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domenica 22 maggio 2016

Soundscapism Inc. - S/t

#PER CHI AMA: Post Rock Acustico
Soundscapism Inc. è il progetto solista di Bruno A., ex membro dei portoghesi Vertigo Steps, un duo che aveva riscosso un discreto successo nella scena ambient-prog rock un paio di anni fa. Sulla falsariga del precedente lavoro, l'instancabile polistrumentista lusitano ha deciso di alimentare la sua inesauribile fiamma per la musica ambient/post-rock dando alla luce questo piacevole ed affascinante album. Il tutto è contenuto in un semplice jewel case dai colori tenui, dove in copertina si staglia l'immagine di una inquietante bambola rotta da cui escono degli alberi, una simbologia semplice ma forte allo stesso tempo. Le nove tracce sono la prefetta colonna sonora di un film onirico e surreale, come se Lars von Trier gli avesse commissionato l'intera produzione musicale di un suo film che racconta di spazi infiniti, dove cielo e terra sembrano non poter mai toccarsi, o quasi si trattasse di due amanti condannati all'infelicità eterna. La traccia di apertura, "The Breath Of Life And All Things The Sky Looked Upon", ne è l'esempio lampante. L'intro è una semplice armonia di campanelle che sembra uscito da un libro di fiabe e la sua precoce scomparsa viene rimpiazzata da un arpeggio di chitarra carica di riverbero e delay. Il tutto ricrea l'aura ricercata dall'autore, nel frattempo una voce parla (in tedesco mi pare) con un suadente tappeto di sintetizzatori ad arricchirne la trama che diviene via via più corposa, fino alla conclusione improvvisa, lasciandoci inebriati e allo stesso tempo un po' ansiosi per la repentina interruzione. "The Quiet Grand" fa proprie le sonorità tipiche dei The Cure, tra chitarre acustiche di accompagnamento e riff leggeri e melanconici, fino ad un totale di tre sovrapposizioni a riempire completamente lo spettro sonoro di questa traccia, sospesa tra ambient, post-rock e dark/new wave. Alcuni passaggi non sono ben definiti e rischiano di rubare sinergia al brano. Le tastiere fanno da filler e si arrichiscono anche di un leggero pianoforte, giusto per non farci mancare nulla, completando il tutto con la massima cura. "Sommerregen" cambia direzione: infatti è il primo brano dove si vede la collaborazione di un collega di Bruno alla voce, tal Flávio Silva, inoltre subentrano le percussioni, assenti in precedenza. Nota dolente è proprio la gran cassa che apre il brano, la timbrica è un po' troppo marcata per un brano di questa fattura, ma fortunatamente l'entrata degli altri strumenti ne attutisce il tono. Il brano alla fine è piacevole e l'innesto del cantato lo rende più pop, e potrebbe competere senza problemi con la attuale produzione commerciale, anzi, ne alzerebbe anche il livello artistico. Il vocalist cavalca le armonie e ne segue la corrente, si lancia anche in divagazioni alla Bono Vox, e se le può pure permettere visto che tecnicamente regge il confronto. Forse strizza troppo l'occhiolino alle sonorità dei primi album della band irlandese, comunque niente di illegale da segnalare. Il cambio a tre quarti si contamina di country/folk e la batteria (elettronica) ne rovina le atmosfere, questo a dimostrare che la scelta dei suoni è sempre la base di una buona produzione. Peccato per questo pugno nei timpani, davvero. Le altre canzoni si mantengono su un buon livello, anche se a volte la ripetitività negli accompagnamenti in acustico potevano essere sostituiti da altro più originale. Vorrei infine segnalare "Tomorrow´s Yesterdays", song che spicca per una salto notevole in termini di contenuto e atmosfere. Insomma quest'album di debutto è sicuramente da segnalare per gli amanti del genere, ma anche per chi si vuole concedere una pausa da sonorità più impegnative a livello uditivo. Ascoltato con cura si potranno percepire mille sfumature; per il futuro speriamo solo che Bruno cambi approccio per la sezione ritmica, allora sì che potremmo ritenerci soddisfatti. (Michele Montanari)

(Ethereal Sound Works - 2015)
Voto: 70

https://soundscapisminc.bandcamp.com/releases

sabato 17 ottobre 2015

Dream Circus – China White

#PER CHI AMA: Grunge, Alice in Chains, Soundgarden
Allora, confesso di trovarmi un po’ in difficoltà con questa recensione, essenzialmente per tre motivi principali. Primo: ho amato, e amo tutt'ora, l’alternative dei primi anni '90. Che lo vogliate chiamare grunge o meno, che venisse da Seattle o meno, i dischi di gente come Soundgardene e Alice in Chains (ma anche Nirvana, Pearl Jam, Screaming Trees, Mudhoney) sono stati i miei primi amori musicali, quelle sbandate da cui è difficile riprendersi. Secondo: tanto ho amato quella musica, cosí allo stesso modo ho provato sentimenti che vanno dalla noia al disgusto per tutta la pletora di band che, sull’onda dell’entusiasmo delle major, hanno cercato di cavalcare l’onda di quel successo. Penso quindi ai vari Candlebox, Creed, Staind, Bush, per tacere di Puddle of Mudd o Nickleback, davvero impresentabili. Terzo: i Dream Cricus si ispirano dichiaratamente ai primi (Alice in Chains in particolare) ma finiscono per assomigliare molto di piú ai secondi. Cercando di essere il piú possibile oggettivi, non si puó non riconoscere alla band lusitana la capacità di saper suonare con potenza e convinzione non inferiore a quella delle band sopra citate, non si possono non riconoscere il talento e le ottime qualità del vocalist James Powell, bravo a mantenere una certa personalità senza cadere nell’imitazione di questo o quel modello di riferimento. Cosí come l’esordio datato 2012, anche questo EP di sei brani, per poco piú di venti minuti di durata, conferma pregi e difetti che i Dream Circus condividono con buona parte di chi ha fatto il loro stesso percorso. Ovvero sono di sicuro bravi e capaci, i pezzi spingono molto sul pedale della potenza e dell’impatto, enfatizzando il lato metal del suono con gran dispiego di chitarroni e doppia cassa, ma non sono sempre memorabili. Un lavoro ben fatto, piacevole; e forse questo è quello che conta, anche se, in sostanza, 'China White' rimanda un’immagine bidimensionale, dove a potenza e aggressività non si aggiunge una terza dimensione, quella della profondità, che era ed è (basta ascoltare uno qualsiasi dei dischi del Jerry Cantrell solista) la vera marcia in piú di quella formidabile stagione. (Mauro Catena)

