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martedì 27 ottobre 2015

Svederna - Äntra

#PER CHI AMA/FOR FANS OF: Black Old School
Gli Svederna provengono da Värmland, una contea situata nella Svezia centro-occidentale. Sono passati quasi 3 anni dall'uscita di questo meraviglioso full-length intitolato 'Äntra'. Nonostante le loro immense capacità compositive ancora non hanno trovato un etichetta che produca loro questo album di debutto e personalmente trovo questa cosa parecchio assurda. Uscito solo in cassetta, autoprodotto e limitato a 50 copie, 'Äntra' è uno degli album migliori degli ultimi tempi. Si tratta di black metal simile a quanto prodotto dai compaesani e giustamente osannati Skogen, Stilla e Armagedda, con un pizzico dei norvegesi Kampfar e primi Vintersorg, qua e là. Nomi che non hanno bisogno di presentazioni ma che stranamente in termini di qualità non sono superiori ai nostri Svederna. Snodandosi lungo un percorso di 42 minuti, 'Äntra' dimostra di essere un album compatto, ben concepito, che non si perde per strada; infatti in questo viaggio, si percorrono aspri sentieri gelati indirizzati verso il più furioso e tradizionale black metal, fatto di riff massicci in perfetto equilibrio tra potenza e melodia. La matrice è chiaramente svedese ma l'originalità e l'efficacia non hanno termini di paragone e sono costanti per tutta la durata della release. A darci forza in questo cammino è una poderosa batteria suonata in maniera esemplare che alterna mid tempos a blast beat repentini e furibondi, i quali sanno penetrare ogni fibra dei nostri muscoli, spesso grazie ad un accompagnamento di basso determinante. In questo viaggio emozionale si è inoltre rapiti da delicati momenti rappresentativi di antiche saggezze: chitarre acustiche, cori e suoni ambientali non fanno altro che impreziosire il tutto, donandogli fascino e mistero. Tra le mie canzoni favorite c'è la terza traccia “Återvändlöshet”, la più lunga song di 'Äntra' che conclude il lato A del nastro e “Naturligt Vis” la prima del lato B, canzone estremamente evocativa, forse la meglio riuscita dell'intero lotto. L'album vanta una registrazione davvero molto buona, carica e cristallina che sa esaltare a pieno lo spirito e le capacità della band. Se dopo tutti questi pregi state ancora aspettando i difetti, purtroppo temo di non potervi accontentare. Non si riescono a trovare punti a sfavore nemmeno analizzando i testi che sono cantati da una voce ruggente e sferzante, quasi “criminale”, anzi, si può asserire che sono scritti ad arte, ricchi di molti riferimenti occulti e vagamente criptici ed hanno come tema l'anti-stabilizzazione, un modo diverso e forse più originale di dire “anti-umano” e qui per approfondimenti vi rimando al sito ufficiale della band (www.svederna.se) che ha pensato bene di fornirci una traduzione dettagliata dallo svedese al tedesco e all'inglese. 'Äntra' è uno scrigno prezioso contenente tutta la potenza e l'eleganza di una band che ha dato vita ad un autentico capolavoro, un disco eccelso, consigliato a tutti gli amanti del black metal più puro e incontaminato, quello che non ha mai smesso di aleggiare nelle foreste innevate con la sua pallida e sepolcrale luminescenza. (Alessio Skogen Algiz)

Svederna comes from Varmland, a county located in the west-central Sweden. Three years have passed from the releasing of this wonderful full-length entitled 'Antra'. Despite their immense compositional skills, they haven't found yet a label interested to produce their debut album and I just think this is quite absurd. Released on cassette only, self-produced and limited to 50 copies, 'Antra' is one of the best albums I have recently listened to. It is a sort of black metal that reminds the sound of other swedish bands Skogen, Stilla and Armagedda, but also the one of Norwegian Kampfar and early Vintersorg. Even if these are bands that need no introduction they aren't any better than Svederna. 'Antra', flowing along its 42 minutes, proves to be a compact album, well-designed, very direct; in fact, along the trip we can travel on rough and iced roads directed to the most furious and traditional black metal, made of massive riffs with a perfect balance between power and melody. The matrix is ​​clearly Swedish but the originality and efficacy have no terms of comparison and are constant for the entire length of this release. To increase the strength, there is a powerful drums played in an exemplary manner able to alternate mid tempos to sudden and furious blast beats, which penetrate every fiber of your muscles, thanks to a decisive bass accompaniment too. In this emotional journey, I was also kidnapped by delicate moments representative of ancient wisdom: acoustic guitars, choirs and ambient contribute to enrich the whole sound providing charm and mystery. Among my favourite songs there are the third track, "Återvändlöshet," the longest song of 'Antra' which concludes the A-side and "Naturligt Vis" the first of the B-side, a song extremely evocative, maybe the most successful of those included in the release. The album has an excellent recording, full and clear, which exalts the spirit and the capabilities of the band. If despite these qualities you are still waiting for some shortcomings, nevermind. You won't be able to find issues here, even analyzing the lyrics sung by roaring and lashing voices, almost "criminal"; indeed, I can say that they are well written, rich of many hidden references and vaguely cryptic with a central theme on the anti-stabilization, a different and perhaps more original way to say "anti-human". For further details/insights on this subject please refer to the band's official website (www.svederna.se) where you can find a translation from Swedish to German and English. 'Antra' is a treasure chest containing the power and the elegance of a band that has created a true masterpiece, a great work recommended to all lovers of pure and uncontaminated black metal, the one has not stopped to linger in the snowy forests with his pale and sepulchral glow. (Alessio Skogen Algiz - Translated by Francesco Scarci)

