brano cantato). E da qui dovranno ripartire, i Lilium Sova, da una formazione rinnovata (ora un quartetto con chitarra e cello) e dalla sfida di proseguire sul livello, davvero molto alto, di questo eccellente lavoro. (Mauro Catena)

(Cal of Ror Records)
Voto: 80

http://liliumsova.bandcamp.com/

sabato 20 aprile 2013

Okular - Sexforce

#PER CHI AMA: Death/Thrash tecnico, Morbid Angel, Death
Devo investigare perchè ogni qualvolta mi arrivi un cd dei norvegesi Okular, questo prenda una strada piuttosto larga e giunga sempre dalla Thailandia. Di la verità Andreas, che te la stai spassando sulle spiagge assolate di Phuket o Phi Phi Island eh? Comunque buon per te. Sto parlando del buon Andreas Aubert, la mente che si cela dietro a questa band, dedita ad un death metal dalle tinte progressive, che avevamo già incontrato all'epoca del loro debut "Probiotic", un paio di anni fa. Le coordinate stilistiche di questo "Sexforce" non si discostano poi più di tanto da quell'esordio. Partendo da "House Full of Colours" non si può non notare la voglia di abbinare al death metal di scuola americana a sonorità di matrice Meshugghiana o dei più moderni Gojira, con un attacco frontale che non tarderà a stodirvi, piegarvi sulle gambe e velocemente mettervi al tappeto, KO. La title track picchia che è un piacere e vede anche la presenza di Pal Mathiesen (alias Athera, vocalist dei Susperia) alle vocals che immediatamente si mette in mostra per la sua timbrica pulita che si alterna nel 50% delle song, al growling corrosivo di Marius Skarsem Pedersen. Da notare qui delle linee di chitarra che fanno dei sali scendi vertiginosi che nuovamente rievocano nella mia testa i Death, salvo poi lanciarsi in tortuosi fraseggi solistici. Nella quarta traccia, "The Greatest Offender", fa la sua comparsa un altro ospite, il vecchio Vintersorg alle vocals pulite, mentre il brano si apre con un arpeggio cupo e minaccioso, presagio di nulla di buono: in realtà la song è un mid-tempo piuttosto melodico, con interessanti spunti a livello musicale, impreziositi dalle epiche vocals di Andreas Hedlund. La quinta, "Ride the Waves of Emotion" è bella ruvida, scevra da qualsiasi apertura melodica sentita fin'ora, sino al break centrale e al roboante assolo finale, in cui anche un eco dei Morbid Angel affiora in superficie. I nostri continuano a macinare furia distruttiva fatto salvo per l'inedita "The King of Life", acustico interludio che sembra più provenire da un cantautorato stile Vinicio Capossela piuttosto che dal metal e infatti scopro che la chitarra è opera di un chitarrista thailandese (e ci risiamo), tale Manoon Ploypradab e la pianistica "To Ring the Bells of Truth". "Feast Upon the Illusory" è il classico pezzo death metal nordico, dotato di un gran bel tiro, ritmiche serrate, suoni granitici, vocals demoniache, e tanta tecnica che ci preparano a "Birth Through Loss", altro sonoro colpo nello stomaco, che non fa che confermare l'attitudine guerriera del quartetto di Oslo, e la loro innata bravura. Bella forza ragazzi! (Francesco Scarci)

