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domenica 2 novembre 2014

Coraxo - Starlit Flame II

#PER CHI AMA: Cyber Death, The Kovenant, ...And Oceans
Non è nemmeno passato un anno da quando ho recensito 'Starlit Flame', Ep d'esordio dei finlandesi Coraxo, facente parte di una trilogia che comprende quell'album, il qui presente 'Starlit Flame II' e verosimilmente una parte III che non tarderà certo a uscire. L'impronta musicale dei nostri era apparsa già alquanto chiara in quell'esordio: un death melodico frammisto a una pesante porzione di elettronica. Citavo per l'appunto gli ...And Oceans e non posso far altro che confermare quell'affermazione, non appena "Lanterns" scoppia minacciosa nel mio stereo, dopo la breve intro. Le novità rispetto al precedente lavoro non sono cosi palesi: le tematiche proseguono infatti la storia delle Starlit Flame, una razza di nanomacchine aliene che si infiltra nella terra del venticinquesimo secolo, e l'inevitabile (quanto mai abusato) scontro tra uomini e macchine per la sopravvivenza. Il death melo-cibernetico torna a riaffacciarci tra ritmiche tiratissime, synth che richiamano suoni intergalattici e vocals abrasive. "Tangier" torna a strizzare l'occhio ai The Kovenant, con un mid-tempo melodico che gioca sul contrasto tra le harsh vocals e le delicate note delle tastiere. "The Bastion", la quarta traccia, mi fa pensare all'attacco delle macchine contro gli umani, per quel suo incandescente impeto iniziale con cui erompe nel mio hi-fi. La ferocia dei suoni arriva presto a placarsi, forse gli umani sono riusciti a scacciare le macchine, ma si tratta sicuramente di una tregua passeggera. "The Citadel" evoca musicalmente gli Edge of Sanity più melodici e progressivi, complice la presenza di Dan Swano dietro alla consolle nei suoi Unisound studio, mentre le vocals abbandonano lo screaming per tonalità leggermente più profonde. La song ha comunque nelle sue note un che di etereo, con le linee di chitarra più leggere rispetto alle precedenti tracce e comunque una bella linea melodica guida l'intero pezzo fino alla fine. La mano della vecchia volpe Dan si sente forte e chiara e questo non può che essere un punto a favore dei Coraxo che si giocano l'ultima carta con "Ghosts", la sesta e ultima song di questo esuberante 'Starlit Flame II'. La traccia è assai spettrale, lenta e malinconica, grazie a un delizioso impasto keys/chitarre da brivido, sicuramente la più intensa del lotto e anche la mia preferita. Il terzo episodio della saga 'Starlit Flame' promette di essere ancor più delizioso, visti i progressi del trio finlandese in cosi poco tempo e c'è già chi si sta leccando i baffi, il sottoscritto no... (Francesco Scarci)

(Self - 2014)
Voto: 75

http://coraxo-official.com/

Emrevoid - Riverso

#PER CHI AMA: Black/Death, Svart Crown, Dismember, Ulcerate
Piacevole all'udito ed alla vista, l'EP di debutto degli Emrevoid scorre fluidamente già dal primo ascolto. Una sapiente miscela di dissonanze (infondo vogliamo tutti bene agli Ulcerate), violente accelerazioni e un sound corposo sono la chiave vincente del combo romagnolo, le cui composizioni avanzano imponenti e senza tregua per tutta la durata dell'opera. Nessuna carenza tecnica e nesuna sporcizia, giusto quel leggero velo cinereo nel suono per rendere il tutto più oscuro, polveroso e di conseguenza apprezzabile. Il songwriting seppur calcante le linee classiche del genere, viene valorizzato dall'alta varietà di pattern utilizzati dal gruppo, ciclicamente ripetitivi in tutta la durata del disco ma comunque capaci di tenere alto il livello d'attenzione e di piacere. Particolarità di 'Riverso' sono le liriche in italiano che non stonano nel complesso ed acuiscono una malevola sensazione nel momento in cui si riescono a comprendere alcune frasi. Altra menzione doverosa si deve alla costante ombra melodica svedese (mi sovvengono all'ascolto, freddezze alla Dark Funeral e Dissection) che gioca a nascondersi ed apparire per brevi momenti, rinvigorendo notevolmente alcune tracce, dove "Il Tuo Disegno" ne diventa l'emblema. Tirando le somme, questo debut album è ben concepito e sembra promettere (speriamo in bene) in un futuro full-length che sviluppi pienamente le varie idee della formazione italica. Chiudo invitando i cari ascoltatori della vecchia scuola a non spaventarsi più di tanto, poichè ho qui riportato solo i particolari che caratterizzano l'opera, la base rimane un consistente death metal che strizza continuamente l'occhio ai primordi Mordib Angel ed Obituary; verso la fine del disco lo percepirete sempre di più, in primis nelle ritmiche. (Kent)