(Ethereal Sound Works - 2015)
Voto: 65

https://www.facebook.com/DreamCircus

domenica 2 agosto 2015

Secret Symmetry - Emerge

#PER CHI AMA: Rock Progressive, Alter Bridge
Ritorna l'etichetta portoghese Ethereal Sound Works e questa volta con i Secret Symmetry e il loro EP 'Emerge'. Il quintetto proviene da Lisbona ed è nato nel 2012 con il nome di Ipsis Verbis e durante l'anno successivo consolida l'attuale formazione, dedicandosi alla composizione dei brani. Nel 2014 registrano 'Emerge' con la supervisione di Fernando Matias (Moonspell) e la distribuzione da parte della Ethereal Sound Works all'inizio di quest'anno. L'Ep contiene cinque tracce ben arrangiate, come pure i suoni, dal taglio rock/metal progressive che richiamano i capisaldi del genere, ovvero Alter Bridge e Dream Theater. Tuttavia i Secret Symmetry riescono a non essere schiacciati dai pilastri del genere e riescono a creare una propria identità, più oscura, intima e se vogliamo anche eterea ed affascinante. Tutto è liscio, ovattato e smussato, quindi non aspettatevi cambi di direzioni o qualsiasi cosa che possa sorprendere l'ascoltatore. I brani vanno proprio dove immaginate, ma mantenendo comunque stile e personalità. "Broken Shards of Glass" è il brano di apertura dell'album e da cui è stato ricavato il video omonimo. La traccia di quattro minuti scarsi è una ballata rock, classica e caratterizzata da un assolo di chitarra dissonante, scelta un po' troppo coraggiosa visto che il resto della composizione è standard e non presenta altre velleità creative. Il brano prende vera vita dopo i tre quarti, lasciandosi alle spalle i riff un po' sdolcinati e incattivendosi il giusto. Azzeccata la scelta di includere un tastierista nella line-up, i cui suoni danno maggior atmosfera agli arrangiamenti e la chitarra riesce a fare il suo dovere, senza sentire la mancanza di una compagna di giochi. Basso e batteria sono ben affiatati e la loro sintonia giova al risultato finale, un'ottima amalgama che regala groove a non finire, senza mai stupire eccessivamente in termini di creatività. Il vocalist ha un bel timbro giovane e fresco, sa usare a dovere le sue doti e regala una certa emotività ai brani, peccato non siano stati inclusi i testi nel jewel box. A volte i vocalizzi ricordano Scott Stapp dei Creed e comunque si sente ancora un margine di miglioramento che potrà solamente giovare alla band. "Boogieman" mi ha subito attirato per il titolo e devo dire che l'inizio è buono, un'introduzione epica che richiama il genere sinfonico e poi parte di slancio con un bel riff aggressivo di chitarra. Il brano si evolve e si tinge di tenebre, il tutto rimarcato dal cantato che passa da una timbrica tenebrosa a una più positiva. Ottimo il fraseggio di piano che si intervalla durante il brano. I Secret Symmetry sono alla fine un'ottima band e questo EP mette a fuoco le loro doti, cinque tracce un po' altalenanti per quanto riguarda il mood (le ballad abbassano il livello di tensione dell'ascoltatore e rischiano di annoiare), ma il tutto è confezionato a dovere, come pure l'ottima grafica di copertina che mostra la duplicità della Terra, e innevate montagne che si riflettono su una distesa fitta di grattacieli e cemento. Aspetterò con piace il full length della band e intanto auguro loro buon lavoro perché possono ancora crescere e dare un ventata di freschezza ad un genere che spesso vive di malinconia e passato. (Michele Montanari)

(Ethereal Sound Works - 2015)
Voto: 70

lunedì 16 marzo 2015

Rotem – Dehumanization

#PER CHI AMA: Black/Death, Krallice, Gorguts, Deathspell Omega, Pestilence
Scoprire che dietro il progetto denominato Rotem si cela una one man band formata da un unico polistrumentista portoghese mi ha fatto rabbrividire. Il solo fatto che un musicista, al suo primo full lenght uscito nel 2014 per la Ethereal Sound Works, riesca ad immaginare, pensare, sviluppare e pubblicare un tale colosso sonoro mi riempie di gioia il cuore e mi fa gridare al miracolo! Il metal estremo non è ancora morto! L'impronta black/death del suono sotterraneo si incontra con il respiro forsennato delle opere dei Krallice e dei Deathspell Omega, coltivando un amore segreto per i Pestilence più progressivi e un tocco di romantica oscurità dei primissimi Paradise Lost ('Lost Paradise'). Una maligna voce esalta la carica nevrotica di una sezione ritmica in costante evoluzione, tra un growl e uno screaming stupendi e perfetti per incoronare un susseguirsi di istrioniche composizioni guidate da chitarre ricercatissime e violentissime che nelle prime tre tracce trovano l'apoteosi del proprio stile. "Dehumanization", "Human Condition Critical" e "Virtual Reality" spiazzano e distruggono l'ascoltatore che si trova di fronte ad uno spettacolo sonoro esplosivo che non teme rivali. Rotem suona senza mai dimenticare quanto lacerato deve essere il suono di una vera extreme black/death metal band. Il nostro eroe si diverte a destrutturare suoni e ritmiche come se i Gorguts suonassero una cover dei King Crimson, presentandoli con un'immagine di copertina stupenda, crudele e tenebrosa che non lascia dubbi né superstiti. Una figura umana con maschera antigas e un pelouche in braccio su uno sfondo completamente nero, mostra un vuoto emozionale impressionante ed una resa incondizionata nei confronti di un mondo autodistruttivo senza scampo, che associato al significativo titolo 'Dehumanization', offre una visione depressiva di una realtà post atomica di sicuro effetto negativo e destabilizzante. Undici brani contenuti in una scatola di suoni al vetriolo, agghiaccianti e letali, tutti da scoprire e assaporare senza pietà, con cover dei Celtic Frost annessa ("Procreation of the Wicked"). Un tornado devastante che tocca le mille varietà del metal estremo e del progressive metal più tecnico, rivisitandolo con intelligenza e originalità, tanta bravura e dedizione mostrata in brani complicati, sofisticati e urticanti. Quaranta minuti di ascolto che volano in un attimo, senza cadute d'intensità, per un lavoro geniale partorito da una mente perversa, superiore e decisamente deviata. (Bob Stoner)

