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lunedì 4 luglio 2022

Trolldom - I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
The devotion to the roots of a genre or its golden era is something we can definitively find in almost every single subgenre of the metal scene, and the black metal scene is not stranger to this phenomenon. Although I consider essential for a genre to evolve and find new niches to enrich its core sound, I have always had a soft room for the bands and projects that bring back to the classic sound of the mighty '90s, where black metal was certainly something special. From time to time I have the chance of checking out new projects that successfully create albums, which are a true and tasteful portrait of that time. But it’s less common to find a project, whose debut consists of not a single album, but two opuses released at the same time. This is something outstanding and particularly if the quality is top-notch as it has happened this time. The Swedish one-man project Trolldom has assaulted the scene with two magnificent albums entitled 'Av Gudars Ätt…' and the present one, 'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)'.

As it is a herculean task to review two albums, today I will focus on the second album 'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)', which is a tremendous album of pure '90s atmospheric black metal. Starting from the production, you will immediately feel yourself immersed in the raw, yet atmospheric essence that forged the sound of legendary projects of that era. Contrary to some lo-fi production, the sound here is obviously raw, but well balanced and enough clean to appreciate the different instruments. There is a tendence to place in the front the vocals and drums, but the guitars can be also appreciated, and the symphonic/atmospheric arrangements are also audible, creating the hypnotic atmosphere that we love in this genre. The vocals are excellent, with these trademark shrieks which sound powerful. The tone is obviously high, though it has some screams which are particularly powerful, as it happens in the track "Draparen av Livets Veke". Pace wise, the album is fast as hell, the drums are a continuous exercise of blast-beats, that are crushing, but still have some excellent tempo-changes that make the drumming performance something to appreciate. From the ferocious album opener "Under Vinternattens Dystra Fullmane" to the last and epic track "Till Ruinens Svarta Rike", the listener will realise how relentless the pace is through the entire album. In any case, you will never feel that the album is boring as the drumming has some changes and technical touches that make it memorable. Furthermore, the great riffs and the excellent atmospheric arrangements, which are really captivating will definitively catch you. "Ondskans Svarta Brodeskap" is maybe the slowest track, because it slowly introduces you into a truly dark and dense atmosphere until the composition reaches a point where it explodes full of fury. As mentioned, the hectic pace doesn't mention that the album is a monorhythmic beast, the aforementioned track and the equally excellent "Inom Nattens Eviga Rit" show that the compositions have also good tempo-changes. The well-done contrast between the fastest sections and the mid-tempo or even slow parts, manages to enrich the compositions. The atmospheric arrangements are indeed a highlight of this album, with an excellent use of the keys, which appropriately complement the rest of the instruments. The ambient synthesizers, the simple yet effective pianos and the slightly symphonic keys are tastefully placed in each song, maintaining the recognizable style, but never sounding boring and exactly the same. The worth of using the same formula, but never sounding predictable is something that deserves all our praise.

'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)’ is definitely an awesome debut that every fan of atmospheric black, and in general who loves black metal, should listen. The eight pieces of this debut are equally excellent and a fine example of the immense talent of the musician behind Trolldom. (Alain González Artola)

sabato 2 luglio 2022

Alice Cooper - Paranormal

#PER CHI AMA: Hard Rock
"I was a billion dollar baby in a diamond dress" cita "Fallen in Love". Già. Benvenute vecchie care paranoie ("I love floating off the ground / so welcome to my … private public breakdown", dice in "Private Public Breakdown"; "They feed my paranoiac personality / Persanoiac peronality", ecco "Paranoiac Personality"), benvenuti giù all'inferno ("That slick black limo full of ladies had the devil at the wheel" esclama "Dynamite Road"). Benvenuti nel vecchio caro mondo di Mr A. ("The sound of A will keep you down / with that cruel, peculiar sound / it will shoot into your brain / and remain" urla "The Sound of A"). Tanto peston-(sh)rock ("Dead Flies") nella prima parte, costruita a cazzuolate di riffoni chitarristici ("Paranoiac Personality"), la quasi-psych-punk "Fireball", la Zzz-topica "Dynamite Road", talmente zz che siete costretti ad aggiungere una Z (e, facendo sessanta, a convocare Billy Gibbons per il solo di chitarra). Puro rock-a-tainment nel prosieguo, con tanto di ottoni ("Holy Water"), hard-boogies ("Rats") e una rocchettosa carrambata con la vecchia Alice Cooper band relegata, pensate, sul bonus cd ("Genuine American Girl" e "You and All Your Friends") assieme ad una inutile manciata di live recenti. Alla autoreferenziale e già citata "The Sound of A", collocabile tra i Pink floyd di "Sorrow" e i Duran Duran di "Save a Prayer", spetta il compito di chiudere un album, il ventisettesimo, sorprendentemente ben scritto e insospettabilmente divertente. (Alberto Calorosi)

