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lunedì 23 settembre 2024

Behemoth - Thelema.6

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Anche per quest'album, i polacchi Behemoth sono rimasti sintonizzati su uno stile fortemente death metal con toni accesi, acuti, per l’impatto, con frequenti, improvvisi cambi di tempo dettati da intrecci complicati e veloci a rallentamenti profondi. Assoli e armonie tragici, aspri in modo amaro. La chitarra e il basso dipingono i brani assai liberamente, con tocchi nervosi o stoppati, a volte accompagnati dalla batteria o più spesso, quest'ultima ne brutalizza l’insieme. Quest'album intricatamente vario, ha un cantato con urla cupe o agghiaccianti, che racchiude alcuni intro e brevi intermezzi elettronici che incupiscono i soventi crescendo, le ritmiche secche e gli innumerevoli percorsi sonori, lenti o furibondi tra svariati contrasti. L’evidente perizia tecnica non abbandona affatto l’impatto e la triste armonia dell’album, essendo peraltro sostenuti da un’ottima registrazione. Inoltre, diversi pezzi ricordano cose ancor più vecchie dei Behemoth, appesantite e più raffinate da uno stile complesso.

(Avantgarde Music/Peaceville - 2000/2021)
Voto: 75

https://www.behemoth.pl/

martedì 6 agosto 2024

Nel Buio - S/t

#PER CHI AMA: Black/Darkwave
I Nel Buio sono una band italica, che vede tra le sue fila membri di Electrocution e Blasphemer. Un moniker di questo tipo mi fa pensare a sonorità dark e in effetti, la proposta omonima del terzetto nostrano, si muove nei meandri di un black dark, a tratti convincente. Dopo la breve intro strumentale intitolata "Lei è", esplode sinistra "Sola", tra ritmiche post black, malinconiche melodie e disperate growling vocals, a giustificare il motivo per cui un'etichetta come la Avantgarde Music, abbia puntato su di loro. Ed è presto detto, visto che l'offerta sonora dei nostri mostra una discreta personalità che vede anche oblique partiture chitarristiche, tra i punti di forza di questo lavoro. E cosi, i brani scivolano piacevolmente tra ariose parti atmosferiche che evocano la darkwave anni '80 e cavalcate black, come quella che irrompe nel prologo di 'Nel Buio.", selvaggia, melodica, ipnotica e sofferente, come poche. Mi piace quel feeling catartico che emanano i Nel Buio, quell'utilizzo spettrale delle tastiere, l'utilizzo ambivalente delle vocals, sia nella loro parte catarrosa che simil pulita, che emergerà forte anche nella conclusiva "Mi Avvelena". Robusta, maligna, caotica invece "In Silenzio...", un titolo che mi avrebbe fatto pensare a tutt'altro ma che invece va in direzione opposta, nella sua violenza, e che sulla stessa, vede piazzato un break di synth che assolve al compito di spiazzare completamente l'ascoltatore. Ora capisco cosa ci ha visto l'etichetta nostrana in questa eccellente band, uno strumento per contrastare l'ascesa del metal estremo d'oltre frontiera. Bravi. (Francesco Scarci)

mercoledì 10 gennaio 2024

Bolt Gun - The Warren

#PER CHI AMA: Black/Post Metal
Avete presente il buon Iggor Cavalera dei Sepultura? Ebbene, si è messo in "società" con gli australiani Bolt Gun per rilasciare questo EP, intitolato 'The Warren', che dovrebbe fare da apripista al terzo lavoro dei Bolt Gun. Due pezzi comunque all'insegna di un caustico black/post metal che si palesa piuttosto convenzionale (per non dire piattino) nei primi due minuti della prima parte di "The Warren" per poi mutare completamente pelle con l'intervento di un elegante sax che rompe quel ritmo ridondante di un incedere maltoa che sembra poter gonfiarsi, crescere ma in realtà rimane strozzato fino a quando esplode una ritmica martellante e distopica, un assalto all'arma bianca che non fa prigionieri. La chiusura del primo brano è lasciata a claustrofobici suoni ambientali che ci preparano alla seconda parte del brano, "The Warren Part II". Qui l'incipit atmosferico è melodico, introspettivo, triste, per poi virare verso l'inquietante, il sinistro fino a che compare il drumming potente di Iggor in uno scenario che ha quasi dell'apocalittico, sebbene sembri che confluiscano nel sound della band influssi di matrice jazz. Le chitarre ripartono su un black mid-tempo, accompagnate dalle vocals strazianti del frontman e di una dinamica sonica che ancora una volta sembra poter decollare grazie al ringhiare delle chitarre che sommergono di note la voce del cantante che si perderà sotto una fitta e opprimente coltre di rabbia e negatività. Ora non posso che aspettare con ansia il full length. (Francesco Scarci)

mercoledì 18 ottobre 2023

Opera IX - Symphoniae Mysteriorum inn Laudem Tenebrarum

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Occult Black
Registrato agli Underground Studios in Svezia, questo terzo full-length degli italiani Opera IX finalmente potè avvalersi di una buona registrazione, di una buona distribuzione, che purtroppo in passato era mancata. Ora il tutto viene valorizzato ulteriormente. Questo è un concept riguardante il mondo della magia ritualistica e dei segreti dell'occulto. Musicalmente si passa da sfuriate black a passaggi più atmosferici ma sempre con un forte senso di estremismo sonoro, fatto di quella cupa desolazione che li ha sempre contraddistinti negli anni e li ha elevati a uno dei gruppi di punta della scena italiana. Come al solito, grande prova di Cadaveria che riesce qui ad interpretare magistralmente i pezzi proposti con una voce sofferta e straziante oppure più cristallina e suadente. Da notare infine la cover dei Bauhaus "Bela Lugosi's Dead" che viene eseguita in una versione in linea con la musica proposta dagli Opera IX.