(Ethereal Sound Works - 2014)
Voto: 85

Artic Fire - Lower and Louder

#PER CHI AMA: Grunge, Alice in Chains, Nirvana
Gli Artic Fire sono un trio portoghese nato del 2006 che con calma ha prodotto questo EP da poco uscito per la Ethereal Sound Works. I nostri tre musicisti si definiscono grunge addicted e i cinque brani di 'Lower and Louder' lo dimostrano senza ombra di dubbio. Tutto si rifà ai primi Nirvana, quelli inquieti e grezzi, fino agli Alice in Chains e ai Soundgarden. Non illudiamoci di trovare la stessa qualità compositiva e sonora però; dopo anni di lavoro uno si aspetterebbe che la band avesse concentrato il meglio del repertorio studiato e rifinito in sala prove. Qui in realtà è ancora tutto grezzo, sporco e urlato, ma se non sei una band di Seattle degli anni '90, difficilmente l'ascoltatore contemporaneo si strapperà i capelli gridando al miracolo. "Running" racchiude tutto ciò, senza tanti fronzoli. L'intro è minimal, voce e basso a dare l'attacco al brano che viene subito rinvigorito da chitarra e batteria. La prima soffre però di una registrazione fatta approssimativamente, con un suono scarno e poco incisivo. Anche il resto degli strumenti sono allo stesso livello, ma è meno percepibile grazie alla maggior attenzione concessa alle ritmiche. Il cantato è in inglese ed ovviamente si rifà allo stile del compianto Kurt Cobain e il confronto è un match perso in partenza. "Prozac Addict" prova la strada della brano simil-folk in versione ballata e dopo un'inizio di chitarra acustica che fa ben sperare, il brano si affossa rallentando bruscamente su l'arpeggio di chitarra (che nel frattempo è diventata elettrica). Sembra un brano messo su raccattando riff qua e là, infatti verso la fine la canzone accelera di nuovo, dimenticandosi dell'introduzione. Probabilmente la chitarra acustica si è sfasciata da qualche parte e ora giace sola e incompresa in un angolo. "Take Me All Way" è il brano più lungo, quasi a rappresentare la prova artistica degli Artic Fire. L'inizio del brano richiama le chitarre minimaliste di Jack Frusciante e poi si alterna il ritornello più incisivo, ma non abbastanza. Tutto questo si protrae per tutta la traccia e nulla si oppone alla noia che imperversa sovrana. Sufficienza risicatissima nella speranza che un futuro album riparatore dimostri che la band abbia davvero qualcosa da dire, con un livello qualitativo maggiore. (Michele Montanari)

(Ethereal Sound Works - 2015)
Voto: 60

sabato 15 novembre 2014

Punk Sinatra - O Monstro Acordou

#PER CHI AMA: Punk Rock
Torniamo in Portogallo perché l'instancabile Ethereal Sound Works ha prodotto un'altra band, i Punk Sinatra. Il quintetto di Lisbona nasce nel 2003 dalle ceneri di altre band della zona e le idee sono subito chiare. Fare punk-rock, cantare in portoghese e suonare dal vivo il più possibile. Tutto questo si realizza in circa dieci anni di attività e alla fine del 2013 i loro sforzi vengono premiati con l'uscita di 'O Monstro Acordou' ( il mostro risvegliato). Dieci brani che mescolano punk/rock con venature di folk/ska, quindi musica spensierata, veloce e piena di cori. Il cd apre con "Espirito de Suburbio", un brano di per sé complesso perché mantiene la stessa sezione ritmica di basso e batteria per tutto il brano, ma nel frattempo la chitarra si sbizzarrisce con riff e assoli veloci. Questo per far capire subito che non siamo di fronte ad una band di quindicenni che ha scelto il punk per ovviare ai loro limiti tecnici, infatti i Punk Sinatra viaggiano alla grande e cercano pure di non cadere nei classici stereotipi del genere. In effetti i ragazzi lusitani sono più simili ai The Clash che ai Ramones, proprio per la loro voglia di sperimentare ritmiche diverse e mettere anche più tecnica rispetto ai soliti quattro accordi alla Ligabue. Ed ecco che "Skapa do Sistema" vi trasporta sulle paradisiache spiagge giamaicane a ritmo di ska che poi si trasforma e diventa un brano rock. Suoni semplici, questo perché i protagonisti sono i riff, la ritmica e il cantato che in portoghese aggiunge quella sfumatura in più che aiuta. Le doti del vocalist non fanno gridare al miracolo ma si fondono bene con gli arrangiamenti e i vari cori aiutano a rafforzare i brani e il loro timbro. "Andas aì" inizia con un bel giro hard rock alla vecchia maniera, di quelli goderecci e ignoranti come piacciono a noi, nostalgici. La vena punk affiora grazie alla sezione batteria/basso per velocità e schema, ma il resto è puro rock, come gli assoli e i vari fraseggi. A metà brano c'è addirittura un rallentamento da headbanging, mitici. Questo a conferma che i Punk Sinatra si divertono nel mettersi in gioco mostrando che non si chiudono ermeticamente in un genere e mostrano con orgoglio il bagaglio artistico dei vari componenti. Un cd ben fatto da persone che credono in quello che fanno, con lo spirito da teenager ma con gli attributi di chi ha visto un po' d'acqua passare sotto i ponti. (Michele Montanari)

