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#PER CHI AMA: Post Black Sperimentale, Altars of Plagues |
Eccoci finalmente alla resa dei conti. I Sedna li seguo da vicino da qualche anno: era infatti la notte di Halloween del 2011 quando li conobbi e ascoltai per la prima volta, in un piccolo locale nel bresciano. Da li a poco recensii il loro EP, li intervistai in radio e da quasi tre anni attendo con ansia il tanto agognato debutto su lunga distanza. Eccomi accontentato. I tre ragazzi di Cesena rilasciano, dopo qualche assestamento di line-up, un 4-tracks costituito da più di 50 minuti di musica cupa e malefica che incarna l'anima dannatamente maledetta del trio romagnolo. Sarà verosimilmente una certa affinità musicale con i defunti Altars of Plagues, o la vena marcatamente diabolica che ristagna nel sound dei nostri, ma il self/titled dei Sedna è un qualcosa che s'imprime nella testa e marchia a fuoco come l'indelebile segno del diavolo. Ma mettiamo un po' d'ordine a tutte queste frasi che introducono 'Sedna'. Dicevamo delle quattro song che costituiscono il cd, che tra l'altro vanta un artwork in bianco e nero squisitamente angosciante. “Sons of the Ocean” apre il disco con i suoi quasi 20 minuti di sonorità tetre e caliginose: sembra infatti il suono di una nave, nelle nebbie di un porto di mare, quelle che si percepiscono nell'incipit della song, prima che le strazianti chitarre di Crisa prendano il sopravvento e ci conducano nella bolgia infernale. Le ritmiche, soffocanti e serrate, corrono veloci, ammantate da un'aura di tormentata malinconia, che sembra trovare pace, almeno per una manciata di secondi, in un break dai vaghi contorni post rock, spezzato dallo screaming efferato del polivalente Crisa. Il ritmo però va lentamente smorzandosi, sprofondando nei meandri assurdi di un cerchio dantesco, probabilmente l'ottavo, dove dimorano maghi e indovini e dove sonorità al limite del drone, fumoso e psichedelico, potrebbero farne da ideale colonna sonora. L'atmosfera è a dir poco spettrale e nel suo irriducibile climax di risalita, la tensione creata è sicuramente di forte inquietudine. L'epilogo acustico ci introduce a “Sons of Isolation”, traccia il cui inizio mi fa pensare a campane che suonano a morte. Potete ben capire lo stato di angoscia persistente che si è instaurata nel mio io, ormai turbato. E dire che non siamo, per lo meno ancora, al cospetto di sonorità depressive-sucidal, ma i giochi di chitarra e basso (a cura della brava Elyza Baphomet), mettono a nudo l'essenza della mia anima, scaraventandomi in un turbinio di ansie e paure, eccitate come elettroni impazziti, dal sound mefitico dei tre, che arriva da li a poco, a toccare il funeral doom, almeno per pochi istanti. Non temete perchè la furia omicida, dettata dal vibrante drumming di Mattia, instaura la sua feroce dittatura, lanciando i nostri in una cavalcata che ondeggia tra il post hardcore teutonico, lo sludge e il black metal cascadiano. Davvero, niente male. Se poi considerate che un incedere marziale (dal flavour leggermente shoegaze) subentra a mischiare le carte in tavola, potrete ben capire la portata di questa esplosiva miscela raggelante. A grandi passi, come quelli inferti dal drummer sul finale del brano, arriviamo alla psicotica traccia “Life_Ritual” in cui compare, in veste di guest, la litanica voce di Stefania Pedretti, meglio conosciuta per le sue performance negli Ovo e nei BTOMIC. L'effetto sul tappetto ambient drone del brano, è come quello di una strega atta a lanciare il suo peggior maleficio. In “Sons of the Ancients”, in aiuto dei nostri arriva Michele Basso (alias Mike B) dei Viscera///. L'incedere è ancora una volta funesto, ossessivo, macabro pur rivelandoci il lato più intimista dei nostri, che ben presto sfocerà in suoni altalenanti e idiosincrasici, sviscerando l'odio dei Sedna attraverso le vetrioliche vocals di Mike e conducendoci nella nona bolgia, quella dei seminatori di discordia. In definitiva, 'Sedna' è ciò che stavo aspettando da tempo dal trio di amici della Romagna, una miscela di corrosivo ed elegante post black sperimentale. Detto questo, vi lascio ai vostri incubi e io torno nel mio loculo per incontrarli, qui all'interno del Pozzo dei Dannati. (Francesco Scarci)