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mercoledì 9 aprile 2014

Hamferð - Evst

#PER CHI AMA: Dark/Doom, Cathedral, Type O Negative
Chi di noi non ha mai sentito parlare delle Fær Øer Islands? Se non altro per qualche coincidenza di girone tra la nazionale italiana e la corrispettiva nazionale faroese, per quello che riguarda nazionalpopolari cronache pallonare; ma una nazione non infinitamente grande come le Fær Øer ha già sfornato un paio di gruppi metal degni di nota, tra i quali mi piace citare i classicheggianti TYR e perchè no, anche questi Hamferð. Il gruppo protagonista della recensione di oggi, ha vinto un concorso per band metal al celeberrimo festival Wacken nel 2012, vincendo un contratto con la storica etichetta metal Nuclear Blast. Ascoltando 'Evst' ho capito chiaramente il perché: la classe signori, la classe...questa sconosciuta in ambito metal da troppo tempo. Iniziando l'analisi più approfondita di questo lavoro, mi soffermo, come mia abitudine (o mania, come preferite) sulla confezione del cd, un digipack classico con un artwork raffinato e oltremodo “scuro”, caratteristica che rende difficile la lettura dei testi sul libretto (poco male, i nostri scrivono i loro testi in lingua faroese, poco comprensibile) e che aiuta a creare quell'atmosfera malsana che cerca di introdurci al meglio al sound proposto. La formazione è formata da sei elementi (se vi può interessare su Youtube trovate anche un video live girato in una cattedrale e mandato in onda dalla tv faroese!!!) in cui spicca il cantante e mente del gruppo, dotato, oltre che di una bellissima voce, anche di ottime capacità di composizione. Che dire, la musica è un doom metal di ottima fattura, i ritmi sono lenti, le atmosfere cupe; i suoni, meravigliosi, frutto di un ottimo lavoro fatto in studio. Le voci, spettacolari clean vocals si alternano a un growling mai troppo marcato e che evita di rendere il tutto troppo stucchevole. Dopo 2-3 passaggi nel mio stereo, 'Evst' ha rischiato di diventare il mio disco preferito da un bel po' di tempo a questa parte; dopo altri tre ascolti lo è diventato. Mai come in questo caso, un ascolto del genere proposto, può aiutare più di mille parole; potrei affermare che mi ricordano i Cathedral, imbastarditi dai più decadenti Type O Negative, a loro volta influenzati dai Sabbath più oscuri. Quel che è certo è che non si tratta di musica per tutte le occasioni, la definirei piuttosto “musica per giornate grigie” oppure “note per il crepuscolo”, ma poco importa. Notevoli tutte le composizioni (sei in tutto) che si assestano su durate medio/lunghe, che danno il meglio di loro stesse se ascoltate in cuffia (provare per credere). Non voglio dare giudizi sui singoli musicisti, tutti autori di un ottima prestazione, perché in questo caso più che in altri avrebbe poco senso: qui tutti viaggiano nella stessa direzione creando un monolite sonoro che lascia un solco ben definito sulla sua strada. In testa ed in coda alla scaletta le due meravigliose creazioni che fanno gridare al miracolo; l'iniziale title track e la conclusiva “Ytst”, due vere e proprie gemme. Sinceramente non pensavo di potermi trovare di fronte ad un lavoro di tale portata, da un gruppo per me semisconosciuto; solo parole di elogio per questi ragazzi, autori di un lavoro che si piazza tra i primissimi posti della mia playlist personale. Mai come in questo caso, ascolto più che consigliato. Obbligatorio. (Claudio Catena)