(Ethereal Sound Works - 2014)
Voto: 75

sabato 8 novembre 2014

Vertigo Steps - Disappear Here In The Reel World: A VS Coda

#PER CHI AMA: Progressive Rock, Porcupine Tree
I Vertigo Steps sono un progetto del duo finnico/portoghese formato nel 2007 da Bruno A. (all guitars, keys, programming & samples, music) e Niko Mankinen (lead vocals), che si avvale di Daniel Cardoso (drums, bass, backing vocals ) come session e di altre collaborazioni. 'Disappear Here in the Reel World: A VS Coda', si propone come un sunto del background della band, creando un'antologia che pesca dalla discografia del gruppo dall'album d'esordio 'Vertigo Steps' del 2008, all'ultimo 'Surface/Light' del 2012, passando per 'The Melancholy Hour' (2010). Già dai primi tre brani, che formano ognuno uno step nella discografia dei Vertigo, si può avere un assaggio della crescita del gruppo dagli esordi a oggi. "Fire Eaters" si presenta fra i tre come il brano meno ispirato e dalle tendenze eccessivamente commerciali, soprattutto per quanto riguarda la sezione iniziale e la sua ripresa finale, la parte che sta nel mezzo è invece più interessante, con chitarre acustiche, note stoppate e sovrapposizioni vocali a creare un alone sonoro dal gusto più sperimentale. Purtroppo una produzione che privilegia troppo la sezione chitarristica toglie respiro alla parte vocale e gli altri strumenti. "Silentground" alza il tiro e la posta in gioco, con un sound più omogeneo e idee negli arrangiamenti e nei temi più interessanti, pur mantenendo strutture e atmosfere simili al brano d'apertura. Eccellenti sono le prestazioni della chitarra solista, come le suggestioni melodiche e le scariche elettriche che porta con sé. Solamente con "Railroads of Life" viene però completato il viaggio attraverso questo ideale trittico d'apertura che passa in rassegna gli archivi della band dal 2008 al 2012. Il pezzo si apre con una chitarra acustica che inaugura una delle semi-ballad più belle di quest'antologia, essa dialoga con il caldo registro basso del vocalist e viene puntellata da interventi delle chitarre soliste. All'esplodere della seconda sezione del pezzo stupiscono anche le registrazioni di dialoghi parlati e gli interventi di una voce femminile dal sapore orientale. In "The Swarming Process" un'introduzione accattivante cattura subito l'attenzione. Un brano davvero interessante, che mischia arrangiamenti metal a un atteggiamento post rock e a una linea vocale dal timbro suadente e levigato, malgrado l'uso del registro alto del vocalist. Il giro di basso che domina la strofa iniziale è davvero efficace tanto da risaltare come il punto di forza su un pezzo dai molti spunti intriganti. Un'altra semi-ballad si affianca a Railroads of Life. "The Porcupine Dilemma", il cui titolo rimanda subito alla band fondata dall'eclettico Steven Wilson, si presenta in ultima analisi come un pezzo enigmatico, infatti quello che può sembrare un brano orecchiabile e immediato nasconde vie traverse percorse dalla struttura e dal sound che portano subito l'ascoltatore a fermarsi e rimandare il pezzo da capo. Intro e autro portano con sé tocchi cristallini di triangolo, e una strofa ruvida ma malinconica che sfoga nella parte centrale del pezzo il un grido corale supportato da un muro di chitarre ritmiche dagli accordi ostinati. Chitarra acustica, armonici naturali e piatti accompagnano l'apertura di "INhale". La voce si muove su un registro medio-basso quasi esalato e leggermente filtrato nella parte iniziale e la struttura è costituita in un crescendo continuo che domina sempre più imponente fino al finale. Difficile definire semi-ballad una struttura così aperta e semplice che si muove in linea retta, il suo tramonto altrimenti ripetitivo viene giustificato e valorizzato da tale struttura a sovrapposizione sonora. "Through Sham Lenses", con una bella chitarra in clean iniziale, si presenta come un pezzo dalle forti influenze di band come gli U2, specie nelle vocals, il tutto trasportato nella stile proprio della band. Un pezzo che senza troppe pretese prende con molta efficacia già dal primo ascolto. Da un fade in esplode "The Spider & The Weaving", un pezzo che lascia poco spazio ai ragionamenti e s'impone per la sua possente fisicità. La potenza della batteria domina, le chitarre l'attorniano dialogandovi, la voce prolunga questa forza. Inaspettatamente il brano viene spezzato da un intermezzo di piano dal sapore malinconico, per poi riprende nel finale l'iniziale forza poi sfumando questa volta in fade out. "Silent Bliss", brano dal sound molto moderno e curato, non riesce a imporsi ulteriormente a livello compositivo, passando leggermente inosservato, certo è che questo assaggio tratto dall'ultimo lavoro dei nostri trova il suo perché in un alone sonoro ricco di riverbero che permea musica e voce. "Someone (Like You)" è la prima vera ballad dell'album. Dall'arrangiamento nella prima parte minimale e nella seconda più pieno, dai cori e dalle sovrapposizioni vocali e infine dall'andamento ritmico andante ma calmo, s'intuisce l'intenzione di creare un'esperienza istintiva, fatta di impressioni sonore più che di strutture tematiche distinte e sfoggio di perizia tecnica fine a se stessa. I brividi sono assicurati già all'apertura di "Nothing At All". Magistrali l'interpretazione del vocalist e la sua versatilità nel muoversi tra registri bassi e caldi e falsetti morbidi. Tutta la prima sezione si muove calma tra chitarre clean minimali e samples dai suoni di batteria elettronica e un piano che incanta e adombra il tutto contemporaneamente in un'atmosfera strana e surreale non priva di un lucente fascino. La seconda sezione si rivela più piena nell'arrangiamento, espediente strutturale che rimanda nel brano precedente. Dal nulla nasce "Synapse (Sleepwalking Metaphorms)", che assieme a "Railroads of Life", "The Swarming Process", "The Porcupine Dilemma" e "Nothing at All" sale sul podio dei 5 brani più validi e interessanti di questa raccolta. Dolce chitarra acustica, interventi corali come aure pulsanti di suono, brandelli di registrazioni di dialoghi prima dell'entrata di basso e batteria. La voce si sovrappone alla chitarra clean dell'inizio e a questo morbido tappeto della sezione ritmica. Finché non esplode la granata del chorus dalla chitarra ritmica che strizza l'occhio al metal. L'ultima parola va alla chitarra solista che chiude la porta al chorus per aprirla a una ripresa della strofa iniziale. Questo rapporto cangiante tra esplosione e implosione tra queste sezioni portanti costituisce l'ossatura del brano. L'assolo di chitarra centrale, supportato da una forte ritmica derivata dal chorus si fonde a essa, in una metamorfosi impercettibile che porta alla lunga coda delle chitarre in larsen. A chiudere questo notevole excursus tra la discografia della band vi è "Sunflowers/Remissions", e mai titolo poté meglio descrivere questo gioiello strumentale cui le chitarre acustiche e le elettriche in clean, dai molteplici timbri, donano linfa vitale. Il pezzo in realtà è strutturato in due parti, divise da una frase parlata, quasi sussurrata, per lasciare infine spazio alla musica dove le parole non possono arrivare. I Vertigo Steps hanno la freschezza e lo stile di band come gli Alter Bridge unite alla sensibilità espressiva e la cura nel sound di band come i Porcupine Tree. Grazie a questo viaggio negli archivi del gruppo dagli esordi agli ultimi lavori è possibile notare una maturazione nella qualità del sound, specie per ciò che concerne gli equilibri tra le molteplici traccie nel mixaggio. L'artwork si mantiene sempre raffinato ma moderno e dall'alta professionalità. Malgrado gli eterogenei spunti stilistici la band riesce a creare comunque uno stile personale e omogeneo, anche considerando la discografia nella sua interezza. L'originalità, seppur calibrata alla fruibilità di un ascolto da parte di un ampio spettro di pubblico proveniente da più generi, appare sempre in modo ragionato e mai disorientante, riuscendo comunque a dare un tocco di classe a questo progetto che unisce idealmente il freddo nord europa al caldo sud. (Marco Pedrali)


