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martedì 1 ottobre 2019

SednA - The Man Behind The Sun

#PER CHI AMA: Cosmic Post Black/Post Metal, Darkspace, Altar of Plagues
È il quinto lavoro che recensisco dei SednA (includendo demo e split), mi sa tanto che avrò più di un problema a trovare nuove parole per descrivere l'inedita fatica della compagine cesenate, da sempre in costante evoluzione musicale. E l'evoluzione anche questa volta parte da lontano, con l'ennesimo cambio di line-up e due nuovi innesti (del combo originario è rimasto il solo frontman Alex) e la scelta di rilasciare una singola traccia di quasi 34 minuti. 'The Man Behind The Sun' ci consegna una band in ottimo stato di forma che ormai ha trovato la propria strada e la calca da dieci anni con grande convinzione. Ma veniamo all'apocalittica song che compone questo lavoro, una traccia che apre con delle desolanti chitarre riverberate, sulle quali poggia la sempre malvagia voce di Alex. Da li in poi è come un incubo ad occhi aperti, tra partiture tribali e oscuri riffoni di derivazione tooliana, dispiegandosi in un post-metal di scuola Cult of Luna che va a fondersi con un suono che sembra provenire dal buio cosmico del nostro Sistema Solare, con la ritmica a farsi ancor più tetra. Stavolta la proposta della compagine italica non mi ricorda più esclusivamente gli Altar of Plagues, da sempre indicati come fonte di ispirazione dei nostri, citerei infatti un'altra band di riferimento, gli svizzeri Darkspace, anche se è più una percezione lontana che altro. I SednA sembra che si siano ritagliati il proprio angolo di inferno, dal quale insidiarci l'anima con accelerazioni improvvise, come quelle che esplodono più o meno ad un terzo del brano e che accanto a blast beat furenti, mantengono comunque quel piglio melodico, elemento fondamentale dell'act romagnolo, che non guasta assolutamente l'andamento del disco. La traccia, come inevitabile che sia vista la considerevole durata, si srotola attraverso molteplici umori, alternando parti atmosferiche (di derivazione post-rock) con le classiche ritmiche cataclismiche di scuola AoP o Wolves in the Throne Room. Poi è uno sprofondare negli abissi dronici dell'oblio, in compagnia della sola ipnotica chitarra e dei piatti del drummer; il suono del vuoto cosmico ed il flebile accompagnamento di una magistrale batteria (qui decisamente il mio strumento preferito) ci avvinghiano la gola, in un interiore moto circadiano che lascia spazio solamente all'immaginazione di ciò che vi pare, l'importante è che sia qualcosa di funesto, triste o decadente. Ma dalle viscere della terra c'è ancora modo e tempo di risalire, di inseguire una luce che per quanto accecante, ci riporti in superficie. Ed è lo screaming mefitico di Alex (che ad un certo punto assumerà sembianze quasi umane) a guidarci nella risalita, mentre le chitarre rieccheggiano nell'aire, rimbombano nello spazio infinito per poi implodere in una sorta di big crunch dell'Universo. Il finale è un crescendo impetuoso di umori che vedono l'ingrossarsi della ritmica, inasprimento dei vocalizzi e della velocità d'esecuzione, il tutto esaltato alla grande dall'apporto alla consolle di Enrico Baraldi degli Ornaments e di Lorenzo Stecconi (Lento e Ufomammut), che rappresentano la classica ciliegina sulla torta di un lavoro che vede in veste di guest star la partecipazione dello stesso Lorenzo a chitarra e synth e di Benjamin Guerry dei The Great Old Ones alla voce, ad impreziosire ulteriormente un album che farà la gioia degli amanti del post-black contaminato. Ah, dimenticavo, con 'The Man Behind The Sun', a livello lirico, i SednA chiudono la storia epico-fantascientifica iniziata con l'omonimo lavoro, e portata avanti attravero 'Eterno'. Chissà cosa ci riserverà il prossimo capitolo. Per ora affidiamoci al viaggio ad astra di 'The Man Behind The Sun'. (Francesco Scarci)