(Self - 2013)
Voto/Score: 100

sabato 13 dicembre 2014

Grudom - Fjolkyngi

#PER CHI AMA: Black, Armagedda, Lik
La Scandinavia non smette mai di sorprendere. In questi ultimi anni qualcosa sta rinascendo in quelle gelide terre nordiche, un black metal con sangue nero nelle vene, sempre più aspro e di difficile comprensione ed i Grudom ne sono devoti adepti. Credevo ci fosse un limite al malessere, ma dopo l’ascolto di questo malatissimo 'Fjolkyngi' uscito sotto l'egida della Mysticism Productions, ho capito che questo limite è stato superato. Di questi danesi Grudom si sa ben poco: hanno autoprodotto due demo tapes nel 2012, recentemente rimasterizzati in cd dalla teutonica Darker Than Black e per quanto riguarda il profilo artistico invece, c’è solo il buio. 'Fjolkyngi' è una delle cose più decadenti che le mie orecchie abbiano mai ascoltato ed è di una tristezza sconcertante, una creatura sbilenca, paralitica che si trascina carponi nei più lugubri e cupi boschi che la mente umana possa immaginare. Questo brutto sentiero si snoda tra cacofonie di vario genere, drumming minimale, spazi di vuoto dove nascono melodie nefaste scaturite da organetti spettrali e vocalizzi, gloriosi, distanti, criptici, sfondo di uno screaming putrefatto, disumanamente vaporoso e annichilito. Solo tre tracce di pachidermica durata compongono questa disgrazia sonora. I Grudom ricordano Armagedda, Lik, Lonndom, Hädanfärd, Grifteskymfning e compagnia bella, ma in questo caso gli elementi chiave del genere, sono estremizzati al limite del possibile. Spesso la musica contenuta in 'Fjolkyngi' si autodistrugge per diventare un'aura ambientale, c’è voglia di trascendere qualunque forma di canonicità, questo il pregio primario di tale band. L’assenza di schemi e regole rende questa pietanza appetibile solo per una piccola e elitaria frangia di maniaci, dunque 'Fjolkyngi' è un album non per tutti. Consiglio (anche alle persone di mente più aperta) di ascoltare la traccia che è stata caricata per intero su Youtube prima dell’acquisto e voglio ricordare che l’edizione in vinile è limitata a sole 250 copie dunque, buy or die! Chiudo con una nota di merito nei confronti dell’artwork, con il suo logo infimo e la foto, in bassa risoluzione, di un ceppo radicale divelto dal terreno, radici che ora mai rinsecchite attendono solo la decomposizione. I Grudom (chiunque essi siano) non potevano descrivere meglio l’energia malefica sprigionata da questo meraviglioso e straziante debutto, ottimo artwork dunque! Mi auguro in futuro di poter aver l’onore di ascoltare altri dischi come questo. Supporto totale a questa band e al loro black metal metafisico! (Alessio Skogen Algiz)

(Mysticism Production - 2014)
Voto: 90

sabato 18 ottobre 2014

Grift - Fyra Elegier

#PER CHI AMA: Black, Kampfar
La Nordvis, deliziosa etichetta madre di questa release, ultimamente sta dando alla luce molte interessanti proposte, sempre molto discrete e coinvolgenti, e i Grift sono una di queste. Provenienti dalla fredda Svezia, terra di una sempre più proliferante scena Black Metal vissuto con estrema dedizione, sono attivi dal 2011 ma questo loro EP di debutto è uscito solo nel 2013. 'Fyra Elegier' pare sia stato ben accolto dall’opinione generale di chi come me, cerca e studia l’evolversi del sottobosco scandinavo, ma è e rimane un prodotto di nicchia, con una bassa tiratura di uscite in formato vinile, cd e audiocassetta. i Grift sono uno dei molti gruppi svedesi che stanno delineando il profilo di una seconda e credibilissima genesi di blacksters purosangue. Questo genere che io oserei definire “nuovo”, è in realtà ciò che era sempre stato il Black Metal prima della sua rovina, ossia austerità, introspezione, misantropia e profonda chiusura nei confronti di un mondo che guarda ad un futuro sempre più dannatamente falso e miserabile. Questo 'Fyra Elegier' che tradotto significa “quattro elegie” è composto da quattro canzoni che non stravolgeranno il mondo, ne si auto-proclameranno come virtuosi capolavori dell’anno perché questo “nuovo” modo di sentire e vivere il Black Metal finalmente è disinteressato e se ne sbatte le palle dei media, è pulito e vivo, ha un anima e non necessita di strafare per attirare l’attenzione dei metallari da cheeseburger che se ne stanno su youtube più annoiati dei loro stessi brufoli, né lecca il sedere alle etichette più progressiste e orientate a nuove tendenze shoegaze, nella speranza di farsi preconfezionare un bell’artwork a triangoli e farsi sbattere sul mercato come nuova rivelazione del momento. In questi 24 minuti regnano la quiete e l’armonia, a dispetto della violenza cieca e della brutalità estrema che troppo spesso è fumo negli occhi a nascondere fragilità e povertà di idee all’ascoltatore. Qui si ascolta musica dedicata alla pace eterna, fredda, profonda, una pace che solo la morte sa e può dare, scaturita dall’apertura di un intro di tristi violini che dondolanti, paiono uscire da un grammofono. Successivamente la notte discende su tutto con un cielo costellato di riff generosamente melodici, appoggiati su una batteria che come un cavallo stanco, trotta rovinosamente verso i meandri dell’oscurità assieme al suo condottiero che proclama le ultime memorie. I Grift possiedono un lato malinconico che definisce i tratti della loro musica, ma sono molto lontani dal depressive black, sono più simili ai vecchi Kampfar e ne condividono lo stesso scarno minimalismo, la stessa essenzialità che però in questo caso non è volta a raccontare storie di mitologia nordica, né ha la medesima attitudine nazionalista; qui la cosa che si sente di più, non è l’amore per la propria terra, per la propria storia passata, ma l’amore per la morte, e la rabbia verso la superficialità con cui l’uomo volge ad essa. Mi raccomando, prima di cadere nel più antico e immemorabile silenzio, nella pace ultima, prima che sopraggiunga la fine di ogni cosa… ricordatevi di ascoltate 'Fyra Elegier'. (Alessio Skogen Algiz)

