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#PER CHI AMA: Prog Black Sperimentale
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Passati completamente inosservati al nostro paese (follia pura), i francesi Orob hanno gettato il guanto ai mostri sacri Deathspell Omega e Blut Aus Nord nel maligno mondo del black dissonante e sperimentale. Il quintetto originario dell'Occitania, ha rilasciato infatti a fine 2021 questo 'Aube Noir', album di debutto sulla lunga distanza, a distanza di ben otto e dieci anni dai precedenti EP, 'Into the Room of Perpetual Echoes' e 'Departure', rispettivamente. C'è da dire però che le song qui incluse sono state scritte tra il 2014 e il 2016. Comunque l'ensemble transalpino ci propone quasi un'ora di musica, attraverso un percorso di nove mefistofeliche tracce che si aprono con il black doom di "Spektraal", una song che, emulando il proprio titolo, si manifesta spettrale e compassata nella sua prima metà, per poi esplodere in un post black dalle tinte sperimentali, soprattutto a livello vocale, con le performance di Thomas Garcia e Andrea Tanzi-Albi a muoversi tra screaming, growl e pulito. È nella seconda "Astral" però che le sperimentazioni dei nostri si fanno più palesi, con chiari rimandi ai norvegesi Ved Buens Ende a livello atmosferico e scomodando anche facili paragoni con gli ultimi Enslaved o i Solefald. La sostanza è poi quella di dissonanti parti arpeggiate che si alternano a ritmiche costantemente sghembe con le vocals che, non mantenendo praticamente mai una coerenza di fondo, rendono il lavoro decisamente più affascinante e avvincente. E ancora, a livello solistico (si ci sono degli assoli) emergono le influenze più classiche dei nostri, quasi a mostrare tutto il ventaglio tecnico compositivo di cui sono dotati. E io approvo appieno, nonostante le sbavature riscontrabili durante l'ascolto, perchè ci sono anche quelle ed è giusto dirlo. Ma vorrei dare il beneficio del dubbio ad una band che è rimasta ferma quasi una decade ma che con la propria musica riesce a dare un tocco di eleganza e originalità al mondo musicale, e che vede nella terza "Breaking of the Bonds" un altro piccolo gioiellino. Qui poi la voce del frontman è per lo più pulita e assai espressiva. Ma il pezzo è in costante movimento, tra una marcetta estemporanea, un break acustico di malinconica melodia (top!) che chiama in causa Opeth e ultimi Katatonia. E io continuo ad approvare, non posso fare altro. Anche quando "Betula" trasforma la proposta degli Orob in un selvaggio black iniziale per poi mutare ancora verso territori controversi (leggasi l'ambient esoterico nel finale), con cambi di tempo, di genere e molto molto altro che potrebbero addirittura avere un effetto disorientante per chi ascolta, ma che per il sottoscritto rivela invece la grande voglia di osare da parte dell'act di Tolosa. Bene, bene anche nelle spettrali melodie di una traccia come "The Wanderer", lenta e sinuosa nel suo incedere che, attraverso l'elettronica strumentale e minimalista di "Noir", ci conduce fino a "Aube", un violento pugno nello stomaco che mi ha catapultato in altri mondi che ormai si erano persi nella mia memoria, e penso ad un ipotetico ibrido tra Voivod, gli australiani Alchemist e gli inglesi Akercocke. C'è tanto nelle note di questo 'Aube Noir', forse non sarò stato nemmeno in grado di cogliere tutte le influenze che convogliano in questo disco, ma vi garantisco che di carne al fuoco ne troverete parecchia, soprattutto nella lunghissima coda affidata alla sinistra "Ethereal", che di etereo ha ben poco (fatto salvo quella che sembra essere una voce femminile in sottofondo) e alla conclusiva "The Great Fall", oltre dieci minuti di sonorità che miscelano depressive black, progressive, thrash, gothic doom (con tanto di soavi vocalizzi di una gentil donzella) e perchè no, anche una vena di post rock, quasi a sancire l'ordinaria follia di cui sono dotati questi interessantissimi francesi. Una sfida ai mostri del black sperimentale? Non direi, questo è un duello sferrato al mondo intero. E se questi erano i suoni di sette anni fa, ora mi aspetterò grandi cose dagli Orob. (Francesco Scarci)