domenica 20 novembre 2016

Sedna - Eterno

#PER CHI AMA: Post Black, Altars of Plagues, Cult of Luna
Sedna, atto secondo. Torna il trio di Cesena con un nuovo lavoro edito dalla Drown Within Records. Dimenticate le ritmiche serrate del full-length d'esordio e lasciatevi abbracciare dal sound plumbeo e downtempo di 'Eterno'. "Pillars of Creation I", la opening track, saggia immediatamente lo stato di forma dell'act cesenate, che si presenta con una lunga traccia assimilabile ad una coltre di nebbia che non lascia intravedere nulla, inserita nel contesto della Londra vittoriana, ove un maniaco, Jack lo Squartatore, si aggira per le strade, generando uno stato di psicosi e angoscia costante, emozioni che possono accostarsi alle sonorità raffinate quanto inquietanti, addirittura sognanti, profuse nella prima parte della song. Cinque minuti di arpeggi che stupiscono per essenzialità quanto per efficacia, suoni che sicuramente preparano il terreno ad un attacco black che tuttavia tarda ad arrivare, e che si palesa quasi esclusivamente nelle laceranti vocals di Crisa. La musica ha contorni siderali, con il trio romagnolo che qui sembra evocare i Cult of Luna di 'Somewhere Along the Highway', piuttosto che il post black degli esordi, che arriva ad mostrarsi soltanto nell'ultimo minuto sotto forma di furia malefica dirompente. La stessa onda sonica di malvagità si propaga nella successiva "Pillars of Creation II", song che sin dal principio, è caratterizzata da un approccio più spigoloso, fatto di arrembanti e riverberati attacchi frontali di chitarra, collocati su di uno spesso strato di sonorità dilanianti, quanto la voce disperata del frontman. Il risultato è notevole e di grande impatto, il che conferma una sempre maggiore maturità dell'ensemble italico, comunque già valutata positivamente in sede live. Con "Mountains of Creations" ci si appresta ad affrontare un lungo viaggio interstellare, non solo per la sua lunga durata (oltre i 21 minuti) ma anche per come nasce, cresce e muore. Un inizio lento e melmoso sulle cui note, intrise da un forte mood malinconico, si stagliano le vocals arcigne di un Crisa in stato di grazia. La musica nella sua evoluzione, trova modo di ruggire e incalzare con ritmiche nevrotiche (spaventoso il lavoro di Mattia alla batteria) che rievocano i grandi Altars of Plagues, ma anche di contorcersi su se stessa con sublimi e catartici arpeggi minimal-intimistici, dall'impatto quasi funeral. L'anima esasperatamente misantropa del trio emerge nella seconda metà di un brano, che ergerei come il mio preferito in assoluto nella discografia dei Sedna, un pezzo che trova modo di sconfinare nel depressive black, ma anche nel post metal, nel funeral o nel post rock, spegnendosi in splendide melodie astrali. I nostri qui dimostrano peraltro che per fare buona musica, potrebbe essere sufficiente dar voce alla propria anima. Questo per dire che i Sedna non sono dei mostri di tecnica, ma che con la loro semplicità disarmante, mettono a nudo la loro essenza, attraverso emozionali strali di musica estrema. Più strano a dirsi che a farsi a quanto pare, perché alla fine 'Eterno' si configura come un signor album, che nella conclusiva title track, trova anche il modo di proiettarci in territori drone strumentali. Personalmente dieci minuti ad un finale di questo tipo non li avrei dedicati, i Sedna però hanno avuto le palle di far di testa loro anche in questo, chapeau! (Francesco Scarci)