(Avantgarde Music - 2000)
Voto: 75

http://www.operaix.it

giovedì 13 aprile 2023

Kvist - For Kunsten Maa Vi Evig Vike

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black
Vorrei, con questa recensione, rendere omaggio ad un gruppo norvegese ormai sciolto (anche se Metal Archives darebbe la band ancora attiva nonostante non rilasci nulla dal 1996/ndr), che però con questo album di black potente e fiero si era distinto tra gli altri esponenti della scena per una buona tecnica e per una buona costruzione delle atmosfere, tristi ma evocative, vicine a sonorità che resero celebri i Satyricon di 'Nemesis Divina'. Certo, i Kvist avevano dalla loro una regisrazione più modesta ma sempre di buon livello, però erano riusciti comunque a convogliare in un'unica direzione il black primordiale senza tanti fronzoli, al black più ricercato e sinfonico. Da sottolineare l’ottimo intreccio fra armonie di tastiere e di chitarre. Se 'For Kunsten Maa Vi Evig Vike' non fosse in vostro possessso, beh datevi da fare e trovatelo.

(Avantgarde Music/Peaceville Records - 1996/2020)
Voto: 72

https://peaceville.bandcamp.com/album/for-kunsten-maa-vi-evig-vike

sabato 8 ottobre 2022

Nortt - Graven

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Funeral Doom
Questa è un’opera di inestimabile valore! Così grande è questo lavoro che è difficile trovare parole che riescano ad eguagliare la stupefacenza di questo 'Graven'. Abissale extreme doom con una chitarra dal grezzissimo suono black che crea immagini di immobilità eterna. Questa è musica che trasuda dolore e disperazione per cui non esiste via d’uscita, rimane solo il suicidio. Questo disco (peraltro uscito in versione demo nel 1999, picture disc nel 2002 e recentemente ristampato dalla nostrana Avantgarde Music) è semplicemente la fine.

(Maggot Records/Avantgarde Music - 2002/2020)
Voto: 88

https://avantgardemusic.bandcamp.com/album/graven

martedì 27 settembre 2022

Mortuary Drape - Tolling 13 Knell

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Tredici funerei rintocchi di campana, tredici anni di onorata carriera: era il 2000 e i Mortuary Drape festeggiavano la ricorrenza (che cadeva, a dire il vero, nel '99, anno di composizione del presente cd) con un album che sento di consigliare caldamente a tutti coloro che non amano le cacofonie senza senso, ma prediligono invece trame musicali ricercate e suggestive. Con i Mortuary Drape s'intraprende un viaggio nell'aldilà, in una dimensione ctonica, catacombale. È un piacere immergersi nelle ben architettate, spettrali atmosfere di questo cd, articolato in dieci brani. Non si tratta di un concept album, eppure vi si può ravvisare un elemento unificante, che conferisce all'insieme un tocco di qualità: questo comun denominatore è il carisma dei Mortuary Drape. Un ingrediente di assoluto pregio.

(Avantgarde Music/Peaceville Records - 2000/2013)
Voto: 75

https://www.facebook.com/mortuarydrape

domenica 18 settembre 2022

Grá - Flame Of Haephestus

#PER CHI AMA: Black Melodico
È un 7" quello che dovrebbe fungere come gustoso antipasto del nuovo album degli svedesi Grá. In attesa di godere di una più lunga e articolata release del duo di Stoccolma, ecco quindi 'Flame Of Haephestus', un side A ed un side B, dove gustarci la title track nel primo lato e "Stella Polaris" nel secondo. L'attacco è all'insegna di un black mid-tempo dove a mettersi in luce è senza ombra di dubbio la melodia di fondo delle chitarre e la voce di Heljarmadr (vocalist vi ricordo, dei Dark Funeral). Un giro di orologio e poi si scatena l'inferno con un maelstrom ritmico che evoca proprio la band madre del frontman. Poi la musica dei nostri si fa più lenta, cupa e minacciosa con un ampio spazio affidato al tremolo picking delle chitarre e ad una ritmica qui molto thrashy, con il basso bello pulsante in background. Poi è una grandinata sonora che mi ha evocato anche un che degli Old Man's Child. Il secondo pezzo apre con un lungo arpeggio che lentamente va gonfiandosi di intensità ma in realtà mai debordando, bensì mantenendosi in rigoroso assetto melodico-strumentale fino alla fine, aumentando contestualmente quel desiderio evidenziato inizialmente, di avere finalmente dopo quattro anni da quel meraviglioso 'Väsen', un lavoro decisamente più corposo. (Francesco Scarci)