(Ethereal Sound Works - 2014)
Voto: 80

sabato 11 ottobre 2014

Levities - Dead Bouquet

#PER CHI AMA: Punk
Se il rock non morirà mai, anche il punk sembra non voler mollare. La scena portoghese (Lisbona) si arrichisce di un'altra band e precisamente due ragazzi e due ragazze, i Levities. Nati nel 2011, rilasciano 'Dead Bouquet' all'inizio di quest'anno sotto la Ethereal Sound Works, etichetta indipendente portoghese. Ben quattordici pezzi in puro stile punk, quindi veloci e altrettanto brevi, giusto per omaggiare band come The Stooges e Pixies. I pezzi sono molto simili tra loro, quanche intro potrebbe essere considerata grunge, ma poi suoni e arrangiamenti non lasciano dubbi circa l'indole della band. Il vocalist sfoggia un bel timbro, sufficientemente maturo e poco fastidioso, inoltre si prodiga anche come chitarra solista. Non aspettatevi prodigi iper tecnici, che nel punk sarebbero anche sprecati. La sezione ritmica sostiene il tutto, senza tanti fronzoli e sfruttando le sonorità adatte, il tutto miscelato anche in maniera dignitosa. "Slit My Tongue" e "Metal Chain" si fanno ascoltare, vuoi per qualche richiamo ai primi Nirvana, come il cantato e la rabbia dei riff, secchi e mediosi come andava negli anni '90. "Little do They Know", da cui è stato tratto un discreto video, fa assaporare a pieno le sonorità dei The Stooges, a cui probabilmente i Levities si ispirano maggiormente. Meno di tre minuti che volano via leggeri e senza impegno. Alla resa dei conti 'Dead Bouquet' non è male, musica che potete ascoltare anche senza particolare concentrazione e che vi può accompagnare in macchina, sia che siate nati negli anni '90, sia che li abbiate vissuti da adolescenti. (Michele Montanari)