(Drown Within Records - 2016)
Voto: 85

giovedì 30 aprile 2015

Dementia Senex & Sedna - Deprived

#PER CHI AMA: Post Black/Sludge Death Doom
Oggi vi propongo questo split EP registrato da due gruppi, i Dementia Senex e i Sedna, che già abbiamo avuto modo di conoscere qui nel Pozzo dei Dannati. Quando mi hanno proposto questa recensione avevo i miei dubbi, pensando a un lavoro di due soli brani. Poi ho iniziato il mio ascolto da "Blue Dusk" dei Dementia Senex: sono rimasto piacevolmente colpito da come la band, abbia saputo coagulare, mescolare e rendere in un'unica forma, un'esperienza musicale sopra le righe. Nella traccia si mescolano infatti atmosfere tranquille, quasi desolanti, e si percepisce come l'approccio dei nostri sia cosi intimistico e introspettivo, ecco direi una calma quasi rassegnata, senza comunque abbandonare le atmosfere create dal death doom atmosferico del combo romagnolo. Il brano si rivela una profonda esperienza musicale, dettata dalla capacità dei nostri di amalgamare perfettamente atmosfere cosi disperate (frutto di un vocalist dallo screaming aspro) e disparate, in un unico flusso sonico da brividi. Per quanto riguarda i Sedna, il brano del trio cesenate, s'intitola "Red Shift" e il loro approccio è totalmente diverso rispetto ai compagni di split: i tre giovani creano atmosfere post metal, senza disdegnare frequenti ammiccamenti al black metal sia a livello vocale, ma soprattutto per quelle distruttive accelerazioni che evocano gli Altars of Plagues o una versione più onirica dei Deafheaven. Frenetici e violenti, i Sedna si abbandonano in atmosfere più ferali rispetto ai loro compagni di avventura, offrendo oscure atmosfere apocalittiche. Nel complesso questo split EP è un buon lavoro, che inganna il tempo in attesa di ascoltare i nuovi full length delle due band. Sicuramente una bella scoperta per il sottoscritto... Consigliatissimi! (PanDaemonAeon)

(Drown Within Records - 2015)
Voto: 75

domenica 12 ottobre 2014

Sedna - S/t

#PER CHI AMA: Post Black Sperimentale, Altars of Plagues
Eccoci finalmente alla resa dei conti. I Sedna li seguo da vicino da qualche anno: era infatti la notte di Halloween del 2011 quando li conobbi e ascoltai per la prima volta, in un piccolo locale nel bresciano. Da li a poco recensii il loro EP, li intervistai in radio e da quasi tre anni attendo con ansia il tanto agognato debutto su lunga distanza. Eccomi accontentato. I tre ragazzi di Cesena rilasciano, dopo qualche assestamento di line-up, un 4-tracks costituito da più di 50 minuti di musica cupa e malefica che incarna l'anima dannatamente maledetta del trio romagnolo. Sarà verosimilmente una certa affinità musicale con i defunti Altars of Plagues, o la vena marcatamente diabolica che ristagna nel sound dei nostri, ma il self/titled dei Sedna è un qualcosa che s'imprime nella testa e marchia a fuoco come l'indelebile segno del diavolo. Ma mettiamo un po' d'ordine a tutte queste frasi che introducono 'Sedna'. Dicevamo delle quattro song che costituiscono il cd, che tra l'altro vanta un artwork in bianco e nero squisitamente angosciante. “Sons of the Ocean” apre il disco con i suoi quasi 20 minuti di sonorità tetre e caliginose: sembra infatti il suono di una nave, nelle nebbie di un porto di mare, quelle che si percepiscono nell'incipit della song, prima che le strazianti chitarre di Crisa prendano il sopravvento e ci conducano nella bolgia infernale. Le ritmiche, soffocanti e serrate, corrono veloci, ammantate da un'aura di tormentata malinconia, che sembra trovare pace, almeno per una manciata di secondi, in un break dai vaghi contorni post rock, spezzato dallo screaming efferato del polivalente Crisa. Il ritmo però va lentamente smorzandosi, sprofondando nei meandri assurdi di un cerchio dantesco, probabilmente l'ottavo, dove dimorano maghi e indovini e dove sonorità al limite del drone, fumoso e psichedelico, potrebbero farne da ideale colonna sonora. L'atmosfera è a dir poco spettrale e nel suo irriducibile climax di risalita, la tensione creata è sicuramente di forte inquietudine. L'epilogo acustico ci introduce a “Sons of Isolation”, traccia il cui inizio mi fa pensare a campane che suonano a morte. Potete ben capire lo stato di angoscia persistente che si è instaurata nel mio io, ormai turbato. E dire che non siamo, per lo meno ancora, al cospetto di sonorità depressive-sucidal, ma i giochi di chitarra e basso (a cura della brava Elyza Baphomet), mettono a nudo l'essenza della mia anima, scaraventandomi in un turbinio di ansie e paure, eccitate come elettroni impazziti, dal sound mefitico dei tre, che arriva da li a poco, a toccare il funeral doom, almeno per pochi istanti. Non temete perchè la furia omicida, dettata dal vibrante drumming di Mattia, instaura la sua feroce dittatura, lanciando i nostri in una cavalcata che ondeggia tra il post hardcore teutonico, lo sludge e il black metal cascadiano. Davvero, niente male. Se poi considerate che un incedere marziale (dal flavour leggermente shoegaze) subentra a mischiare le carte in tavola, potrete ben capire la portata di questa esplosiva miscela raggelante. A grandi passi, come quelli inferti dal drummer sul finale del brano, arriviamo alla psicotica traccia “Life_Ritual” in cui compare, in veste di guest, la litanica voce di Stefania Pedretti, meglio conosciuta per le sue performance negli Ovo e nei BTOMIC. L'effetto sul tappetto ambient drone del brano, è come quello di una strega atta a lanciare il suo peggior maleficio. In “Sons of the Ancients”, in aiuto dei nostri arriva Michele Basso (alias Mike B) dei Viscera///. L'incedere è ancora una volta funesto, ossessivo, macabro pur rivelandoci il lato più intimista dei nostri, che ben presto sfocerà in suoni altalenanti e idiosincrasici, sviscerando l'odio dei Sedna attraverso le vetrioliche vocals di Mike e conducendoci nella nona bolgia, quella dei seminatori di discordia. In definitiva, 'Sedna' è ciò che stavo aspettando da tempo dal trio di amici della Romagna, una miscela di corrosivo ed elegante post black sperimentale. Detto questo, vi lascio ai vostri incubi e io torno nel mio loculo per incontrarli, qui all'interno del Pozzo dei Dannati. (Francesco Scarci)