venerdì 29 luglio 2022

Moonlight Sorcery - Piercing Through the Frozen Eternity

#PER CHI AMA: Symph Black
Era da un bel po' di tempo che non mi immergevo nei boschi finlandesi e in aiuto mi sono venuti i Moonlight Sorcery a catapultarmi nel loro sound devoto ad un power black sinfonico estremamente ricco di melodie. Dopo la classica intro che apre questo primo lavoro ufficiale per la band, intitolato 'Piercing Through the Frozen Eternity', ecco giungere "For Thy Light Is Ice" a raccontarci un po' di più del terzetto originario di Tampere. Sono inevitabilmente facili alcuni accostamenti che si possono fare alla band: ho pensato infatti ai Children of Bodom per il comparto tastieristico e quel ventaglio di soluzioni che oscillano dal power al black, con lo screaming di Ruttomieli comunque inossidabile e in primo piano. "Ice-Veiled Spell", il primo singolo della band, è un esempio di black rabbioso che strizza l'occhiolino ai Dissection e che di originale ha ben poco da offrire, ma d'altro canto, chi al giorno d'oggi riesce ancora ad offrire album dotati di personalità? Direi quasi nessuno. E allora lasciamoci andare alle belle aperture chitarristiche, alle ariose melodie, alle galoppate furenti, dove la batteria è l'elemento che stranamente mi convince di meno, con quel suo fin troppo eccessivo serratissimo incedere. Le chitarre invece continuano a volare anche nell'arrembante "Wolven Hour", heavy thrash black allo stato puro, che trova in brillantissimi cambi di tempo (e contestualmente anche di genere) il suo vero punto di forza, grazie ad un eccelso lavoro alla sei corde ma anche alle tastiere. La seconda metà del brano peraltro varrebbe il prezzo dell'acquisto del cd, grazie ad una serie sequenziale di stacchi e trovate varie, che stonano semplicemente per quel lavoro alle pelli che non mi dà pace, ed una voce che sembra evocare quasi quella di Dani Filth. In chiusura, "Hauta-alttari" per gli ultimi sei minuti all'insegna di un black mid-tempo portatore di quel gelido vento finlandese che per certi versi mi ha addirittura evocato un che dei Primordial. Tutto alla fine molto interessante, da sviluppare al più presto in un cd completo e meglio suonato nel comparto batteristico. (Francesco Scarci)

(Avantgarde Music - 2022)
Voto: 73
 

lunedì 25 aprile 2022

Carphatian Forest - Strange Old Brew

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Raw Black
I norvegesi Carpathian Forest ci avevano sorpreso positivamente con l’uscita di 'Black Shining Leather' perché ricomparsi dopo molto silenzio. Dopo circa un anno dal precedente e succitato full-length, i nostri si ripresenteranno in grande forma, pieni di sofferenza da infondere ad ogni ascoltatore. L’album è una perfetta via di mezzo tra 'Black…' e il materiale passato della band, quindi con parti di black funeereo impreziosito da sonorità thrash, con in evidenza il basso lancinante di Tchort, la chitarra a creare riff marci e secchi, e la voce di Nattefrost graffiante ed incisiva. Altre parti invece sono più atmosferiche e lente dove le tastiere si snodano in trame lugubri e depressive. All’interno del cd troviamo "Return of the Freezing Winds”, brano già edito in precedenza ed ora rifatto. Vi è anche un pezzo tratto dall'immortale film di Buttgereit 'Nekromantic', riproposto in modo egregio e con l’introduzione di piano mortifera e decadente.

(Avantgarde Music - 2000)
Voto: 75

https://www.facebook.com/carpathianforest

mercoledì 30 giugno 2021

Mesarthim - Vacuum Solution

#PER CHI AMA: Electro/Cosmic Black
Il misterioso duo australiano dei Mesarthim torna con una nuova release che va a renderne più cospicua la discografia. Sempre sotto la guida esperta della nostrana Avantgarde Records e con un concept perennemente ispirato alla cosmologia, la band ci propone un sound ancora una volta intrigante, in grado di miscelare cosmic black con elettronica e space rock, in un favoloso mix di melodie che si esplicano alla grande lungo le cinque tracce qui incluse. Quello che più ho apprezzato di 'Vacuum Solution' è sicuramente l'utilizzo dei synth nella memorabile title track posta in apertura, che è impossibile non memorizzare e arrivare quasi a fischiettare. Non me ne vogliano i due musicisti australiani, ma questa rischia di essere una delle canzoni più melodiche della loro discografia, sebbene le screaming vocals provino a mantenere un ancoraggio con le produzioni precedenti. Certo che quel finale quasi EBM rischia di stravolgere (positivamente sia chiaro) il pensiero che mi lega da sempre ai Mesarthim. Con "Matter and Energy" le cose sembrano complicarsi ulteriormente, lasciandosi penetrare sempre più dal beat techno elettronico, con il solo cantato black a mantenere un ponte di connessione con la musica estrema. Con "Heliocentric Orbit" ci manteniamo in territori affini, con i due che provano a unire quel sound techno dei Samael di metà carriera con la musica trance e le ultime invenzioni vocali (quasi anime giapponesi) degli azeri Violet Cold. Audaci. Impavidi soprattutto in "A Manipuliation Of Numbers", un pezzo che prende in prestito le tastierine del dungeon synth e le mette a servizio di un sound più etereo che comunque riflette il trademark dei nostri. A chiudere, ecco "Absence" con il suo ambient nudo e crudo, una sorta di colonna sonora di film stile "Interstellar" o "Gravity", che chiude l'ennesimo viaggio nello spazio di questi due sognatori australiani. Ah, una piccola curiosità: l'artwork di copertina è realmente una foto della Nasa. (Francesco Scarci)