giovedì 21 agosto 2014

And Then We Fall - Soul Deserts

#PER CHI AMA: Rock Dark Folk
Dopo tante distorsioni, ritmiche furibonde e urla strazianti, è piacevole fare un washout mentale e uditivo con melodie rock\folk\dark new wave, magari da un paese che non ha una vasta scena di questo tipo, come il Portogallo. Il quartetto degli And Then We Fall (ATWF) debutta con questo cd uscito lo scorso febbraio sotto l'etichetta lusitana Ethereal Soundworks; andiamo quindi ad ascoltare le dieci tracce contenute nel semplice, ma curato jewel case. Dalle foto del loro profilo facebook si nota che gli elementi del gruppo non sono dei giovani sprovveduti, sicuramente hanno qualche anno di esperienza passato in diverse formazioni. Subito si nota l'utilizzo di suoni molto puliti, cristallini che bene si sposano con l'angelica voce della cantante, leggermente impreziosita da un riverbero aggiunto in post produzione. Il pezzo di apertura è "Ancient Ruins" che racchiude in sé tutto il background della band ed è caratterizzato da suoni puliti, ricchi di riverbero e infinita profondità. Cori eterei accompagnano il cantato e una ritmica veloce, ma mai invasiva, trascina il brano rendendolo dinamico e piacevole all'ascolto. "Until the Morning Comes" mostra il lato più rock della band, con un riff di chitarra dal suono quasi noise e una sezione ritmica classica e senza tanti fronzoli. Gli stessi arrangiamenti non esplorano nuovi orizzonti, ma nel complesso il tocco della band permette di dare una propria identità al brano. "Soul Deserts" invece è una traccia molto introspettiva, che prende a piene mani dal vasto scenario dark degli anni '80-'90, introducendo anche una linea di flauto, che mette in mostra un attaccamento alla vena folk da parte della band. Tutto sommato una band interessante, che va controtendenza senza farsi particolarmente influenzare dalle mode del momento, che vede gruppi più giovani spaziare nel pop, mirando puramente al riscontro del pubblico. Magari a discapito del proprio piacere di suonare e comporre. (Michele Montanari)

(Ethereal Soundworks - 2014)
Voto: 75 

mercoledì 4 giugno 2014

The Melancholic Youth of Jesus - Gush

#PER CHI AMA: Alternative, Shoegaze, Jesus and Mary Chain, Yo La Tengo
The Melancholic Youth of Jesus è il moniker dietro il quale si cela prevalentemente la creatività del portoghese Carlos Santos, che calca le scene dai primissimi anni '90, tanto da diventare un nome di culto nell’underground europeo. Dalle “scarne” informazioni rintracciabili in rete, si evince che questo 'Gush' sia una sorta di raccolta di singoli, b-sides o rarità usciti negli ultimi anni nei formati più disparati, che mai avevano trovato spazio su album ufficiali. Santos fa quasi tutto da solo, scrivendo e suonando praticamente tutta la musica incisa in questo lavoro, salvo qualche piccolo aiuto qua e là. Il sound dei TMYOJ è ben radicato in quello dell’alternative di matrice prevalentemente chitarristica che ha caratterizzato buona parte degli anni '80 e '90, da entrambe le parti dell’Atlantico, prendendo come riferimenti tanto lo shoegaze dei Jesus and Mary Chain, quanto il suono stratificato degli Yo La Tengo. Pur senza mai raggiungere le vette compositive dei modelli, Santos mette in mostra una grande capacità di creare melodie zuccherose e ritornelli catchy, ben nascosti sotto strati di chitarre grattugiate e sprazzi elettronici di buon impatto. La prima metà della scaletta mette in fila una serie di brani estremamente orecchiabili e dal potenziale molto elevato, come "Paralized" e "Sugar", doppietta che apre l’album, vicina alla psichedelia sfacciata dei Dandy Warhols. Il gioco riesce bene anche con "Detroit" (drum machine inesorabile, feedback chitarristici e basso distorto) e "Insensitivity" (sorta di ibrido tra il paisley underground velvettiano dei Dream Syndicate e i Placebo). Una canzone come "Theme for Ambition" poi, potrebbe aver venduto qualche milione di copie una ventina di anni fa, con quella atmosfera sospesa tra Billy Idol e Dinosaur Jr. Da "Computer Girl" e fino alla fine del disco, emergono elementi diversi come un uso piuttosto massiccio dell’elettronica che sporca le ritmiche e la voce, rendendo l’aria improvvisamente più scura, come la notte che cala di colpo, senza preavviso. E proprio questi ultimi quattro brani sono quelli meno convincenti, nel loro voler rimandare ad atmosfere synth-gothic un po’ fuori tempo e fuori contesto. In definitiva un disco degno di attenzione da parte di un personaggio meritevole di grande rispetto, che pare sia già al lavoro su nuovo materiale. (Mauro Catena)

(Ethereal Sound Works - 2013)
Voto: 65

domenica 4 agosto 2013

Via Sacra - The Road

#PER CHI AMA: Heavy Metal, Iron Maiden
Primo lavoro per la neonata band portoghese, uscito nell'autunno 2012. Geniale è il packing: in cartone, per prendere il cd basta sfilare e aprire un'aletta rotonda (riportante i colori della copertina). In questo modo si evita di rovinare la custodia e occupa minor spazio rispetto alla stessa in plastica. Unica pecca è l'assenza del booklet (ma per vedere le loro facce basta andare sulla loro pagina myspace). "Jimmy's Life" inizia con un giro di chitarra in stile anni '80: la prima cosa che mi salta in mente circa la voce del cantante è "ma sembra Bruce Dickinson!". Tutta la song, assieme anche a "No Lies", segue il filone dell'hard rock energico e veloce, con qualche assolo di chitarra che ti porta direttamente nell'air guitar. "Lost World" e "Black Angel" sono già più rallentate, melodiche, ma il vigore rimane tale e quale: ciò che è aumenta invece è il pathos. Decisamente da cantare a tutta voce. "Souls of Fire" ha un riff iniziale di basso squisito, a cui fanno seguito chitarra e tastiere vigorose e morbide al tempo stesso. Più si procede con l'ascolto, più mi carico di energia positiva: questa è magia! . "Storm in your Soul" e "Never Come Back Home" sono brani più introversi dove il vocalist porta la voce ai due estremi: nella prima tocca il livello più alto, sottolineando la fortissima somiglianza con il buon vecchio Bruce, mentre nella seconda rasenta tonalità più gravi. Brani intrisi di una forza interiore coriacea che lasciano il segno. "Baby Baby" dal ritmo incalzante, ricorda vagamente i Kiss, specialmente negli acuti del corista, oltre che nel largo uso delle tastiere. "Secret Garden" è la mia traccia preferita: note campionate aprono e caratterizzano questo pezzo, rendendolo più cupo e tetro. Estroso! Con "The End of the Road" si arriva alla fine: chitarra aulica all'inizio, per tornare alla risolutezza di base di questo ensemble. Per chiudere, dico che questo è l'album hard rock che più preferisco: non trovo un termine adatto per esprimere la grandezza di questo lavoro. Per me può anche essere definito capolavoro. Bravi!!! (Samantha Pigozzo)

