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venerdì 24 giugno 2022

Varathron / Ungod - Apocalyptic Mysticism - split 7" EP

#PER CHI AMA: Black Old School
Due band che a modo loro hanno fatto la storia del black, s'incontrano sullo stesso EP. Sto parlando dei greci Varathron e dei tedeschi Ungod. Un 7" questo 'Apocalyptic Mysticism', targato Iron Bonehead Records, un'etichetta da sempre attenta a questo genere di sonorità underground. E ancora underground è lo spirito intatto dei Varathron, una band che segnava i primi passi a fine anni '80 e ora si diletta con questa canzoncina, "The Mystic Papyrous"che mantiene intatto lo spirito ellenico heavy black thrash di quegli anni anche perchè la song sembrerebbe essere stata concepita nel 1993. Ancora più marcescenti gli Ungod e la loro "Sinister Forms of Fallen Stars", un brano che sembra provenire direttamente dagli inferi, richiamando gli esordi ferali dei Bathory, con tanto di chitarre low-fi, produzione scarnissima, ritmiche tiratissime, quanto le screaming vocals del frontman per un lavoro consigliato ai soli aficionados di black old school. (Francesco Scarci)

Glenn Hughes - Resonate

#PER CHI AMA: Hard Rock
Appartenenza e mistificazione. Appartenenza. Il perentorio riff heavy di "Heavy" in apertura di album indubitabilmente identificativo di un chitarrismo blackmoriano (con echi che si rifanno a "Sixteenth Century Greensleeves"), contrapposto al funkytarrismo iperliquido di "Landmines", più o meno collocabile dalle parti dei Living Colour più bidonari (vedi il fottutissimo Invisible Tour inverno 2016). Mistificazione. Il riff paleo-stoner di derivazione ovviamente sabbath/iana che dilania "Flow", magari contrapposto al deliquio iperhammondiano di "Steady" (il polidattiliaco in questione è un certo Lachy Doley), al cui confronto Jon Lord vi sembrerà un cicisbeo imbellettato alla corte di Luigi XV. Appartenenza: la (eccessivamente) autocompiaciuta ambivalenza funky vs. rock vi consentirà oltretutto di reinterpretare la (comunque pessima) copertina. Mistificazione: se appartenete alla schiera di coloro che condividono il pensiero di Sergio Leone su Clint Eastwood, allora divertitevi a suddividere le canzoni di questo album in con-hammond e senza-hammond. L'andamento pop saltellante di brani come "My Town" e "Stumble and Go" testimoniano la occulta presenza di Chad Smith (Red Hot Chili Peppers) a pestare sui tamburi, ancorché in tracce differenti. Ascoltate questo album domandandovi per quale ragione la traccia più interessante, "Nothing's the Same" è solo sulla deluxe. (Alberto Calorosi)

(Frontiers Records - 2016)
Voto:70

https://www.glennhughes.com/

Árstíðir - Tvíeind

#PER CHI AMA: Electro/Indie
Arrivano con la medesima ineluttabilità del tuono che segue il lampo, o del sorrisino che segue la scorreggia: prima i bagliori di visibilità internazionale e poi le roboanti collaborazioni, nello specifico con artisti della nuova electrowave islandese (Ruxpin e Kippi Kanínus) e russa (Iamthenorning, Veell). E, infine, l'inevitabile raccolta di reingegnerizzazioni musicali. Accade così che l'immaterialismo celtico di "Ljóð í Sand" trasmuti in un ipercinetico quasi-jungle mix con ampie aperture space-age, una sciamannanza da inizio '00, se ci pensate, o che "Lost in You" acquisisca certa iperdrammaturgia stile Anathema per pop-morbidirsi successivamente nella seconda parte, o ancora che "Days and Night" venga permeata da quell'elettronica glaciale da ?syntax-error che ricordavate nei primi dischi dei Sigur Rós, o infine che "Á Meðan Jörðin Sefur" (reinterpretata da una anodinica vocina femminile) e "Shades" acquisiscano, seppure in modi assolutamente differenti, certe sinestetiche sensazioni metereologiche poi ampiamente esplorate nel successivo 'Hvel'. Accade, sì. E non ci puoi fare niente. (Alberto Calorosi)

Obituary - S/t

#FOR FANS OF: Death Metal
This is a solid album, not monumental like 'Cause of Death', but still a great effort by these Floridian based death metal veterans. I can say that they're still making good music! The songs are a little bit more up tempo than a lot of their older releases. A lot of energy here, and deathly vocals by John Tardy. I don't know, I liked them with James Murphy on lead guitar but that was just for maybe one album (COD). Their new members are still kicking ass in the lead department though. And the riffs are heavy and thick. Good stuff! Songs are a little bit longer than the usual Obituary but still killing it!