(Tutl Records - 2013)
Voto: 90

Viverna - S/t

#PER CHI AMA: Epic Black Ambient
Un bel sound quello proposto dai Viverna, una tape costituita da tre canzoni, ben prodotta e curata nella sua veste grafica. I due membri, “XXXIX” (ex Funeral Marmoori, fondatore ed ex Sulfur) e “Magus Ater” (Domine, ex Necromass ed ex Sulfur) propongono tracce ipnotiche e cadenzate senza alcun eccesso e nessun pretesto. Un black metal che si lascia ascoltare, che rispetta l’etica e la poesia che in questo genere musicale dovrebbero essere di primaria importanza. Curiosa e azzeccata la scelta di cantare in latino e di utilizzare testi brevissimi, ripetuti più e più volte come un mantra cosmico. La cassetta si apre con “Sortilegio,” una canzone della durata di più di otto minuti, basata su riff trascinanti, simpatizzanti in un certo senso sonorità “bathoryane”, innestati qua e la da ataviche melodie monocorde, semplici e sobrie, con il testo elementare ma non per questo meno interessante che recita il famoso palindromo: “Rotas Opera Tenet Arepo Sator”. Ascoltando questa prima traccia si respira un aria antica, magica ed arcaica che introduce alla successiva “Ouroboros” seconda solo per ordine cronologico, anche in questo caso si ha una traccia di quasi 10 minuti, ben strutturata e ricca di pathos, melodica ed essenziale, genuina e coinvolgente, in cui l’aspetto vincente è sempre la compostezza della composizione che non eccede in nulla, pur restando su standard qualitativi molto alti. A chiudere questa brillante demo di debutto, “Stella del Mattino” una composizione tastieristica, con un sound a cavallo tra Burzum e Tangerine Dream che emana una grande pace, estatica e cristallina. Trovare un termine di paragone per i Viverna è cosa difficile perché ciò che il duo fiorentino suona è musica dotata di grande personalità; c’è una certa similitudine con il conte Grisnack ma sarebbe limitativo pensare ai Viverna come una Varg-band, la verità è che i Viverna suonano come i Viverna e meritano di essere ascoltati per quel che sono. La qualità audio è molto buona, per lo meno, “viva”, “fresca”, con un suono fisico, presente, organico, vero. L’unica critica che posso e trovo utile muovere, è nei confronti del cantato, abbastanza secco e ruvido, lo avrei preferito sentire alternato ad una voce più spontanea, più selvatica, più libera e declamata, soprattutto nella seconda traccia, “Ouroboros”. Dopo questa piccola critica, in conclusione posso affermare che questa demo è qualcosa di piacevole e molto intrigante, una proposta onesta che lascia presagire molte sorprese per il futuro, per cui consiglio di tenere d’occhio questi Viverna, perché l’onestà nel panorama black metal odierno è merce rara e ricercata. Acquistate questa tape, non ve ne pentirete, garantito! (Alessio Skogen Algiz)