(Drown Within Records - 2014)
Voto: 65

https://www.facebook.com/emrevoid

Have a Nice Life – The Unnatural World

#PER CHI AMA: Dark/Shoegaze
Alla costante ricerca di nuovi talenti, mi imbatto oggi nei Have a Nice Life e nel loro vinile 'The Unnatural World', Lp di otto tracce. Non so davvero cosa aspettarmi da questa band ma quando “Guggenheim Wa...” apre col suo sound sporco e oscuro, ne rimango immediatamente affascinato. Sembra si tratti di musica dark, ma una conferma più precisa ve la darò con i successivi pezzi. Intanto mi godo i riverberi, le atmosfere rarefatte ma dilatate, voci a la Depeche Mode e un qualche cenno agli ultimi lavori dei norvegesi Beyond Dawn. Proseguo curioso di capire quale sia la reale collocazione di questi personaggi e “Defenestration...” in effetti conferma la direzione electro dark dei Have a Nice Life, fatta di una ritmica abbastanza primitiva e ripetitiva, con le vocals che si muovono tra Dave Gahan e urla punk. Forse siamo in presenza di una creatura post punk/shoegaze/dark dal sound accattivante, o forse di un nuovo genere difficile da etichettare, soprattutto dopo l'ascolto della terza track. “Music Will Unntu...” chiude con i suoi frammenti drone/wave il side A del disco che si riapre nel lato B con “Cropsey” e spezzoni estratti da una qualche trasmissione degli anni '70, mentre in sottofondo va il suono di un carrion e di una batteria; infine il tutto si rimette in sella con voce e una iper distorta chitarra, in una song che sembra un lontano sogno confuso. “Unholy Life” strizza l'occhiolino ai The Cure di “A Forest...” cosi come “Dan and Tim, ...” e il loro basso in primo piano, non fanno altro che citare la band di Robert Smith e soci mischiata in un qualche modo ai già citati Depeche Mode. Insomma, 'The Unnatural World' è un album che piacerà a chi è nostalgico per quei suoni che in un qualche modo hanno scritto la storia della musica dark miscelata ad altre sonorità più moderne. Un bell'esperimento a cui dare sicuramente una chance. (Francesco Scarci)

(Flenser Records - 2014)
Voto: 70

https://www.facebook.com/pages/Have-A-Nice-Life

Twentyfourlives - Peaks​.​.​. Peaks​.​.​. Peaks!

