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Visualizzazione post con etichetta Relapse Records. Mostra tutti i post
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martedì 12 luglio 2016

Nile - Annihilation of the Wicked

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Techno Death
La Relapse Records da sempre fa grandi cose, ma nel 2005 si fece portavoce del ritorno sulla scena degli High on Fire e dei Cephalic Carnage tra gli altri, senza scordare gli statunitensi Nile. Un ritorno sulle scene ancor più terremotante, rispetto al precedente 'In Their Darkened Shrines', grazie ad una produzione eccellente ad opera di Neil Kernon (Queensryche, Nevermore). L'album vide in primis l’ingresso in formazione del bassista Jon Payne, appena diciannovenne e qualche altra novità: il fantomatico “Egyptian Death Metal”, tipico della band, fu infatti relegato in secondo piano, lasciando il posto ad un death metal sontuoso. Siamo di fronte a dei veri mostri di tecnica, capaci di torturare i loro strumenti e farne scaturire un sound permeato di una malvagità senza eguali, un robusto tritabudelle, feroce e brutale. Gli echi orientaleggianti, come dicevo, sono quasi inesistenti, si possono individuare in qualche assolo, sempre fantasioso e selvaggio, e nell’arpeggio iniziale di “User-Maat-Re”. L’abilità della band, oltre ad offrire un ottimo songwriting, fu nel combinare alla perfezione, il putiferio sonoro, suonato sempre con classe estrema, a momenti atmosferici, che riportano con la mente sulle tranquille acque del Nilo, dove cinquemila anni fa sorgeva l’antica civiltà egizia. Ottimo come sempre, il growling efferato di Karl Sanders, capace di rievocare antichi riti pagani; spaventoso poi il supporto ritmico, grazie ad una batteria potente e precisa, che fa largo uso di blast-beat; le chitarre si esibiscono in riff violentissimi e serrati, ma sono abili nel passare da momenti “schiacciasassi” a passaggi distorti più doom-oriented. Spero di avervi convinto che l’album in questione, è quanto di meglio prodotto dall'ensemble statunitense, un lavoro che prese e prende tutt'ora a calci nei fondelli ogni altra band in ambito estremo. Nile...”L’annientamento del male”. (Francesco Scarci)

(Relapse Records - 2005)
Voto: 85

https://www.facebook.com/nilecatacombs

lunedì 31 agosto 2015

Cephalic Carnage - Anomalies

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Grind/Techno Death
Dodici brani suddivisi in 99 sottotracce per un totale di 45 minuti di musica malsana. 'Anomalies' è il quarto album, datato 2005 degli statunitensi Cephalic Carnage. La band proveniente da Denver (Colorado) sfodera l'ennesima prova eccellente, confermando (e non c’era il bisogno) di essere una delle band più creative e camaleontiche nel loro genere, un grind folle, unico, originale e senza compromessi. 'Anomalies' rappresenta un viaggio, un viaggio nella mente dei pazzi criminali che hanno concepito questo sound, un sound capace di annientare ogni nostra sicurezza e di stravolgere il vostro (e il mio) concetto di musica. Ci troviamo di fronte ad un mix di ipersonico e ipertecnico grindcore, granitico death’n roll miscelato ad un pachidermico doom e ad altre influenze non propriamente metal (jazz e punk su tutte). Il lavoro è un piccolo gioiello: pezzi come “Piecemaker” e “Dying will be the Death of me” piaceranno sicuramente anche a chi con questa musica non ha molta confidenza. Una sezione ritmica devastante e altamente complicata si abbina a ottime vocals (che possono rievocare i vari Lars Goran Petrov, Barney Greenway, Ozzy Osbourne, si avete letto bene!!), a una perizia tecnica mostruosa, con richiami dai folli Pan.thy.monium (creatura di Dan Swano), ai The Dillinger Escape Plan o alla lucida follia di Mike Patton; un’ottima produzione contribuisce a rendere quest’album un grande disco. Non so se sia per l’influenza dell’uranio contenuto nel granito delle Montagne Rocciose o cos’altro, fatto sta che ci troviamo di fronte a dei ragazzi che sanno il fatto loro, che hanno partorito un lavoro di grande valore, che farà sicuramente nuovi proseliti. Forse i puristi del grind storceranno un po’ il naso a questa mia recensione, vi invito, ad ogni modo a dare un’occasione a questo gioiellino, pregandovi di andare oltre ad un superficiale ascolto e addentrarvi nella psiche malata di chi ha prodotto questo strumento di morte. La “Carneficina” sta per iniziare... (Francesco Scarci)