(Self - 2014)
Voto: 75

The Brain Washing Machine - Seven Years Later

#PER CHI AMA: Stoner Rock
Della serie ottima etichetta, ottimi gruppi! Questa volta tocca ai The Brain Washing Machine (TBWM), padovani di nascita e stoner/rock per vocazione. Il quartetto lancia questo album alla fine del 2013, dopo il successo del primo EP (datato ormai 2006) e conferma quanto atteso. Band solida (un solo cambio di line-up in questi sette anni di attività), numerose esibizioni live (anche a fianco di band di spicco) e molti passaggi in radio per condividere il loro lavoro con il nutrito mondo di desert-addicted. Dodici brani registrati professionalmente e un bel digipack, ti fanno salire la cosiddetta SAS (Stoner acquisition syndrome), patologia riconosciuta a livello mondiale che porta l'amante del genere stoner/doom alla ricerca incessante del gruppo perfetto. Perfetto o no, i TBWM sono cazzuti, bravi e sanno vendersi. Per quanto riguarda i primi due punti nulla da aggiungere, arrangiamenti ad hoc, tanti riff e cura feticista del suono. L'ultimo punto invece potrebbe dividere le folle, nel senso che se cercate un disco che vi aiuti a passare in modo graduale dal pop/rock allo rock/stoner, questo è quello giusto. Se invece siete dei fan smaliziati del genere, troverete questo album un po' troppo ruffiano. Talmente border line da far sorridere, ma chissenefrega. Ascolta e taci. "Seven" è bella carica, una sfonda timpani da gustare appieno con le casse dello stereo che vi rinfrescano da quanta aria muovono a ritmo di una locomotiva che sfreccia nella notte. Brano strumentale, che non sente affatto il bisogno del cantato perché i riff vi parleranno a livello subliminale, prima veloci e poi dimezzati, tutto a beneficio del movimento ritmico della vostra testa. Ecco, diciamo che discreta parte nello stoner lo fanno le chitarre, possibilmente accordate in do e ricche di fuzz. I TBWM hanno optato per suoni meno desertici e più metropolitani, sappiatelo. "Angry Boy" apre con un grande riff di basso, veloce e tagliente che anticipa l'entrata degli altri commilitoni che arrivano subito a dar man forte. Parte ritmica promossa a pieni voti, insieme alla chitarra ci danno dentro come non ci fosse un domani e questo ripaga l'ascoltatore. Il vocalist sa il fatto suo, non è dovuto certo passare da 'X-Factor' e 'Amici' per imparare come si canta da rocker. Per questo serve tanta gavetta e migliaia ore di ascolto dei propri maestri (STP, Jane's Addiction, etc.) "Simple Song" è un'altra gran traccia, in linea con le precedenti e quindi non aggiungo molto altro. Le chitarre sono più grosse e forse sarebbe il suono adatto anche per le altre canzoni. Lo svolgimento è leggermente ripetitivo, si intuisce facilmente il prossimo cambio e questo toglie un po' di gusto all'ascoltatore. Direi che i TBWM sono a buon punto (prodotti dalla GoDown Records), non devono certo farsi abbagliare dai risultati ottenuti sin'ora, ma andare avanti per la propria strada. Infatti potrei dire che qualche aggiustamento al loro stile si può fare, ma poi, serve veramente? (Michele Montanari)

(GoDown Records - 2013)
Voto: 70

domenica 6 aprile 2014

B°Tong – Hostile Environments

#PER CHI AMA: Noise/Drone, Alva Noto, Fennesz, Tim Hecker
Prodotto dalla Greytone nel 2013, il nuovo nato nella casa degli esperimenti sonori chiamata B°Tong ci proietta in un vortice cinematografico di sensazioni oscure. Chris Sigdell, musicista elettronico sperimentatore di suoni non convenzionali prodotti da variegati materiali e oggetti (metalli, giocattoli elettrici, etc.), ci conduce alla scoperta di una colonna sonora post atomica ricca di atmosfere siderali piene di spunti di sopravvivenza esistenziale. Lunghe trame musicali ricche d'atmosfera aliena e alienante, gelida ma allo stesso tempo carica d'emozionalità; la sua esperienza maturata sin dal 2005 si fa sentire nella alta fedeltà del suono che non tradirà gli amanti dell'effettistica hi-fi, se poi pensiamo al modo con cui questo alchimista sonico ottiene i suoi sospiri musicali, tutto acquista un doppio valore. Avvolti in un paesaggio degno delle atmosfere di 'Blade Runner', le nove tracce si muovono come una lunga colonna sonora. Legate tra loro alla perfezione, ripercorrono ambienti cari ad Alva Noto, Einsturzende Neubauten, Kilimanjaro Darkjazz Orchestra, Tim Hecker, Fennesz, The Mount Fuji Doomjazz Corporation, Bohren & der Club of Gore, Ryuichi Sakamoto, Brian Eno. Ovviamente, riletti e ragionati in maniera del tutto originale e drammatica, cosparsi di sussulti umani, minimalismo elettronico, grida di animali nella notte, mostri, noise, accenni di notturno sperimentalismo unto e catramoso, Drones, ansia vampiresca da club notturno dei bassifondi, umori tratti da un film decadente e senza via d'uscita, una colonna sonora da ascoltare tutta d'un fiato in stato d'allucinazione perenne, in una buia notte tutta da fissare oltre la finestra, profondamente ignari di cosa sarà il nostro domani. Cadete pure in tentazione, fatevi tentare, trattenete il fiato, c'è posto anche per voi in questa lunga passeggiata malinconica verso l'oblio! Esperimenti di rumoristica e dark ambient d'alto rango! Ascoltarlo è un dovere assoluto!!! (Bob Stoner)

