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martedì 19 gennaio 2016

Hills n' Pills – Delicious Nourriture

#PER CHI AMA: Nu Metal, System of a Down, Rage Against the Machine
Gli Hills N' Pills sono una band francese capitanata dal vocalist marocchino Smili Salim, che non disdegna di palesare, in questo EP uscito sul finire del 2015 per la Tinplho Records Ltd, il proprio amore sviscerato per i System of a Dowm, qui emulati e rivisitati in più occasioni. 'Delicious Nourriture' è un lavoro potente, diviso in due tra violenta esecuzione metal e il tipico uso vocale alla Serj Tankian, con scorribande sonore anche in territori cari ai Rage Against the Machine, nell'incuranza di come si sia evoluto il metal nel frattempo e di come la Francia sia patria e fucina di un metal estremo, innovativo e di grande qualità. Il progetto Hill N' Pills, con i suoi quindici minuti totali di musica, rimane fedelissimo a quella formula di nu metal anni novanta/duemila, che rese grande il gruppo statunitense, senza cambiarne una virgola, riproducendolo in una rilettura moderna, ma senza snaturarne i contenuti. Stilisticamente precisi e comunque bravi, una competenza in materia invidiabile, il quintetto transalpino offre un'esecuzione degna di un gruppo mainstream, con qualità e produzione dei brani davvero elevati, perfetti sotto ogni punto di vista. Cosa altro desiderare? Forse una personalità più definita e una derivazione sonora decisamente meno accentuata, più fantasiosa e identitaria darebbe un senso diverso e più incentivante verso l'operato della band. Tuttavia non possiamo negare che persino nel metal esista la nostalgia del tempo andato e grazie a band come queste riusciamo a combatterla, con prodotti ben confezionati e ben suonati, ricordando come eravamo all'epoca e quante cose sono cambiate da allora. Buon ascolto con 'Delicious Nourriture', un'ottima terapia per nostalgici. (Bob Stoner)

(Tinplho Records Ltd - 2015)
Voto: 70

sabato 25 luglio 2015

Aether Drop - Mannequins

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Nu Metal
Gli Aether Drop sono un quintetto romano nato nel 2012 e con all'attivo un EP uscito un anno dopo la loro formazione. Recentemente la band ha prodotto il full length 'Mannequins', distribuito dalla Agoge Recors, e contenente undici tracce pregne di sonorità alternative/nu metal cantate in inglese. La traccia che apre il cd è strutturata su voce, tappeto di synth e un loop di batteria, il tutto per fare da intro ad "Attitude", un brano potente e viscerale. I riff di chitarra sono ben fatti, mutevoli sia nell'arrangiamento che nella metrica, merito soprattutto della struttura ritmica sapientemente creata da basso e batteria. I suoni sono quelli che ci si aspetta dal genere, quindi moderni, compressi e per certi versi un po' piatti, comunque il brano è godibilissimo per tutti i quattro minuti di durata. Cambi di ritmo, break, accelerazioni e quant'altro richiamano i fautori del genere, ma non disdegnano qualche digressione prog metal. "Tyranny Child" mette in evidenza la grinta del vocalist che ha una timbrica squillante e doti non indifferenti, riuscendo a creare linee vocali ben strutturate e varie. L'assolo di chitarra a metà brano scarica la tensione del pezzo con un leggero rallentamento e il successivo break di chitarra acustica ci catapulta in una ballata rock per qualche secondo. Non si ha neanche il tempo di pensarci su se ci piace o no, che il brano cresce e torna alle sonorità metal. "Anger Grows" è probabilmente il pezzo più aggressivo e d'impatto, con ritmiche che s'intrecciano a suon di doppio pedale, cori e muri di chitarre che non lasciano alcun scampo all'ascoltatore. Un concentrato di rabbia, ben interpretata anche dal frontman che vela di oscurità il proprio timbro vocale per meglio adattarsi al mood del pezzo. A mio avviso alla fine da considerarsi come miglior traccia del disco che vede gli Aether Drop al top del proprio agio. Chiudiamo con "Made of Tears", dove ricompaiono i synth che avevamo incontrato nella traccia d'apertura, ma che sono stati poi messi da parte per tutto l'album (peccato). Un brano più disteso, introspettivo e carico, dove si apprezzano sempre le ritmiche ben studiate e gli arrangiamenti che mutano vicendevolmente durante tutta la durata del pezzo. Dopo qualche settimana di ascolto del nuovo album degli Aether Drop, posso dire che 'Mannequins' è un lavoro ben scritto, registrato e mixato. Anche i testi sono piacevoli, trattano tematiche attuali e non sono banali. La band romana vive delle grosse influenze del genere, ma può vantare una solida identità musicale che potrebbe sfociare in qualcosa di ancor più ricercato e intimo. Alcuni passaggi nei brani sono poco personali e legati forse alla voglia di piacere a tutti i costi agli ascoltatori, questa però è una scelta di percorso che lasciamo agli Aether Drop che intanto ci hanno dimostrato di avere tutte le carte in regola per fare buona musica. (Michele Montanari)
 