(Relapse Records - 2005)
Voto: 90

sabato 25 gennaio 2014

Exhumed - Necrocracy

#FOR FANS OF: Goregrind, Autopsy, Avulsed
Having returned to glory in a big way with the stand-out 'All Guts, No Glory' a few years ago, gore-mongers Exhumed have offered up another exceptional splatter platter here with a fine mixture of their past and present. Still wringing their hands in the gore/grind trade with their propensity for intense, tightly-wound rhythms, technically-precise guitars and knack for bloody and disgusting lyrics, it feels right at home here amongst their early works but adds in an extra dimension here with a slight melodic flair in the riffing arrangement from time-to-time that breaks up the monotony slightly and brings in a newfound toy to play with despite still wanting to utilize what’s been in their toychest all these years. Bristling with stand-out drumming patterns from Deeds of Flesh skinsman Mike Hamilton who throws in a propulsive amount of double-bass lines and top-notch fills, they drive the speed that works in guitarist/vocalist/founder Matt Harvey’s wet, sloppy growl that still sounds as messy and disgusting as their heyday over a decade ago, and when it’s all wrapped together with a well-composed tendency to switch from simple thrashing to technical virtuosic displays and even the aforementioned melodic flair, there’s a lot to like here. Starting off with the spectacular "Coins Upon the Eyes," and carrying on through the title track, "Sickened," "(So Passes) The Glory of Death" and "The Rotting," it’s pretty obvious what’s going to happen throughout as we get razor-edge riffing, tight arrangements and blinding thrash-like speed merged together in one wholesale package, if anything on this release could be considered wholesome. Thankfully, there’s some fine originality to take place here as "The Shape of Deaths to Come" introduces those melodic interludes to keep the material broken up slightly, "Dysmorphic" offers a lengthy acoustic break in the middle of the track and the blistering "Carrion Call" offers something resembling a call-and-response chorus, a little-featured facet of their sound which is briefly featured for what must be the live experience. That said, the big flaw here is pretty much the fact that the band is pretty consistent in their approach and don’t really offer up much in the way of variation or really differentiating their music from each other as this gets pretty hard to really tell apart in the later half as it blends together really quickly here, but all in all this is some prime era material on this and definitely ranks high in their discography if this minor issue doesn’t matter too much. (Don Anelli)

(Relapse Records - 2013)
Score: 80

http://www.facebook.com/ExhumedOfficial

giovedì 5 dicembre 2013

Toxic Holocaust - Chemistry of Consciousness

#FOR FANS OF: Death/Thrash
Over the last decade we have seen a resurgence of old school thrash. With numerous bands trying to capture the sound of 80's metal. The likes of Municipal Waste, Havok, and Skeletonwitch have cemented themselves firmly in the retro thrash movement. However, of the many bands within the trash revival scene, none have gained more recognition than Portland, Oregon's Toxic Holocaust. 'Chemistry of Consciousness' the fifth full length from these thrashers is no more inspired, creative or enjoyable than the previous four. It is, however, just as boring as all its predecessors. I am amazed at the popularity and enthusiasm that Toxic Holocaust has managed to gain. There is nothing here that remotely interests me. As I listen through the twenty-nine minutes of speed induced thrash with a blacked vocal style, by minute ten I am just waiting for it to be over. I must push on though, to see if there is even one stand out track on this album that I can talk about. Alas, it's not there and I am left feeling unimpressed and unfulfilled. To mention one track on the album, the best song on 'Chemistry of Consciousness' is the opening track "Awaken the Serpent", because at 1:39 it's the shortest. I have not found much interest at all in this retro thrash movement, and aside from sci-fi progressive thrashers Vektor, I can't name one band worth my time. Even with that being said the most popular of these acts is also my least favorite. After five full length albums (five to many, I might add) I believe it's time for Toxic Holocaust to throw in the towel. The only positive that I can present to you here, is that I respect the energy and enthusiasm that Joel Grind has put into this project and the production is pretty good too. But all the energy and production in the world can't make up for poorly crafted songs. Unless you are a true revivalist, I recommend keeping your wallet in your pocket and moving on. (Brian Grebenz)