(Greytone - 2013)
Voto: 80

sabato 5 aprile 2014

Blutnebel – Niedergang

#PER CHI AMA: Pagan metal, Belphegor, Rapture, Waylander
Arrivano dalla Sassonia carichi di spirito epico e pagano e portano il nome di Blutnebel, sono attivi dal 2008 e questo dal titolo 'Niedergang' è il loro secondo album autoprodotto. Il quintetto (che non usa tastiere, bene sottolinearlo) gioca le sue carte in un opera divisa in dieci brani dal taglio melodico e di sicuro impatto che non rifiuta i canoni del black metal ma che opta per uno stile diretto e ricco di mid-tempo rendendo le tracce tutte molto appetibili e di stampo chiaramente più classic metal. L'album fila via liscio come l'olio nella sua atmosfera battagliera, il suono è curato a fondo e la registrazione offre un perfetto equilibrio tra gli strumenti per un ascolto ottimale. Si apprezza tutto, dalla voce sprezzante ed agguerrita alle chitarre acustiche, piatti cristallini e basso pulsante, chitarre mordenti e costantemente votate alla melodia, ogni cosa giace al giusto posto. Forse quello che manca è un po' di originalità in più nelle composizioni, ma nell'insieme questo è un album che renderà felici molti black metallers dall'animo epico, con una (pacata) propensione al power metal e amanti di Belphegor, Waylander, Rapture o dei divini Atanatos. Dieci brani ben orchestrati tra loro divisi in momenti di acustica atmosfera, degna di una foresta incantata e folate di metallo fiero e glorioso che trovano un riassunto ideale nel brano centrale strumentale, dal titolo "Zeitenwende" che rispecchia alla perfezione lo stile della band. La seguente "Verdammnis" è una song esplosiva dove la voce rigurgita tutta la sua malignità anche se la massima espressività vocale la si ha con lo start del brano "Geboren in Feuer" dove il vocalist Namon tocca vertici di malvagità notevoli. Un lavoro completo e di carattere anche se un tantino omologato, comunque carico di personalità e soprattutto di comprensibile impatto, di facile assimilazione, caratteristica quest'ultima non da trascurare in questo genere. Supera alla grande la prova dei ripetuti ascolti e offre mille sfaccettature tutte da scoprire ed apprezzare. L'artwork di copertina è ben curato ma poco attraente e ricercato. Album da ascoltare attentamente, ottimo lavoro underground ben riuscito. (Bob Stoner)

