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domenica 17 luglio 2022

Source of Tide - Blueprints

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Avantgarde Death, Arcturus
 Strani e sorprendenti questi Source of Tide. Non sapevo in che filone Metal collocarli, poiché tra riff tipicamente death metal, melodie catchy e suoni campionati ed “elettronizzati” con sapienza, ci si trovava in un torrente sonoro talvolta bizzarro grazie a delle tastiere a tratti sinfoniche e a volte classiche, mai banali ma usate in modo bilanciato e sapiente, estroso, e grazie anche a delle vocals malate, strane, ora gutturali, ora urlate ed effettate al limite. Alto e vorticoso il livello tecnico, tra riff e ritmiche di chitarra fulminei e tastiere, come accennato, molto ben studiate. Al primo ascolto vi potrebbero sembrare un po’ ostici da assimilare ma, entrati nell’ottica dei nostri, assicuro nessun problema ed ascolti ripetuti. In alcuni passi di bizzarria, li assocerei agli Arcturus di 'La Masquerade Infernale' ed anche ai Solefald di 'The Linear Scaffold'. Tutti ottimi musicisti peraltro, che avrete già sentito in gruppi quali Zyklon (Cosmocrator al basso assieme ai due Emperor Samoth e Trym) e Peccatum (Lord PZ assieme all’altro "imperatore" Ihsahn): tutto questo a marchio di garanzia. Da riascoltare la track numero nove, "Ruins of Beauty". Consiglio questa release agli amanti del death metal fuori dai soliti ed obsoleti canoni.

(Candlelight - 2002)
Voto: 75

https://candlelightrecordsuk.bandcamp.com/album/blueprints

domenica 10 luglio 2022

Datadyr - Woolgathering

#PER CHI AMA: Jazz Rock
Disco d'esordio per questo giovane trio norvegese, fresco d'accademia, che ancora una volta mostra come nella città di Bergen, la musica sia una componente essenziale nell'esistenza stessa della città e dei suoi abitanti. I tre giovani musicisti gravitano attorno al mondo del jazz, ripercorrendo colorate partiture strumentali figlie dei grandi nomi del passato, quanto a correnti più innovative, spolverando aperture più sperimentali, accoppiate a classiche atmosfere da jazz club. Le danze si aprono con "Tier", che vedrei bene legata alle funamboliche gesta di Medeski, Martin & Wood, la finta vena classica di "Krystalldans", brano decisamente affascinante, che nasconde nervature tese e cupe tra le sue trame di calma apparente, suonato da una formazione composta da chitarra, contrabbasso e batteria che non disdegna ventate di leggero free rock di moderna concezione e perchè no, a sentire 'Woolgathering', anche gli echi rallentati di quello che fu il suono slide e particolarmente caldo dei The Flying Norwegians. Anche la seguente e frizzante "Daybreaking", dove troviamo peraltro l'innesto dei fiati, alterna classicismo e innovazione, come da stile musicale riconoscibile della band, che trae molta forza e originalità da questo dualismo compositivo che, unito ad un sound curato e ad alta fedeltà, aiuta a mantenere alta la concentrazione e l'ascolto di questo lavoro. In "Fastup" vediamo ritmica e bassi profondi in gran spolvero e chitarra dai toni più freddi, con un suono più orientato verso l'alternative rock, pur senza tradire la perfetta e piena vocazione jazz. Per "Datadyr", il brano che prende il nome di battesimo della band, tutto è al posto giusto, con una partenza da night club a taglio misterioso, l'atmosfera sale come il fumo dei vecchi locali jazz visti nei film in bianco e nero, senza spostare mai il tiro in una direzione diversa. Forse l'accostamento a certa musica di John Scofield è sbagliato ma la conclusiva "Low Hanging Moon" compie il suo dovere, complice quel tratto di solitudine e malinconia che l'accompagna dalla prima all'ultima nota. Nel ribadire che il brano "Krystalldans" è il brano che mostra nella sua completezza la pasta di cui è fatto questo trio norvegese, invito tutti, appassionati di jazz e non solo, ad ascoltare questa giovane proposta, perchè ne vale proprio la pena. (Bob Stoner)

