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giovedì 8 settembre 2022

Miasmes - Vermines

#PER CHI AMA: Black Old School
Ecco una nuova creatura proveniente dalla Francia: si tratta dei Miasmes (nuovo mostro di Krig, ex membro dei Seth) e del loro black old school che richiama quello scandinavo di metà anni ’90, sia a livello di suoni che di proposta vera e propria. Cinque le tracce a disposizione dell’ensemble transalpino per dimostrare di quale pasta malvagia siano fatti. Parlavo inizialmente di black old style e questo fondamentalmente è quello che sento quando nel mio lettore irrompe la battagliera “Apostasie”, un brano velenoso che ci riporta appunto là dove tutto ebbe inizio con un sound minimalista, che fonde nelle sue devastanti ritmiche e nei suoi efferati screaming, estremismi sonori con influenze di derivazione punk (soprattutto nelle linee di basso). Scordatevi quindi ogni deriva sperimentale tipica della scena francese e immergetevi in un bagno di zolfo e cenere, lasciandovi investire dalla furia primordiale delle successive “Pestilence” e della più mid-tempo oriented “Desolation”, due brani che non fanno che confermare la natura estremamente aggressiva di questo trio, che saprà mostrarvi anche un lato leggermente meno crudele nelle rimanenti “Furies” (di nome e di fatto aggiungerei io) e “Vermine”, gli ultimi due capitoli di un disco all’insegna di un black metal nudo e crudo, scevro quasi del tutto di ogni componente melodica, destinata a non fare alcun prigioniero. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 65

https://ladlo.bandcamp.com/album/vermines

venerdì 2 settembre 2022

Peurbleue – La Ciguë

#PER CHI AMA: Black/Drone
La perlustrazione del sottosuolo francese prosegue senza sosta da parte della Les Acteurs de L’Ombre Productions, un’opera incessante volta a identificare i migliori talenti in terra transalpina. Quello dei Peurbleue è un progetto che fa capo a tal JC EX, un musicista legato all’underground drone ambient. Questo background diventa estremamente chiaro con l’incipit “Fecondation” che ci propina tre minuti di inquietanti suoni industriali. Auspicando che l’intero lavoro non segua la stessa piega, mi accingo all’ascolto della successiva “A la Gloire!”, ma anche qui accanto ad una voce quasi declamatoria, sono sonorità spettrali, fluttuanti e angoscianti a palesarsi, almeno fino al terzo minuto, quando la proposta destrutturata del duo, sembra finalmente prendere una forma più delineata ai confini di un suicidal black. Questo sound inizia a prender forma con la terza “Rosee Eternelle”, un brano orrorifico per componente vocale, atmosfere totalmente sghembe che richiamano quelle di film in cui l’immagine della realtà sembra distorcersi nella rappresentazione dello spazio, quasi fossimo in pieno hangover e non ci reggessimo nemmeno in piedi. I suoni sembrano frutto di una pura improvvisazione tra pazzi psicotici rinchiusi da decenni entro quattro mura di una stanza dalle pareti bianche imbottite. Questo per dire che quanto incluso in ‘La Ciguë’ non è qualcosa di cosi semplice da assimilare viste le influenze derivanti da band come gli Xasthur e vari epigoni o da ambiti musicali che fanno della distorsione, della follia e della sperimentazione il proprio mantra. Penso alla breve “Survie” e alle sue alterazioni sensoriali all’insegna di drone e ambient, cosi come alle stralunate atmosfere della successiva “Caniveau”. Quello dei Peurbleu, sia ben chiaro, non può essere definito un disco di cui possa apprezzare in toto i suoi contenuti, cosi schivi, tormentati e demoniaci, ma non posso nemmeno schiantarne la voglia esagerata di seguire nuove strade di ricerca, un qualcosa a cui ambisco ogni qualvolta mi metto ad ascoltare e recensire un disco. Insomma, ben vengano dischi di tali contenuti, anche se non apprezzabili tout court. Per ora va bene cosi, ma in futuro mi aspetto un pizzico di accessibilità in più altrimenti il rischio è che album di questo tipo sia riservato solo ad un pubblico di pochi eletti. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 68

https://ladlo.bandcamp.com/album/la-cigu

giovedì 9 giugno 2022

Simulacre - Les Voix du Sang / Archvile King - Vile

#FOR FANS OF: Black/Death
Con quattro pezzi a testa a disposizione, andiamo a scoprire lo split album concepito dai Simulacre e dagli Archvile King, questi ultimi apparsi sulle pagine del Pozzo in occasione della loro recente release 'À la Ruine'. La musica proposta dalle due band transalpine volgono lo sguardo, come casa madre Les Acteur de l'Ombre Productions vuole, verso un black/death ferale a tratti sperimentale. Questo è già riscontrabile nell'opening track affidata ai Simulacre, quella "Les Voix du Sang" che dà anche il titolo alla porzione di disco affidata al quartetto di Bordeaux. La proposta della band mi piace, offrendo un black primordiale costituito da lunghi tratti in tremolo picking e partiture atmosferiche super ricercate, sia a livello tecnico che melodico, con un sound che mi ha evocato per certi versi, i nostrani Laetitia in Holocaust. Lo screaming graffiante di Thomas Chassaigne (alias NecroC) completa il quadro dei Simulacre, una band dotata di una certa dose di personalità e violenza. Basti ascoltare la veemenza palesata nella seconda "Tribus", un pezzo che acquisisce una certa fruibilità per l'ottimo assolo in chiusura. Ben altro impatto la più tranquilla (e obliqua) "Time Tombs", un altro esempio di quanto i Deathspell Omega abbiano fatto scuola con il loro sound ultra mega dissonante, arricchito qui sempre da ottime porzioni chitarristiche in chiave solistica. A chiudere la proposta dei Simulacre, prima di lasciare il campo alla one man band degli Archvile King, ecco la diretta "Myste", un bello schiaffone in piena faccia, fatto salvo per un break evocativo a metà brano. Con gli Archvile King e il loro 'Vile' (EP uscito originariamente nel 2020) si torna a galoppare con un death thrash dalle venature black che, nell'opener "The Bastards of the Sea", mi ha richiamato dapprima gli Old Man's Child per poi virare verso sonorità più old school. Un bel riffone thrash metal (scuola primi Testament) seguito a ruota da una ritmica tonante scuola questa volta Celtic Frost ma anche Sepultura era 'Schizophrenia', contraddistinguono "Pax Infernum (Dog of War)". I rintocchi di campana in stile "For Whom the Bell Tolls" aprono "The Feast of the Worm King", un pezzo super diretto e tirato, dotato di un bel assolo conclusivo (con arpeggio incluso). A chiudere il disco la stravagante (almeno per il titolo) "Gwyneth Paltrow Is a Lich" (Lich dovrebbe stare per cadavere/ndr), 156 secondi di chitarre e vocals al vetriolo per un finale tutto in discesa. Insomma, quello dei Simulacre/Archvile King è uno split interessante che vi permetterà per lo meno di capire se il sound di queste due band vi ispiri oppure no. (Francesco Scarci)