(Ethereal Sound Works)
Voto: 85

https://www.facebook.com/viasacraband

martedì 15 gennaio 2013

Mandibula - Sacrifical Metal of Death

#PER CHI AMA: Doom metal anni '80, Celtic Frost, Nortt
Questo cd, firmato Mandibula è la riedizione 2012 fatta uscire dall'etichetta Ethereal Sound Works/Caverna Abysmal del loro demo prodotto in precedenza nel 2010. I Mandibula sono una one man band portoghese di cui si sa molto poco e la loro musica è carica di suggestioni doom e assai oscura. Capiamoci subito, il sound di questo cd risulta interessante solo se si riesce ad entrare nei meandri allucinogeni e tenebrosi di questo musicista misterioso. I canoni sonori, a dispetto del titolo, sfuggono dalle premesse metal ma mantengono le cadenze doom (le parti migliori del disco) più o meno per tutto l'album. Sono parecchie le stranezze stilistiche che possono essere scambiate per incompetenza musicale, cominciando dai suoni che sembrano registrati in una vecchia cantina o l'uso di una drum machine di sottomarca , le ossessive, infinite e ripetitive ritmiche delle chitarre, oppure quella voce che si divide tra l'essere un rude predicatore e un vocione che urla misteriosi anatemi infernali in lingua madre. Alla fine tutto il lavoro risulta instabile, soprattutto per il modo di cantare/ urlare, appesantito da una lingua molto ostica per questo genere musicale e dalla poca fantasia nella costruzione dei brani. In ultima analisi l'album risulta comunque interessante, di difficile presa ma molto personale. Bisogna calarsi nell'oltretomba per apprezzarlo, con il suo incedere oppressivo e le sue sonorità a metà strada tra il Doom - Batcave sound anni '80 e i primi Celtic Frost rallentati; a dovere si rischia di perderne il senso e metterlo subito da parte. In realtà un ascolto ne vale la pena, è un'esperienza da tentare anche se un po' pericolosa. Immergersi tra le sue tenebre può essere liberatorio e divenire un alibi o un pretesto per ascoltare qualcosa di molto molto sotterraneo che non vedrà mai la luce del sole. Entrare nelle viscere dell'inferno sacrificale della morte di questa band di certo non lascia inalterate le nostre orecchie nel bene o nel male. Ascoltare per giudicare! (Bob Stoner)

(Ethereal Sound Works)
Voto: 65

http://www.myspace.com/mandibula666

lunedì 16 luglio 2012

Rainy Days Factory - It’s Your Time

#PER CHI AMA: Post Rock, Dark, Fields of the Nephilim, The Cure, Mogway
Buffo, avevo contattato l’Ethereal Sound Work per l’album dei Vertigo Steps; lo ricevo, con questo bonus cd in omaggio e mi ritrovo a recensire per primo proprio quest’ultimo, un trio proveniente da Lisbona, chiamato Rainy Days Factory. 4 song per quasi 20 minuti di musica. Un sound che trae origine dal dark anni ’80, nella vena di The Cure e Fields of the Nephilim, che colpisce per quella sua linea di basso già dall’iniziale “All About Love”, cosi malinconica, grazie alla voce oscura di Oscar Coutinho. Il basso apre anche la seconda “See the Light”, seguita immediatamente dalla voce di Oscar e progressivamente da un’eterea chitarra e dal drumming punkeggiante di Johnny. Mi sembra di essere catapultato ai primi anni ’80, una sensazione piacevole di deja vu, che colpisce per la semplicità e la linearità dei suoi suoni. Nulla infatti di trascendentale c’è nella proposta di questi Rainy Days Factory, se non quella verve uggiosa, emotivamente instabile, che ha da sempre contraddistinto le band British che in passato hanno proposto questo genere. Ci avviamo già lentamente verso la conclusione dell’EP e “Autistic Eyes”, non fa che confermare quanto di buono abbiamo ascoltato fin qui anche se mi sembra che la band nutra qualche difficoltà nel diversificare la propria proposta, lasciando sempre ampio spazio al pulsare magnetico del basso e alla voce del buon Oscar, i protagonisti di questo “It’s Your Time”. A chiudere ci pensa “Sorry”, altro esempio di sound tipicamente dalle tinte rossastre, tipiche del tramonto, della decadenza, della stagione autunnale, della fine di un moto impetuoso che mi ha cinto gola, anima e cuore. Deprimenti. (Francesco Scarci)

