#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali |
Gli Expedición a las Estrellas sono una band messicana dedita ad un post rock/hardcore che mi è ormai entrata nel cuore; Declan Bertella è il chitarrista di questa band, che lo scorso anno, in attesa di dar la luce al nuovo lavoro dei EALE, ha pensato bene di uscire con un qualcosa di strano e assai interessante/intrigante. Già dall’intro infatti è possibile intuire che non ci troviamo di fronte a nulla di cosi scontato, un qualcosa di non cosi facile presa e catalogazione. Un carillon apre la seconda energica traccia, “Transmutacion” (dove compaiono tra l'altro un paio di ospiti di EALE e Dervans), che ha un qualcosa del thrash anni ’90 dei nostrani Alligator e IN.SI.DIA. che ben si miscela con sonorità più attuali e post- qualcosa, che non so e non oso definire. Ormai troppo sottili i confini che dividono le sonorità post da qualunque altro genere, e per questo preferisco non sbilanciarmi; e faccio bene, visto che nel mezzo della song, il bravo Declan cede ad un intermezzo ambient, in cui le chitarre quando ripartono, hanno un feeling al limite del depressive. Poi è un po’ l’imprevedibilità a prendere il sopravvento con il thrash che si fonde a ritmi sudamericani. Un drumming deliberatamente cibernetico domina la troppo sintetica e “ataristica” “Feed Them to the Lions”. La marcescenza di “Jose Saenz” irrompe e dopo cinque tracce non mi è ben chiaro se la musica che sto ascoltando sia dello stesso artista o sia il risultato di un collage di più band, comunque la song è oscura e minacciosa, con un finale in cui compaiono anche degli archi e una verve che si rifà ai The Ocean. A Declan piace disorientare l’ascoltatore non c’è dubbio, e lo si evince dai suoni di chitarra che adotta in un brano, piuttosto che in un altro. Con “Chapter II” parte la seconda parte delle tre che costituiscono questo stravagante Lp, di cui auspico una messa su cd, prima o poi. Trovandomi al cospetto di ritmiche techno music, non so più che pensare, vado avanti convinto di trovare sperimentazione a go go, pane per i miei denti. E non mi sbaglio di certo, dato che con la successiva “Framed Pictures of Strangers and Sore Spines” mi sembra di avere a che fare con dei Primus ancora più folli e in una versione post. La musica è in continua evoluzione, Declan ne esplora un po’ tutti gli ambiti, non ponendosi alcun limite e voi dovrete fare altrettanto se vi metterete all’ascolto di questo delirante lavoro, che tra cupi suoni minacciosi, inserti di dialoghi cinematografici, riverberi post rock, frangenti ambient, incursioni disco dance, messaggi subliminali e momenti quasi romantici su ritmiche thrash, ne sentirete davvero delle belle. Bravo Declan! (Francesco Scarci)
(Self)
Voto: 75