sabato 24 agosto 2019

Violet Cold - kOsmik

#PER CHI AMA: Blackgaze, Ghost Bath, Show me a Dinosaur
In un'estate in cui mi sono trovato improvvisamente apatico nei confronti del mio genere preferito, il metal, c'è ancora qualcosa che riesce a stuzzicare i miei sensi e a farmi amare questa musica. Ci ha pensato il buon Emin Guliyev, mente creativa dei Violet Cold, che torna con un nuovo lavoro, l'ottavo full length in quattro anni, intitolato 'kOsmik', uscito peraltro per la nostrana Avantgarde Music. Il cd del mastermind azero riprende dalle note post rock della precedente trilogia 'Sommermorgen', le unisce con le note esotiche del magnifico 'Anomie', infarcendo poi il tutto con stilose trovate post black e shoegaze dal forte impatto melodico. E quindi spettacolare in tal senso "Black Sun", song dal piglio feroce, ma altamente atmosferica e malinconica, caratterizzata dal dualismo vocale tra lo screaming di Emin e quello di una gentil donzella, con le melodie in sottofondo che si riempiono anche di influenze etniche e soprattutto classiche che esaltano la buona riuscita del brano. E io godo. Si perchè il flusso dinamico-musicale costruito dal factotum di Baku lo trovo estremamente piacevole e di buon gusto, in un momento in cui il post-black mi ha francamente frantumato i cosiddetti. E invece i Violet Cold continuano a produrre pezzi coinvolgenti, mai banali che mi fanno dire che c'è ancora spazio per la sperimentazione (la già citata "Black Sun"), per i suoni originali (fantastica l'ultra riverberata "Mamihlapinatapai"), per le emozioni oscure ("Space Funeral" e "Ultraviolet"), per gli echi di windiriana memoria (la title track) o i fortissimi richiami alla musica classica ("Ai(R)" evidente tributo a Johann Sebastian Bach e alla bellissima "Aria sulla Quarta Corda"). Che dire di più, se non invogliarvi ad avvicinarvi a questo brillante artista se ancora non lo conoscete ed ascoltare le sue splendide uscite su lunga distanza, tralasciando invece i fin troppo sperimentali EP. Ben fatto Emin! (Francesco Scarci)

(Avantgarde Music - 2019)
Voto: 78

https://avantgardemusic.bandcamp.com/album/kosmik

martedì 11 dicembre 2018

Windfaerer - Alma

#FOR FANS OF: Epic/Folk Black
The folk black metal scene has flourished a lot in recent times, not only in Europe, where due to the long and rich history of the continent makes it quite usual. But even in many other parts of the world, sometimes in countries with a long history and in others with a shorter period of existence. US is one of the most obvious cases where we can find some awesome bands like Ifing or Duskmourn, among many others. Sometimes the lyrics deal with Nordic mythology or American history and politics, like Panopticon does. However, I think this is the first time I find a US-based project which sings about Iberian history as Windfaerer does. As far as I know, some members have Portuguese roots, so this could explain this interest which makes Windfaerer’s music even more intriguing for me.

The band was originally created in 2006, so these guys are not newcomers. Some of the members, such as the two guitarists, have extensive experience in the extreme metal scene, though they have found time to release, prior to this new album, two full lengths, an EP and a split album. 'Alma', the name of this new creation, is the third album and as it usually happens, the third attempt is the one that definitively marks if the band's career can have a long-term future. Conscious of this or not, the band has put a lot of effort on this album, and the first positive sign comes before you even listen to the album. This is because for this album they have signed with the Italian label Avantgarde Records, which I personally rate very highly due to the consistent quality of the bands on their roster.

'Alma' starts with the powerful and immense “Dawn of Phantom Light”. The track begins with a short atmospheric intro, interrupted by some great guitars which form a solid wall, full of epic and strength sounds. Vocals are on par with some great screams, accompanied by occasional arrangements in the background, which enhance the greatness of the track. Musically speaking, the song is not repetitive, with occasional ups and downs in the pace and including a calm atmospheric short section. Another standing out element are the guitar solos, which are more elaborate and complex than in many similar albums. The album opener is a definitively good summary of what we will find in this record. Moreover, as we can hear in songs like “Becoming”, the band successfully adds some classical instruments, like the violin or cello, which sound great and give a definitive folkish touch to the songs. They even fit the music in the more straightforward tracks like “Journey”, where they create a quite unique melody, making the song more interesting. The album ends in style with the excellent “Under the Sign of Sol”, which shares many characteristics with the album opener, not only in terms of quality, but as it contains all of the elements which make this album a very pleasurable listen.

In conclusion, Windfaerer did a step forward with 'Alma', which is a very well-balanced album. The production sounds excellent, clean and powerful. All the elements are very well done, though I would highlight the excellent guitars, which sound convincing and very tastefully composed. As previously mentioned, another remarkable point are the arrangements, especially those including the classical instruments, which embellish the composition and the album itself. (Alain González Artola)

(Avantgarde Music - 2018)
Score: 85

https://windfaerer.bandcamp.com/album/alma

venerdì 19 ottobre 2018

Barren Canyon - World of Wounds

#FOR FANS OF: Atmospheric Black, Lustre
With the flowery synth that would make Lustre blush, Barren Canyon lulls a listener with a catharsis of calm, a slight hint of danger, and sprinkles of mystery in its sophomore full-length. Six minutes later, “Congress of Oak” unleashes hell with a disastrous tumble down a cliff's edge, ripping clothes on spiked rocks, flaying skin off snapping bones, and introducing a new victim to its 'World of Wounds'. In two long tracks comprising a formidable full-length, this Toronto twosome fills just over thirty-five minutes with an evocative soundscape that conjures images of Ents creaking as they sway and deliberating in whispers of winds before growling at Isengard and beginning a march to destroy the decadence that so devastated Fangorn Forest. Fury comes in clouds of guitar resonance, shrill shrieking screams of synth and string alike, black metal blasting, and long rolling fills all backed by an unwavering drawn-out chanting and wisps of melodies that heave forward wave after wave of arboreal animosity. However, with that fury comes anguish at the devastation wrought throughout such a tumultuous song as “Congress of Oak” comes to a close.