#PER CHI AMA: Post Rock, Mogwai, 65daysofstatic
Ah, il Belgio… Confesso di avere un debole per questa terra, quando si parla di calcio, birra e musica rock (ho delle riserve sul cioccolato, ma questo non importa). Succede infatti che dal Belgio arrivino alcune delle band che piú ho amato negli ultimi vent’anni, dai Deus agli Zita Swoon, dai Soulwax ai Venus, fino ai Girls in Hawai. I Twentyfourlives sono un quartetto piuttosto classico (chitarra, basso, tastiera, batteria), dedito ad un rock per lo piú strumentale, ascrivibile per semplicità a quel non-genere che chiameremo post-rock. Arrivano, dopo due EP, a pubblicare il loro esordio dulla lunga distanza, confezionato in un elegante digipack dalla grafica essenziale che ricorda alla lontana i Joy Division di 'Unknown Pleasures'. Non è questa la sede per una trattazione su quello che puó essere il senso del post-rock, oggi, e anche se non si può fare a meno di pensare che davvero tutto sia già stato fatto prima e meglio da qualcun altro, sarebbe quantomeno ingiusto non dare una chance ai quattro ragazzi belgi. Ingiusto e sbagliato, per di piú, dato che questo album ha le carte in regola per farsi apprezzare e ricordare ben piú a lungo dei 35 minuti che servono per scorrerlo fino alla fine. Ecco, scorrere, questo è il verbo che prima di tutti mi viene in mente per descrivere la musica dei Twentyfourlives. Tutte le otto tracce scorrono che è un piacere, senza inciampi, cadute di stile o inutili prolissità. La lezione di gente come Mogwai o This Will Destroy You è stata assimiliata, ibridata con qualche acrobazia math e ora viene riproposta con gusto e personalità. Piace, nel risultato finale, l’equilibrio tra i sapori e i colori, tra irruenza e soluzioni piú meditate, la grande attenzione riservata all’aspetto melodico senza per questo rinunciare alle ruvidezze del suono o alla complessità strutturale e ritmica. L’iniziale "Peaks" ha il merito di dire tutto quello che altri gruppi stanno cercando ancora di dire, e di farlo in soli quattro minuti. Un’intro notturna, con tanto di glockenspiel, apre "Horses", che fa montare la tensione fino poi a esplodere in un breve momento di spasmi ritmici e virtusosismi chitarristici. Spesso sembra di sentire i 65daysofstatic meno elettronici e piú concisi, come in quello che è forse il capolavoro del disco, "Mammoth", che in poco meno di sei minuti riesce a condensare epica ed emotività in maniera spettacolare. Tra i meriti ascrivibili al quartetto belga, l’invidiabile capacità di saper costruire i pezzi in maniera mirabile, con una semplicità a tratti disarmante, e ció è particolarmente evidente nei due brani cantati, tra i migliori del lotto: "Scarecrow" parte sorniona per poi montare in intensità nei suoi gorghi chitarristici, e "Htommam", che nasce da un’idea melodica elementare, per poi farsi marziale e potente. Niente di nuovo sotto il sole, sia chiaro, ma realizzato benissimo, come un abito sartoriale di cui si apprezzano il taglio, la scelta dei materiali e la cura dei dettagli. Ottimo. (Mauro Catena)

(Self - 2014)
Voto: 75

http://www.twentyfourlives.be/

sabato 1 novembre 2014

Nothence - Public Static Void

#PER CHI AMA: Post Grunge/Alternative, Alice in Chains
I Nothence sono un quartetto formatosi a Lugano nel 2009 e 'Public Static Void' rappresenta il loro secondo album. La band elvetica (in realtà di origini italiche) tesse le tele dell'immortale grunge, sviluppandone le trame e rendendolo ancor più introspettivo, oscuro e intriso di dubbi e malesseri esistenziali. Musica e parole per non smettere mai di cercare le risposte che latitano in questo mondo alla deriva. Undici i brani che riempiono quest'album e oltre ad influenze tipo Alice in Chains o Mudhoney, si percepisce subito la personalità della band, che salta all'occhio, come l'utilizzo in alcuni pezzi del piano/tastiere. Probabilmente vi risulta difficile immaginare un accostamento del genere, ma l'idea di accostare uno strumento più borghese ai suoni grezzi del grunge non è un'idea nuova. Dopotutto il violino ha sposato il rock da anni ormai. Ma lasciamo perdere le divagazioni e concentriamoci sulla musica partendo da "Outcast", brano introdotto da un cattivissimo riff di chitarra che aggancia immediatamente batteria e basso per creare il tappeto sonoro principale della traccia. Subito salta all'orecchio l'uso di distorsioni nè moderne nè vintage, personalmente avrei optato per un suono meno anonimo, anche se il genere non richiede particolari ricerche di stile per funzionare. Il cambio di ritmica a metà brano rende dinamico il brano che altrimenti rischierebbe di essere uguale dall'inizio alla fine. "Scraps" è una song più introspettiva e cupa che rappresenta al meglio l'act ticinese e il suo marchio di fabbrica. Quasi sei minuti che ipnotizzano l'ascoltatore e lo accompagnano nel mondo dei Nothence, oscuro e venato di tristezza e rassegnazione che contraddistingue anche gli altri brani. Il pezzo apre con il pianoforte che però viene accantonato quasi subito, un vero peccato perchè avrebbe dato maggiore carattere e profondità se solo gli fosse stato dato maggiore spazio. Inoltre il brano è discretamente lungo e avrebbe avuto bisogno di un break, l'arpeggio di chitarra contribuisce a creare la giusta atmosfera, ma non può sobbarcarsi sulle spalle tutto la traccia. L'album chiude con "Fugue", il brano più riuscito e convincente. La struttura, i suoni e gli arrangiamenti sono stati curati e se fosse stato più veloce, avrebbe sicuramente meritato di aprire questo 'Public Static Void'. In se è una ballata rock, ma ben riuscita, infatti anche il vocalist da il meglio di se stesso, risultando più naturale e vero. Tutto sommato i Nothence sono una buona band che affronta un genere non particolarmente in voga, ma c'è ancora del lavoro da fare e canzoni da scrivere per arrivare più in là. (Michele Montanari)