mercoledì 1 giugno 2022

Wesenwille - I: Wesenwille & Live at Roadburn

#PER CHI AMA: Post Black
Ho recensito 'II: A Material God' poco più di un anno fa, ma non avevo avuto modo di ascoltare il debut album degli olandesi Wesenwille. La Les Acteurs De L’Ombre Productions ci dà l'opportunità di riscoprire l'esordio 'I: Wesenwille', uscito originariamente nel 2018 per la Redefining Darkness Records e abbinarlo con un set live registrato al Roadburn Redux a Tilburg (Olanda) nel Marzo 2021. E come si suol dire in questi casi, piatto ricco mi ci ficco. Quello che avevo descritto in occasione del secondo album, ossia un black sperimentale malato e sghembo di scuola Deathspell Omega, si conferma anche nei cinque brutali pezzi del primo atto del duo di Utrecht, con un concentrato malsano di suoni che si muovono dalle furenti ritmiche e dallo screaming infernale dell'iniziale "The Churning Masses" a tratteggi ben più cadenzati all'interno della stessa, con melodie che sgorgano fresche e vocalizzi successivamente strozzati in gola. Una partenza di tutt'altra pasta ci aspetta in "Prosopopoeia", un brano che s'introduce dapprima soffice per poi degradare in ritmiche post black evocanti i folli Dodecahedron, sebbene a livello batteristico i nostri finiscano ad ammiccare anche agli Altar of Plagues. Diciamo che i pezzi proseguono sulla stessa falsariga anche con la distruttiva e obliqua "Golden Rays of the Sun", altri dieci minuti di dissonanze black che trovano modo di mostrare tutta la propria imprevedibilità in rallentamenti doom, ripartenze ancor più feroci e ancora parti atmosferiche nel finale (che ritroveremo anche nell'incipit di "Rising Tides", un brano complesso e ostico da digerire ancor più degli altri). In chiusura della prima parte di disco, ecco "From One, We Are Many", un pezzo più breve degli altri (cinque minuti vs dieci) e dai tempi più compassati, anche se le accelerazioni impetuose della seconda metà sono assimilabili a quelle di una valanga che si stacca da una montagna. Il Live al Roadburn include cinque pezzi, tre dal primo lavoro e due dal secondo, che fondamentalmente ripropongono, in modo alquanto fedele alla versione in studio, la musica dei nostri, arricchendola di quella componente live che enfatizza non poco la potenza del combo tulipano. Sinceramente, non sono un fan degli album dal vivo, ma se siete curiosi di sentire come questi sinistri musicisti se la cavano in sede live, beh devo ammettere che questo potrebbe essere un valido modo per testarne la performance. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 75

https://ladlo.bandcamp.com/album/i-live-at-roadburn

domenica 15 maggio 2022

Au-Dessus - Mend

#PER CHI AMA: Post Black
I lituani Au-Dessus li seguo dal loro esordio, quell'EP omonimo uscito nel 2015. Ho comprato anche il loro Lp 'End of Chapter', che trovai all'epoca davvero convincente. Dal 2017 a oggi se ne sono perse le tracce, quasi a pensare che la band originaria di Vilnius si fosse sciolta. Fortunatamente, i quattro misteriosi musicisti tornano in sella sotto l'egida della Les Acteurs de l'Ombre Productions dandoci il proprio segno di vita con quest'altro EP, intitolato 'Mend'. Cinque i pezzi per saggiare le condizioni post pandemiche dei nostri, cinque schegge che esordiscono con la strumentale "Negation I", una lunga intro dronica che cede il passo ad un black storto e strambo come era lecito aspettarsi dai nostri. Poi ecco il via alle "danze" con la causticissima "Negation II" e le vocals viscerali di Mantas a collocarsi su di un tappeto ritmico infuocato e dissonante che farà la gioia di chi segue realtà ingarbugliate quali Blut Aus Nord e Deathspell Omega in primis, ma anche gente stile Kriegsmaschine o Mgła, se proprio volessimo spostarci dalla Francia alla Polonia. Con "Lethargy" si prosegue sulla stessa scia diabolica di post black che trova in furiosi blast beat contrappuntati da una discreta vena melodica, il punto di partenza del brano. "Epiphany" si muove su basi ancor più oblique, tra black mid tempo e sfuriate post che hanno il classico effetto destabilizzante. Poi i nostri ci mettono del loro, con continui cambi umorali a dar maggior enfasi ad una proposta non proprio facile da digerire. L'ultima "Alienation" è forse il pezzo più easy listening dei cinque: inizio lineare, grim vocals che poggiano su un rifferama compatto e potente, ma decisamente dotato di una maggior melodia a renderlo per questo più assimilabile rispetto alle precedenti. La seconda parte poi è dotata di un piglio quasi malinconico tanto da renderla il mio pezzo preferito di questo graditissimo ritorno sulle scene. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 72

https://au-dessus.bandcamp.com/album/mend

giovedì 12 maggio 2022

Déhà - Decadanse

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
"Se non ci fosse bisognerebbe inventarla" citava uno spot di una famosa automobile parecchi anni fa. Ecco, applicherei la medesima formula anche ai Déhà, prolificissima one-man-band belga, il cui frontman, credo possa contare tra collaborazioni ed ex band, quasi 50 nomi, e se non è record questo, poco ci manca. E a proposito di record, 'Decadanse' è già il terzo album del 2022 (il secondo in ordine cronologico però), il 35esimo dal 2018 a oggi, se contiamo anche le collaborazioni e gli EP. Insomma, una fucina di idee (non tutte geniali per carità), il cui duro lavoro si concretizza quest'anno in questa nuova uscita targata Les Acteurs de l'Ombre Productions. Due nuovi pezzi, per tre quarti d'ora di musica pronti a condurci direttamente all'Inferno con un biglietto di andata/ritorno. La via per scendere negli inferi è quella offerta dalla criptica "The Devil's Science", e quel suo sound all'insegna di un black doom claustrofobico, compassato, oscuro e su cui si stagliano le urla dannate del frontman. In sottofondo, è un giochicchiare di effetti di synth, lugubri atmosfere, prima che lo stesso sound sfoci in cavalcate furenti di black privo di tanti fronzoli. Ma il sound estremo di Déhà fa dell'imprevedibilità il suo motto, ed eccoci risprofondare nelle viscere della Terra per altri frangenti di funeral doom apocalittico, pronto ancora una volta ad esplodere in derive industrial/EBM (addirittura rap) che rendono la proposta del mastermind di Bruxelles estremamente solida ed accattivante. Il viaggio di ritorno ce lo offre invece "I Am the Dead", un nome un programma: il pezzo si apre con nebulose melodie e ritualistiche voci in background. Poi anche qui si prosegue con atmosfere dal forte sapore funeral, da cui iniziare ad evolvere in primis, i vocalizzi (dallo screaming ad urlacci più nitidi, fino a clean vocals) e poi anche un sound che progredisce dapprima in un break acustico, poi tremebonde sfuriate grind (stile Anaal Nathrakh meets Dødheismgard) e ancora suoni epici, avanguardistici, il tutto in un divenire totalmente improvvisato e per questo meritante di tutta la vostra attenzione. Oramai il brano è un fiume in piena, che ha ancora da farci strabuzzare gli occhi con un assolo di synth, rutilanti ritmiche black/death, sprazzi elettronici o il banalissimo ma evocativo chorus indirizzato alla dea Kali. Un pot-pourri di generi che vi convincerà della bontà di quest'artista che se non esistesse, bisognerebbe semplicemente inventarlo. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 83