(Relapse Records - 2013)
Score: 40

http://toxicholocaust.bandcamp.com/

mercoledì 17 luglio 2013

Alchemist - Embryonics

#PER CHI AMA: Death Progressive, Avantgarde,
Purtroppo questo doppio cd ha costituito il canto del cigno di una delle formazioni che più ho amato nel corso della mia militanza metallara, gli Alchemist, band australiana, che nonostante sei ottimi album è rimasta sempre reclusa nell’underground della musica estrema, come oggetto di culto per pochi appassionati. “Embryonics” raccoglie il duro lavoro di otto lunghi anni a partire dagli esordi, attraverso i primi cinque album della band, andando a rispecchiare fedelmente la filosofia musicale dei quattro ragazzacci di Camberra. Se non conoscete il sound proposto dagli aussie boys, riuscireste mai ad immaginare i Pink Floyd di Syd Barrett che suonano un brutal death thrash? Eh si capisco, è davvero dura concepire un suono del genere, però gli Alchemist fanno tutto ciò e forse ancor di più, proponendo della musica spettacolare: una miscela stracolma di melodie che spaziano da suoni space rock, a momenti progressive, passando attraverso momenti etnici (con l’utilizzo anche del didjeridoo, strumento tipico aborigeno), accelerazioni death metal, frammenti di rock anni settanta, fughe psichedeliche alla The Doors, per continuare ancora lungo la strada delle sperimentazioni elettroniche e della pura musica heavy metal, il tutto condito con belluine vocals. Potrei continuare ancora a lungo tante sono le influenze che confluiscono e si amalgamano alla perfezione all’interno della musica di questi pazzi scatenati. Inutile citare una canzone piuttosto di un’altra; trattandosi di una raccolta il consiglio che posso darvi è di dargli assolutamente un ascolto e poi fare come me: andare ad acquistare tutti i loro album, partendo dal bellissimo, originalissimo e schizoide esordio “Jar of Kingdom”, attraverso il più brutale ma al tempo stesso più creativo “Lunasphere” e l’intimistico “Spiritech”, fino ad arrivare agli ultimi due assoluti capolavori “Organasm” e “Austral Alien”. Ragazzi, vi garantisco che nelle 28 tracce qui contenute, per una durata di più di due ore e mezzo di musica, ne sentirete davvero delle belle, perchè il sound degli Alchemist è davvero unico e bizzarro. Adam, Roy, John e Rodney avrebbero meritato un riconoscimento da un pubblico più vasto, che fosse in grado di apprezzarne le raffinate sperimentazioni musicali e la loro follia, in modo tale da liberarli da quel limbo musicale in cui sono rimasti imprigionati ingiustamente. C’è ben poco altro da aggiungere, gli Alchemist sono semplicemente geniali, peccato solo ci abbiano lasciati!!!! (Francesco Scarci)

domenica 8 aprile 2012

Alchemist - Tripsis

#PER CHI AMA: Death Progressive, Avantgarde, Musica da Marte
Io sono nato e cresciuto con gli australiani Alchemist e ogni loro uscita rappresenta per me un evento da celebrare. Anche il loro sesto lavoro, intitolato semplicemente “Tripsis”, è riuscito a conquistarmi, con il suo inconfondibile marchio di fabbrica “made in Australia”. Nove pazze tracce che non fanno altro che confermare la brillantezza compositiva degli aussie boys. Come sempre, per spiegare una release del quintetto di Camberra, bisognerebbe farsi una vacanza su Marte e poi, dopo aver aperto la propria mente, inserire il cd nello stereo e via con la musica. Si attacca con il prepotente basso distorto di “Wrapped in Guilt” e le sue melodie malate mid tempos, che ricordano le song di “Spiritech”; il vocione di Adam Agius è sempre lo stesso, un mix di growl-screaming da orco; la ritmica si è fatta più violenta che in passato, ma gli effetti e i samples space rock, non mancano mai. Con la successiva “Tongues and Knives” si inizia a scuotere la testa che è un piacere: melodie schizoidi su un tappeto ritmico ferocie, una sorta di spirale impazzita accompagnata da una danza tribale. La terza, “Nothing in no Time”, è più riflessiva delle altre: in essa confluiscono le influenze psichedeliche del combo australiano, con la furia elettrica delle chitarre capaci di passare dal death più selvaggio alla costruzione di fraseggi groove assai rockeggianti, che ricordano il geniale debut “Jar of Kingdom”. Altri pezzi memorabili sono “Grasp at Air” dove un simpatico coro si stampa nella testa e non si leva più e l’oscura/mistica “God Shaped Hole”. Ancora una volta, un album di questi pazzi scatenati, si rivela un contenitore ben amalgamato di stili: è il perfetto connubio tra brutal death e rock, passando attraverso contaminazioni gothic, industrial, senza tralasciare i suoni lisergici di stampo seventies, elettronica e tanto tanto altro. Atmosferici, sperimentali e dannatamente violenti, questi sono gli Alchemist; se siete degli amanti di suoni progressive/avantgarde e se siete alla ricerca di linfa vitale, beh “Tripsis” farà al caso vostro. Per chi invece non li conoscesse ancora, beh mi raccomando, avvicinatevi con cautela!!! (Francesco Scarci)

(Relapse Records)
Voto: 80