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sabato 25 giugno 2022

High Castle Teleorkestra - The Egg That Never Opened

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali, Mr. Bungle
Vi sentite pronti per vivere un'esperienza folle? Lo siete davvero ad aprire quell'uovo che non è mai stato aperto? Perchè quando farete partire questo folle disco, non potrete più fare marcia indietro. Il sestetto internazionale degli High Castle Teleorkestra (in realtà la band include uno smisurato numero di comparse) vi porterà con questo 'The Egg That Never Opened', attraverso differenti palcoscenici, dal mondo dello swing ai suoni balcanici, passando in rassegna le colonne sonore dei film anni '50, '60, il jazz, l'avantgarde e infine anche il metal. Proprio da qui parte infatti la title track e da riffoni piuttosto pesanti che evolveranno/degenereranno nel giro di pochi secondi, in un fiume musicale da farvi impallidire, che potrà evocare inequivocabilmente la follia dei Mr. Bungle (sarà merito del fatto che nella band è presente anche il sassofonista Bär McKinnon dei Mr. Bungle stessi?) e ogni altro progetto firmato Mike Patton, con un melting pot esagerato di generi. Quelle tipiche sonorità romantiche della capitale francese, con tanto di fisarmonica, aprono invece "Ich Bin's", ma attenzione perchè in sottofondo si nascondo minacciosi chitarroni che continueranno a masturbarci le menti con il loro pesantissimo incedere. Spettacolare "The Aramchek Accusation", una song intanto finalmente cantata, ma che nasconde al suo interno, un'altra scala cromatica davvero assurda che ci condurrà attraverso turbolenti scenari fino alla più tranquilla e malinconica "Valisystem A", dove il tributo a Ennio Morricone sembra ancor più evidente ma che va a miscelarsi con surf pop e jazz. Quello che questi pazzi furiosi hanno fatto (ricordo che oltre a membri di Mr. Bungle, ci sono anche musicisti provenienti da Estradasphere, Farmers Market, Doc Booger e Probosci) ha alla fine del prodigioso, del suggestivo, sicuramente del delirante, frutto comunque di una competenza musicale senza confini, che aspetta solamente la vostra voglia di evadere dagli schemi e sperimentare senza paura alcuna. Il mio pezzo preferito? Senza ombra di dubbio, "At Last He Will", ove convergono sonorità metal e cinematiche, mentre una menzione d'onore spetta alla conclusiva "Mutual Hazard" e quelle sue sonorità a cavallo tra metal ed echi balcanici. Le tracce più difficili da affrontare perchè eccessivamente sperimentali? La melliflua "The Days of Blue Jeans Were Gone" e la lunga e troppo cantata "Diagnosing Johnny". Ultima segnalazione: la versione deluxe include 43 bonus track, fate vobis! (Francesco Scarci)

mercoledì 16 febbraio 2022

We Lost the Sea - Departure Songs

#PER CHI AMA: Post Metal/Rock
'Departure Songs' rientra in quello che ormai definisco abbonamento mensile con la Bird's Robe Records (qui in collaborazione con Art as Catharsis) e nella riedizione di vecchi (ma non cosi vecchi) lavori dell'etichetta australiana, riproposti per celebrare il compleanno della label di Sydney. I We Lost the Sea non sono poi una novità su queste pagine, avendo in precedenza recensito, peraltro sempre il sottoscritto, sia 'Triumph & Disaster' che 'The Quietest Place on Earth'. Quindi potrei già dire di sapere cosa trovarmi tra le mani. Tuttavia non è proprio cosi, considerando che l'opener del disco, "A Gallant Gentleman", ha fatto da colonna sonora ad un episodio della serie tv Afterlife e già questo potrebbe attribuire una certa rilevanza all'opera del sestetto di Sydney. Per chi non li conoscesse (ah che bestemmia), i nostri sono una band che ha mosso i propri passi nei paraggi di certo post rock/metal strumentale sporcato da venature post-hardcore. Eppure, la veste più graffiante dell'ensemble non compare nelle delicatissime note dell'ouverture, un pezzo che narra la drammatica vicenda di Lawrence Oates, un esploratore britannico che morì durante la spedizione al Polo Sud. Il brano si muove su un percorso sognante e delicato, con tanto di coro di voci eteree che si materializza a metà brano, prima che il sound si faccia più magniloquente, evocativo, epico, trasognante e malinconico. Con "Bogatyri" (termine che indica i guerrieri eroici della tradizione slava) si rimane nei paraggi del medesimo sound con melodie soffuse e dilatate, affidate semplicemente ad eleganti ed ipnotici giri di chitarra che per oltre quattro minuti si fisseranno nella testa con la loro ridondanza ritmica, prima di inspessirsi, crescere, minacciare, accelerare, innervosirsi in un vortice emozionale che non lascia ampi margini di fuga, tra chitarre riverberate e altre ben più pesanti. Peccato solo manchi quella voce graffiante che mi aveva conquistato ai tempi di 'The Quietest Place on Earth', ma che poi fu costretta a lasciarci per lidi più lontani (RIP). Dopo i quasi 12 minuti di "Bogatyri", ecco i 17 di "The Last Dive of David Shaw" per un'altra maratona sonora che evoca la storia di David Shaw, uno scuba diver australiano che morì per problemi respiratori durante il tentativo di recuperare il corpo di un altro sommozzatore, morto anni prima. Potete pertanto immaginare come la musica rifletti una situazione angosciante, che tra chiaroscuri, bianchi e neri e saliscendi ritmici, dipinge una storia tragica, ossia l'ultima missione di David prima di morire. Una melodia sconquassante, suoni vertiginosi, ad un certo punto anche furenti ed esplosivi, che caratterizzano egregiamente la proposta dei We Lost the Sea. Si arriva cosi ad un'altra montagna da scalare, i quasi 24 minuti di "Challenger part 1 - Flight" che, insieme alla conclusiva "Challenger part 2 - A Swan Song", narrano l'ultima storia di questo drammatico lavoro, ossia l'esplosione in cielo dello Shuttle Challenger nel 1986, appena dopo il decollo. Ricordo bene quelle tragiche immagini e la musicalità dei nostri è affidata ad una parte parlata iniziale con le voci del personale di Cape Canaveral e a successivi landscape ambientali che riescono solo a farmi vagare con la mente ripensando a quell'evento e alla morte in diretta di quegli astronauti. La musica inizia finalmente verso il nono minuto e lo fa sempre con somma eleganza, quella che ha contraddistinto l'album sin qui. Atmosfere sinistre, le chitarre che nuovamente si perdono in loop ritmici, prima che la situazione si sblocchi con melodie più pulite ed un assolo da favola per un finale che continua con un climax costantemente in ascesa, che rischia però di perdersi in un brano forse eccessivamente prolisso. In chiusura, l'ultimo atto che ripristina una durata più umana ad una musicalità che sin qui ci ha regalato comunque grandi emozioni e che non tarderà a donarne anche nel corso di questo pezzo che sancisce la grande emozionalità di cui i We Lost the Sea si fanno portatori. I riflessi musicali che ritroviamo qui sono quelli del post rock malinconico che avrà un crescendo forse senza precedenti nel disco e troverà il suo culmine di drammaticità nelle parole di Donald Reagan e il suo messaggio alla nazione americana nel celebrare quegli eroi che "sciolsero i duri legami della terra per toccare il volto di Dio". (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records/Art as Catharsis - 2015/2021)
Voto: 80