(Ear Music - 2017)
Voto: 74

https://www.facebook.com/AliceCooper

martedì 28 giugno 2022

Epitaphe - II

#PER CHI AMA: Death/Doom
Li avevo recensiti nel 2019 in occasione del loro primo atto. Tornano oggi i francesi Epitaphe con il secondo capitolo della loro discografia, intitolato semplicemente 'II', ed altri cinque pezzi che coniugano quel death doom corrosivo degli esordi con divagazioni funeral e aperture decisamente più melodiche. Si parte dall'introspettiva e strumentale intro "Sycomore" e si capisce che già qualcosa è cambiato in seno al quartetto di Claix. E infatti quando irrompono le ritmiche dissonanti della seconda "Celestial" e quell'intrigante ricerca sonora, ecco che capisco di avere fra le mani un piccolo gioiellino. Si perchè i 19 minuti del brano si muovono tra partiture death, altre decisamente più brutali e ampi frangenti acustici, il tutto corredato peraltro da voci sia in formato growl che pulito (forse la novità più ecclatante di questa seconda release). Poi la song, in tutta la sua infinita durata, vive di sussulti death devastanti (citavo i Morbid Angel nella precedente recensione e non posso che confermare) di nuovo interrotti da rallentamenti più claustrofobici, escalation black e nuove bordate death, prima del più tranquillo finale arpeggiato. "Melancholia" e altri 19 minuti davanti, introdotti da una furibonda ritmica techno death che trovo davvero spiazzante. L'avevo appreso già da 'I' che i nostri non sono davvero quello che sembrano, lo confermo in questo nuovo lavoro, che si palesa nuovamente ostico da esser digerito ma si arricchisce per lo meno di arrangiamenti death progressive e break acustici che in più di un'occasione mi hanno evocato gli Opeth dei primi album. Colpiscono le eteree clean vocals, i momenti più ambient, le derive post rock e per questo non possono che esserci grandi applausi. Ora, poi dopo tutto questo ben di dio, essere preso a cinghiate da altre raffiche death, si potrebbe rivelare esperienza sempre più destabilizzante e per questo stimolante. "Insignificant" apre con un arpeggio di opethiana memoria, con tanto di crescendo incluso che per oltre tre minuti (dei quasi 19 complessivi), ci prepareranno all'incombente sassaiola death che mi aspetto da lì a poco. In realtà, i giri del motore rimangono per un po' a basso regime, ma le emozioni non mancano, non temete. La band ha infatti modo di esibire un bridge melodico, un intercalare doomish, per poi lentamente spingere sull'acceleratore con una natura percussiva alquanto originale che prenderà il sopravvento nella seconda parte del brano e che troverà ancora modo di proporre qualche rallentamente decisamente più bilanciato prima di un finale davvero significativo. Altro pezzo strumentale a chiusura del disco che mostra le progressioni musicali dei quattro francesi e tutte le potenzialità che la band potrà sviluppare nelle prossime uscite. Se potessi migliorare qualcosa, smusserei del tutto gli isterismi estremi del sound dei nostri per una ricerca più progressiva del suono perfetto. Per ora bene cosi, ma ho aspettative parecchio elevate per il futuro degli Epitaphe. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2022)
Voto: 76