(Is it Jazz? Records - 2022)
Voto: 78

https://datadyr.bandcamp.com/releases

The Dark Overlords - Darkpocalypse

#PER CHI AMA: Black/Death, Dissection
Secondo EP in casa dei danesi The Dark Overlords, dopo quello uscito lo scorso anno e intitolato 'I Am the Dark Overlords'. Il nuovo 'Darkpocalypse' include cinque nuove tracce che si aprono con la title track che funge come sorta di intro strumentale di questo lavoro, anche se intro di fatto non è, fatto salvo per una durata piuttosto esigua (un minuto e 20), in cui i nostri iniziano ad esibire i muscoli. Muscoli che si palesano sotto forma di rasoiate di chitarra nella successiva "Ritus Dæmonius", un pezzo che renderà felici gli amanti di sonorità alla Dissection. Si perchè, quanto proposto dai tre enigmatici musicisti danesi, è un concentrato di melo black che richiama i vecchi classici svedesi di anni '90. Interessante come il trio ci investa con tutta la sua furia carica di melodia e pregna di epicità che non può non evocare Jon Nödtveidt e compagni, fatto salvo in porzioni più tecniche e death oriented, come quanto si ascolta in "Sacrificial Chamber", pezzo decisamente più compatto, diretto nei denti, sebbene quel break atmosferico a metà brano, da cui i nostri tre Dark Overlord ripartono con una ritmica selvaggiamente black, a cui farà poi seguito una parte solistica più classica. E probabilmente in questo continuo capovolgimento di fronti, contrappuntato anche nella successiva "Soul Taker" da un'alternanza black/death (e da sagaci assoli heavy), che risiede il punto di forza dei The Dark Overlords, che hanno ancora modo di scatenare la propria offensiva nella conclusiva "The Ladder of Your Demise", il pezzo più lungo del lotto (quasi sette minuti), quello anche in grado di coniugare in modo più brillante le qualità di questa band fino al finale acustico del pezzo. Insomma i The Dark Overlords sono una di quelle band da tenere presente a futura memoria. (Francesco Scarci)

Serpent Spawn - Crypt of Torment

#PER CHI AMA: Black/Death, Possessed
La Iron Bonehead Records prosegue la sua politica finalizzata alla distruzione totale. A dar man forte all'etichetta teutonica ci pensa proprio una band proveniente dalla Germania e con un debut piuttosto ferale ed incazzato. Ecco come si presenta in due parole 'Crypt of Torment', atto primo dicevo, di questi Serpent Spawn, trio che vede in seno membri (ed ex) di Blood e Dawn. Quattro tracce isteriche, caustiche e velenose, che vedono i nostri partire dalla title track, un brano di quasi tre minuti, all'insegna di un assalto all'arma bianca tra accelerazioni al fulmicotone interrotte da brevi rallentamenti, con la voce del frontman Martin Witchskinner, a muoversi tra growl profondi e grida disumane. Le scorribande sonore continuano con il monolitico sound di "Conquering the Trinity", che ammicca qua e là ai Morbid Angel e ai Possessed, complice una ritmica granitica che non trova sosta nel suo acuminato avanzare. Il suono ci porta indietro nel tempo di oltre 30 anni, affiancandosi a quello classico di fine anni '80 e primi '90. Lo dimostrano le ultime due tracce di questo EP, "Carnage Divine" e "Skinned and Gutted", gli ultimi due marcescenti esempi di questo sinistro concentrato di death/black. (Francesco Scarci)

venerdì 8 luglio 2022

Stellar Death - Sentient (Chapter 1)