https://ladlo.bandcamp.com/album/decadanse

domenica 13 marzo 2022

Archvile King - À La Ruine

#PER CHI AMA: Black/Thrash, Windir, Aura Noir
Della serie "quando non so cosa fare creo una one-man-band", ecco arrivare l'ennesima proposta dalla Francia con il classico polistrumentista a offrire la sua visione black del mondo. Lui si chiama Nicolas N. Baurus e arriva da Nantes con il suo progetto Archvile King, supportato dalla ormai super potenza Les Acteurs de l'Ombre Productions. 'À La Ruine' ci spara in faccia otto pezzi nudi e crudi che sembrano rievocare i fasti norvegesi della fiamma nera degli anni '90. Strana la scelta di aprire però con "Chroniques du Royaume Avili", un pezzo fuorviante dove figura la delicata voce di una gentil donzella, per poi lasciare spazio alla furia black di "Mangez Vos Morts" (incentrata sul tema della peste causata dalla perdizione morale del genere umano), sparata a tutta velocità su incandescenti e marcescenti linee di chitarra zanzarose che disegnano trame elementari piuttosto melodiche nel loro incedere travolgente. La cosa si ripete anche nella successiva "Celui Qui Vouvoie le Soleil", con un black thrash che certamente poco aggiunge al panorama odierno, ma che francamente trovo gradevole per le sue melodie ed un equilibrato uso di violenza e di una certa epicità. Magari le grim vocals del frontman non saranno il massimo ma il disco si lascia ascoltare con una certa facilità, complice anche qualche break acustico qua e là che ci consente il tempo di rifiatareo e rigettarci poi nella mischia. "Atroce" attacca con una certa placidità tra un riffing in sottofondo pronto ad esplodere dopo un minuto di attesa. Poi, solo furia estrema che in questo caso ammetto non mi abbia granchè conquistato. I ritmi continuano ad essere vertiginosi anche in "Dans la Forteresse du Roi des Vers" (interessante l'epico ma breve assolo in chiusura di scuola Windir) e, saltata la semiacustica e strumentale title track, anche nelle tumultuose (e dal piglio post-black) "Vêpre I" e "L'Artisan", altri due esempi di melodia messa a disposizione di una ferocia inaudita che pecca, a dire il vero, di carenza di originalità. Se i brani sin qui erano stati cantati in francese, c'è spazio anche per una bonus track in inglese, "Cheating the Hangman", un pezzo che a livello ritmico potrebbe essere accostabile ai Megadeth con lo screaming black, stile Aura Noir per intenderci. Insomma, in 'À La Ruine' sento buone idee (soprattutto nella prima metà del disco) che trovano però più di qualche limite in fatto di originalità, un tema su cui lavorerei maggiormente nel prossimo futuro per evitare di essere risucchiati in quel vortice infinito di band che propongono un canovaccio più o meno simile. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 66

https://archvileking.bandcamp.com/album/la-ruine

martedì 1 marzo 2022

Lunar Tombfields - The Eternal Harvest

#PER CHI AMA: Black Metal
La band di quest'oggi si chiama Lunar Tombfields e deve il proprio nome ad un brano dei deathsters teutonici Venenum, estratto dall'EP di debutto omonimo del 2011. Il perchè di questa scelta è fatto a me sconosciuto soprattutto perchè non ci sono nemmeno punti di contatto cosi evidenti fra le due entità musicali. I due francesi, in questo loro esordio intitolato 'The Eternal Harvest', propongono infatti un sound all'insegna di un black minimalista, a tratti esasperato nella sua forma fredda e primordiale. E dire che quando ho sentito l'apertura di "The Ancestral Conjuration", affidata alle eteree vocals di Dolorès, ho fatto un mezzo infarto perchè sembrava prendere totalmente le distanze dalle produzioni estreme di casa Les Acteurs de l'Ombre Productions. Ma il coccolone in realtà è durato solo un paio di minuti, visto l'arrembante e sporco black che poi si è fatto strada da lì in poi. E non un black di quelli che si consumano in pochi minuti, la traccia ne dura addirittura 14! E qui i due musicisti transalpini, peraltro provenienti da altre realtà estreme quali Absolvtion e Defenestration, ci investono con un flusso sonoro tipicamente old fashion, con qualche influsso che ci conduce al black norvegese cosi come pure alle scorribande post black di scuola statunitense. In tutta franchezza però, la proposta dei due non mi ha catturato assolutamente, troppo scontate le linee di chitarre, sebbene molteplici cambi di tempo, fin fastidioso addirittura lo screaming. Mi riprometto però di affrontare i tre successivi e lunghissimi brani con il giudizio azzerato, ma ancora una volta, nonostante un tiepido inizio, vengo travolto da una furia belluina di voci e ritmi serrati che non mi convincono nè in termini melodici, tanto meno emozionali. Eppure "As the Spirit Wanes, the Form Appears" ha degli spunti apprezzabili, ritrovabili ad esempio in un arpeggio melodico, un break atmosferico, in partiture chitarristiche o anche in un frangente dai tratti tribali, che possono evocare i Deafheaven degli inizi. Nonostante questo, trovo che ci sia qualcosa che non mi convinca nella proposta dei Lunar Tombfields, forse anche solo una banalissima mancanza di piacere di primo acchito. E il problema ahimè persiste anche nelle successive "A Dialogue with the Wounded Stars" e "Drowning in the Wake of Dreams", due brani che iniziano carichi di aspettative, con aperture ad effetto che poi sfociano in vortici di insana causticità in cui a perdersi è la musicalità, l'essenza dei nostri. E non servono quegli intermezzi arpeggiati a stemperare la furia della band, nemmeno l'utilizzo delle clean vocals, cosi come pure i rallentamenti quasi al limite del doom che compaiono qua e là, perchè alla fine la bieca furia cieca sembra rovinare tutto, fatto salvo per uno splendido assolo nella seconda delle due tracce. Un peccato perchè le potenzialità per fare bene ci sarebbero anche, ma trovo non siano state adeguatamente incanalate nella giusta direzione. (Francesco Scarci)