(Drown Within Records/Unquiet Records - 2014)
Voto: 80

https://www.facebook.com/Sedna.O?sk=wall

domenica 20 novembre 2011

Sedna - O

#PER CHI AMA: Post Black, Deafheaven, Altar of Plagues
Il nome della band romagnola si rifà alla tradizione mitologica presso gli Inuit, popolazione eschimese e alla loro dea del mare, in onore della quale venne dato il nome anche al presunto decimo pianeta (o forse asteroide) del nostro sistema solare anche se in molti credono che Sedna possa essere Nibiru, il "dodicesimo" astro menzionato nelle tavolette cuneiformi dei Sumeri. A prescindere dall’origine del nome, il quartetto romagnolo si rivela una talentuosa band di quello che ormai ho deciso ribattezzare come “post black”. E l’intro angosciante di “Oblio” preannuncia già quanto di malvagio è contenuto nelle note di questo inquietante “O”. Non mi sbagliavo di certo perché “Spiral” in un batter d’occhio spazza via ogni cosa con la sua furia distruttiva, un muro inerpicabile sorretto da una disumana sezione ritmica su cui si eleva lo screaming feroce di Alex, prima che il tutto sia messo in “slow motion” con un sound di derivazione sludge, che riprende ben presto la sua irruenza, con la tempesta annichilente di inizio brano, prima di sciogliersi in un finale drone. Sono annientato e al tempo stesso esaltato dalla performance dei nostri che con il loro umore, a cavallo tra il black di Wolves of the Throne Room, Altar of Plagues e gli ultimi geniali Deafheaven, miscelato con il post metal/sludge soffocante di Neurosis o dei nostrani Ufomammut, sfoderano una prova davvero entusiasmante. L’assalto brutale che contraddistingue anche “Taedium”, viene stemperato dall’utilizzo della chitarra arpeggiata in ambientazioni decadenti, con la voce che passa dal suo profondo e cattivo growling, a momenti in cui fa capolino addirittura un cantato pulito non ancora ben delineato e che appare come il vero punto debole della performance. Per un fanatico come me della pulizia dei suoni, c’è poi da sottolineare che la produzione fatta in casa, non sia proprio delle migliori, ma c’è anche chi apprezza notevolmente questo genere di registrazioni che preservano intatto il feeling malvagio che si cela dietro alla musica del quartetto di Cesena. A chiudere il mini cd, ci pensa “Rain of the Sun”, la song probabilmente che mostra una maggiore varietà di fondo e che palesa nel proprio sound, ulteriori apocalittiche visioni ed influenze, con la voce del buon Alex che, alternandosi tra gorgheggi growl, corrosive urla aliene e cleaning vocals, denota tutto il suo spessore, mostrato anche in sede live. Peccato che il cd si chiuda qui, ne avrei voluto ancora e ancora, per permettere alla mia anima tormentata di abbandonarsi all’oblio e alla disperazione contenute in questo controverso lavoro dal titolo “O”. Maledetti! (Francesco Scarci)

(Self)
Voto: 75