“Taiga Blooms” has an almost air raid siren sound to its wailing treble across the top, screaming at the headache induced by a blizzard and giving voice to the trees cracking and snapping in the icy winds. Eventually the song quiets itself to that mysterious synth again, as though the bridge of the Enterprise is on standby mode with only that annoying whistling at Uhura's station occupying the dormant stations. Layering keyboards below this sound makes for a cavernous exploration of a palatial cave, as if humans are discovering a lost dwarven city beneath a mountain before accidentally tripping on a switch that sets its forge chugging into life and choking out when the coal fails to enter the furnace. Leaving the abandoned and undermined mountain to see that night has fallen across the snowy forest, the straying synth gently coaxes your neck upwards to observe the menagerie of stars gracefully igniting the sky, leaving the traverse illuminated in a shimmering back and forth between distant glimmers and welcoming powders. “Taiga Blooms” when a silent tranquility blankets a biome and all animals who inhabit it stop for a moment simply to observe the peace, a serenity finally found in the end of so many tragedies and terrors.

Barren Canyon does well to observe the animation of the animal kingdom among the tranquility of timbers and honors both with a longing sound that rises to the vivacious occasion of a beating heart while noting its impermanence among generational growths, let alone ages of stars. (Five_Nails)

martedì 28 agosto 2018

Elderwind / Sorrow Plagues / De la Nostalgie / Dreams of Nature - Mater Natura Excelsa

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
It’s pretty usual in the black metal scene to release a split album among different bands in order to release new songs and gain some attention, while they can share the cost of cd producing. I must admit that I am not such a fan of those releases, but sometimes the quality of the involved bands makes the listen a must. 'Mater Natura Excelsa' is in fact one of those cases as the bands involved, no less than four, are top-notch in the atmospheric black metal scene. Elderwind is a Russian band which plays a beautiful atmospheric black metal, its debut album 'The Magic of Nature', is a gem which became a classic release for the fans of the genre. Slightly similar to this band but with a notorious influence from the Swedish band Lustre is the project Dreams of Nature, which has carved a cult status thanks to some great releases. The other two bands are more post-black metal oriented but still they share many musical characteristics with the former two. Sorrow Plagues comes from the UK and has released two excellent albums, while De la Nostalgie (from Venezuela!) released in 2017 an impressive debut, which it is perhaps more focused on ambient black metal.

Taking into account the aforementioned characteristics of the involved bands, it was clear that this split should be a fine collection of long compositions with an intense atmospheric touch, and believe me, it is. Every band delivers what we could expect from them. Stylistically they don´t go too far from what they have offered in their own full lengths. Each band has composed two songs and the album has a length of almost 80 minutes, so don´t expect short tracks, lasting the shortest of them no less than 6 minutes. Sorrow Plagues starts the split with two excellent tracks: “Vista” is a song which sums up all the characteristics which define the trademark sound of the British project. Fast paced tracks enriched by slowest sections where simply yet beautiful melodies, played by keys or acoustic-esque guitars, have a major role. One of the most relevant aspects of this band is how good the guitar solos are, they truly shine, especially in a genre where are not so common. De la Nostalgie also loves to create long compositions and the two tracks on this split are not an exception, clocking both of them around 11-12 minutes. Being the tracks that long there is room to compose quite rich songs with great atmospheric introductions and De la Nostalgie truly knows how to build a song which catches our attention. “Insomnia” for example, is a slower track if we compare it to what Sorrow Plagues has offered to us. It’s a long mid-paced song with catchy keys, which make the song sound intense yet emotional. As it happens in this genre, one of the things I really enjoy are those breaks, when the band focus on purely ambient sections, where the talent of this guys truly shines. The return of the guitars and of screams, which break the peaceful section, is also great, as it makes this heavier section sound, and for some reason, even better. In a similar way to its magnificent debut, the Russian Elderwind delivers two great tracks, “Temple” and “Fires of Autumn”. Little folk touches are mixed with absorbing keys in a mainly mid-paced song. Guitars sound a little bit “doomish” to me, which increases the melancholy of the track. The fast sections feature guitars which sound a little bit more post metal influenced, which fits perfectly well those speedier parts. As it happened in the debut both tracks sound beautiful with an ethereal touch. The honour to close this great split falls on Dreams of Nature. As I have already mentioned this band has a great Lustre influence, though it manages to forge its own distinctive sound. Dreams of Nature creates minimalistic and slower paced tracks which have an unique sense of beauty and melancholy. Anyway, a track like “Infinity”, for example, is far from being monorithmic, having occasional faster sections which make the song sound a little bit rawer. The closing track, “When the Leaves Fall”, is 100% Dreams of Nature, that is a hypnotic pace and minimalistic keys which sound simple awesome.

