#PER CHI AMA: Thrash/Hard Rock, Metallica, Motorhead, Anthrax |
Se c’è una cosa per cui sono grato a questi quattro ragazzoni di Macomb, Illinois, è di avermi portato a conoscenza della tecnica che dà il nome alla band, della quale pare fosse un appassionato anche il compianto presidente JFK. Lascio ai lettori il gusto di soddisfare la loro curiosità in merito. Per il resto, di novità, dentro il loro terzo album, ce n’è pochina. Se dovessi descrivere la musica degli Hong Kong Sleepover direi che potete immaginarvi una cosa come 'Garage Days Inc.' dei Metallica con Lemmy Kilmister alla voce, il tutto però non così raffinato... Del resto, già una prima occhiata all’artwork (un tuffo negli anni '90, mancavano solo le figurine di Ruben Sosa e del Cobra Tovalieri) è evidente la totale dedizione dei quattro a pochi e semplici principi base, ovvero birra, ragazze, stivali, in tutte le possibili declinazioni (ragazze con stivali, ragazze che bevono birra etc...). Tutto si puó dire fuorchè gli HKS non siano totalmente e completamente onesti. Onesto, infatti, è il termine che mi viene per descrivere queste canzoni senza fronzoli, dai riff serrati e groovy, la ritmica solidissima, le chitarre sature e sporche come si conviene, con gli assoli “giusti” e la voce roca e gorgogliante. In altre parole, un disco di classico, ruvido, metal americano, per di piú orgogliosamente DIY. Onesto, appunto. Disco che si snoda lungo 11 brani né lunghi né corti, né brutti né particolarmente belli, che si lascia ascoltare anche se, man mano che i pezzi sfilano ci si chiede che senso possa avere, dopotutto, un album del genere. E l’illuminazione arriva, inaspettata, al minuto 1:26 della traccia numero 7, “Draw the Line”, quando parte un ritornello che dice, piú o meno cosí: “hey, hey, hey, hey”. La visione che si staglia davanti ai miei occhi è quella di un raduno di bikers con baffi a manubrio, intenti a roteare un pugno in aria al ritmo di questo “hey, hey, hey, hey”, mentre l’altra mano stringe saldamente una bottiglia di Miller Highlife, rivolti verso il palco dove gli Hong Kong Sleepover ci stanno semplicemente, onestamente, dando dentro. Ecco, forse è questa la chiave: se siete biker dell’Illinois, se avete sempre voluto esserlo, o anche solo se ancora oggi vi capita di uscire di casa il sabato sera indossando un gilet di pelle, questo è il disco che fa per voi. (Mauro Catena)
(Self - 2014)
Voto: 65