(Nordvis Produktion - 2013)
Voto: 80

https://www.facebook.com/Griftofficial

domenica 10 agosto 2014

Old Wainds - Nordraum

#PER CHI AMA: Black Old School 
Old Wainds, un nome, una garanzia. La garanzia sta nel fatto che qualunque album la band rilasci, è qualcosa di assolutamente ignorante e votato alla totale devastazione. Questi russi sono in giro dal lontano 1996 e solo dopo 3 demo, nel 1999, esordiscono con un vero e proprio full length. La capacità di questa band non è nelle doti tecniche, gli Old Wainds suonano infatti fottutamente primitivi, essenziali e senza virtuosismi di sorta, la loro bravura risiede nel fatto che con 4 riff in croce siano in grado di risucchiarti in un vortice di insanità mentale. Questo nuovo 'Nordraum' vanta, per la prima volta, un artwork semplice ma di ottimo impatto visivo cosa che non si può dire dei loro precedenti lavori dal titolo in cirilico e dalle grafiche non proprio ispirate; questa volta nel libretto ci sono persino i testi tradotti dal russo all’inglese e questa è una mossa intelligente per una band che guarda al futuro, di sicuro più florido di un passato non proprio glorioso. Devo ammettere che da una copertina ed un libretto così ben curati mi aspettavo anche una sostanziale sterzata di stile verso strade più limpide ed orecchiabili, ma mi sono sbagliato di grosso perché 'Nordraum' si rivela letteralmente come artiglieria pesante in mano a dei pazzi furiosi, una vera carneficina! La registrazione è molto migliore se paragonata ad altri loro album, tuttavia gli Old Wainds proprio non ne vogliono sapere di suoni laccati. Il sound di 'Nordraum' è rimasto più o meno lo stesso, graffiante, ruvido e fortemente distorto e questo rappresenta uno dei punti di forza che ha caratterizzato la band sin dagli albori. Dimenticatevi tastierine e chitarrine folk, perché in questi 38 minuti a farla da padrone sarà solo l’enfasi del chaos e della devastazione. Tracce semplici di media durata, come microsismi che ti smuovono dentro: ascoltate “Insane Stellar Race” e “As Spilled Blood They Sprout” per farvi un'idea e chiedetevi quanti sono ancora i gruppi che nel 2014 suonano veramente Black Metal senza infarcirlo di cazzate avantgarde e/o progressive per renderlo più appetibile alla massa; e se ancora non vi basta ascoltate l’ottava ed ultima traccia “Stoneweaver”. Certo forse non siamo di fronte ad un capolavoro ma un gruppo così va promosso soprattutto per la costanza nel proporre un genere che deve o sarebbe dovuto rimanere così, sporco, violento ed al contempo trascendentale. Il Black Metal è quella musica che ti travolge, un buio dove è possibile osservare i propri istinti primordiali, una zona intima, nascosta agli occhi dei più, dove solo noi possiamo avere accesso e gli Old Wainds riescono magistralmente nel loro intento. In conclusione, credo che qualunque persona amante del vero Black Metal troverà 'Nordraum' un buon album soprattutto per la genuinità della proposta. (Alessio Skogen Algiz)