In conclusion, these great bands have released a long yet brilliant split album, which is undoubtedly a must for every atmospheric black metal fan. Expect no less than tons of ethereal and majestic keys, which will make the listener have a mystic travel through the forest. (Alain González Artola)

(Avantgarde Music/Flowing Downward - 2018)
Score: 90

https://avantgardemusic.bandcamp.com/album/mater-natura-excelsa

martedì 24 luglio 2018

Progenie Terrestre Pura - StarCross

#PER CHI AMA: Extreme Avantgarde
Il nuovo EP dei Progenie Terrestre Pura (PTP) è un concept album che esce dalla mente di Davide Colladon, mastermind del progetto PTP fin dalla sua nascita e che in questo nuovo 'StarCross' vede il sound della band prendere una piega evoluta in un senso molto cinematografico. Non che questa propensione mancasse nella band fin dalle prime release, ma qui emerge proprio il tratto e la volontà di ragionare in stile propriamente da soundtrack. Sviluppato come in una saga spaziale, qui il protagonista sfida l'infinito all'inseguimento di un segnale sconosciuto, vagando nello spazio alla ricerca di questo contatto, e la sua colonna sonora non poteva che essere buia, sconsolata e cosparsa di momenti terribili e pieni di insidie. Con l'uso sapiente del black metal, l'industrial e alcune soluzioni thrash metal, qui ci si avvicina alla concezione di un metal intergalattico a cui sta stretta la gabbia di metal stesso e che aspira a divenire opera musicale vera e propria. La senzazione di intraprendere un viaggio verso l'ignoto è palpabile e reale, con trame space/horror importanti e l'introduzione di un ambient cupo e dilatato, su tappeti ritmici sintetici cari al settore harsh/EBM, con voci etno/ancestrali in sottofondo ed un cavernoso cantato violento che funge da nero Cicerone che rincara la drammaticità e la sensazione di incapacità verso la giusta scelta da fare da parte del protagonista di quest'avventura. Il disco si ascolta con sommo piacere scorrendo veloce nei suoi lunghi cinque brani (per circa una trentina di minuti) e, a dispetto dei suoi predecessori, porta una vena sci-fi più accentuata, del resto dicevo, è da vedere come vera e propria colonna sonora di un film di fantascienza, anche se l'impronta sonora rimane legata alla logica creativa di Colladon. Altra novità è poi l'abbandono della lingua madre nel cantato, a favore dell'inglese, con l'intento verosimile di raggiungere una platea più vasta, cosa che non stona affatto e rende giustamente più internazionale la proposta dei nostri a livello artistico (anche se li avevo ammirati particolarmente per il coraggio di usare l'italiano nei precedenti lavori). Immancabile la linea di paragone verso progetti sofisticati come Ulver o Solefald e l'insano esistere dei Borgne, ma la musica dei PTP si dimostra più fantascientifica ed il contatto con l'avanguardia è reale e il suono cosmico ben ricercato. Il passaggio tra l'elettro ambient di "Chant of Rosha" e "Toward a Distant Moon" mostra subito la vera identità del disco e l'accuratezza dei particolari, buona la produzione, la capacità compositiva di rendere una musica complessa ascoltabile è poi un segno distintivo nei PTP, una qualità che spinge l'ascoltatore alla voglia costante di sentire e scoprire cosa succederà brano dopo brano, proprio come in un inquietante film ben fatto o in un buon libro che rapisce e fa correre la fantasia. "The Greatest Loss" è la mia song preferita, in odor di Blut Aus Nord che si avvia al termine con la minimale, sospesa e conclusiva "Invocat", che lascia un filo sospeso tirato da un canto gregoriano che assume un'identità sinistra ed oscura. 'StarCross' è un album difficile da assimilare per la massa, ma geniale nel suo complesso, l'ennesimo salto di qualità per la band veneta, un progetto sonoro che si è ormai dimostrato nel tempo essere una garanzia. Da ascoltare indisturbati. (Bob Stoner)

venerdì 13 luglio 2018

Unreqvited - Stars Wept to the Sea

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
Unreqvited is a Canadian solo project formed back in 2016. The debut album entitled 'Disquiet' gained some recognition among the blackgaze, post rock and atmospheric black metal fans. It was indeed a quite interesting debut, which mixed those styles, always putting a great effort on creating an intense atmosphere with undoubtedly beautiful melodies. That album had quite long instrumental sections and extensive ambient and quiet parts that, though being nice, had a negative effect after some listens. The album sounded at times a little bit unfocused. In my opinion, the debut lacked more metal infused sections which could have helped to achieve a stronger final result.

Now, only two years after their debut, Unreqvited makes a comeback with a sophomore album entitled 'Stars Wept to the Sea'. The question for me was, will the new album have exactly the same sound, including the strengths and weaknesses? Well, after some listens, the answer could be yes. The overall sound and style remains the same. Unreqvited plays a blend of atmospheric post-rock/metal with a strong blackgaze and ambient influence. It’s pretty clear that Unreqvited has a masterful talent to create delicate and beautiful melodies with a hypnotic atmosphere, as it is clearly the heart in the long opening track “Sora”. But the band sounds even better when it mixes its softer side and beauty with some black metal, like it happens with the second song, “Anhedonia”. When both worlds are fused, the band achieves its greatest level, and the music itself becomes more interesting. The problem, at least for me, is that the rest of the album has a little portion of metal and very few vocals; I personally miss his shrieks which give a special and intense boost to the album. Songs like “Kurai”, “Empirean” or “White Lotus”, have little or no metal and an almost inexistent intensity. Yes, they contain some beautiful melodies, but the album can be considered neither a metal album nor an ambient work which, in this case, can be confusing. I personally love both styles and prior to this album, I have enjoyed albums which combine both worlds. But with Unreqvited, I have the feeling that I am missing something, the quality and beauty are there, but I honestly think that it should have contained more tracks like the aforementioned “Anhedonia” or the excellent closer, “Soulscape”. This is probably the best track of 'Stars Wept to the Sea', not only because it has some metal or at least a blackgaze touch, but because it has some tweaks and variety, which make the already mentioned excellent taste for the melodies bright more than ever.