(Self - 2013)
Voto: 75

Inferi - The Path of Apotheosis

#FOR FANS OF: Melodic Death Metal, The Black Dahlia Murder, Insomnium, Arsis 
It’s not every day a musical act comes from a completely unexpected climate to wow you with a style made famous by practitioners elsewhere around the globe, but the home of American Country/Western music, Nashville, Tennessee has delivered one of the more rousing, enjoyable, and downright fun albums in the year is this third effort from the recently reactivated US version of Inferi. As soon as you press ‘PLAY,’ the one undeniable influence upon this music is The Black Dahlia Murder in terms of overall attack, riffing patterns and initial scope, but the main part missing here is the bands’ greatest strength in that it’s more traditionally-based Death Metal instead of opting for the Metalcore-infusion BDM specialize in. Instead, these guys infuse their sound with more keyboards, in the process becoming slightly symphonic in places when they launch into keyboard-spotlighted efforts, while focusing on including highly melodic riffs passages over the brutal Death Metal rhythms, which is a key component to the Finnish style of Melo/Death. Still, the dual vocals of hoarse grunts and raspy screams alternating within different lines, technically-complex and high-speed guitar patterns and pounding drum-lines filled to the brim with triggered double-bass fills all seem to come from the Michigan-deathsters playbook, but the additional influences within make this far more impressive and enjoyable. Opener "Those Who From the Heavens Came" gives an impeccable example of what to expect here with a swirling round of keyboards, technical guitar riffs, lumbering bass-lines and utterly impressive round of drumming that barrels over the top of the raging tempos within, as it shifts from quiet, moody reflective pieces with acoustic instrumentation to full-throttle barn-burner and complex, Metalcore-inspired mid-tempo work all within the scope of the epic six-minute length, itself a common trait among many of the songs to push past the six minute running time or come awfully close. That, in a nutshell, might be the albums’ only detriment as the extended running time throughout these songs border on overkill the longer the album runs for the decision to leave the running order at eleven is a bit much for this kind of music, much less the standard issue version like this. Keep it at nine or so and put one of the short tracks as a bonus clip isn’t going to do much to harm this one overall, but eleven songs averaging five-and-a-half minutes takes a lot out of this record. Frankly, the album as a whole is just so enjoyable that it’s only reflection after-the-fact that this becomes noticeable and not during the experience, the music is just that good to really notice. Additionally, the majority of the songs offer something fun to enjoy on an individual basis. "The Promethean Kings" is absolutely dripping with stellar guitar solos displaying incredible musical chops, "A Betrayal Unforetold" is an unrelenting rager of a track with plenty of guitar fireworks to power through and "Wrath of the Fallen One" is a keyboard-laden masterpiece of Symphonic Death Metal bristling with blinding drum-work alongside furious high-speed guitar riffing into an eerie, melodic outro. "The Ophidian Form," "Prelude to a Perilous Fate" and "Destroyer" are all reminiscent of the other, earlier tracks here with minor difference in tempo and rhythm melody, and the final onslaught of epic-length tracks at the back-end manages to hold the fury throughout the majestic lengths and make for a series of fine, up-tempo tracks that really hold the melody and symphonics well deep into an album, giving this band high hopes for the future as one of the pioneers of the genre. (Don Anelli)

(The Artisan Era - 2014) 
Score: 90 

The Pit Tips

Claudio Catena

Fate Control - Random Survival
Motorpsycho - Behind the Sun
Extrema - The seed of foolishness
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Don Anelli

Grave - Endless Procession of Souls
Testament - Dark Roots of Earth
Sodom - Epitome of Torture
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Bob Stoner

Misanthropic art - The Streams of Terror
Orbweaver - Strange Transmissions from the Neuralnomicon
Brian Reitzell & Alex Heffes - Red Riding Hood Soundtrack
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Stefano Torregrossa

The Ultra Electric Mega Galactic - The Ultra Electric Mega Galactic
Soul Coughing - El Oso
The Freeks - Full On
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Francesco "Franz" Scarci

Whispered - Shogunate Macabre
Dirge - Hyperion
Deadly Carnage - Manthe
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Mauro Catena

Motorpsycho - Behind the Sun
Pontiak - Innocence
Jeff Buckely - Sketches for my Sweetheart the Drunk
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Kent

Olive - Extra Virgin
William Basinski - Watermusic II
Franco Battiato - La Voce Del Padrone
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Skogen