domenica 30 gennaio 2022

Pensees Nocturnes - Douce Fange

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Venghino signori venghino al circo infernale messo in scena dai parigini Pensees Nocturnes che tornano con un nuovo capitolo della loro sagace discografia. Il settimo album s'intitola 'Douce Fange' e non serviva dubitare nemmeno un secondo che non fosse una ridda di suoni avanguardistici e di somma imprevedibilità, come mostrato già in apertura dalla baraonda di parole e musica allestite in "Viens Tâter d’Mon Carrousel", l'ennesimo carosello di follia di Léon Harcore, qui accompagnato dai fidi gregari Jon (sax) e Jéjé (fisarmonica) e da una schiera di amici, tra cui Alasdair Dunn degli Ashenspire, Saroth dei Temple of Baal, Sinai dei Griffon e Tariq Zulficar degli Atramentum. Il disco è fuori da ogni ordinaria concezione musicale e non ne avevamo dubbi: "Quel Sale Bourreau" apre con uno splendido giro di contrabbasso e hammond che sembrano ricondurci ai The Doors di fine anni '60, ma le vocals sono le solite sguaiate della band, e il sound è un gran bordello di stili e generi, tra jazz, black, blues e avantgarde. "PN Mais Costaud!" è un giro per i paesi balcanici a scoprire usi e costumi della tradizione gipsy, con una ritmica violenta che fa da contraltare a break folklorici e un baccano a livello vocale senza precedenti. I nostri sono liberi di fare ciò che vogliono, liberi da pregiudizi e non condizionata da vincoli e imposizioni, sono semplicemente loro stessi, autori di musica tanto delirante quanto fantasiosa ed originale. La fisarmonica si prende la scena in "Saignant et à Poing" nelle ubriacanti dissonanze armoniche palesate in questa traccia dai forti richiami rurali. "Charmant Charnier" è un breve intermezzo strumentale che ci prepara a "Le Tango du Vieuloniste" che come dice il titolo, è un vero e proprio giro di tango riproposto in chiave davvero estrema, tra bordate black e la musicalità tipica del Rio de la Plata. "Fin Défunt" sembra prendere le distanze da quanto ascoltato sin qui con un vero e proprio assalto black metal che evolve ovviamente nel corso del brano con l'aggiunta dei tipici deliri vocali e musicali dei nostri, inserendo addirittura la musica tradizionale russa come ciliegina sulla torta. "La Semaine Sanglante" è un'altra tempesta black che si abbatte sulle nostre teste con le vocals stridule di uno dei frontman che si miscelano agli altri mille vocalizzi isterici che popolano un'aria forse qui più pesante che altrove, con un finale più violento che mai. Ancora note folk per l'ultimo atto del cd affidato alle turbolenze orchestral-sinfoniche della esplosiva "Gnole, Torgnoles et Roubignoles" che chiude il nuovo lavoro dei Pensees Nocturnes che, come spesso accade, non risulterà troppo facile da ascoltare, assimilare e godere al primo ascolto. Servirà infatti un'anima libera da pregiudizi per lasciarsi andare al delirio del circo infernale. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/douce-fange

venerdì 28 gennaio 2022

Corpus Diavolis - Apocatastase

#PER CHI AMA: Esoteric Black, Batushka
Quarto album per i francesi Corpus Diavolis intitolato 'Apocatastase', termine che letteralmente significa "ritorno allo stato originario". Non conosco la ragione alla base di questa scelta, ma devo ammettere che è il giusto titolo per un disco come questo, un lavoro torbido, oscuro e devastante che sottolinea la prova di coraggio dell'ensemble marsigliese nell'allontanarsi dalle sonorità scandinave degli esordi e abbracciare i deliri musicali di Deathspell Omega e Batushka. Il disco consta di sei pezzi evocativi e dissonanti, che si muovono appunto lungo i binari di un black metal mefistofelico, a tratti ritualistico proprio alla stregua dei colleghi polacchi. Vi basti ascoltare ad esempio la porzione finale della title track che ci conduce con la mente ad uno di quei rituali esoterici a cui forse non si sottrae nella realtà il buon Daemonicreator. Costui, frontman della band, altri non è che il fondatore della Alliance Mystique de Satan Glorifié, un associazione di matrice satanica, che sembra rievocare i tempi dell'Inner Circle che venne ritenuto responsabili di numerosi crimini ai danni di luoghi cristiani nella Norvegia dei primi anni novanta, fondando i propri ideali su una confusa commistione di idee riferite a satanismo, isolazionismo e paganesimo norreno, con cui meglio non mettersi a sindacare. Detto che non siamo qui a sindacare sulle ideologie delle band bensì a commentare la musica proposta dai nostri, posso continuare a dire che i Corpus Diavoli saranno abili nel condurvi nel loro personalissimo maelstrom ritmico fatto di sonorità perverse ed esoteriche al tempo stesso ("Colludium"), miscelando sulfurei mid-tempo con acide accelerazioni black ("The Dissolution and Eternal Extasy in the Embrace of Satan") rilette in una chiave avanguardistica che scomoda Ved Buens Ende, i già citati Deathspell Omega e i Blut Aus Nord. Spettrali e affascinanti, senza ombra di dubbio. Il rullo di blasfemia diventa ancor più compressore in "The Pillar of the Snake", forse il pezzo più feroce del lotto che comunque non rinuncia alla sua componente atmosferica (qui quasi orchestrale a dire il vero, grazie all'utilizzo esponenziale dei synth). "Triumphant Black Flame" è una crivellante sfuriata black con un sinistro assolo conclusivo e misantropiche linee di chitarra che ci condurranno fino alla conclusiva "At the Altar of Infinite Night", brano che racchiude tutta la somma malignità che pervade lo spirito (e lo screaming belluino) di Daemonicreator, in un disco efferato, suggestivo e dotato di tutte le carte in tavola per diventare un must per il popolo black metal. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 78

https://ladlo.bandcamp.com/album/apocatastase

venerdì 14 gennaio 2022

Adoperta Tenebris - Oblivion: The Forthcoming Ends

#PER CHI AMA: Black/Death Old School
Ancora Les Acteur de L'Ombre Productions, ancora Francia, ancora black death con un'altra one man band. Non è che questa formula finisca per essere un boomerang per la label francese e si corri il rischio di arrivare sul fondo del barile e iniziare a raschiare? Vediamo se giungerò a tale conclusione dopo aver ascoltato il secondo lavoro, 'Oblivion: The Forthcoming Ends', degli Adoperta Tenebris (AT), creatura originaria di Nantes guidata dall'enigmatico G., qui aiutato da Äzh (Defenestration e Natremia) alla batteria e da uno stuolo di ospiti. La stortura musicale degli AT parte da "We Were Giants" e il suo lento e oscuro incedere in quella che è la traccia più lunga della release (otto minuti e mezzo). L'inizio è sicuramente spettrale e bisogna attendere di superare la metà del brano per vedere i giri del motore aumentare in un vorticoso sound che chiama inevitabilmente in causa i Deathspell Omega. Le glaciali dissonanze musicali non tarderanno anche con i successivi brani, dal piglio melodico tipico del black svedese di "Vultures Over the Mass Grave", in cui alla voce a porgere i suoi servigi, troviamo Romain Richard (Kolizion), al pezzo più breve del lotto, quella "In Our Mazes" in cui a prestare la propria voce urlata troviamo Mephisto, mente dei Cult of the Horns. Questo pezzo mi convince più degli altri, forse perchè si perde meno nel maelstrom ritmico in cui molto spesso band di questo tipo vanno ad inabissarsi. Alla fine pur essendo più lineare e melodico, lo trovo anche tra i più riusciti, soprattutto nel suo apocalittico finale. Con "A Farewell to Hope", la ritmica si presenta compassata e il cantato di Roy de Rat (Void) sembra quello meglio adattarsi alla proposta del polistrumentista transalpino. Quello che mi convince meno è invece la mancanza di un vero sussulto in questo brano ma in generale in tutto il lavoro che riesca veramente a catturare l'attenzione dell'ascoltatore. Ci prova la doomish "Utter Manifest" a prendersi la palma di miglior pezzo del disco, non fosse altro per l'eccellente performance dietro al microfono di T.C. dei Regarde les Hommes Tomber. Il brano è lento, melodico, a tratti malinconico, con un finale troncato improvvisamente che non ho francamente ben capito. Segue il dirompente black death di "Calvaire" e i suoi affilatissimi giri di chitarra che sembrano evocare gli Emperor. Il brano è devastante e pur non proponendo nulla di originale, finalmente sembra rapirmi con quel suo feeling maligno, in cui un riffing black si alterna con un ben più compatto death metal che trova modo anche di regalarci un insospettabile break atmosferico e finalmente, un doppio grandioso epico assolo. Eccolo finalmente, ho trovato il pezzo migliore del disco. In chiusura, "The Season of Gallows" è una song che vede l'ospitata di Chaos I e Florian Pesset, rispettivamente chitarra e basso degli Incipient Chaos, a dare l'ultimo supporto a G. in un granitico, caustico e tempestoso esempio di black metal. Gli Adoperta Tenebris alla fine hanno rilasciato un album onesto, non certo memorabile, che lascia presagire tempi difficili anche per la lungimirante label francese. Sarà forse arrivato il momento di scorgere nuovi orizzonti sonori? (Francesco Scarci)