In conclusion, with this sophomore album, Unreqvited follows the same path of the debut, repeating the good and bad aspects of that work. I personally think that this band could be greater if the tracks would include much more black metal, and obviously more vocals. Merging both worlds with a more balanced mix, could make the band´s music more focused. This also would help to create more enriching compositions with more tweaks and surprises. (Alain González Artola)

sabato 3 marzo 2018

Abigor - Höllenzwang (Chronicles of Perdition)

#FOR FANS OF: Black Metal
For an Austrian black metal band that has been around since the early '90s Abigor's only outstanding aspect is in its failure to impress with this 2018 offering, released as soon as possible into a new year to garner some credence before this band's betters begin breaking solar silences. 'Höllenzwang (Chronicles of Perdition)' is an album that aims to capture the chaos of a hellacious descent and torture the listener with an avant-garde style that supplants harmony with horror to diverge from meditation with exhaustive apocalyptic exercises. Instead, and maybe in spite of such an ambition, Abigor accomplishes little more than a parody of itself, as though tethered so tightly to cliched notions of evil and scary ideas that the only way it can seem different from a thousandth viewing of The Exorcist is to provide utterly unlistenable music as introductions to inane horror movie interludes.

That isn't to say that there isn't anything redeemable in 'Höllenzwang (Chronicles of Perdition)'. The regal and theatrical synth that closes a series of unusual arrangements in “All Hail Darkness and Evil” introduces an offering that initially intrigues while leaving listeners wondering just how such chaos can be sustained by presenting such an intimidating mix buffered by such truly off putting aspects. A cursory glance at the shrieking and stumbling leads as they are trodden upon by a litany of drum changes does pique some initial curiosity. However, that is only until moments of clean singing and choral outpouring of the song's namesake call out from the winds of controlled chaos crashing into cliffs of cringe, as though the lyrics are being yelled into an oscillating fan as the guitars clamor up blood soaked walls with tormented and grotesque limb movements, their jagged joints having been bent, broken, and repurposed in opposing directions. The album does well to focus on the agony of malformation while drastically abusing the register but finds itself stuck in the most unsophisticated and sophomoric senses of the sentiment that it renders its bewilderment moot to its own emasculated execution.

The weirdness doesn't stop there as “Sword of Silence” awkwardly runs up, down, and around its register like the little feet of spectral children haunting the staircase where their necks were broken. The absurd vocal delivery boots this clumsy song as far from evil territory as its kick can muster and instead jams its big toe into the anus of parody. The guitars attempt to corrupt and distort the flow of a song like “The Duelists” or “Flash of the Blade” with a delivery that inverts any and all chivalric concepts to dishonor past regal Iron Maiden bouts, yet its realization merely comes off as a goof on black metal so easily able to fit into a Spinal Tap sequel's montage as the aging band attempts to stay relevant by hopping from style to style in search of a following. Just because three separate songs can be played at once, it doesn't mean that they combine amicably or even hint at the fruits of jazz. The avant-garde treble movements in this album seem like an excuse to feign intellect while having no prescribed direction before jumping into wholly unsatisfying runs, but at least the rhythm tries to pump some adrenaline despite its dilution. 'Höllenzwang (Chronicles of Perdition)' is made even more comedic by the disharmony of “Black Death Sathanas- Our Lord's Arrival” and the groans that accompany it and “The Cold Breath of Satan” into what sounds like a harem full of Fergie replicants all singing “The Star Spangled Banner” while reenacting The Exorcist by masturbating with golden eagle flag toppers in order to shock Dani Filth out of an opera house. By the end of “The Cold Breath of Satan” there is a breakdown where the guitars create a ghastly and intriguing curl that creeps down the spine, finally achieving the sort of eminent evil that draws out images of horror rather than residing only in parody. Sadly it is too little too late after enduring such unpalatable mechanics, made even less enticing by this meandering maelstrom maiming its majesty.

Unfortunately, the redemption found in achieving maleficent notation is in sparse supply as its most apparent instance appears in “Christ's Descent into Hell” where the ensemble careens into the depths with a frolicking tumble, as though chasing a wheel of cheese into a cauldron of shaved steak. Idiotic souls are left screaming as their mouths melt from the delicious lava in spite of knowing exactly what luncheon grotesquerie they were lunging into. An opening run in “None Before Him” provides paltry satisfaction before the guitars are allowed to run riot and the ensemble embraces the boredom brought by Dimmu Borgir. As much as Abigor promises the unusual and pads it with a slight bit of interesting, 'Höllenzwang (Chronicles of Perdition)' is an album that tries too hard to fail laterally. This is an album that prefers to crash and burn so terribly that Don McLean may noodle through a song about it, that Tommy Lee would love to neglect it at a pool party, and that has strung itself up by its own umbilical cord rather than experience the pain of seeing its own misshapen visage burned by the light of day. This is an album that surely did not make it far past the drawing board and somehow is burning itself into my ears, like ice picks tipped with sulfuric acid, just to make way for thoughts as banal as this album's ideas. As hard as this band attempts to be ugly, it simply sounds crass, phony, and annoying. As hard as this band tries to be avant-garde, it merely comes across as unlistenable dreck, but at least it's not as bad as Chepang, Nic, Mutilated Messiah, or many of the other unutterable failures that populate a realm hell-bent on reveling in mediocrity in order to feign depth in its pathetic poetry. This album needs to be heard like I need another höllen my zwang. (Five_Nails)

sabato 18 novembre 2017

Hornwood Fell - My Body, My Time

FOR FANS OF: Post Black Avantgarde
'My Body, My Time' is the third effort from the Italian black metal band Hornwood Fell and it is, indeed, a very surprising record. From the artwork itself, the whole release becomes interesting, but the music and the compositions make it a solid record that creates a unique sound. Hornwood Fell started as a black metal band with its roots nailed deep in the Norwegian black metal movement of the early 90's, evoking bands such as Ulver, Burzum, Satyricon and even Darkthrone, that style was captured in a fantastic way in their first record. But now things have changed, and they changed for good.

