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sabato 5 marzo 2016

Dalkhu – Descend… Into Nothingness

#PER CHI AMA: Black/Death, Watain, Absu, Sarpanitum, Behemoth
Ragazzi, che botta! Oggi come oggi si va in cerca oltreoceano dei vari Nile, Morbid Angel o Suffocation, quando dietro l'angolo (nella vicina Slovenia) c'è un duo che è in grado di triturare le ossa anche a quei sprovveduti americani. Sto parlando di J.G. e P.Ž., i due musicisti di Slovenj Gradec che si celano dietro il moniker Dalkhu. I brani contenuti nel loro secondo album, 'Descend… Into Nothingness', sono come sassate sparate contro i vetri, capaci di polverizzare ogni cosa che gli si frapponga avanti. Inutile perdersi in inutili giri di parole, i Dalkhu sono dei killer seriali che iniziano a mietere vittime sin dall'iniziale "Pitch Black Cave", un brano che scorre sui binari di un perverso death metal (a livello ritimico e vocale) che poi, in taluni bridge, estrae dal cilindro un rifferama che pesca direttamente dal black svedese dei Watain. Capito che cosa hanno creato questi due personaggi? Un brutal death ipertecnico, fatto di psicotici cambi di tempo, che strizza palesemente l'occhiolino allo swedish black. Ecco, se siete dei puristi di entrambi i generi, sicuramente il rischio di storcere il naso c'è, ma se siete amanti dell'estremo in tutte le sue sfaccettature, beh qui avrete da che divertirvi, e per un pezzo. Parte "The Fireborn" e mi trovo davanti una band dedita a un death massiccio ma abbastanza classico; tempo 40 secondi e già le cose sono cambiate e maturate, tra brevi assoli, robusti sprazzi atmosferici, tonnellate di riff ubriacanti, growling vocals, e un lavoro mostruoso dietro alle pelli che da solo vale il prezzo del cd. È il turno di "In the Woods" e sono dei melodicissimi riff Swedish death a darmi il benvenuto, inducendomi addirittura a rilassarmi. Mai abbassare la guardia con i Dalkhu però, perchè le ripartenze ultracompresse di death metal sono quanto mai improvvise e rabbiose e quindi non stupitevi se il riffing divenga ben presto una carneficina partorita da una mitragliatrice impazzita. Il ritmo però continua a muoversi su chiaroscuri di melodia svedese controllata frammista a schegge di brutalità. Con "Distant Cry" la matrice death sembra quasi fondersi con il black in un pezzo ovviamente tirato, ma dove non è più possibile discernere tra i due generi e dove il maelstrom creato da questi due funamboli sembra rievocare anche i primi Absu. “Accepting The Buried Signs” prosegue con questo vortice ritmico e repentini cambi di tempo che hanno il puro effetto di disorientare l'ignaro ascoltatore. Mostruosi sotto un profilo tecnico, abbastanza navigati da un punto di vista di songwriting, i Dalkhu si confermano ottimi musicisti anche nella sinistra e orrorifica "Soulkeepers", una song in cui si alternano riff melodici con bordate ritmiche funeste e qualche improvviso rallentamento che contribuiscono a incrementare la dinamicità di un brano davvero complesso, quanto interessante, soprattutto per un break acustico inserito nel nulla. Non è finita perchè rimane ancora “E.N.N.F.”, l'ultimo orripilante mostro dei Dalkhu, nelle cui linee di chitarra percepisco anche il delirante feeling dei Deathspell Omega, anche se francamente stare dietro a questi due personaggi per dieci minuti di brano non è assolutamente compito facile, dato il turbinio ritmico a cui si è sottoposti dall'inizio alla fine di questo incredibile 'Descend… Into Nothingness', che ha ancora modo di riservare uno spiazzante e splendido assolo conclusivo che vi allieterà nell'ultimo minuto di questa bomba ad orologeria. Mostruosi! (Francesco Scarci)

(Darzamadicus Records - 2015)
Voto: 90

https://dalkhuofficial.bandcamp.com/