https://welostthesea.bandcamp.com/album/departure-songs

lunedì 1 novembre 2021

Seims - Four

#PER CHI AMA: Post/Math Rock
Era il 2020 quando raccontavamo nel Pozzo di '3 + 3.1', proposta alquanto originale, a cavallo tra post e math rock, a cura degli australiani Seims. Oggi il quartetto di Sydney ritorna con un nuovo capitolo intitolato 'Four' (continuando la storia con la numerologia nei suoi titoli). Dieci nuovi brani che aprono con i tocchi fiabeschi di "The Mountain's Lullaby", song che funge da intro per la successiva "The Pursuit of Intermediate Happiness", in cui a fare la comparsa è una deliziosa sezione di archi (violoncello e violino) ed un crescendo che mantiene un'analogia strumentale nei suoi suoni, in un filo conduttore che sembra voler narrare una storia. Una storia che tuttavia non trova una continuità stilistica con la successiva "Showdown Without a Victim", che cambiando registro, mostra una visione psichedelica dei nostri sorretta comunque da una roboante sezione ritmica dove ci sembra di immaginare un soggetto in fuga da un intricato dedalo di suoni, con un'alternanza ritmica che comunque riconduce sempre all'iniziale emozione generata. Da un punto di vista strumentale, il brano restituisce una serenità emotiva che stempera l'incalzante emozionalità del brano. "Shouting at a Brick Wall" crea invece un senso di attesa con quel suo iniziale giro di chitarra, che non tarda comunque ad arrivare, esplodendo infatti in una ritmica dall'elegante sapore punk math rock, in una proposta musicale che spinge al continuo movimento (grazie anche ad un splendido assolo di violino) fino al suo improvviso ed inatteso arresto. L'inizio ipnotico "Stranded. Isolated" potrebbe tranquillamente collocarsi nella colonna sonora di 'Blade Runner' grazie ai suoi synth che cederanno presto il passo ad un avanzare cibernetico che trova un punto di svolta a metà brano, laddove troviamo un cambio quasi radicale della proposta iniziale. Il brano però non sembra filare nel modo corretto e alla fine dell'ascolto, il risultato sembrerà quasi inconcludente, non catturando completamente l'attenzione dell'ascoltatore, forse per un eccesso di stili e cambi di registro. "Elegance Over Confidence" ha un esordio decisamente più convincente, evocando un che degli Archive, in uno stralunato climax ascendente sottolineato da un'esplosiva prova della batteria (qui molto jazzy) e da una melodia guidata da nevrotici giri di chitarra in grado di tenere costante quel senso galvanizzante innescato. Ancora un muro di synth per "Biting Tongues", l'unica song insieme a "The Mountain's Scream", dove fa la comparsa la voce (tuttavia un po' sottotono) di Simeon Bartholomew accanto ad un riverberato ed esplosivo giro di chitarre. Intro cinematografico per "Nuance Lost in Translation", dai tratti un po' burberi nella parte iniziale prima di sfociare in un sound dai lineamenti orchestrali e orientaleggianti davvero entusiasmanti. "Understatement" è un pezzo arpeggiato che sembra fungere da ponte per la conclusiva "The Mountain's Scream". Dopo un inizio marziale, la traccia evolve grazie ad un tremolo picking sorretto da uno stravagante apporto corale, in una caleidoscopica alternanza di stili ed emozioni che chiudono degnamente questo quarto capitolo targato Seims. (Francesco Scarci/Ilaria de Ruggiero)

(Art As Catharsis/Bird's Robe Records - 2021)
Voto: 75

https://store.seims.net/album/four