martedì 14 dicembre 2021

Cepheide - Les Échappées

#PER CHI AMA: Depressive/Blackaze
I Cepheide sono una one-man-band che seguo sin dal primo demo, 'De Silence Et De Suie', peraltro recensito proprio su queste stesse pagine nei primi giorni del 2015, e a seguire abbiamo scritto anche degli altri album dell'act parigino. Ho sempre apprezzato lo stile depressive black del buon Gaetan Juif (qui alias Joseph Apsarah), il mastermind dietro a questo moniker, che abbiamo già avuto modo di incontrare anche con Baume e Scaphandre. Il musicista francese, dopo l'ultima uscita in compagnia dei Time Lurker, torna con il nuovo 'Les Échappées' e quel suo sound black multiforme, a tratti disperato (soprattutto a livello vocale) che in questo platter mostra a mio avviso una progressione sonora interessante. Il genere ovviamente rimane quello di sempre con scariche impazzite di carattere post black, lanciate a tutta velocità ma sempre contraddistinte da un'apprezzabile dose di melodia quasi si trattasse di una versione invasata dei Windir, con quello screaming sgraziato che tuttavia ha sempre il suo perchè, se inserito in un contesto musicale come questo. Preparatevi dunque ad assalti all'arma bianca come quello dell'opener "Le Sang" o della successiva e più atmosferica "L'oubli", che per lo meno mostra una serie di break onirici che interrompono quel tormentato maelstrom ritmico che spesso vede inglobarci mentalmente e dal quale si fa davvero tanta fatica ad uscirne intatti. Non so infatti se esista un segreto per non venire sgretolati dal vertiginoso sound di Mr. Gaetan, tante e tortuose sono le ritmiche dentro le quali il polistrumentista transalpino sembra volutamente farci perdere. È decisamente più esotico, direi mediterraneo, l'incipit di "L'ivresse" (dal quale è stato estratto anche uno psicotico video) che per un paio di minuti sembra addirittura cullarci in un più protetto flusso sonoro. Anche il proseguio del brano in realtà non è cosi schizofrenico come i primi due pezzi, e prosegue in modo più o meno normale per altri 90 secondi, prima che si apra un'altra voragine dove finire inevitabilmente inghiottiti dalle ritmiche lanciate a velocità doppie o triple della luce, spaventoso! Soprattutto perchè non ho la sensazione di venire schiacciato dai ritmi infernali dettati dall'ultratecnico strumentista, semmai mi sento parte della sua idea, un'idea che mi avvinghia, mi ingloba nelle sue strutturate e destrutturate armonie, dissonanze e melodie tra black, epic e blackgaze, come quello che mi ipnotizza nella celestiale e un po' "alcestiana" (ma anche doomish) "Les Larmes". Il disco mi piace: sebbene si tratti di un lavoro alquanto estremo, devo ammettere che il risultato conclusivo sia davvero ispirato, originale e accattivante e potrebbe addirittura piacere a chi a sonorità cosi estreme non si è mai avvicinato. Certo, non tutte le tracce sono sullo stesso livello, forse "Les Cris" è quella più criptica, che meno mi convince forse perchè la più caotica e che meno mi tocca i sensi. La chiusura è poi affidata a "La Nausée", il brano più lungo del lotto e quello che meglio riassume la poliedrica proposta musicale dell'artista francese tra passaggi oscuri, fraseggi black prog e vocals sperimentali che mi fanno pensare a grandi prospettive per il futuro dell'imprevedibile Joseph Apsarah. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 77
 

domenica 21 novembre 2021

Hegemon - Sidereus Nuncius

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
La Les Acteurs de l'Ombre Productions colpisce ancora, un po' come l'Impero nella trilogia iniziale di Star Wars. Questa volta l'etichetta di Nantes si fa promotrice del comeback discografico dei blacksters Hegemon. L'oscuro quintetto di Montpellier torna con 'Sidereus Nuncius', quinto malefico full length nella discografia dei nostri. La release si apre con le melodie agghiaccianti di "Heimarménè", un pezzo glaciale, ma di grande impatto emotivo che, per certi versi, mi ha ricordato gli Aborym di 'Generator'. Mortiferi, malvagi e devastanti, ecco come gli Hegemon si ripresentano al loro pubblico, sciorinando pezzi infuocati, taglienti a livello ritmico e vocale, ma sempre e comunque dotati di un tocco grooveggiante che rende la release avvicinabile a tutti gli amanti di sonorità estreme. "Mellonta Tauta" è un black metal cupo, che gode di partiture serrate ma anche di frangenti atmosferici davvero affascinanti. E "Shamanic Cosmocrator" prosegue sulla medesima falsariga delle precedenti, miscelando in modo davvero diabolico e convincente, il black di scuola svedese con quello più morboso e ricercato di matrice transalpina, in una sorta di Dark Funeral meets Blut Aus Nord. Il disco va via spedito senza alcun calo di tensione o ritmo: "Ascendency of Astral Chaos" sembra rievocare il black norvegese, in un pezzo di grande atmosfera (splendide le due parti acustiche dove ampio spazio viene lasciato al pulsante suono del basso) che si confermerà alla fine essere il migliore del lotto. Ma la qualità è ovunque molto alta, ve lo sottoscrivo. Pur non avendo inventato nulla di nuovo, il quintetto francese rilascia otto brani che sembrano godere di una certa freschezza compositiva, di una buona dose melodica, grazie a continui inserti di sintetizzatori e parti arpeggiate. Le cose che probabilmente ho meno apprezzato sono alla fine quelle song un po' più scontate: "Shape Shifting Void" è ad esempio un episodio di violento raw black, alquanto banale almeno all'inizio, che tuttavia diventa improvvisamente figo laddove rallenta, lascia emergere tutta la sperimentazione sonora dei nostri, cambia registro vocale e si toglie di dosso quella fuliggine primitiva e prevedibile dei suoi primi 60 secondi. Poi è una escalation di violenza e stravaganza sonica che la proiettano insospettabilmente al secondo posto nella mia personale scaletta di gradimento. "Ad Astra per Obscura" è un altro esempio di black primordiale che fatica in questo caso, ad uscire dal calderone di migliaia di band che propongono questo genere. Ci provano con l'assolo finale ma l'effetto fade-out ne vanifica il risultato precocemente. "Black Hole Womb" è figlia del black thrash norvegese, senza infamia e senza lode almeno fino a quando, dopo 90 secondi, emergono bombastici arrangiamenti orchestrali, splendide linee di chitarra e basso, deliziose parti atmosferiche, spoken words e clean vocals che fanno gridare senza mezzi termini, al miracolo. Si arriva cosi velocemente all'epilogo con "Your Suffering, My Pillars", ultimo mefistofelico atto di 'Sidereus Nuncius' in cui i nostri si lanciano nella loro ultima epica cavalcata chitarristica. Infernali. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 76