(Self -2014)
Voto: 70

http://nothence.com/

venerdì 31 ottobre 2014

Mystical Fullmoon - Chthonian Theogon

#PER CHI AMA: Black/Avantgarde, Blut Aus Nord, Dimmu Borgir
A distanza di cinque anni dal non troppo fortunato, in termini di risonanza mediatica, 'Scoring a Liminal Phase', torna il trio milanese dei Mystical Fullmoon con un album nuovo di zecca e una storica label di supporto, la Beyond Production. Dieci le tracce a disposizione dei nostri per convincermi della bontà della loro musica, per cui un lustro è stato speso per la sua composizione. Sorvolando sull'intro, mi lancio all'ascolto di "An Outermost Resonance", prima vera traccia di 'Chthonian Theogony', song che palesa fin dalle sue prime note il rinnovato amore dei nostri verso il black sinfonico dei maestri norvegesi. Non dico nulla di nuovo fin qui, che già non avessi riscontrato nel precedente album. La song è una bella cavalcata sorretta da maestose tastiere e da un bel lavoro di chitarre, con alcuni passaggi psichedelici, il cui cadenzato ritmo litanico (al limite del doom), mi ha evocato Blut Aus Nord e Deathspell Omega. Se in passato avevo identificato in Emperor o Limbonic Art, le influenze più superficiali da attribuire al combo meneghino, per questo secondo lavoro devo rivedere le mie affermazioni e puntare sulla scena black francese come spunto per il nuovo corso dei Mystical Fullmoon. La song avanza marcescente e allucinata per larghi tratti, anche se nel finale, sono orchestrazioni di chiara scuola Dimmu Borgir, a dominare. "Reward for the Blind" evoca nuovamente la mefistofelica creatura di Vindsval e soci, almeno nelle linee di chitarra, fatto salvo per ringhiarci contro un riffing che sembra più orientato al thrash death. Il sound camaleontico dei Mystical Fullmoon non tarda a mutare, variando tempi, generi e spesso modo di suonare, mentre immutevole rimane lo screaming troppo nasale di Gnosis. Ascoltare questa song è come avere a che fare con quattro band differenti allo stesso tempo. Eccolo il carattere mutevole del terzetto formato da Heru, Gnosis e Arcanus Incubus, che torna a colpire col suo ibrido di black, death, noise ambient ("Stone of Splendour"), prog, suoni orchestrali e avantgarde, per un risultato a tratti fin troppo confondente. "A Red and Black Sacrament" è un esempio di una song che fatica a trovare una propria identità ben definita ed è un vero peccato; questo perchè la band cade spesso nella tentazione di voler infarcire i propri brani di tutto lo scibile musicale estremo possibile, suonando alla fine troppo pomposi e fuorvianti. Troppi sono i generi che si rincorrono nelle song: qui addirittura si passa dal black al death per finire a deliranti cori liturgici, per un risultato che alla fine spiazza non poco. Forse tutto questo rappresenta un pregio; non nascondo che molto spesso mi sono lamentato per la pochezza di idee espresse dalle band, qui soffro addirittura per la difficoltà a incanalare la dirompente verve creativa dell'act italico, in una direzione ben precisa. "The Reader and the Naked Scientist" è alla fine la traccia che preferisco dell'album, forse un po' più lineare, anche se un break psicotico arriva ben presto a destabilizzarmi. Le chitarre suonano più melo death oriented, anche se poi la ritmica dirompente black prende il sopravvento, ma per poco, visto che il finale della song ha un flusso cinematico (ricordate la colonna sonora di 'Inception', il film con Di Caprio?). "After the Coil" è una lunga e complessa song per lo più strumentale, ove fa la sua comparsa un sax, a dimostrazione dell'elevata e raffinata tecnica strumentale, cosi come pura la costante volontà di stupire sempre l'ascoltatore. Con "Aghori" perlustriamo i meandri profondi della musica fantasy, mentre l'ultima track del disco è affidata a "Dream Brother", quanto mai inattesa cover di Jeff Buckley. Ecco, se i Mystical Fullmoon volevano stupirci un'altra volta, devo ammettere che hanno colto nel segno al 100%, con un album che necessita di tantissimi ascolti per essere assimilato e digerito. Da due mesi, 'Chthonia Theogony' corre nel mio hi-fi e credo che necessiti ancora parecchio tempo affinchè possa allinearsi con la mia mente disagiata. Avanguardia spinta! (Francesco Scarci)