(Agoge Records - 2015)
Voto: 75
 

sabato 20 giugno 2015

Vola - Inmazes

#PER CHI AMA: Modern Metal, Meshuggah, Raunchy, Devin Townsend
Se anche nel metal ci fosse il cosiddetto disco dell’estate, i danesi Vola si candiderebbero sicuramente per la vittoria finale. ‘Inmazes’ è un disco incredibile, a cui non manca praticamente nulla, dalla traccia furiosa alla ballad, passando per la semi-ballad e un’altra bella manciata di song stracariche di Groove (per non parlare poi della notevole cover). Collocare stilisticamente il quintetto di Copenaghen non è nemmeno poi un così grande sforzo: immaginate infatti i Meshuggah che suonano Nu Metal, strizzando l’occhiolino a Devin Townsend. Tutto chiaro no? Immergiamoci allora nel sound roboante dei Vola, che aprono le danze con “The Same War” e le sue chitarrone granitiche di matrice “meshugghiana”, con le vocals pulite, qualche urletto “korniano” e una porzione corale davvero notevole. In questi frangenti, le tastiere surclassano la possanza delle 6 corde, passando attraverso una lineare fluidità melodica carica di suoni assai accattivanti. “Stray the Skies” è un altro imperdibile pezzo da potenziale top ten del metal: chitarre sincopate stoppate solamente da un altro magnifico coro e splendidi break di synth, da non perdere assolutamente. “Starburn” ha un inizio che si muove tra il fluido space rock e le tipiche partiture djent dei Born of Osiris. Asger Mygind inizia poi a cantare con la sua notevole timbrica pulita e il ritmo si fa molto più tiepido, anche se qualche growl fa capolino qua e le chitarre, nel loro articolato incedere, mostrano una delicata vena malinconica. “Owls” è una traccia un pochino più schizofrenica a livello ritmico: certo che quando Asger canta, tutto si ferma e viene catalizzato sulle sue caratteristiche corde vocali, che in talune circostanze, riescono addirittura ad evocare i Depeche Mode degli anni ’80! Ma “Owls” è una semi-ballad che vi farà venire la pelle d’oca solo ascoltandone la sua mite linea melodica, dotata com’è di una certa inclinazione onirica che la rende la mia song preferita insieme alla opening track e alla già citata "Stray the Skies". Con “Your Mind is a Helpless Dreamer” si torna ai crushing riff di scuola svedese su cui si instillano le tastiere di Martin Werner e successivamente le vocals di Asger, che in questa song arriva anche a ruggire ferocemente. Il ritmo comunque è sempre oscillante e la musica dei Vola si muova tra fasi brutali di poliritmia tonante, sublimi sprazzi di metal moderno ed intermezzi elettronici (quasi nintendocore!). “Emily” (la ballad che mancava) potrebbe stare bene su ‘Mezzanine’ dei Massive Attack cosi come su ‘Dummy’ dei Portishead o in uno qualsiasi dei dischi degli Archive, per la sua sognante veste elettronica. “Gutter Moon” unisce ancora in modo superbo l’elettronica al metal, grazie alla sempre più convincente performance vocale dei nostri che si candidano con questo album a sfidare i grandi del metal, e piazzarsi nella mia personale top ten del 2015. “A Stare Without Eyes” evidenzia ancora una volta la dicotomica faccia dei nostri, abili a muoversi musicalmente in un inedito ibrido Korn-Meshuggah. Il richiamo ai gods svedesi si fa più preponderante nell’incipit di “Feed the Creatures”, anche se da lì a breve, i Vola intraprenderanno la propria personale strada a cavallo tra elettronica e rock progressive, nell’ennesima cavalcata ricca di groove che annovera tra le influenze dei nostri anche i loro conterranei Raunchy. A chiudere ‘Inmazes’, l’ipnotica e malinconica title track che arriva a citare anche i The Contortionist, il tutto a certificare l’assoluto valore di questo combo danese, da tenere sotto traccia fino alla fine dei vostri giorni. (Francesco Scarci) 
 