(Negative Existence - 2014) 
Voto: 75 

lunedì 26 maggio 2014

Wijlen Wij - Coronachs of the Ω

#PER CHI AMA: Funeral Doom
Fortunatamente (è eufemistico) la band si è sciolta dopo questo massacrante album: parlo dei belgi Wijlen Wij, che suonano un funeral doom ultra viscerale, ma talmente viscerale che dopo 10 minuti d’ascolto si sente un estremo bisogno di chiudersi in bagno per non uscirne mai più. 'Coronachs of the Ω' è l’ultimo full-length registrato dalla band che poi ha giustamente dato le dimissioni. Questo disco è di una noia mortale: la monotonia e l’assenza di soluzioni lo rendono quasi del tutto inascoltabile, l’unica cosa che ha di buono è la registrazione, profonda e grezza e la prima canzone “...boreas" che, se anche non un capolavoro, si lascia ascoltare contenendo una buona dose di ispirazione. Il resto dell’album (più di 50 minuti!!!) è assolutamente una palla: riff da 2 accordi corredati da accompagnamenti monocorde che anche un bambino di 2 anni riuscirebbe a concepire, voce gutturale con testi ripetitivi e banali al massimo, cose simili a: “God is Dead” ripetuto all'infinito fino allo sfacelo neuronale, una tastiera che si fa sentire di tanto in tanto ma solo per far da tappeto sonoro e rendere il tutto ancora più piatto e lineare, mentre la batteria non fa praticamente null'altro che seguire i riff in maniera accademica ed impersonale. Dopo la seconda canzone gli occhi arrivano ad incrociarsi, la testa a pendere in avanti e si comincia a non sentire più le braccia, tanto meno le gambe, le tapparelle come per magia scendono da sole mentre cerchi di rimanere sveglio ma è difficile, un'impresa direi… non oso immaginare come questi belgi siano riusciti a concepire un simile lavoro, suonarlo e registrarlo per intero senza addormentarsi sui loro stessi strumenti. Forse quest’album funeral doom è davvero per i morti, ma voi che siete vivi e non siete recensori, potete risparmiare 60 minuti della vostra vita!!! Un consiglio: statene alla larga, andate a farvi due passi nel bosco o nel parco, sarà più stimolante. Album consigliato a chi è già passato a miglior vita e ai bradipi che si aggirano attorno ai cimiteri brasiliani. (Alessio Skogen Algiz)

(Solitude Productions - 2014)
Voto: 50

giovedì 22 maggio 2014

Tears of Othila - Way to Traditions

#PER CHI AMA: Folk
Tears of Othila, un progetto Folk con la F maiuscola. Davvero ottimo questo 'Way to Traditions', un viaggio modesto e puro alla scoperta delle antiche tradizioni nordiche, tra sciamanesimo e rituali magici. Nove canzoni una più bella dell’altra, cosi come bellissimi i testi di chiara matrice eddica, semplici ma incisivi; grande artwork poi anche se molto essenziale e romanico, elegante e senza sfarzo. L’album comincia subito alla grande, con "Inner Eyes", canzone che apre con una percussione magistralmente registrata a cui si aggiungono diversi strumenti a fiato come la tuba che rendono il brano davvero piacevole e giocoso, una danza tribale che scalda e riempie il cuore. Inutile fare l’elenco delle canzoni meglio riuscite o tentare di spendere inutili parole, quest’album è tutto buono, anzi, ottimo! Meravigliose le percussioni che fanno da sfondo a splendidi vocalizzi e arpeggi; gli accordi, sorprendentemente equilibrati sono degni di super gruppi del passato come The Pentangle e Fairport Convention. Ascoltare 'Way to Traditions' è un esperienza da brividi, la ricetta è semplice, saggezza, dedizione e capacità. Questi sono dischi che valgono, uno di quelli che fa la differenza e che arricchiscono la musica anziché impoverirla, i Tears of Othila meritano una grande attenzione, la stessa attenzione che si può avere per gruppi come Ataraxia et similia. Album super consigliato dunque soprattutto a quelle persone che cercano qualcosa che vada davvero oltre, qualcosa che sappia varcare i confini e che sappia spezzare le catene di questa società moderna che ci ha resi simili a macchine! Questo disco è vivo, questo disco è vita, pura vita, ascoltatelo e lasciatevi trasportare all’interno del vostro essere, lasciatelo entrare, non ve ne pentirete. La ricerca interiore abbia inizio! Hail Hail Odin! Hail Hail Tears of Othila! (Alessio Skogen Algiz)