(Beyond Production - 2014)
Voto: 80

https://www.facebook.com/mysticalfullmoon

giovedì 30 ottobre 2014

Hadez - Morituri te Salutant

#FOR FANS OF: Black/Death Metal, Conqueror, Blasphemy, Archgoat
While it may not be the most familiar tags in the genre, Peruvian horde Hadez are one of the most professional at deploying what is the War Metal tag, which for all intents and purposes comprises bestial-sounding Black/Death Metal with a raw edge and a near-continuous assault of blastbeats throughout. That’s what is delivered throughout this one as we get that intense mixture of chunky, dynamic riffing that rages through plenty of varying patterns from Old-School Death Metal to a variety of blistering Black Metal touches throughout here which carries together quite well as the primordial, dripping-with-evil atmosphere of the former meshes with the harsh arrangements and intensity of the latter, allowing for a more traditional sounding approach to the two genres. It’s not until we get the intense blasting throughout this that it really adds to the War Metal moniker here with this likewise generating plenty of extremity here with this blowing through frantic, razor-wire hymns alongside the blasting drumming that really sells this quite well. Add in a touch of Doom for some slower, lurching patterns that’s quite indicative of Latin Extreme Metal in general which runs through here as well and this becomes a highly enjoyable piece to their catalog. Opener ‘Caligula’ is pretty much exactly what you’re going to get here anyway, with precise riffing, a devastating drum-bashing and plenty of savage leads that work up the energy and intensity levels incredibly well. ‘Forgotten God’ manages to showcase a little more of their Doom influences since it’s not full-throttle all the way through and slows it down a touch, but it still blasts along enough to serve as a highlight track. The title track is back to showing off those bestial, primordial rhythms and intense, blasting drumming while retaining the edge Latin extreme metal bands have in their guitar-work as the thick patterns are melded perfectly with the rampaging atmosphere, making for the album’s overall most explosive offering. This is carried over quite nicely into ‘Extrema Unción,’ which contains an excellent mixture of their primordial blasting with a few slower sprawling patterns thrown in along the way, making for another solid highlight. ‘Embrace the Wings of Death’ is the lone weakness among the tracks, dragging itself out far too long with meandering riffs and sluggish paces that shows the slower, sprawling efforts don’t mesh too well with the rest of the material and causes this to stick out somewhat. Raging speedster ‘It Could be Yourself’ gets itself back into blasting mode and reaps plenty of benefits from that with a tight, frantic effort that might not contain the brutality of earlier efforts but certainly has the speed down. ‘Death Terror’ likewise follows the urgent, blistering riff-work pattern as this one re-affirms the intensity of the riffing with a fine slew of battering blastbeats to whip through one raging, enjoyable effort. Finally, the Black Sabbath cover of ‘Symptom of the Universe’ works well with the bouncing tempo and sprawling tempos matching their original work while the intensity in the blastbeats adds quite well to the sluggish original and making for a fine way to end this one. Really, this one comes off quite well with a lot of really enjoyable qualities about it. (Don Anelli)