https://ladlo.bandcamp.com/album/sidereus-nuncius

mercoledì 3 novembre 2021

RüYYn - S/t

#PER CHI AMA: Black, Watain
Espresso one-man-band in arrivo al primo binario direttamente dalla Francia. Un espresso cosi veloce, che formatosi in questo spettrale 2021, ha già ottenuto un bel contratto con la Les Acteurs de l'Ombre Productions e rilasciato un primo EP di debutto. E bravo Romain Paulet, il musicista che si cela dietro a questo stravagante moniker, e responsabile del concepimento di queste cinque tracce a dir poco glaciali. Lo dimostra immediatamente quel riffing gelido in apertura di 'I', la song che apre questo omonimo dischetto. Una ritmica violenta e arcigna, contraddistinta da un drumming forsennato e da uno screaming infernale, tre elementi che ci conducono dritti negli inferi. Non inferi dal cuore ribollente però, perchè le vibrazioni emanate dalla linea di chitarra dei RüYYn sono cosi fredde da indurre piuttosto brividi da congelamento. Niente di innovativo sia ben chiaro, ma il maligno feeling emanato dalle note di questo lavoro, non lasciano certo indifferenti, ve lo posso garantire. La consistenza del black prodotto dal buon Romain potrebbe ricondurre al black scandinavo dei Watain di metà carriera, con quel pizzico di melodia supportata da alcune rare parti atmosferiche. Lo confermano infatti anche i successivi pezzi, che in ordine progressivo, "II", III", "IV" e l'outro ".....", completano un'opera che di sicuro non farà gridare al miracolo, ma che tuttavia trova un suo perchè e quindi una sua collocazione nella mia personale discografia. La seconda traccia è un bell'esempio di black mid-tempo, con porzioni melodiche che stemperano quelle un po' più feroci. La terza è il classico attacco all'arma bianca che potrebbe rievocare anche un che del black norvegese, cosi tirato e privo di tutti quei fronzoli che rischierebbero di ammorbidire una proposta che credo abbia invece l'obiettivo di suonare malvagio, per toccare l'anima nera che ognuno di noi in fondo possiede. Interessante il tentativo di cambiare il registro vocale, cosi come pure, le violente ritmiche black punk con quelle partiture disarmoniche che brutalizzano il mio residuo cerebrale. Il massacro in tremolo picking prosegue anche attraverso l'efferatezze sonore della quarta traccia, che peraltro vanta uno splendido epico finale che ci conduce fino a ".....", gli ultimi 50 secondi affidati ad un ambient deprivato di ogni emozione. Insomma, glaciali, per chi non l'avesse ancora capito. (Francesco Scarci)

lunedì 11 ottobre 2021

Aorlhac - Pierres Brûlées

#PER CHI AMA: Punk/Black, Windir
Li avevo io stesso recensiti nel 2018 i francesi Aorlhac (mi raccomando ve lo ricordo nuovamente, si pronuncia "our-yuck") con il terzo capitolo della loro trilogia, 'L’Esprit des Vents'. Li ritrovo oggi con questo 'Pierres Brûlées', che ci dice quanto la band originaria di Aurillac, sia più in forma che mai e la Les Acteurs de l'Ombre Productions non può che sfregarsi le mani. L'intensità palesata dai nostri in questa nuova opera ha infatti del miracoloso con la forza d'urto della opening track, "La Colère du Volcan", pari a quella dei vulcani (islandesi e ora anche quello delle Canarie) che stanno sprigionando pericolosamente sulla Terra. E quindi non possiamo far altro che lasciarci travolgere dalla colata lavica eruttata dagli strumenti di questo quartetto transalpino attraverso le sfuriate epic black che non faranno certo prigionieri. Il disco, brano dopo brano, si conferma una strepitosa cavalcata, che trova i suoi punti di forza nella sontuosa eleganza ed epicità trasudata dalle note malinconiche della seconda "Au Travers de Nos Cris", il mio pezzo preferito, spoilero subito, forse perchè il brano più lungo e strutturato del lotto, ma anche quello più completo e nelle cui chitarre conclusive, sento quella magia pagana dei Primordial e che avevo apprezzato nei dischi di un'altra delle band del batterista, quel K.H. che milita anche negli Himinbjorg. Insomma, l'esperienza accumulata in questi anni di militanza nell'underground da parte dei membri degli Aorlhac mi sembra abbia pagato e questo sia il positivissimo risultato. Vi raccontavo quali fossero poi i pezzi che più mi hanno esaltato e aggiungerei l'esplosività delle chitarre della terza "Vingt Sièges, Cent Assauts", quasi una versione black dei Motorhead miscelata con l'epic dei Windir, in un brano sparato alla velocità della luce. Di "katatonica" memoria invece l'incipit di "Nos Hameaux Désespérés" anche se poi le vocals, la linea delle chitarre, e il drumming furioso in blast-beat, ci conducono in realtà da tutt'altra parte, anche se questa song alla fine suonerà un po' meno frenetica delle precedenti. "La Guerre des Esclops" è un altro bel pezzo, scaraventato a tutta velocità con le sue urticanti chitarre (a tratti taglienti, in altri frangenti più compassate), le caustiche vocals di Spellbound (un altro che abbiamo apprezzato recentemente nei Jours Pâles) e una batteria fragorosa che sembra la classica contraerea nei cieli di Baghdad della Prima Guerra nel Golfo. Interessante sentire come nella seconda parte del brano, le chitarre citino i Cradle of Filth in un vorticoso maelstrom sonoro. In chiusura la title track e gli ultimi travolgenti e acidi minuti di questa release punk black, ove a mettersi in luce sono le chitarre (ottimo assolo peraltro) e la voce qui nel suo formato più epico che stempera quella devastante porzione ritmica in grado di lasciarci semplicemente senza fiato. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 76