(Ark Records - 2013)
Voto: 85

domenica 27 aprile 2014

Khladnovzor - White Labirint

#PER CHI AMA: Depressive Black
Eccomi qui a recensire questi Khladnovzor, depressive black metal band dalla russia, la cui line-up è composta da Morokh che stando alle poche informazioni trovate in rete sembrerebbe essere la mente di tutto, Abgott alla voce e Sfavor bassista e programmatore della batteria, questi ultimi suonano entrambi in un progetto nsbm di cui non farò menzione per evitare inutili propagande nei confronti di una scena musicale altrettanto inutile. Mi ha immediatamente colpito l’artwork di 'White Labirint', davvero caotico, in una parola “brutto”: logo della band incomprensibile e disarmonico, e purtroppo ogni cosa scritta sul cd, titolo dell’album e testi sono in cirillico pertanto difficile, per non dire impossibile, capirci qualcosa. Dicevo che la musica contenuta in questo primo full-lenght è un depressive black metal che a tratti va ad assomigliare al Cascadian Black Metal. Di idee ce ne sono diverse, c’è una buona inventiva da parte del chitarrista che tesse la trama di riff molto malinconici e soffusi e questo è il punto di forza della release, anche se ahimè i punti a sfavore sono troppi per poter dichiarare questo album “buono”. La prima e più grande pecca sta nella registrazione che risulta estremamente piatta e con troppi medi; anche tentando di equalizzare al meglio attraverso lo stereo non si riesce ad ottenere un suono soddisfacente, rimangono registrazioni troppo finte, digitali, senza corpo e tridimensionalità. Superando questo cavillo, troviamo una voce poco decisa, poco energica ed impersonale, che non fa altro che peggiorare le cose; la drum-machine, seppur ben programmata è un ulteriore tasto dolente. Le tracce poi, sono troppo lunghe e monotone e finiscono con l’annoiare, inoltre sarebbe il caso di essere meno conservatori e magari offrire una traduzione dei testi dal russo all’inglese. Capisco la voglia e la passione per il nazionalismo, ma il nazionalismo non è chiusura mentale. Se si desidera farsi conoscere, se si vuol portare un messaggio al di fuori della Russia, sarebbe il caso di cominciare a pensare di scendere al livello dei comuni mortali e scrivere in una lingua che sia minimamente comprensibile, dunque, aggiungendo che non capisco assolutamente le tematiche dei testi e non mi è possibile determinare di cosa parlano, posso dire di essere rimasto deluso da questo album, non lo ritengo un ascolto interessante, credo che si possa usare meglio il proprio tempo ed ascoltarsi qualcos’altro. (Alessio Skogen Algiz)

(Nihil Art Records - 2014)
Voto: 55

mercoledì 16 aprile 2014

Moriturus & Xynobis - Confrontation of Opposites 1995: Dark Forbidden Experiments

#PER CHI AMA: Black Noise, Black Funeral 
Grafiche allettanti in stile indie hipster e titoli misteriosi alle volte sono solo fuorvianti. A fatica cercherò di descrivere lo scempio che le mie povere orecchie sono state costrette ad assimilare, e sono convinto che mi ci vorrà ancora più impegno per purificare la mia mente dalla povertà fuoriuscita da questo split Moriturus/ Xynobis. Il titolo recita 'Confrontation of Opposites 1995: Dark Forbidden Experiments', mi domando cosa ci sia da confrontare in due band che non sanno stare nemmeno in piedi e che non hanno alcuna storia? Questo split pretende di far risorgere due progetti abbandonati nel 1995 con risultati da pelle d’oca, 2 band che hanno solamente avuto la fortuna o la sfortuna di debuttare con una demo nella metà degli anni '90, demo che tra l’altro nessuno conosce, nè vuol ricordare, due cassette tra le migliaia di release sprecate di quel periodo. Veniamo ora al 2013 anno di pubblicazione di questa eresia black metal/noise: sarò schietto, questo cd è terribile, altamente punitivo, anche se dura poco più di 30 minuti, ascoltarlo tutto è stata un esperienza estremamente distruttiva. L’unica cosa tollerabile è la prima traccia pop (intro) frutto dell’unione “creativa” di entrambe le “band” che anche se non innovativa ne interessante è pur sempre ascoltabile, la seconda traccia mostra invece quanto in basso si possa scendere, chitarra zanzarone digitalizzato, riff banali e arpeggi anche peggio, niente batteria, i Moriturus hanno voluto lasciare largo spazio alla voce che starnazza come una gallina che sta per fare l’uovo, sembra di ascoltare uno di quei Clown assassini da cinema di serie B oppure un Muppets ubriaco che si lamenta per il mal di stomaco e tutto questo è ripetuto per più di 8 minuti che ricorderò come i peggiori della mia vita. Dopo questa imbarazzante prova di eroismo, i Moriturus continuano imperterriti nell’intento di distruggere la propria autostima, ma questa volta la terza traccia ha una batteria, una drum machine monotona e priva di cambi, sopra un poverissimo riff che si trascina a stento domandandosi il perché della sua esistenza, anche qui la voce del Muppets rende il tutto estremamente ridicolo, in questa canzone la voce è persino peggiore (se è possibile) della precendente song, fortunatamente la traccia dura solo 3 minuti. Alla canzone numero 4 abbiamo ancora i Moriturus con 4 minuti di delirio strumentale, una chitarra scordata che in realtà non suona, fa finta di suonare, ci prova ma non riesce e mai riuscirà. Proprio quando ci si comincia a domandare dove siano finiti gli Xynobis eccoli apparire come per magia per eliminare ogni residuo di speranza rimastoci, la quinta traccia è infatti è opera loro, apre un loop di drum machine un po’ hip hop e ci si attacca una chitarra bella ignorante ma che non ha nulla da dire ne da dimostrare, la voce degli Xynobis anche se estremamente digitale (come tutto in questo cd) è più orecchiabile, ovviamente la canzone è sempre uguale, non cambia minimamente ed è solamente il sottofondo per i deliri del cantato che si lamenta di non so che cosa, traccia ascoltabile con una grande dose di misericordia sparata in vena per sopportare la pena. La misericordia che abbiamo assunto via endovenosa non era un dosaggio sufficiente e lo scopriamo subito, perché torna a torturarci Moriturus con la penultima song che cida il colpo di grazia, blast beat elettrico, chitarra insensata voce pupazzesca che stride a più non posso, formula ripetuta per più di 4 minuti, sempre identica, (sembra che questi 2 gruppi per questioni stilistiche abbiano deciso di suonare ripetutamente solo un riff a traccia + deliri vari) a questo punto del dischetto ci si domanda se forse non è il caso di cambiare vita, forse abbiamo sbagliato qualcosa? Siamo stati cattivi o ingiusti con qualcuno? Perché questa punizione? Siamo alla fine ed ecco riapparire nuovamente Xynobis che praticamente non compare in questo cd, ha solo partecipato all’intro, ha avuto spazio per una canzone obrobriosa ma forse la migliore del cd ed ora si dedica alla chiusura dell’album, questa settima canzone vuol essere una specie di noise, abbiamo dei colpi sommessi di drum machine e una chitarra che suona cose simili ad assoli improvvisati pigiando a caso sulle corde, un pastone deleterio perfetto per concludere questa disastrosa accozzaglia di ciarpame. Mi rivolgo ora alle persone che hanno collaborato (?) per commercializzare questo cd, era meglio non rievocare i fantasmi del passato e lascia re questi progetti morti e sepolti, riposavano in pace, ed anche noi riposavamo in pace, ora che li avete rievocati, noi riposeremo ancora in pace, voi durante la notte, anziché dormire, dovreste farvi molti esami di coscienza perché qualcuno potrebbe persino rimanere affascinato dalla copertina dell’album e darvi dei soldi per questo e credo che questa sia una cosa ingiusta, dovreste essere voi a dare dei soldi agli ascoltatori per scusarvi di questa porcheria!!! Cd consigliato solo a membri dei servizi segreti, per la tortura psicologica negli interrogatori a prigionieri di guerra. (Alessio Skogen Algiz)