(Paragon Records - 2014)
Score: 80

https://www.facebook.com/HADEZPERU

mercoledì 29 ottobre 2014

Sverdkamp - Fraa Ryfylke

#PER CHI AMA: Black Viking Epic, Otyg, Tyr, Finntroll, Einherjer
Virile pagan viking black metal per l'album 'Fraa Ryfylke', debut autoprodotto composto da cinque brani per un totale di una ventina di minuti, di questi norvegesi Sverdkamp. La band si forma nel 2010 per mano dei due musicisti Nattsvart e Venomenon, che in questo primo mini suonano egregiamente tutti gli strumenti e si prestano degnamente anche al canto. "Til Strid" apre le danze violentemente e mostra l'attitudine guerriera dei nostri con cori barbari che ricordano i mitici Otyg, un'interpretazione molto teatrale, rude e crudele corredata da una struttura melodica e una ritmica devastante. Nel brano che segue si avverte la presenza del fantasma macabro e burlesco dei Finntroll, con la sua vena canora da taverna oscura, risate e cori osannanti un imminente attacco. Il rimando ai Tyr e ai loro momenti epici lo si può percepire in 'Hymne til Heimlandet', mentre il quarto brano si delinea per un inizio glorioso e incalzante, una cavalcata che sfocia in un black metal guerrafondaio, insano ed incestuoso con un rumorosissimo epic metal dall'ardore preso in prestito dai grandissimi Equilibrium. Per il gran finale, gli Sverdkamp si affidano ad un attacco frontale che condensa e consolida il sound underground della band, aggiungendo la saggezza del verbo pagano degli storici Menhir con la melodia e l'aggressione sonora da tipica band guerriera. Magari i nostri impavidi vichinghi non saranno innovativi e originali ma il loro angolo di personale rivisitazione del genere lo hanno trovato e la loro salda nicchia di estimatori non tarderà a venire se al full lenght ci arriveranno con questa verve tritatutto. Onore e gloria! Ottimo debutto. (Bob Stoner)

(Self - 2014)
Voto: 75

https://www.facebook.com/Sverdkamp

Nomotion - Ritual Murders

#PER CHI AMA: Folk Rock/Gothic, Nick Cave, Gun Club
I Nomotion sono un quintetto nato sul finire dello scorso anno da un’idea di Jonny Bergman, Eros Piani e Lorenzo Della Rovere, ex membri di band quali Calle Della Morte e Grime, ai quali si sono affiancati presto i gemelli Andrea e Alessio De Colle. L’idea musicale dietro al progetto è quella di un folk-rock oscuro, profondamente americano nelle radici e mediato dall’immediatezza del punk, quasi gotico tanto nella musica quanto nelle tematiche trattate. Per questo loro EP d’esordio decidono di fare le cose davvero in grande, a partire dal tema hard-boiled che fa da sfondo all'intero lavoro, un concept sull’omicidio rituale, passando dal supporto scelto, una chiavetta usb in legno intagliato, alla splendida confezione cartonata e in edizione limitatissima (la mia copia è la 31 di 49, come scritto a mano sul retro). Al cospetto di cotanto contenitore, il rischio è che il contenuto non sia all’altezza, ma fortunatamente non è cosí, anzi. La chiavetta contiene infatti cinque brani autografi (presenti tanto in mp3 quanto in formato lossless), ognuno accompagnato da un video creato appositamente. Le canzoni si fanno apprezzare per il modo in cui coniugano immediatezza e drammaticità, azzeccando melodie scandite da chitarre elettriche e acustiche e un pianoforte che aggiunge solennità. I riferimenti piú immediati sono quelli che portano al primo Nick Cave post- 'Birthday Party', ai 16 Horsepower o i Gun Club meno blues e piú inebriati dal country di 'Miami'. Tanto che, in piú di un passaggio, c’è una certa vicinanza di atmosfere (anche per la voce del cantante) con 'I Knew Jeffrey Lee', il disco tributo che Il Circo Fantasma dedicó al compianto leader dei Gun Club. Ma il modo migliore per godere di questi pezzi, è “assaggiarli” in abbinamento con i video, creati utilizzando in maniera creativa e inquietante spezzoni di vecchi film horror o fantastici (sarebbe molto interessante conoscere i titoli delle pellicole), che esaltano al meglio la tematica malsana della musica dei Nomotion. Difficile citare qualche brano in particolare, ma è davvero difficile non rimanere stregati dal connubio lisergico musica-immagini di tracce quali “1000 Stiches”, o la magnetica e disturbante festa gore di “Love is Murder”, o ancora la visionarietà da inferno dantesco in acido di “Summer Rites”. Lavoro affascinante e per nulla banale, che si presta a diversi livelli di lettura e approfondimento. Di gran classe. (Mauro Catena)