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sabato 17 ottobre 2015

Dream Circus – China White

#PER CHI AMA: Grunge, Alice in Chains, Soundgarden
Allora, confesso di trovarmi un po’ in difficoltà con questa recensione, essenzialmente per tre motivi principali. Primo: ho amato, e amo tutt'ora, l’alternative dei primi anni '90. Che lo vogliate chiamare grunge o meno, che venisse da Seattle o meno, i dischi di gente come Soundgardene e Alice in Chains (ma anche Nirvana, Pearl Jam, Screaming Trees, Mudhoney) sono stati i miei primi amori musicali, quelle sbandate da cui è difficile riprendersi. Secondo: tanto ho amato quella musica, cosí allo stesso modo ho provato sentimenti che vanno dalla noia al disgusto per tutta la pletora di band che, sull’onda dell’entusiasmo delle major, hanno cercato di cavalcare l’onda di quel successo. Penso quindi ai vari Candlebox, Creed, Staind, Bush, per tacere di Puddle of Mudd o Nickleback, davvero impresentabili. Terzo: i Dream Cricus si ispirano dichiaratamente ai primi (Alice in Chains in particolare) ma finiscono per assomigliare molto di piú ai secondi. Cercando di essere il piú possibile oggettivi, non si puó non riconoscere alla band lusitana la capacità di saper suonare con potenza e convinzione non inferiore a quella delle band sopra citate, non si possono non riconoscere il talento e le ottime qualità del vocalist James Powell, bravo a mantenere una certa personalità senza cadere nell’imitazione di questo o quel modello di riferimento. Cosí come l’esordio datato 2012, anche questo EP di sei brani, per poco piú di venti minuti di durata, conferma pregi e difetti che i Dream Circus condividono con buona parte di chi ha fatto il loro stesso percorso. Ovvero sono di sicuro bravi e capaci, i pezzi spingono molto sul pedale della potenza e dell’impatto, enfatizzando il lato metal del suono con gran dispiego di chitarroni e doppia cassa, ma non sono sempre memorabili. Un lavoro ben fatto, piacevole; e forse questo è quello che conta, anche se, in sostanza, 'China White' rimanda un’immagine bidimensionale, dove a potenza e aggressività non si aggiunge una terza dimensione, quella della profondità, che era ed è (basta ascoltare uno qualsiasi dei dischi del Jerry Cantrell solista) la vera marcia in piú di quella formidabile stagione. (Mauro Catena)

(Ethereal Sound Works - 2015)
Voto: 65

https://www.facebook.com/DreamCircus

sabato 8 giugno 2013

Dream Circus - Land of Make Believe

#PER CHI AMA: Grunge/Alternative, Soundgarden, Alice in Chains
Sapete che per me alcuni lavori hanno la capacità di funzionare come una macchina del tempo. Quando li ascolto puff! ritorno nel passato. Questo “Land of Make Believe” mi ha riportato a un periodo dell’adolescenza: gli anni ’90 del grunge, con la camicia flanellata aperta sulla maglietta, t-shirt a maniche corte sopra quella a maniche lunghe, i jeans dai colori obbligatoriamente molto tristi e quell’aria vagamente seriosa ed introspettiva. Ho ricordi combattuti del periodo, così come lo sono le sensazioni dopo l’ascolto dell’album. I Dream Circus devono aver assunto dosi da dinosauro di musica proveniente da Seattle. Di quelle sonorità, di quelle più ruvide, questo CD è chiaramente figlio. Anche troppo. Sì insomma, quegli anni lì sono passati e riproporre pari pari quegli stilemi, mi lascia perplesso. Le tracce non sono male, anzi. Sono dirette, secche e tutte eseguite più che degnamente. Hanno una certa varietà, ma siamo nella scaletta classica di un platter grunge. Alla fine dell’ascolto, però, non sono stato del tutto malcontento. I ragazzi ci sanno tutti fare; la prova del cantante, in particolare, si stacca nettamente da tutto il resto. La sua voce si presta benissimo al genere ed è la parte che richiama di più le loro influenze. Come dite? Volete sapere le mie preferite? Certo, allora “Pulp Fiction” mi sembra la più convincente, si stacca un po’ (un pelino, eh, non esageriamo) dalle altre. Un filo troppo telefonata, ma non malvagia, è “Crown”: caspita qui però si sente troppo il debito verso gruppi come i Soundgarden o Alice in Chains. La meno riuscita è “Poison”, maledettamente scarica. Un disco piacevole, il cui limite è la mancanza totale di un qualsiasi elemento innovativo o particolarmente indicativo della loro personalità. Questo riduce moltissimo la bellezza dell’album e mi lascia con quella sensazione di poco convinto di cui dicevo all’inizio. (Alberto Merlotti)

(Digital Media Records)
Voto 60

https://soundcloud.com/dream-circus/make-believe