(S.N.D. Production - 1995-2013) 
Voto: 40 

mercoledì 9 aprile 2014

Viverna - S/t

#PER CHI AMA: Epic Black Ambient
Un bel sound quello proposto dai Viverna, una tape costituita da tre canzoni, ben prodotta e curata nella sua veste grafica. I due membri, “XXXIX” (ex Funeral Marmoori, fondatore ed ex Sulfur) e “Magus Ater” (Domine, ex Necromass ed ex Sulfur) propongono tracce ipnotiche e cadenzate senza alcun eccesso e nessun pretesto. Un black metal che si lascia ascoltare, che rispetta l’etica e la poesia che in questo genere musicale dovrebbero essere di primaria importanza. Curiosa e azzeccata la scelta di cantare in latino e di utilizzare testi brevissimi, ripetuti più e più volte come un mantra cosmico. La cassetta si apre con “Sortilegio,” una canzone della durata di più di otto minuti, basata su riff trascinanti, simpatizzanti in un certo senso sonorità “bathoryane”, innestati qua e la da ataviche melodie monocorde, semplici e sobrie, con il testo elementare ma non per questo meno interessante che recita il famoso palindromo: “Rotas Opera Tenet Arepo Sator”. Ascoltando questa prima traccia si respira un aria antica, magica ed arcaica che introduce alla successiva “Ouroboros” seconda solo per ordine cronologico, anche in questo caso si ha una traccia di quasi 10 minuti, ben strutturata e ricca di pathos, melodica ed essenziale, genuina e coinvolgente, in cui l’aspetto vincente è sempre la compostezza della composizione che non eccede in nulla, pur restando su standard qualitativi molto alti. A chiudere questa brillante demo di debutto, “Stella del Mattino” una composizione tastieristica, con un sound a cavallo tra Burzum e Tangerine Dream che emana una grande pace, estatica e cristallina. Trovare un termine di paragone per i Viverna è cosa difficile perché ciò che il duo fiorentino suona è musica dotata di grande personalità; c’è una certa similitudine con il conte Grisnack ma sarebbe limitativo pensare ai Viverna come una Varg-band, la verità è che i Viverna suonano come i Viverna e meritano di essere ascoltati per quel che sono. La qualità audio è molto buona, per lo meno, “viva”, “fresca”, con un suono fisico, presente, organico, vero. L’unica critica che posso e trovo utile muovere, è nei confronti del cantato, abbastanza secco e ruvido, lo avrei preferito sentire alternato ad una voce più spontanea, più selvatica, più libera e declamata, soprattutto nella seconda traccia, “Ouroboros”. Dopo questa piccola critica, in conclusione posso affermare che questa demo è qualcosa di piacevole e molto intrigante, una proposta onesta che lascia presagire molte sorprese per il futuro, per cui consiglio di tenere d’occhio questi Viverna, perché l’onestà nel panorama black metal odierno è merce rara e ricercata. Acquistate questa tape, non ve ne pentirete, garantito! (Alessio Skogen Algiz)