#PER CHI AMA: Melo Death Strumentale
Death metal e album strumentale, due cose che non vanno proprio a braccetto. Nonostante questo, gli statunitensi Stellar Death se ne fregano altamente delle convenzioni, e propongono questo EP intitolato 'Sentient (Chapter 1)', un lavoro che include tre brani che, partendo proprio dalla ritmica death dell'opener "Emergence", si srotola attraverso dinamiche soniche che ammiccano a generi estranei al contesto estremo. La traccia iniziale, a fronte di un attacco teso ma melodico, progredisce attraverso un sound più cinematico, che vede nella mancanza di un vocalist, la sua più grande pecca. Dopo la furia iniziale, la proposta si fa più tiepida, grazie ad un break atmosferico (quasi post rock) e ad una coda che mi ha evocato i Throes of Dawn. La seconda "I Am", attacca con un giro di chitarra assai melodico, accompagnato da una percussività quasi tribale che lascerà spazio, da li a pochi secondi, ad una più frenetica porzione di batteria, edulcorata comunque da buone linee melodiche e ancora da momenti di grande atmosfera alternati a parti più roboanti. "Capacity to Suffer" ha un attacco più post-metal oriented ma che non è chiarissimo dove voglia andare a parare. Soprattutto quando, ad un certo punto, la ritmica sembra evocare gli Opeth. Cosi si chiude il primo di una serie di lavori che culminerà in una raccolta di brani basati sull'esplorazione della consapevolezza nel nostro universo. (Francesco Scarci)

martedì 5 luglio 2022

Likheim - Alt Skal Svinne Hen…

#PER CHI AMA: Black, Gorgoroth
Dalla Norvegia con furore. Potremmo riassumere cosi la prima fatica della one man band scandinava guidata da Gretn (in compagnia di un paio di amici - provenienti da Eradication e Carpathian Forest - come guest star). Quattro pezzi completano questo "classicissimo" esempio di black old school intitolato 'Alt Skal Svinne Hen…', un EP che se fosse stato concepito negli anni '90, si sarebbe messo sul carro dei vincitori delle band black norvegesi (Gorgoroth in testa), ma che oggi francamente, lo vede semplicemente fuori tempo massimo. I pezzi tra l'altro non sono proprio malaccio: la title track che apre peraltro il disco, è una bella scorribanda black con tanto di chitarre super acuminate e grim vocals. La seconda "Smerte" è un po' più oscura e criptica, con dei rallentamenti al limite del doom che si sovrappongono alle più classiche sfuriate estreme. "Takens Kall" apre con un malinconico arpeggio e da qui riparte con una ritmica killer su cui si vanno ad affacciare dei cori dal piglio vichingo (che già erano emersi timidamente nel brano d'apertura). La traccia prova ad offrire delle variazioni al tema con un cantato più caustico, addirittura un accenno di assolo ed un finale atmosferico ancora in versione acustica. La conclusiva "Stormen" è un altro esempio di black metal vecchio stampo, che trova in un break atmosferico, in una voce epica (non troppo brillante a dire il vero), in un assolo finalmente convinto, ed in un finale ispirato, i suoi spunti migliori. Ecco, il dischetto finisce qui. C'è sicuramente ancora da lavorare e levigare un sound che a oggi, ha poco di innovativo da offrire, ma che qualche idea interessante sembra pure mostrarla. (Francesco Scarci)

