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domenica 2 novembre 2014

Have a Nice Life – The Unnatural World

#PER CHI AMA: Dark/Shoegaze
Alla costante ricerca di nuovi talenti, mi imbatto oggi nei Have a Nice Life e nel loro vinile 'The Unnatural World', Lp di otto tracce. Non so davvero cosa aspettarmi da questa band ma quando “Guggenheim Wa...” apre col suo sound sporco e oscuro, ne rimango immediatamente affascinato. Sembra si tratti di musica dark, ma una conferma più precisa ve la darò con i successivi pezzi. Intanto mi godo i riverberi, le atmosfere rarefatte ma dilatate, voci a la Depeche Mode e un qualche cenno agli ultimi lavori dei norvegesi Beyond Dawn. Proseguo curioso di capire quale sia la reale collocazione di questi personaggi e “Defenestration...” in effetti conferma la direzione electro dark dei Have a Nice Life, fatta di una ritmica abbastanza primitiva e ripetitiva, con le vocals che si muovono tra Dave Gahan e urla punk. Forse siamo in presenza di una creatura post punk/shoegaze/dark dal sound accattivante, o forse di un nuovo genere difficile da etichettare, soprattutto dopo l'ascolto della terza track. “Music Will Unntu...” chiude con i suoi frammenti drone/wave il side A del disco che si riapre nel lato B con “Cropsey” e spezzoni estratti da una qualche trasmissione degli anni '70, mentre in sottofondo va il suono di un carrion e di una batteria; infine il tutto si rimette in sella con voce e una iper distorta chitarra, in una song che sembra un lontano sogno confuso. “Unholy Life” strizza l'occhiolino ai The Cure di “A Forest...” cosi come “Dan and Tim, ...” e il loro basso in primo piano, non fanno altro che citare la band di Robert Smith e soci mischiata in un qualche modo ai già citati Depeche Mode. Insomma, 'The Unnatural World' è un album che piacerà a chi è nostalgico per quei suoni che in un qualche modo hanno scritto la storia della musica dark miscelata ad altre sonorità più moderne. Un bell'esperimento a cui dare sicuramente una chance. (Francesco Scarci)

(Flenser Records - 2014)
Voto: 70

https://www.facebook.com/pages/Have-A-Nice-Life

venerdì 3 ottobre 2014

Wreck and Reference – Want

#PER CHI AMA: Experimental/Drone/Post Rock
È da un po' che tengo sott'occhio questa band statunitense, ma vuoi per un motivo, vuoi per un altro (l'aver pubblicato la precedente release solo in vinile ad esempio), non sono mai riuscito ad affezionarmene. L'uscita del nuovo 'Want' e la sua recensione mi danno finalmente motivo di avvicinarmi ai Wreck and Reference. La band si propone con una propria personale chiave di lettura del post black, come già fatto da altri ensemble del rooster Flenser Records, da sempre esempio di sperimentalismo sonoro. I WaR non sono da meno e ci offrono il loro lugubre sound: nessun assalto di stile cascadiano, nessun accenno folk, ma “solo” un tragico slow-mid tempo funereo, ricco di preziosi inserti dark e pompose melodie d'organo, con le vocals che si dipanano tra uno screaming disperato e uno pulito/sussurrato. “Stranger, Fill this Hole in Me” è una stravagante song in cui si unisce l'anima dannata dei nostri con inserti industrial/noise. L'ascolto della musica dei WaR non è quasi mai facile e la delicata (almeno musicalmente) “Bankrupt” ne è un esempio. Se non ci fossero le abrasive vocals del cantante, potremo parlare di sperimentalismi a la Radiohead ai tempi di 'Amnesiac' in un inedito connubio con i Massive Attack di 'Mezzanine'. Le atmosfere tenebrose di “A Glass Cage for an Animal” sembrano far pensare ai Fields of the Nephilim in una versione più catartica. Ma l'elemento caratterizzante la musica dei WaR e forse anche la componente che dona un certo estremismo sonoro alla band americana, è proprio quel demoniaco dualismo vocale che domina nelle song e che rende il sound dei WaR difficilmente etichettabile ma comunque di grande fascino. (Francesco Scarci)

(Flenser Records - 2014)
Voto: 70

lunedì 1 settembre 2014

Mamaleek – He Never Said a Mumblin' Word

#PER CHI AMA: Sludge/Stoner
Quest'estate ho riempito il mio lettore mp3 di release a casaccio tra quelle che mi sono state inviate recentemente da label e band. Nella mia quotidiana ora di relax, lo shuffle ha cosi scelto per me i Mamaleek e il loro sound all'insegna di uno sludge assai tetro. La opening track, nonché anche title track del disco, mette in chiaro (o forse sarebbe meglio dire in scuro) che il sound offerto dai nostri non può andare oltre a certe sonorità asfissianti e mortifere tipiche del genere, che rendono la proposta dei nostri di difficile assimilazione. Sembra una preghiera quella recitata nei tre minuti iniziali di “Pour Mourner's Got a Home”. Irrompono poi chitarre melmose (a cavallo tra sludge, stoner e drone), che insieme ad atmosfere abrasive e urla disumane (ma anche chorus deliziosi), dipingono il quadro musicale assai complesso dei Mamaleek. Scariche industrial divampano in “Almost Done Toiling Here”, traccia che potrebbe aver avuto i Plasma Pool di Attila Csihar come modello di ispirazione ma che comunque continua a palesare come sia scorbutico il sound di questi ragazzi anche nei momenti apparentemente di più facile digestione. Le vocals iper effettate, le chitarre super distorte, gli attimi di anomala quiete, continuano a rendere l'ascolto di 'He Never Said a Mumblin' Word' un difficile scoglio da sormontare. “My Ship is on the Ocean” chiude il disco con i suoi quattro minuti di sonorità annebbiate, malate e altamente sperimentali, che potranno deliziare chi è alla ricerca di un sound difficile ma traboccante forte personalità. (Francesco Scarci)

(Flenser Records - 2014)
Voto: 70