(Self - 2014)
Voto: 75

lunedì 27 gennaio 2014

The Soulscape Project - The Lifeless

#PER CHI AMA: Black, ultimi Satyricon
I The Soulscape Project sono una black metal band tedesca che emerge dalle viscere con questo EP intitolato 'The Lifeless Ep'; sembra fatto apposta ma il titolo descrive a pieno la situazione. In alcune parti troppo simile ai Satyricon di “Volcano”, con qualche incursione “Opethiana”, alle volte oscuro e in altri frangenti insensato, brevissimo nei suoi 16 minuti, questo EP sembra morto. Facendo un’autopsia del cadavere, scomponendo i vari strumenti, si nota come i riff siano in molte parti troppo scontati, così come per alcune soluzioni di batteria che a mio parere poteva anche esser registrata meglio; alla fine tutto suona oltremodo già sentito, sterile e senza vita propria. Questa è una forma di black metal urbano, ispirato al periodo postumo di un black che non riesce più a trascendere nemmeno se stesso e che rimane imprigionato in regole e stilemi che lo rendono meccanico e standardizzato, l’esatto opposto di ciò che era ai suoi albori. Molti musicisti, non capiscono che oggi i capostipiti del genere sono “obbligati” a produrre schifezze da un milione di dollari, hanno contratti grossi, devono sfornare album entro un tempo prestabilito, c’è molta pressione su queste persone e irrimediabilmente hanno perso gran parte dell’ispirazione. Per quale assurdo motivo una band appena nata dovrebbe attingere dalla morte stessa del black metal? Dovrebbero invece ringraziare di essere liberi da contratti e fama invece che emulare gli ultimi dissacranti Satyricon! Se proprio ci si dovesse ispirare a qualcosa, non sarebbe meglio ispirarsi al periodo florido del black metal e dotato di una buona dose di “anima propria”? In questo caso si riuscirebbe a produrre ancora un grande album come i capolavori del passato. Per concludere, se è da anni che seguite il genere e vi siete emozionati con 'Dark Medieval Times' vi consiglio di riascoltarvelo, eviterete cosi di perder tempo. (Alessio Skogen Algiz)

giovedì 5 dicembre 2013

Sorgsenhet - Drachennebel

#PER CHI AMA: Black Epic, Windir, Abigor
Portati da un vento gelido boschivo ecco i Sorgsenhet, band germanica dedita ad un sorprendente black metal intarsiato di decori sinfonici e folkloristici. 'Drachennebel' è una demo siderale e melodica, il genere di musica adatta agli amanti dei Windir e degli Abigor e perché no, del black metal nella sua forma più fantasy. Logo e vesti grafiche sono molto belle soprattutto per quanto riguarda il dipinto della cover, copertina che però ad oggi deve ancora essere ufficializzata dalla band a causa delle alte spese per i diritti d’autore. Mi auguro che questi tre giovani bardi trovino presto un contratto con una casa discografica che ne agevoli il percorso in questo sempre più affollato marasma di band troppo spesso mediocri. I Sorgsenhet con questa breve demo di circa 22 minuti, riescono a riscaldare l’animo: dopo la breve e ventosa intro “Aufsturm”, si parte con “Spektralgang” canzone che mette subito in chiaro molte cose. Si sente che l’ispirazione di questa band è molteplice: i riff suonano malinconici, la voce è austera, la batteria elettronica è programmata egregiamente e non disturba l’ascolto, come spesso succede, anzi direi che la sua resa è veramente eccellente. Si passa alla terza “Sorgesång”, vero e proprio cuore del dischetto, più di 8 minuti di gloria, minuti che nascono con dolci accordi di piano e procedono monolitici fino ad un intermezzo di organo, preludio ad uno dei più malinconici riff mai sentiti. "Ustren", quarta e ultima song dimostra che i Sorgsenhet possono spingersi anche oltre, regalando all’ascoltatore una canzone meravigliosa con un riffing fatto di melodie impareggiabili, forse la traccia più evocativa di tutto il lotto. Una demo breve che oltre ad essere ben concepita, ha il pregio di vantare un suono convincente, old school, un suono unico perché non frutto di grossi studi di registrazione, il suono che piace a chi non ha mai smesso di credere al vero black metal, quello che vive ancora nelle profondità sepolcrali dell’underground. Il black metal che esce da questa release non è comune metallo, questo è pregiato metallo nanico che cola dalle fucine ancestrali dell’essere, per forgiare la spada magica dell’eroe, quello che presto o tardi brandirà la sua lama nella guerra contro i venduti. Benvenuti al bastione della resistenza! Hail Sorgsenhet! (Alessio Skogen Algiz)