(Underground Kvlt Records - 2022)
Voto: 64 
 

Grombira - Lunar Dunes

#PER CHI AMA: Psych/Kraut Rock
Se una volta la Germania era identificata come la patria di wurster, crauti, birra e thrash metal, ora mi verrebbe da dire che la scena abbia virato drasticamente verso sonorità progressive, psichedelico-sperimentali. Non ultimi questi Grombira che tornano con un nuovo album, 'Lunar Dunes', ed un concentrato assai interessante di ipnotiche sonorità mediorientali che mi riconducono immediatamente ad un altro lavoro recensito su queste stesse pagine, ossia 'In the Caves' dei russi Cosmic Letdown che fece sobbalzare il sottoscritto e soci, per quei suoi contenuti fuori dall'ordinario, cosi mistici e avvolgenti. Si presentano in modo altrettanto simile i quattro musicisti di Würzburg che con l'opening track "Saraswati Supercluster" e i suoi oltre 15 minuti, ci catapultano nel loro mondo fatto d'improvvisazione, la classica jam session dove dar voce a tutte le idee che pullulano le menti dei nostri, da sonorità orientaleggianti appunto, allo space rock, passando attraverso psichedelia, kraut rock, jazz e chi più ne ha più ne metta, il tutto ovviamente proposto in chiave quasi interamente strumentale, fatto salvo per alcuni cori che impreziosiscono la lunghissima ed avvolgente traccia, che ha ancora modo di mettere in luce nel finale una splendida linea di basso e una spettacolare porzione percussiva. Con "Civilization One" le cose non cambiano poi di molto, soprattutto a livello di durata, con altri 13 stravanganti minuti ad attenderci. L'inizio della song mette in luce una componente elettronica in background (quasi una voce robotica generata però da uno degli strani strumenti suonati dalla band) che va a collidere con la classica e immancabile parte mediorientale. La traccia ha però modo di evolvere in modo imprevedibile, con dei sample femminili, registrati peraltro a Essaouira (Marocco) dal polistrumentista sheyk rAleph, una delle menti della band, durante le sessioni di registrazione. Comunque, il pezzo è evocativo, per quella sua miscela di rock e musica etnica. L'inizio di "Dune Tune" mi ha ricordato un pezzo dei Bowland, una band iraniana che si mise in mostra qualche anno fa a X Factor: partendo da suoni della tradizione locale ma poi lavorando in modo raffinato sul proprio sound, quello che mi rimane in testa è un che evocante usi e costumi mediterranei (Grecia in modo particolare). Gradevole, ma prende le distanze da quello space rock che avevo apprezzato nelle prime due tracce, sfociando qui in un world fusion che si è completamente perso per strada la componente rock. Lo stesso dicasi per la successiva "Mad Mullahs", in cui confluiscono suoni, colori e profumi del nord Africa con la strumentazione classica che si unisce ad una serie infinita di strumenti etnici in una danza tribale che si completerà con la conclusiva danzereccia e vorticosa "Moonface Kumneitodis". Bravi sicuramente, ma indicati per un pubblico decisamente dai gusti raffinati e ricercati. (Francesco Scarci)

(Tonzonen Records - 2022)
Voto: 75

https://grombira.bandcamp.com/

lunedì 4 luglio 2022

Dissection - Rebirth of Dissection

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Melodic Black
Il canto del cigno, ecco cosa ha rappresentato questo DVD, dopo la morte inaspettata mercoledì 16 agosto 2006 nella sua casa di Hässelby, del frontman dei Dissection, Jon Nödtveidt. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, soprattutto dopo l’uscita di prigione dello stesso Jon e il rilascio di 'Reinkaos'. Una delle band più importanti della storia black, finisce il proprio percorso nel peggiore dei modi, col rilascio di questo 'Rebirth of Dissection', live show girato all'Arenan di Stockholm a fine ottobre 2004 per celebrare la rinascita della band dopo gli anni di reclusione in galera per la nota vicenda omicida di Jon. Quindici le tracce riprese dal vivo, quasi interamente facenti parte dei primi due capolavori della band svedese, 'The Somberlain' e 'Storm of the Light’s Bane': un’ora e mezza di grandi classici, da "Night’s Blood" a "Where Dead Angels Lie" passando attraverso "Frozen", "Soulreaper", "Unhallowed" e l’ultima e unica, non brillantissima "Maha Kali". La prova del quartetto scandinavo è brutale, la perizia esecutiva è tale da non avvertirsi la differenza tra la performance live e il brano originale sul Cd. Peccato che la regia si soffermi quasi esclusivamente su Jon, totalmente cambiato nel look, molto simile ad Edward Norton nel film 'American History X', rasato col pizzo e parecchio palestrato. Un’ora e mezza di musica da brividi, col pubblico che incita e canta con la band sui cavalli di battaglia; ottime le riprese e il sonoro, che può essere gustato sia in versione Stereo 2.0 che in Dolby Surround 5.1. A chiudere il DVD ci pensano poi il video, un po’ sottotono a dire il vero, di "Starless Aeon" estratto dell’ultimo lavoro ed un’intervista di 25 minuti con Jon, in cui ci racconta fiero e imperturbabile le tappe della sua vita e le sue convinzioni, con una luce di follia visibile nei suoi occhi. Una galleria fotografica in bianco e nero e a colori, accompagnata dalle note di "No Dreams Breed in Breathless Sleep", chiude questo triste, ma magnifico DVD, ultimo testimonianza di vita dei fantastici Dissection. (Francesco Scarci)

(Black Horizon Music - 2006)
Voto: 78

https://www.facebook.com/Dissection.Official