Ymir - Hrìmthursar
Salem - Necessary Evil
Nattvindens Grat - A Bard's Tale

venerdì 4 aprile 2014

Buio in Gola – Dopo l'Apnea

#PER CHI AMA: Black/Hardcore, Altar of Plagues, Disrupt
Questa giovane band formatasi tra le città di Pisa, La Spezia e Viareggio ci offre l'ascolto del loro primo album autoprodotto, stracarico di buone idee e passione. Una passione che trova sfogo in un sound dallo stile marcatamente black metal, influenzato dalle correnti dark più oltranziste degli anni ottanta con innesti sonori sporadici di crust punk e un'attitudine tra il dark rock e il death rock molto accentuata. Cantano in lingua madre ma difficilmente si intuiscono le parole; il suono è vicino ai connazionali Movimento d'Avanguardia Ermetico, con cui condividono una sorte di efficacissima, oscura vena romantica, cosparsa di atmosfere dal retrogusto crust di scuola Disrupt e con atmosfere vicine a Madre del Vizio o Carillon del Dolore e questo non sfigura affatto, creando un ponte con un passato dark 80's italico di tutto rispetto. Non fraintendiamoci, il trio suona violento e pesante come una sorta di Altar of Plagues dal suono più cavernoso e spigoloso, con un cantato ostico e basilare, immerso in una sorta di litania hardcore in putrefazione, alternato ad un parlato tipico della scuola dark italiana (stupenda e senza tempo la conclusiva "Oceano") con frequenti escursioni nel funeral metal più morbido. Le cinque tracce fruiscono sciolte e il mix tra dark ambient e black metal, tra rumore e atmosfere depressive funziona alla grande, dando una intensa luce spettrale all'intero lavoro, accentuando un'appartenenza voluta nell'underground di tutto rispetto. L'essenza del suono rumoroso proveniente dall'oltretomba, sta tutta nell'urgenza creativa e nella drammaticità, nel suo provenire dagli scantinati dell'angoscia con cui sono state scritte queste cinque tracce che colpiscono per intensità e oscurità. Una forma d'arte estrema che premia questa coraggiosa band, capace di una scelta sonora così radicale. Un sound che può maturare ancora e dare tante soddisfazioni, ottimo debutto. (Bob Stoner)

(Self - 2013)
Voto: 75

giovedì 3 aprile 2014

Bjarm - Imminence

#PER CHI AMA: Black Symph., Dimmu Borgir
Ho sempre trovato cosi affascinante la città di Arkhangelsk, non tanto per la sua architettura ma per quel nome che evoca qualcosa di spettrale ed etereo al tempo stesso. I nostri eroi di oggi arrivano proprio da quell'area, più precisamente da Severodvinsk, città della Russia subartica. Mi sarei aspettato pertanto sonorità glaciali, desolate o depressive, e invece fra le mani ho un disco che tributa l'amore della band per il black sinfonico dei Dimmu Borgir. La classica intro strumentale apre il lavoro e a seguire "Knowledge of Doom" che palesa nelle sue note, la voglia di affidarsi a pompose parti orchestrali per appagare i fan. E il risultato, per un amante del genere come il sottoscritto, si dimostra assolutamente positivo. Detto delle abbondanti parti sinfoniche che popolano la prima traccia, vorrei anche citare la magnifica voce maschile di Andrey Vait (un growling profondo ma ben chiaro), affiancato dalle vocals della soave fanciulla Anastasia Angie, tastierista della band. "Ominous Dreams" è una song che parte oscura affidandosi ad una ritmica mid-tempo con voci demoniache che si instaurano su un tappeto ritmico assai melodico, imbastito dal sestetto russo. A differenza della precedente traccia, questa si rivela meno bombastica e più lineare nel suo andamento, anche se i nostri non ci fanno mancare un bel break centrale assai affine a quelli di Shagrath e soci, di "Progenies of the Great Apocalypse" (ma questa sarà una certezza dell'intero lavoro). Se l'aggressiva "The Nine Worlds" rivela anche un certo influsso viking nelle sue note, "Fire Lord's Torment" evidenzia quanto la musica classica sia importante e si insinui nella matrice musicale dell'ensemble, grazie alla presenza costante delle tastiere della bella Anastasia, vero punto di forza ed elemento predominante di 'Imminence'. La strumentale title track si fa seguire dalla semi-acustica "Oracle" che mostra una componente vocale meno gutturale e più orientata allo screaming, mentre la song si mostra più pacata nei toni e venata da una forte componente malinconica. Ancora forti le influenze dei Dimmu Borgir nelle song conclusive, tra l'altro rifacendosi al periodo che ha fatto storcere il naso alla maggior parte dei fan, ma che invece a mio avviso, ha permesso di ampliare il pubblico dell'act norvegese. E si conferma anche il connubio extreme vocals vs voci angeliche. In "The Highest Hall" è forte la componente death, mentre la conclusiva "Tree on the Bones" è un pezzo assai atmosferico. Appurato che 'Imminence' non aggiunge nulla di nuovo ad un genere apparentemente morto, posso affermare senza vergogna che il lavoro mi è piaciuto, a tratti entusiasmato e che l'ho ascoltato fino al termine, pur sapendo sempre cosa mi sarei aspettato. Probabilmente c'è ancora molto da lavorare per rendere meno scontati i pezzi, ma direi che i sei ragazzi russi partono già da una solida base peraltro rinforzata da un'ottima produzione svolta da Tony Lindgren ai Fascination Street Studio. Insomma 'Imminence' è un buon punto di partenza, per dare linfa vitale ad un genere che sta traccheggiando da un bel po' di tempo. (Francesco Scarci)