(Self - 2015)
Voto: 90

https://www.facebook.com/vola

martedì 26 maggio 2015

One Last Shot - First Gear

#PER CHI AMA: Heavy/Thrash/Punk
Dopo le più eterogenee classificazioni dei generi musicali, ora posso aggiungere anche quella dei One Last Shot: dust metal. Il quintetto francese, Parigi per l'esattezza, ha origini recenti e nonostante ciò, si sta dando da fare per bruciare le tappe e arrivare dritto al sodo. La band infatti si fa promuovere dalla Dooweet, grossa agenzia francese di comunicazione e marketing, quindi grosso investimento con grandi aspettative. Parlando di musica invece, il "dust" metal dei One Last Shot non è nient'altro che un mix di Southern rock e Nu metal, i Motorhead, Guns 'n' Roses e Lynyrd Skynyrd in salsa moderna per capirci. Le cinque tracce sono ben registrate e lo stesso vale per la scelta dei suoni, adatti al genere, quindi un pacchetto pronto per il mainstream del settore. L'EP apre con "Brawler", brano velocissimo, caratterizzato da riff potenti, grancassa martellante con trigger ovunque e cori al momento giusto. I musicisti se la cavano, ma non aspettatevi chissà quali soluzioni creative, il brano va esattamente dove ve lo immaginate. Riuscirete ad anticipare il mega assolo di chitarra, i cambi e quant'altro, tutto perfetto e fatto ad hoc per un motoraduno pieno di bikers che sono abituati ad ascoltare tribute band di vario genere. "G.A.S" ha addirittura qualche passaggio death metal, ma dura talmente poco che verrete riportati alla dimensione Motorhead quasi istantaneamente. Il vocalist ha il timbro tipico del genere, adatto anche al thrash, ma la monotonia è una brutta bestia da combattere quando vi spinge a premere il tasto skip del lettore cd. Probabilmente è il brano più azzeccato, ben arrangiato e strutturato per entrare nel subconscio dell'ascoltatore. Anche qui gli assoli si quantificano un tanto al chilo, mentre la doppia grancassa scatena l'inferno. Il basso segue le linee melodiche senza protestare, in una sezione ritmica di tale portata, che molto spesso risulta difficile distinguerlo. Riesce però ad avere il suo momento nell'intro di "Prophesick", ma con l'arrivo delle chitarre e lo scatenarsi della batteria, la situazione precedente si ripresenta. La song si presenta veloce e potente, fortunatamente la band ha preferito dare il meglio in fatto di aggressività e potenza con questo EP, soprattutto se l'eventuale ballad sarebbe stata la classica litania da focolare in spiaggia. Che dire, la band è tecnicamente preparata e i musicisti sono quelli giusti per un progetto che probabilmente mira a voler sfondare nel music business al più presto. Probabilmente il quintetto parigino sta facendo la mossa giusta, riproporre il metal di qualche hanno fa in chiave moderna potrebbe spingere una parte dei nostalgici ad ascoltarli ed apprezzarli. In bocca al lupo, vi auguro che il vostro primo full length innesti finalmente la seconda marcia. (Michele Montanari)