(Ethereal Sound Works)
Voto: 65

martedì 22 marzo 2011

Secrecy - Of Love and Sin


Siete in un momento in cui vi sentite contenti o comunque positivi? Avete voglia di ascoltare un po' di metal “leggero”, senza troppo impegno? Allora i Secrecy sono la soluzione che fa per voi. Questa band portoghese, formatasi nel lontano 2001, mescola sonorità rock al love metal tipico degli HIM, rendendo il lavoro di facile e piacevole ascolto. "Last Embrace", la opening track, presenta la voce della tastierista Lisa Amaral aggiunta a quella più greve di Miguel Ribeiro (non credo sia parente del buon Fernando, vocalist dei Moonspell, ma mi informerò), rendendo il tutto meno zuccheroso (dopotutto si parla di love metal, mica altro) e il ritmo ben radicato nella mente (sfido chiunque a non canticchiarla almeno una volta). Le tastiere sono ben presenti, come anche qualche assolo di chitarra: questo mi porta alla mente anche i nuovi Sirenia, ma più leggeri. I temi si incupiscono un po' con "The One that Death Deserves to Find": infatti qui passiamo a trattare la morte (amore e morte d'altro canto vanno a braccetto no?), ma sempre col pensiero fisso all'amata. Il brano si apre con una bel growling accompagnato dalle chitarre (e meno inserti di tastiera). La voce femminile di Lisa è meno accentuata, ma i suoi interventi sostengono egregiamente i toni oscuri di cui si tinge il brano. Con "Don't Leave Me Scarred" si torna ad un sound più rockeggiante e meno gotico, cosi come pure la voce di Ribeiro che torna a farsi pulita (assomigliando a quella di Villie Valo): tutto il brano sembra fatto apposta per accompagnare l'ascoltatore in un viaggio in auto (ammetto di aver pure accelerato durante il suo ritornello), per quanto sia canticchiabile. Nessuna traccia delle female vocals stavolta, ma qualche buon assolo di chitarra si. Con "Shadows Call" ci si muove sempre più in direzione degli HIM (con una somiglianza quasi imbarazzante), parlando ovviamente del fenomeno del momento: vampiri. Niente voci femminili, il cantato maschile si fa più basso ma perfettamente riconoscibile, tocchi di pianoforte per rendere il tutto adatto per il nuovo (o quasi) stile di vita giovanile: gli emo. "The Scarlet Dawn" riprende le medesime atmosfere della precedente senza però scadere nella ripetitività; vocals femminili, suoni campionati che si accompagnano bene alla voce roca. Ancora qualche altra song da canticchiare, qualche ritornello ruffiano e il giochino è fatto. Ultima menzione per "Angel Crimson Tears", a mio avviso progettata per un concerto in quanto sono certa darebbe il meglio di sé sul palco, mentre la folla composta per lo più da ragazzine urlanti inizierebbe a saltellare e strillare. Il ritmo è frenetico, le voci sono urlate, sarei curiosa di vedere quanti rimarrebbero fermi di fronte a questa canzone, senza nemmeno muovere un po' la testa. Solo alla fine dell'album; con "Since You've Gone Away" (ah l'amor perduto...) i nostri lusitani tirano fuori le unghie e dimostrano di poter fare qualcosa che rappresenti il metal vero e proprio! La batteria si fa potente, la ritmica d'accompagnamento e la voce più incazzata... questo brano mi piace proprio, non c'è che dire, cosi come la conclusiva "Another Dimension... with Angels and Demons" che riprendendo il sound della track precedente, presenta toni più mesti e angoscianti, con il ritmo più lento e pesante; persino la voce di Lisa è più triste, il che dà una forte sensazione di smarrimento. Album consigliato agli amanti di questo genere di sonorità, gli altri si tengano alla larga. (Samantha Pigozzo)

(Ethereal Soundworks)
Voto: 65

domenica 3 ottobre 2010

Painted Black - Cold Comfort

#PER CHI AMA: Gothic, Dark, Doom, Moonspell
L'Ethereal Sound Works mi ha inviato questo cd dei portoghesi Painted Black ed inevitabile, ogni qualvolta sento nominare Portogallo, l'associazione che la mia mente va a fare è con il nome Moonspell, forse perché sono ancora alla disperata ricerca dei degni eredi della band di Fernando Ribeiro e soci. Ecco quindi che mi appresto, con un certo interesse, ad ascoltare i Painted Black sperando di riscoprire vecchi suoni mai dimenticati ("Irreligious" o "Wolfheart"). Diciamo che la proposta dell'act lusitano è un mix ben bilanciato tra sonorità gothic, doom e in taluni frangenti death (ma mai con toni troppo esasperati). Ecco, il mio sogno di rivivere quei suoni di metà anni '90 si infrange immediatamente dalla traccia posta in apertura, "Via Dolorosa", che si rivela più un mix tra gothic, rock e doom, dove l'unico elemento death è rappresentato dalle growling vocals di Daniel Lucas. Il sestetto originario di Tortosendo, nella seconda "Shadowbound" accentua più il lato gothic dark del proprio sound, con clean vocals e un sound molto ragionato, atmosferico quasi romantico, anche se nella sua parte centrale vive il momento più estremo, con la ricomparsa di ritmiche tirate e growling vocals, stemperate nella sua parte conclusiva da delicati tocchi di pianoforte e melodici giri di chitarra. "Cold Comfort" articola il proprio sound su questa tematica di fondo anche se la terza "The End of Tides", la mia preferita, pesca un riff di chitarra dalla produzione dei finlandesi Rapture proseguendo poi su sonorità simili all'ensemble nordico, alternando momenti di furia elettrica con ambientazioni che finalmente (forse per l'approccio vocale) ricordano i Moonspell più oscuri delle ultime produzioni. Per carità, siamo lontani anni luce dagli epici esordi dei ben più famosi colleghi, però l'act, ora di stanza a Lisbona, mostra una certa disinvoltura nel muoversi in territori prettamente gotici, impreziositi da riffs di chiara matrice finlandese. Bello, mi piace, cosi come pure è interessante la semi-ballad "Absent Heart" che fa da apripista alla title track, song aggressiva, in cui tutti gli elementi del six-pieces convergono in un sol colpo: ritmiche aggressive, vocals corrosive alternate a voci pulite, momenti delicati, ambientazioni gotiche che ci consegnano una band ancora acerba e priva di una propria spiccata personalità ma che ha tutte le carte in regola per far bene in futuro. Certo, non saranno i nuovi Moonspell, e chissà mai se avrò modo di risentire quei meravigliosi suoni, ma intanto mi lascio cullare dal sound tormentato ed inquieto di questi Painted Black, sperando che il futuro mi riservi interessanti e quanto mai inaspettate sorprese... (Francesco Scarci)

(Ethereal Sound Works)
Voto: 70