https://ladlo.bandcamp.com/album/pierres-br-l-es

martedì 17 agosto 2021

Sordide - Les Idées Blanches

#PER CHI AMA: Black/Punk
Quello dei francesi Sordide è un bell'esempio di black dalle sfumature punkeggianti. 'Les Idées Blanches' è il quarto album per la band transalpina che nelle sue fila conta membri di Ataraxie, Mòr e Malemort. Sette malvagi brani che probabilmente non aggiungeranno molto di nuovo al panorama estremo se non la visione sghemba di questo trio originario di Rouen. Quindi, se siete amanti di sonorità scuola Deathspell Omega o Blut Aus Nord, il tavolo è apparecchiato per una nuova storia di suoni distorti, voci catramose, ritmiche trasversali e un caos primigenio che vi terranno incollati allo stereo per poco meno di quaranta minuti di musica ostica e ostile. Parlavo di punk inizialmente e infatti lo potrete cogliere nelle linee di chitarra dell'iniziale "Je N'ai Nul Pays" o nella ritmica incalzante di "Ruines Futures". Questi suoni si mischiano poi con elementi disarmonici che caratterizzano alla fine la proposta del terzetto normanno, abile non solo nelle linee musicali più veloci, ma anche in quelle più atmosferiche. Le influenze punkeggianti rieccheggiano nella parte iniziale di "L'atrabilaire" sebbene il pezzo affondi poi le sue radici nel black old school di scuola norvegese, che vede in esponenti quali Carpathian Forest, Taake e Darkthrone, i maggiori punti di riferimento per i nostri. Quello che sorprende poi è che in un brano come "Ne Savoir Que Rester", i nostri rallentino vertiginosamente le loro ritmiche spietate per immergersi in un sound decisamente più fangoso, oserei dire quasi sludge. Ecco il punto di stacco dal black norvegese, la capacità di modulare la ferocia della propria proposta in pezzi dal piglio più compassato, come ritroveremo anche nella melmosa ed ipnotica title track o nella conclusiva "Vers Jamais" che coniuga un po' tutte le caratteristiche della band in un'unica e lunga song di quasi nove minuti che arrivano addirittura a strizzare l'occhiolino a sonorità prog avanguardistiche. 'Les Idées Blanches' alla fine è un gradito ritorno, certo non sarà facile da apprezzare sin da subito ma i fan di queste sonorità lo adoreranno, ne sono certo. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 70

https://ladlo.bandcamp.com/album/les-id-es-blanches

domenica 13 giugno 2021

Borgne - Temps Morts

#PER CHI AMA: Industrial/Black
Li avevo già amati in occasione del precedente 'Y', tornare ad amarli oggi, quando ad uscire è questo nuovo 'Temps Morts', è cosa ancor più semplice. La guida è sempre quella magistrale della Les Acteurs de l’Ombre Productions che confeziona gli oltre settanta minuti e passa di musica visionaria degli svizzeri del Canton Vaud, fatta di un connubio tra black e industrial. Loro sono i Borgne, un duo che da 23 anni ci regala ottimi lavori in ambito estremo. 'Temps Morts' ricomincia là dove lo scorso anno 'Y' aveva chiuso, con un sound prepotente, evocativo, coinvolgente. Si parte con il mid-tempo di "To Cut the Flesh and Feel Nothing But Stillness" e quell'impasto affidato a elettronica, melodia industriale e vocalizzi black che rendono la proposta del duo di Losanna sempre fresca e attuale. Ottima l'effettistica sci-fi, spettacolari le melodie avvolgenti, che confermano l'imprevedibilità dei due Bornyhake e Lady Kaos, qui supportati da Basstard al basso, in una deflagrante miscela sonora che prosegue in dinamiche veloci, dissonanti e insane nella successiva "The Swords of the Headless Angels". Qui, quasi dieci minuti di un sound sovraccarico di suggestioni di qualsiasi tipo, provenienti sia dal mondo della musica estrema che da quello dell'elettronica e del dark, senza dimenticare il noise/drone del finale. Il marasma sonoro puntellato da beat industriali, governa anche la terza "L’Écho de Mon Mal", una traccia furibonda a livello musicale e vocale, tra velocità sospinte a tutta forza, una martellante sezione ritmica e le vocals di Bornyhake sempre spettacolari nella loro accezione grim. Ancora un finale ambient, ma questa volta non fatevi ingannare perchè il fuoco sarà pronto a divampare in un finale incendiario. Si prosegue con il tremolo picking di "Near the Bottomless Precipice I Stand", una song maligna, interessante a livello di arrangiamenti, con un piglio forse più sinfonico delle precedenti, ma che comunque presenta chitarre acuminate come lame di rasoi e che allo stesso tempo, ci offre un break più meditabondo a metà brano ed un finale sospinto da una tribalità ancestrale. Tempo di una lunga e stralunata song acustica, "I Drown My Eyes into the Broken Mirror" e si ricomincia alla grande con i nostri che confermano di non avere decisamente il braccino, investendoci con "Vers des Horizons aux Teintes Ardentes", un altro pezzo convincente e avvolgente grazie a delle linee di chitarra glaciali e bollenti al tempo stesso e ancora un finale all'insegna del rumorismo sonoro, quasi una regola di questo disco. Un'altra bomba e arriva "Where the Crown is Hidden" più black doom oriented, una splendida variazione al tema che mi ha condotto negli abissi sonori creati dai Borgne, un brano che francamente ho amato, e che forse eleggerei come mio preferito di 'Temps Morts'. Ma c'è ancora tempo per decidere, visto che manca a rapporto il beat quasi EBM dell'incipit di "Even If the Devil Sings into My Ears Again", un brano che evolve sulla scia dei migliori Samael e che vanta il migliore finale tra le song contenute nel disco, epico a dir poco. In chiusura invece, "Everything is Blurry Now", la traccia più lunga del lotto, oltre quattordici minuti (di cui quasi sei rumoristici) che riassumono fondamentalmente tutto quanto contenuto in questo ennesimo sorprendente capitolo della saga Borgne. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/temps-morts

martedì 11 maggio 2021

Cold Cell - The Greater Evil

#PER CHI AMA: Black/Doom, Blut Aus Nord
Li avevo recensiti nel 2017 ai tempi di 'Those' quando erano parte del roster Czar of Bullets. Torna oggi il sestetto di Basilea dei Cold Cell, freschi di un nuovo contratto con la Les Acteurs de l'Ombre Productions, e un album, 'The Greater Evil', più freddo che mai. Sono sette le tracce che compongono questa quarta ambiziosa opera del combo elvetico, per un album che si apre con le inquietanti e litaniche vocals di "Scapegoat Season", che dopo un delicato avvio, cede il passo ad un black teso, a tratti atmosferico, e nel finale, votato completamente al post black, in una song che vede come guest alla voce Frederyk Rotter (Zatokrev e Crown). Ecco come si presentano i Cold Cell con 'The Greater Evil', un disco cupo, ipnotico, malvagio, stralunato, come l'acustica discordante in apertura di "Those", che riprende il titolo dell'album precedente e ci trascina in un vortice di suoni tribali e foschi che evocano gli ultimi Schammasch, chissà se è complice la presenza dietro le pelli del batterista Azrael, membro degli stessi. È il turno di "Open Wound", un pezzo non originalissimo ma che comunque induce un certo senso di angoscia, amplificato dalle brillanti vocals disperate di S e da un'effettistica in sottofondo che crea una sensazione di inquietudine. Il disco è tuttavia interessante e ha ancora una serie consistente di cartucce da sparare: dalle vertiginose e incandescenti ritmiche di "Arnoured in Pride" alle disperate e criptiche sonorità di “Greatest of all Species”, un pezzo che mostra più di un richiamo ai Primordial come intensità ed emozionalità, un mid-tempo ragionato e al contempo un po' fuori dagli schemi nella linea melodica che ne guida il pattern ritmico. Con "Back into the Ocean", ci si muove tra black, doom e influenze avanguardistiche, soprattutto esplicate nell'uso di clean vocals evocative che s'incrociano, in un splendido e atmosferico sottofondo percussivo, con la componente più straziante del bravo frontman. A chiudere, ecco "No Escape" che si dipana attraverso un lungo incipit tra glaciali paesaggi desolati e prosegue con furibonde accelerazioni black che chiamano in causa anche i Blut Aus Nord e Akhlys, in un lavoro alla fine riuscitissimo e consigliatissimo, che chiude allo stesso modo di come aveva iniziato. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 75