https://epitaphe.bandcamp.com/album/ii

lunedì 27 giugno 2022

Primus - Conspiranoid

#PER CHI AMA: Funk Blues Rock
Ci hanno impiegato cinque anni i Primus per tornare a farsi sentire. Dopo il discreto 'The Desaturating Seven', ecco riaffacciarsi sulle scene il trio nella sua veste originale che comprende l'onnipresente Les Claypol e i suoi fidi scudieri, Larry LaLonde e Tim Alexander. Il nuovo EP è intitolato 'Conspiranoid' e spero sia un antipasto per un nuovo full length pronto a venire. Tre pezzi che iniziano con gli undici minuti e mezzo della squilibrata "Conspiranoia" che ci restituiscono l'insana follia della band californiana con una serie di giochi di chitarra (e basso psicotico annesso) che faranno la gioia dei fan dei nostri. L'inconfondibile e unica voce di Les completano poi un quadro di suoni che si muovono su una marcetta slow-tempo, resa intrigante dal chorus "Conspiranoia". Il rincorrersi psichedelico poi di chitarra e basso fanno il resto come da oltre trent'anni i tre marziani ci hanno abituato. Inutile pensare di prevedere le mosse dei nostri, anche qui sembra di assistere ad una jam session tra amici che hanno pensato di arricchire il proprio sound con funkeggianti fughe blues space rock e inserimenti di spoken words che propongono un lirismo legato alle più disparate teorie cospirazioniste del nostro tempo. Un banalissimo basso alla ZZ Top (chi ha detto '"La Grange"?) apre la seconda (sempre più funky) "Follow the Fool", un brano che sembra evocare addirittura lo spettro di Elvis "the Pelvis". La terza "Erin on the Side of Caution", con quella sua verve di zappiana memoria, si affida sempre alla sghemba tecnica dei tre musicisti statunitensi unita ad una ricerca musicale che conferma quanto i tre pazzoidi americani non siano ancora sul punto di abdicare. (Francesco Scarci)

Cernunnos - The Forgotten Age of Heathenism

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Questo demo-CD dimostra che anche dalla mente di una singola persona, soprattutto se si tratta di un bravo musicista, possa nascere qualcosa di veramente buono al pari di tanti gruppi composti da più membri, ognuno specializzato nel proprio strumento. Questo è il caso dei Cernunnos, band bresciana, creata da Oghme, batterista e factotum, aiutato al basso da Von. Un total black metal tirato e ben suonato, fedele ai canoni di una (in)sana violenza, dove la batteria, suonata egregiamente e ben arrangiata, e senza troppi inutili fronzoli, insieme alla chitarra, conducono le danze. Una sana velocità, come ci vorrebbe più spesso, alternata a tempi più rallentati. La voce può sembrare inusuale perché non è la classica perennemente in growl o più arcigna, ma essendo leggermente pulita (non troppo per carità), ottiene una buona timbrica. Testi in puro pagan style, curati ed abbastanza originali. Come prima (e unica) uscita, direi che poteva essere OK, spaccare il culo a molte bands, soprattutto per quanto riguarda la produzione: magari fossero stati sempre così ben registrati i demo. Una pecca, piccola e ormai non più rimediabile, era la pronuncia inglese, che andava resa un po’ più fluida e meno italianizzata.