(Fono Ltd - 2014)
Voto: 70

Nausea Or Questra - Peccatori

#PER CHI AMA: Alice In Chains, primi Q.O.T.S.A. Melvins, Black Sabbath 
L'instancabile Santa Valvola Records (già madrina degli Stoner Kebab, recensiti qualche giorno fa) lancia il secondo album dei Nausea Or Questra (NOQ), quartetto stoner/alternative proveniente dalla zona di Prato. La cosa che mi ha intrigato sin da subito è la lineup: tre ragazzotti brutti e cattivi che si dedicano alla pressione sonora (voce/chitarra, basso e batteria) e una soave fanciulla che contribuisce con voce, violoncello e Farfisa (famosa azienda italiana produttrice di organi e tastiere che hanno contribuito alla storia del rock/punk e new wave). I presupposti per uno stoner diverso ci sono e quindi spariamoci nelle orecchie questa fatica italica. Il brano "Oscenità" viene introdotto da un giro di violoncello e basso distorto che insieme creano un riff elegante e facilmente assimilabile. Una sinergia che può sembrare spacciata sin dall'inizio, come un legame tra anime troppo diverse, ma che invece convincono proprio per queste caratteristiche. La voce maschile e femminile seguono la stessa idea e l'entrata della chitarra distorta segna un cambio di direzione che porta ad una overdose di energia, trascinando la sezione ritmica e travolgendo tutto quello che si para davanti. Un filone che caratterizza gruppi come i veronesi Le Maschere di Clara e che acquisisce credibilità con il tempo. Bel brano. "Safari" è una traccia da scavezzacolli, veloce e truce, ammorbidita dalle tastiere che non si vergognano dei propri suoni vintage. Anzi, te li sbattono in faccia e il riff diventa il filo conduttore dell'intero brano, mentre chitarra/basso/batteria sgomitano per prevalere, usando suoni grossi e pulsazioni da tachicardia. Due minuti per far capire che i NOQ si destreggiano in qualsiasi situazione sonora senza problemi. "Amsterdamn" invece risulta più stoner e psichedelica delle altre canzoni, sia per i suoni che per gli arrangiamenti. Meno fronzoli e più diretta. In generale, più ascolto le tastiere e più sono convinto che sia stata un'ottima scelta, se poi consideriamo che i NOQ si portano a casa voce femminile/violoncello/farfisa al prezzo di uno, direi che è l'affare dell'anno. Posso dire con certezza che i NOQ mi hanno piacevolmente sorpreso, perchè suonano pesante, ma allo stesso tempo mantengono eleganza e un sacco di sensualità, vuoi per il tocco femminile, vuoi per la scelta di strumenti non tradizionali per generi come lo stoner. E poi mi sembra di intuire un pizzico di ironia che non guasta, ci sono già troppi gruppi che si prendono sul serio. E di questi tempi meglio strappare un mezzo sorriso che lasciare indifferenti. (Michele Montanari)

(Santa Valvola Records - 20134) 
Voto: 70