https://ladlo.bandcamp.com/album/the-greater-evil

lunedì 12 aprile 2021

Mur - Truth

#PER CHI AMA: Post Black/Post Hardcore/Experimental
Recensiti proprio dal sottoscritto un paio d'anni fa in occasione del debut 'Brutalism', i parigini Mur tornano con un EP nuovo di zecca intitolato 'Truth'. Cinque brani, di cui una cover dei Talk Talk, per una mezz'ora abbondante di suoni che combinano post-black con il post-hardcore, ma non solo. L'eccelso stato di forma del sestetto francese è confermato dal roboante pezzo d'apertura, "Inner Hole", che ci stritola con suoni davvero corrosivi, che hanno il pregio di sfoderare un break elettronico che rompe quella furia primigenia, comunque pregna di melodia, che contraddistingue il brano. Un pezzo pervaso da un senso di impotenza e forte malinconia tipici del post-hardcore, proposti con l'irruenza di un black dai tratti sperimentali, ormai marchio di fabbrica delle produzioni Les Acteur de l'Ombre Productions. Il finale è a dir poco devastante, miscelando suoni estremi dai più svariati ambiti musicali, a confermare le ottime doti dei sei musicisti. Che i suoni non siano troppo scontati ce lo conferma anche la successiva "Suicide Summer" con la sua ritmica psicotica e irrefrenabile, un rullo compressore impazzito in grado di asfaltare ogni cosa si ponga sulla sua strada. Il black schizoide dei Mur trova la sua massina espressioni in balzani synth che coniugano estremismi black con il mathcore, scatenati suoni elettronici, screaming efferati, cavalcate poderose, break inaspettati e deflagrazioni caotiche altrettanto imprevedibili, quasi geniali. Al pari quasi dell'inizio di "Epiphany", che sfodera chitarre assai strambe, percussioni tribali, harsh vocals, suoni contaminati da un'alternative rock e altre sonorità più o meno stravaganti per una proposta di questo tipo, che comunque ha un suo filo logico che ci conduce alla cover "Such a Shame", un brano che francamente amo. Ecco, la riproposizione della song dei Talk Talk è quasi irriconoscibile, fatto salvo nel coro dove compare chiara l'ndimenticata melodia del brano. Altrove regna il caos sovrano, un caos calmo, un caos controllato, ma comunque un caos nell'accezione figurata della sua definizione, disordine o disorientamento tumultuoso, una confusione senza uguali, soprattutto laddove credo ci sia una sorta di assolo conclusivo controverso e delirante. In chiusura di 'Truth', ecco gli ultimi dieci minuti strumentali della title track. Intro affidato ad un lungo giro di synth che ci porta direttamente al krautrock teutonico degli anni '70. Break ambient di 90 secondi tra il terzo e il quarto minuto e poi una seconda parte assurda di sonorità synthwave, prog, sperimentali, che ci confermano quanto i Mur siano davvero pazzi, stralunati ma tremendamente fighi. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/truth

martedì 23 marzo 2021

Wesenwille - II: A Material God

#PER CHI AMA: Black Sperimentale, Deathspell Omega, Ulcerate
La Les Acteurs de l'Ombre Productions sembra non sbagliare un colpo. Li seguo fin dalla loro prima release e non ricordo di essere praticamente mai sceso sotto una larghissima sufficienza con nessuna delle band recensite, e io non sono proprio uno di manica larga. Oggi mi ritrovo sulla scrivania gli olandesi Wesenwille - che piacere peraltro vedere un altro strappo alla regola considerata la linea dell'etichetta votata prettamente alla transalpinità - e la loro seconda fatica intitolata 'II: A Material God'. Non conoscevo il duo originario di Utrecht, mi duole ammetterlo, ma ancora una volta la label di Champtoceaux ha beccato in pieno gli artisti su cui puntare. Il genere proposto dai due loschi individui (i classici con una decina di band sulle spalle, tra cui Apotelesma e Grafjammer) non si discosta poi di molto da quanto solitamente offerto dalla LADLO Productions, essendo un black sperimentale fatto di disarmoniche galoppate in stile Deathspell Omega che si combinano con derive più emozionali, come quelle che si riscontrano a metà dell'opening track "The Descent", una traccia che fino a quel momento ci aveva sbranato con ritmi infernali e che poi rallenta vertiginosamente entrando in anfratti più intimistici, da cui ripartire ovviamente più incazzati che mai. Accanto a ritmiche incendiarie, c'è da dire che i due musicisti palesano idee azzeccatissime e personalità da vendere, ed era lecito aspettarselo visto che non stiamo certo parlando di due pivellini. La band ha questo modo di presentarsi con vertiginose scorribande sonore, vocals al vetriolo che parlano di decadentismo della società, ci shakerano nel loro personale frullatore sonoro (penso alla debordante violenza di "Opulent Black Smog"), per poi concederci spettacolari intrugli sonori vicini quasi ad un black progressivo, splendido a tal proposito l'assolo qui. E la ricetta sembra funzionare alla perfezione anche nelle successive tracce, dove si viene investiti da elucubranti riff di chitarra che potrebbero evocare anche i conterranei Dodecahedron, e "Burial ad Sanctos" ne è un esempio calzante. Emerge da questa stessa song anche una certa componente doomish che viene spazzata via da sgretolanti stilettate di chitarra che mostrano, qualora fosse ancora necessario, le eccelse capacità esecutive del distinto R. Schmidt (date un'occhiata alla sua foto e pensate un po' se questo tizio cosi elegante, possa concepire un sound cosi devastante). Fatto sta che i Wesenwille hanno uno stile convincente che continua a propagarsi anche più avanti durante l'ascolto senza soffrire alcun calo di tensione e attenzione ma anzi, acuendo quella voglia di scoprire cosa di insano e deflagrante, i nostri avranno ancora da proporci. Si perchè "Inertia" è un treno impazzito, scuola Ulcerate, che potrebbe esclusivamente fermarsi per un deragliamento delle sue acuminate chitarre che urlano come coyote nel deserto, la notte. "Ritual" è un pezzo strumentale che rinuncia alla sua melodica brutalità solo quando il tremolo picking delle chitarre si prende interamente la scena. Con la title track si torna a correre come degli indemoniati, e il detto senza colpo ferire non credo possa proprio applicarsi ai due mostruosi musicisti orange. Tecnica purissima che si infrange contro la barbarie della proposta dei Wesenwille, stemperata solo da atmosferici rallentamenti doom che sembrano apparentemente allentare quella difforme tensione creata dai nostri. Con "Ruin" abbiamo una versione più meditabonda della musica dei due schizofrenici musicisti olandesi, mentre con la conclusiva "The Introversion of Sacrifice", ci concediamo un addio con i fiocchi, ossia una sezione ritmica di violenza e dissonanza senza precedenti che ci danno il colpo del definitivo KO. 'II: A Material God' è un album sicuramente importante, ma decisamente non per tutti, nemmeno per molti, ma se vi entrerà nella testa, beh probabilmente sarà complicato toglierselo per un bel po' di tempo. Bravi. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 79

https://ladlo.bandcamp.com/album/ii-a-material-god