(Self - 2014)
Voto: 65

mercoledì 4 giugno 2014

36 Stanze - Mattanza

#PER CHI AMA: Thrash groove, Sepultura, RATM
Ritmi frenetici si manifestano maestosamente nei primi secondi de "San La Muerte", opening track di 'Mattanza', opera dei piacentini 36 Stanze. Le tracce sono un susseguirsi di chitarroni granitici e batteria supercompressa, accompagnati da un cantato urlato o pulito, costantemente veloce, che a volte sfiora il rappato, sempre e piacevolmente in italiano. La situazione si raffredda un poco a livello ritmico nelle successive "Ottobre Uccide" e "Figlio di un Cane", dove emerge, oltre a una voce melodica e tranquillizzante, anche una chitarra pulita che ben presto si tramuterà nei sopracitati ricorrenti stilemi. Il disco rispetto al genere è abbastanza vario, dato che incorpora vari elementi del thrash/groove, nu metal, rapcore e i testi, seppur tremendamente bassi e scontati, danno comunque l'impressione di una buona ricerca a livello strutturale, dato che le voci riescono sempre ad armonizzare i vari contesti con le emozioni trasmesse dalle tracce. Sicuramente un lavoro ben curato, anche dal punto grafico, corredato poi da un packaging inusuale. Il tocco di stile riguarda poi ricorrenti chitarre acustiche e parentesi melodiche che raramente si ritrovano in un genere come questo. Bravi! (Kent)

(Self - 2012)
Voto: 70

mercoledì 29 gennaio 2014

Malevic - S/T

#PER CHI AMA: Post Rock, Post Grunge
È sempre bello avere tra le mani il cd di debutto di una band. Sembra di toccare un pezzo della loro anima, forgiato a dovere dopo mesi di lavoro, tra sangue e saliva, insulti e risate in faccia. Ma anche amici che si trovano e poi si perdono, ore di viaggio per rincorrere un sogno e poi finalmente ci sei. Tutto questo scorre tra le dita in pochi attimi, mentre sfioro il digipack dei Malevic. Bellissimo artwork che anticipa atmosfere cupe, ma che guardano al cielo per trovare la luce. Otto brani che raccontano un rock che si dipana tra il prog, l'alternative e un'evoluzione del grunge, dai suoni affascinanti che riportano alla mente i Tool (che tanto stiamo aspettando) e gli Isis, ma le somiglianze si fermano qua. I Malevic sono caratterizzati da una buona cura dei suoni, non lasciano nulla al caso, come gli arrangiamenti. Sempre azzeccati ed equilibrati per creare dinamicità, anche se i brani iniziano speso sommessi e poi esplodono. "Relic" è un esempio, bei riff di chitarra, un gran break di basso e batteria messo al punto giusto e il cantato che ammalia ad ogni singola parola (in inglese). Una sorta di preghiera moderna che non chiede perdono a nessuno e grida al mondo la sua presenza. Anche "Pipers of Vanity" colpisce per la sua complessità (nonchè durata), confermando la maturità dei Malevic e la loro propensione a scrivere pezzi con il massimo della cura possibile. I diversi cambi ritmici e melodici non stancano e soprattutto mostrano la flessibilità artistica di una band che non vuole fermarsi e invece produce ciò che un ascoltatore non sempre si aspetta. Probabilmente chi non ha un orecchio allenato può rimanere un po' spaesato, ma è ora di abituarsi ad altro e accogliere a braccia aperte nuove sonorità. L'album chiude con un brano tirato e aggressivo, sempre addolcito dalla linea vocale che non si lascia tentare dallo screamo o dal growl e continua per la sua strada melodica, dando maggiore spessore agli arrangiamenti. Concludendo, anche se a volte alcuni passaggi sono meno convincenti di altri, questo debut omonimo merita e lo consiglio caldamente a chi apprezza come me questo genere di sonorità. (Michele Montanari)