When I listened to the album for the first time, I was very surprised by the fact that there are no harsh vocals or grim screams in the record, it is a risky step for a black metal band, but their choice works. It seems that the band found a new way to express their ideas, keeping true to their art and genre. It is possible to understand this evolution listening to their previous album 'Yheri' and more specifically to the final song of the record, “Them”, which is a progressive and technical song starring clean vocals only, it is a fine piece of work, very enjoyable, and now the whole new album is like that.

With their third record, Hornwood Fell bet on a new path in their music, this one takes a more post-black metal sound than a progressive one, but is still aggressive and raw. In general, 'My Body, My Time' has a great production and it is superbly mixed, especially the bass guitar, which is in the middle of everything, can be heard and followed in every moment and on each song. I love the way the drums sound, it is dense and powerful. At times the vocal performance is brilliant and melancholic, but in a few moments, the music demands more aggressiveness. Take “The returned” for example, the first song of the album: it is dark and gloomy yet fast and hostile, the vocals, at first, are a perfect element mixed with the music, but at the end of the same song, you get a potent guitar riff and a blasting drum performance which call for a horrifying scream to get the whole idea, but it never comes. Nevertheless, when you get used to the vocals, it is possible to enjoy the music and to understand their new approach, and if you ask me, I can say that it is original and risked.

The highlight of the album is the music structure and the compositions; every song has its own ideas and elaborated variations, although the first songs start as a typical black metal song: with furious tremolos and blast-beat drumming. This time the drums shine as a complex element ever-changing. The strings work is delightful; the melodic passages are psychedelic and heartrending.

“The Livid Body” is a terrific anthem that involves every aspect of the new sound with elegance and superiority; it starts with a psychedelic violent riff inducing madness and distress, after a while it gets more speed just to make way to the clean vocals and a change of pace, drowning the thoughts into desperation. After that, a more optimistic riff brakes in, but it is brief and ethereal, unforgiving the song keeps changing and the vocals are declaiming more than singing, creating a dark atmosphere. Finally, clean guitars surprise our ears and a post-rock melody ends the agony.

But, by far, the best song on 'My Body, My Time' is the last song, “Hidden Land”: it sounds like a black metal song, it has a post-black metal structure, technical guitars and a brutal drum line. Furthermore, it transmits its mood and ambience with perfection, crafting the new style of the band. Here in particular, the vocals are really fitting, mournful chants set an epic feeling at the beginning, then they evolve to a Bathory Quorthon’s style. The ambience is the key in this song, and even the music sounds purple — in a figurative way —, representing the artwork. It ends abruptly enough to make you want to listen to it again.

'My Body, My Time' is a solid and interesting record, one you would likely listen over and over again and you would keep finding new riffs to enjoy, definitely a record that will stay with you. Nevertheless is not perfect, a really good album, but the lack of harsh vocals and typical black metal screams could be disappointing for some listeners, besides that, at times the vocal effort sounds like a more hardcore style or a post-metal vocal style, which steals strength to the final result, this would have been something totally different with the proper black metal screams, but the band is exploring new horizons. (Alejandro "Morgoth" Valenzuela)

lunedì 28 novembre 2016

Recitations - The First of the Listeners

#FOR FANS OF: Avantgarde Black Metal
Man, this is pretty great stuff. It's been a fair while since a black metal album has captured my interest, but this is really good shit. Recitations manage that often rarely achieved trinity that all quality metal has, a good atmosphere, massive riffs, all while being a genuinely entertaining listen.

An entertaining listen? Well sure, sort of. Recitations are by no means accessible, but amidst the buzzing mayhem of "Tongueskull Sacrament" the brief, krautrock-from-hell interlude works ridiculously well, especially as it's switched between a huge, almost Angelic Process-ish pound. I wouldn't necessarily call this "psychedelic black metal" or anything but it's not too far from the truth, and it's done really well. It's just this hallucinotory journey where everything is deep and dark but still kinda beautiful to look at. Track 3's intro is another example- and it's a fine bit of music in general- dark, endlessly bubbling, all these distant chants and synths hovering at the end of your imagination. It's like being trapped in an ancient crypt that's covered in glow in the dark stars, or something.

The word that keeps on coming to mind is "deep". Perhaps it's the synths that sound like they're recorded a long way underwater; maybe it's the cavernous production. I work around a mine, and recently I went underground for the first time- it was occasionally strangely beautiful, but just as often an ugly, hostile place- sometimes the water would cascade down the rocks and glow strangely, other times it would be 45 celsius, pitch black, super claustrophobic and the air would be old and stale. I liken that to this album, it has plenty of haunting moments but just as often it's big riffs and distinctive, howled vocals pounding away at your skull. 


It's the sort of album that provokes a lot of different images in your head- a ritual of immense power, a malevolent space entity, a contact with the secret chiefs; and it's a real pleasure to put this on and let your imagination run wild. All up quite a unique album, and I wish the album was a lot longer. Consider that a huge compliment and a big recommendation. (Caspian Yurisich)

(Avantgarde Music/Signal Rex - 2016)
Score: 85