(Regenerative Productions)
Voto: 80

http://okularmetal.com/

Retarded Noise Squad - Bananas

#PER CHI AMA: Death Avantgarde Symph. Folk, Diablo Swing Orchestra, UneXpect
Vorrei iniziare questa recensione sottolineando in primis la massima disponibilità concessami dai Retarded Noise Squad quando li ho contattati, nel volermi inviare un paio di copie del loro nuovo cd ed una t-shirt, che sono state messe in palio nel primo contest del Pozzo dei Dannati. Ringraziando per questo positivissimo atteggiamento l'act teutonico, veniamo alla delirante proposta del quintetto di Halle, che torna in sella dopo ben otto anni dal precedente "Plastic Surgery and World Domination". Dieci pezzi per quasi 50 minuti di musica bizzarra che farà sicuramente la gioia di chi ama sonorità estreme non del tutto convenzionali. La conferma dell'imprevedibilità della band, oltre ad arrivare dalla cover cd, dalle liriche, dal titolo dei brani, giunge da quello che è l'elemento più importante, la musica. Si aprono le danze con "King Adiposity", fantastico brano di metal estremo contaminato dalla genialità e dalla schizofrenia dei nostri. Se qualcuno di voi si ricorda dei Carnival in Coal, potrà ben capire quale possa essere la proposta del combo, con ulteriori influenze che si palesano nelle successive tracce, proveniente da altri ambiti musicali (arrivando a scomodare addirittura i Mr. Bungle): nella seconda traccia, "Telepathic Trance" oltre a palesarsi l'eterea voce di una donzella, tal Dana Jurczok, al fianco delle harsh vocals del cantante, il sound mostra una verve elettro death metal che ci accompagnerà nel resto del disco. In "Die Geschichte von Suppenkasar" sembra emergere un che del finnico humpa humpa style, pur mantenendo come matrice di fondo una ritmica cadenzata all'insegna del death/thrash, infarcendo poi il tutto con una effettistica al limite dell'ubriacante. Sono alla quarta traccia e mi gira già la testa, stordito dai colpi inferti dall'act germanico. Oltre all'eccletismo derivante dai samples, e pesantemente dall'elettronica, ci si mettono comunque delle linee di chitarra mai perfettamente lineari, ricche infatti di cambi di tempo che si susseguono a ripetizione nel contorto sound dei RNS, mostrando anche una certa levatura tecnica. Ogni traccia è una storia a sè stante: "Killed with Respect and Compassion" nel suo farneticante sinfonico incedere, si dipana tra sonorità black sinfoniche, mediorientali e trance, a indicare quanto abbiano alzato l'asticella questi ragazzi dagli esordi del 2005. Certo non tutto suona alla perfezione, e direi meglio cosi, significa che ci sono ancora ampi margini di miglioramento per una nuova release dove ammirare o meglio godere delle inebrianti, fresche, esotiche e orchestrali sonorità dei pazzi Retarded Noise Squad. Se avete amato gli ahimé defunti Carnival in Coal, e ora seguite act quali Diablo Swing Orchestra, UneXpect o i malatissimi Sleepytime Gorilla Museum, senza tralasciare una menzione anche per il folkish metal dei Finntroll, non fatevi scappare neppure "Bananas", album pazzo pazzo pazzo, stracolmo di spunti estremamenti interessanti, che non vi deluderà. Camaleontici! (Francesco Scarci)

(Self)
Voto: 85

http://retardednoise.de/

venerdì 19 aprile 2013

Tsar Bomb - Noewarfare

#PER CHI AMA: Black/Death grind, Krisiun, Marduk
Che sonora mazzata nei denti! Non fosse altro che l’omonima ambientale intro mi avesse fatto assopire nel buio della mia stanza, quando è “Victorius Death” a irrompere violenta nel mio stereo, ho un sussulto: ossia quello di una bomba distruttiva lanciata da qualche migliaio di metri a devastare tutto quello che trova sotto di sé. Visioni apocalittiche in un periodo non certo semplice per la stabilità mondiale. La Corea del Nord che minaccia il mondo, gli attentati di Boston, la continua guerriglia in Afghanistan e Iraq, ed in questo contesto di distruzione, ben si colloca la proposta di grande impatto degli spagnoli Tsar Bomb. Tsar Bomb, che per chi non lo sapesse è il nome di una bomba ad idrogeno sovietica (il cui codice era Ivan e la cui potenza era 10 volte la potenza combinata di tutti gli esplosivi convenzionali usati nella seconda guerra mondiale), che negli anni ’60 ha minacciato il mondo occidentale. E correndo parallelo a queste condizioni guerrafondaie, il sound dei nostri si palesa come una vera arma di distruzione di massa, che nell’echeggiare della sua martellante ritmica, non può che rievocare la furia distruttiva di acts quali Marduk, Anaal Nathrakh o Krisiun, tanto per citare qualche nome. Ritmiche serrate che assomigliano per lo più al suono della contraerea missilistica irachena, le harsh vocals di Ocram, che sembra un feroce dittatore in preda alla follia belligerante, pronto a scatenare un’assurda guerra atomica che non può che segnare la fine del mondo e della nostra civiltà. Suoni oscuri quelli che popolano la title track, in cui finalmente c’è una piccola impercettibile sosta a concederci un attimo di sosta. Poi ancora dilagante, anche nell’effettistica e nelle tematiche delle liriche, gli echi della guerra lontana, che pian piano invece tende ad avvicinarsi, con tutta la sua brutalità e bruttura. Veementi e incazzati, gli Tsar Bomb hanno nelle proprie corde la capacità di annientare i propri nemici. Sia ben chiaro che il sound dei nostri non offre alcun spunto di novità, ma è in grado di offrire solo una colata lavica di roboante nero metallo fuso. Peccato poi che la batteria sia affidata al sintetico sound di una macchina, sarebbe stato interessante ascoltare il martellante incedere dei nostri con un drummer reale. Comunque convincenti. E distruttivi… (Francesco Scarci)

(Badgod Music)
Voto: 70

http://tsarbomb.bandcamp.com/