martedì 26 novembre 2013

Emyn Muil - Turin Turambar Dagnir Glaurunga

#PER CHI AMA: Black Epic Fantasy, Summoning
Questo dischetto è eccezionale! Nel vero senso del termine perché Emyn Muil ad oggi è il primo ed unico progetto al mondo accostabile senza vergogna ai celeberrimi Summoning e udite udite nasce qui in Italia!!! Nartum è la mente dietro alla Nartum Music Project che incorpora Emyn Muil e diversi altri progetti in fase di sviluppo. La qualità della registrazione di 'Turin Turambar Dagnir Glaurunga' è sublime e immense sono le idee contenute in esso, lavoro che rappresenta il primo capitolo di una saga appena cominciata in questo 2013, e si candida ad essere tra le più grandi sorprese del panorama epic black metal mondiale. Emyn Muil non ha precedenti, molti sono stati i tentativi di emulare i Summoning e di pari passo molti sono stati i fallimenti; in questo caso invece, Nartum con i suoi Emyn Muil ci riesce e lo fa con grande stile, simile e devoto alle sonorità di 'Stronghold' e 'Minas Morgul' si piazza con quest'opera su alte vette innevate e come un'aquila osserva il nuovo mondo da conquistare. E le conquiste pare siano già cominciate: dopo una serie di demo confezionate in casa, e limitate a 50 copie con relativa repress, la Northern Silence Productions si è accorta che qualcosa di grosso bolle in pentola ed immediatamente ha colto la palla al balzo e a breve infatti saranno disponibili 900 copie di questo epico lavoro che uscirà in edizione limitata. Tracce come "Arise in Gondolin" o "Path of the Doomed" fanno letteralmente impazzire; se mi avessero detto che questo dischetto era un nuovo album dei Summoning mai pubblicato, ci sarei cascato in pieno, infatti in termini di qualità siamo quasi alla pari con gli amici viennesi ed è proprio questa la cosa che stupisce, "Turin padrone del destino, uccisore di Glaurung" (traduzione letterale del titolo) ha una durata di 53 minuti, minuti che trascorrono veloci tra ritmi arcaici e melodie cristalline, un tempo alle volte troppo stretto per gustarci 11 canzoni di tale bellezza. Se devo per forza trovare una pecca a quest’album, la trovo proprio nella durata delle tracce che si aggirano in media attorno ai 4/5 minuti, un po' poco talvolta per potersi calare appieno all’interno dei meravigliosi mondi che Nartum riesce ad evocare. Detto questo, il potenziale dell’album rimane altissimo, non c’è nulla che stoni, nulla di troppo, tutto è dosato e distribuito in maniera esemplare, dalle tastiere alle voci che divampano su riff dalle melodie affilate e tamburi da guerra. Signori e signori, abbiamo qui oggi, in madre patria un nuovo grande artista, un vero narratore delle terre di mezzo, una gemma brillante che attende solo di essere scoperta; supportiamo questo vanto! Gloria a Emyn Muil!!! (Alessio Skogen Algiz)

(Northern Silence Production - 2013)
Voto: 90

https://www.facebook.com/NartumMusic

mercoledì 13 novembre 2013

Dark Man Shadow - Victims Of Negligence

#PER CHI AMA: Black/Death
I tedeschi Dark Man Shadow sono una di quelle tante band che si ostina a rimanere “ferma”. Il titolo del loro terzo full-length, 'Victims Of Negligence', uscito sotto Schwarzdorn Production, ben descrive l’attitudine della band e la loro monotonia di fondo, dunque se non altro il titolo è azzeccato. La band è composta da 3 membri, “Sorroth” il laccatissimo e patriziesco quarant’enne cantante chitarrista e bassista, da “Samotha” alla voce femminile e tastiera e da “Matzer R” il batterista, unico membro della band a non avere una foto nel booklet, poveretto… A proposito di booklet, ci terrei ad aprire una breve nota su quanto i miei occhi sono stati costretti a vedere. La veste grafica è orrenda, all’interno del booklet i 2 membri principali della band danno largo spazio a diverse foto nemmeno fosse un catalogo di moda. Il logo della band potrebbe andare bene per una marca di vestiti Hip Pop, il font del titolo ricorda impropriamente sonorità come Napalm Death o Discharge il tutto piazzato alla bell’e meglio su una copertina totalmente disarmonica che ritrae un uomo dallo sguardo maniacale che urla in faccia ad una donna. Arriviamo al punto “musica”… in questo dischetto non c’è nulla di nuovo, sulla carta la band si propone come melodic death/black metal ma a dirla tutta c’è ben poco riconducibile ai generi presi in causa. 36 minuti di metal laccato dalle tinte goth neoclassiche, tastiera onnipresente, combo di voce maschile alla Primordial assolutamente poco incisiva con sprazzi di declamazioni in growling assolutamente imbarazzanti e Voce femminile alla Ataraxia; la V maiuscola in “voce” è per il fatto che l’unica cosa davvero buona di questo album sono i vocalizzi di Samotha che mostra di saper il fatto suo in materia, con vocalizzi malinconici ed argentini, peccato siano del tutto sprecate in questo pastone musicale senza senso. Blast-beat e doppia cassa senza pretese né spirito di ricerca per il batterista Matze R già alle pelli dei molto più interessanti Nocte Obducta. Questa band è all’attivo dal 2000 e se dopo quasi 14 anni di attività è arrivata a questo punto credo che dovrebbe farsi un esame di coscienza. Non trovo canzoni degne di nota in questo album, ho solo da citare la sesta canzone “Seven Seasons” che con le sue melodie mi ha ricordato quanto prodotto nel 1984 da Limahl per il mitico film 'The NeverEnding Story' e questo può farvi immaginare quanto le idee dei Dark Man Shadow siano “vecchie”, ovviamente senza offesa alla “Storia Infinita” capolavoro cinematografico senza tempo! Nel 1984 queste melodie andavano benissimo, oggi, vicini all’alba del 2014 sarebbe il caso di andare oltre cercando soluzioni più interessanti o se proprio gli anni '80 sono una fissa, meglio dedicarsi ad un progetto totalmente nostalgico a base di synth e loop ma vi prego, non metteteci il metal dentro, avvisati! Storia infinita a parte, per me questa storia è più che finita. (Alessio Skogen Algiz)


(Schwarzdorn Production - 2013)
Voto: 50

http://www.dark-man-shadow.de/