The Pit Tips

Francesco Scarci

Himinbjorg - Haunted Shores
Soldat Hans - Anthaupt
White Ward - False Light

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Death8699

Abbath - Abbath
Metallica - Master of Puppets
Napalm Death - Harmony Corruption

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Alain González Artola

Illvilja - Endless Rivers
Weress - Au-Delà des Lieux Légendaries
Almach - Realm

sabato 25 giugno 2022

Klymt - Murder on the Beach

#PER CHI AMA: Coldwave/Post Punk
Ho provato quasi un brivido di freddo quando ho fatto partire questo lavoro dei francesi Klymt. Quello incluso in 'Murder on the Beach' è infatti un asettico concentrato di coldwave che vi raggelerà il sangue nelle vene già con le sintetiche sonorità d'apertura di "Analogue Bastard", dove confluiscono turbinii industrial che ammiccano ai Nine Inch Nails. Ecco, in linea di massima su quali coordinate si muovono i nostri, che con la successiva "Blind Fish" si affidano a sonorità ancor più artificiali, ove elettronica ed EBM si prendono per mano e saturano tutta la scena. Ben più diversa invece "Mood", tra post punk e darkwave, in un compendio musicale ben più semplice da fissarsi nella testa, grazie a sonorità qui più dirette e melodiche. "Blue Song" è decisamente più cupa e marziale nel suo incedere. La voce del cantante è ben calibrata nella sua sofferenza con il contesto musicale, sebbene ogni tanto sembri fare il verso a Matthew Bellamy dei Muse e qui mi piace un po' meno. Ma la musica è sempre piuttosto convincente anche nella più delirante ed incalzante "Stay at the Bottom", furiosa nel suo martellante beat. In chiusura, l'inquietante ed enigmatica title track, dove le vocals dei due cantanti finiscono per essere sorrette da una matrice sonora fredda come quel brivido provato all'inizio del mio viaggio. (Francesco Scarci)

(Atypeek Music/KdB Records/Anesthetize Prod./Araki Records/Postghost Recordings - 2022)
Voto: 74

https://klymt.bandcamp.com/

High Castle Teleorkestra - The Egg That Never Opened

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali, Mr. Bungle
Vi sentite pronti per vivere un'esperienza folle? Lo siete davvero ad aprire quell'uovo che non è mai stato aperto? Perchè quando farete partire questo folle disco, non potrete più fare marcia indietro. Il sestetto internazionale degli High Castle Teleorkestra (in realtà la band include uno smisurato numero di comparse) vi porterà con questo 'The Egg That Never Opened', attraverso differenti palcoscenici, dal mondo dello swing ai suoni balcanici, passando in rassegna le colonne sonore dei film anni '50, '60, il jazz, l'avantgarde e infine anche il metal. Proprio da qui parte infatti la title track e da riffoni piuttosto pesanti che evolveranno/degenereranno nel giro di pochi secondi, in un fiume musicale da farvi impallidire, che potrà evocare inequivocabilmente la follia dei Mr. Bungle (sarà merito del fatto che nella band è presente anche il sassofonista Bär McKinnon dei Mr. Bungle stessi?) e ogni altro progetto firmato Mike Patton, con un melting pot esagerato di generi. Quelle tipiche sonorità romantiche della capitale francese, con tanto di fisarmonica, aprono invece "Ich Bin's", ma attenzione perchè in sottofondo si nascondo minacciosi chitarroni che continueranno a masturbarci le menti con il loro pesantissimo incedere. Spettacolare "The Aramchek Accusation", una song intanto finalmente cantata, ma che nasconde al suo interno, un'altra scala cromatica davvero assurda che ci condurrà attraverso turbolenti scenari fino alla più tranquilla e malinconica "Valisystem A", dove il tributo a Ennio Morricone sembra ancor più evidente ma che va a miscelarsi con surf pop e jazz. Quello che questi pazzi furiosi hanno fatto (ricordo che oltre a membri di Mr. Bungle, ci sono anche musicisti provenienti da Estradasphere, Farmers Market, Doc Booger e Probosci) ha alla fine del prodigioso, del suggestivo, sicuramente del delirante, frutto comunque di una competenza musicale senza confini, che aspetta solamente la vostra voglia di evadere dagli schemi e sperimentare senza paura alcuna. Il mio pezzo preferito? Senza ombra di dubbio, "At Last He Will", ove convergono sonorità metal e cinematiche, mentre una menzione d'onore spetta alla conclusiva "Mutual Hazard" e quelle sue sonorità a cavallo tra metal ed echi balcanici. Le tracce più difficili da affrontare perchè eccessivamente sperimentali? La melliflua "The Days of Blue Jeans Were Gone" e la lunga e troppo cantata "Diagnosing Johnny". Ultima segnalazione: la versione deluxe include 43 bonus track, fate vobis! (Francesco Scarci)