#PER CHI AMA: Black/Death, Fleshgod Apocalypse, Behemoth |
I bergamaschi Veratrum sono ormai amici di vecchia data: li abbiamo ospitati su queste pagine (ma anche in sede di intervista radiofonica) in occasione del demo cd 'Sangue' e successivamente per il debut album 'Sentieri Dimenticati'. Dopo una chiacchierata face to face prenatalizia e l'ascolto di alcune tracce del nuovo disco, eccomi qui a parlare più dettagliatamente di 'Mondi Sospesi', il secondo lavoro sulla lunga distanza, per il terzetto guidato da Haiwas. Ancora una volta vorrei partire elogiando l'artwork estremamente curato e suggestivo, un artwork che cela misteri, simboli e profezie qui espressi palesemente dalla torre di Babele che cappeggia nella parte destra della cover. Passando alla musica, qualche novità rispetto al passato è riscontrabile nei contenuti di 'Mondi Sospesi', ma andiamo con ordine e partiamo da quelle che sono le certezze dei nostri. Si parte con l'assalto sonoro di "Un Canto", che ricorda, qualora ce ne fosse bisogno, di che pasta sono fatti i nostri: ritmiche assassine di stampo black death, alla stregua di Behemoth e Belphegor, che confermano la solidità dell'ensemble lombardo. I nostri poi, continuano sulla strada del cantato in italiano e questo è assai apprezzabile; infine, la tecnica del trio, supportato nel disco da una serie di guest star, a confermarsi sempre eccellente. Detto questo, andiamo ad analizzare quelle che sono le novità che risiedono in questo lavoro. "Il Culto della Pietra" mostra una buona dose di melodia frammista a sfuriate ipertrofiche e alla presenza in sede vocale, di una gentil donzella, Aeon (vocalist degli Holy Shire), che presta la sua delicata voce su un tappeto ritmico che ondeggia tra una batteria simil contraerea e atmosfere ben più ariose alla Fleshgod Apocalypse. Ecco proprio i Fleshgod Apocalypse potrebbero essere la band a cui potremmo accostare il nuovo sound dei Veratrum, con il gruppo perugino in realtà più orientato verso lidi sinfonico-orchestrali. Nel sound dei Veratrum non troverete nulla di tutto questo, però la band ha imparato a pestare con stile offrendo parti più atmosferiche, sorrette da buoni arrangiamenti e aperture ricche di groove. Ma quando c'è da picchiare come fabbri (e penso a "Etemenanki"), i nostri non si tirano certo indietro e anzi spaccano culi che è un vero piacere. Ma la crescita dei Veratrum sta anche nell'alternare song prettamente feroci ad altre in cui la melodia ha la meglio su tutto il resto ("Il Tempo del Cerchio"), pur mantenendo una dose di violenza sopra la media, con le lyrics, sebbene in growl profondo, che diventano più chiare e addirittura canticchiabili (perdonami Haiwas), e dove splendidi assoli disegnano iperboli incantevoli nell'etere. Le ritmiche schizofreniche iper tecniche, in stile Nile sono ancora presenti nella matrice sonora dei nostri, non temete e "Quando in Alto" lo conferma chiaramente con velocità sostenute, cambi di tempo e ritmiche vertiginose che poco hanno da regalare in termini melodici, fatto salvo per un altro lavoro di cesello alle chitarre nella seconda metà del brano. L'alternanza violenza/melodia porta a confezionare poi "Davanti alla Verità", un pezzo più controllato che potrebbe evocare un ipotetico ibrido tra Dissection e Ecnephias, e in cui compaiono anche dei cori a cura di Alessandro Carella e Francesco Carbone degli Haddah, compagni di etichetta dei Veratrum e dove alla chitarra c'è in prestito Riccardo Lanza dei Death the Bride. Giungo velocemente all'ultima rasoiata black/death, "H Nea Babylon", che senza accorgermene, mi dice che sono passati 40 minuti di piacevole musica infernale. (Francesco Scarci)
(Beyond Productions - 2015)
Voto: 75