I liked the production quality on here. It's well mixed as well. Tardy's vocals just spew out utter hatred. The riffs are a little groove-laden, but cool. I like the songs on here and the approach. Really good songwriting style on here. And they seem to never lose the intensity or vibe to the songs. It's totally them on here unlike I felt 'Inked In Blood' was a little shallow. Here the production has it more solid than that release I mentioned. Not every song on here is fast but still quality. I liked the whole album all the way through they kick serious butt. The riffs are catchy and heavy as all hell! Death is now!

As I talked about the production and the quality it has than with previous releases, it really did the band good. All the tracks on here are sickly. Behind the set Donald does a good job as well. Both of the Tardy brothers sure as hell rip it up on here. Cannot mistake the Tardy voice though it's one of a kind! I like the song structures how they make way towards total noise annihilation. There isn't a song on here that I disliked. They all were good. A lot of double bass by Donald right alongside that tremolo picking in the guitar department. These Florida veterans are still making good music!

Check this album out on YouTube or just buy the physical CD. The album is worth buying. You get a better sound (to me) on CD. But to each their own. If this review hasn't convinced you to contribute to metal and to the band, then I didn't do my job on here. I'm not sure if this is available to Spotify users but Bandcamp they should be on. Support this band! Their death metal is right on and 30 years in making albums this one is a step up from some mediocre ones. (Death8699)


(Relapse Records - 2017)
Score: 73

https://www.obituary.cc/

Il Wedding Kollektiv & Female Friends Play Soup

#PER CHI AMA: Elettronica/Alternative
Devo ammettere che i remix in genere non mi hanno mai appassionato. Ricordo brani di The Cure e Killing Joke stravolti al punto tale che mi era difficile trovarne un senso, anche se, e ne sono sicuro, una spiegazione artistica ci deve essere, sempre e comunque, in queste strane operazioni di restyling. Ecco spiegata in breve la mia allergia per i remix su vasta scala. Qui però parliamo del progetto di Alessandro Denni, che poco più di un anno fa, usciva a nome de Il Wedding Kollektiv, e rilasciava un'ottima opera prima dal titolo 'Brodo', che abbiamo recensito a pieni voti e abbiamo apprezzato parecchio. Oggi l'artista italico torna con un moniker più lungo, ll Wedding Kollektiv & Female Friends, insieme ad una schiera di ospiti (Eva Geist, Munsha, Francesco Galdieri, Sadi & Sam Barreto Cardoso Bertoldi, Foria) che marchiano a fuoco i brani dell'album con un tocco più elettronico, con tendenze alla musica da club, cambiando le coordinate delle canzoni in maniera anche molto aggressiva. A mio avviso, questo toglie quel sentore di IDM totalmente libera e originale che il disco portava intrinseco tra le sue note. Comunque, l'aumento ritmico è centrato, funzionale, gli innesti elettronici si fanno più pesanti e pulsano a dovere, la voce si frantuma e si ricompone ma l'intima aura di elettronica, avanguardia, no wave e pop cantato in italiano, era meglio percepita nel disco d'origine. Ascoltate la differenza emotiva tra le due versioni di "A Proposito del tuo Candore", e avrete chiaro il taglio stilistico differente, che nel nuovo disco prende una piega sommariamente più orecchiabile e commerciale, che non è male di per sé, ma che non eguaglia il suo predecessore. D'altra parte una voce splendida come quella di Tiziana Lo Conte, la si può ascoltare per ore in qualsiasi contesto senza smettere mai di amare il suo modo di cantare e la sua teatralità. Tornando al nuovo disco, bella la riedizione de "L'Astronomo (super bass remix)" con quelle frasi estrapolate ad effetto e usate in un contesto più claustrofobico, ed anche "Ciò che Resta del Fuoco", che non perde l'atmosfera creata dalle parole di un testo molto suggestivo. In generale, Soup, resta un gran bel album, da apprezzare a sè stante, staccato dalle tracce originali. Tutto è più duro, i suoni, gli accenni alla new wave più accattivante e pop degli 80's, le voci trattate e distorte sono un buon frullato di musiche moderne, pulsanti e ossessive. Il brano che mi ha veramente colpito? L'inedita "Piccola Suite per Lavare i Pavimenti", è splendida nel suo impasto di generi, tra dark wave/etnica e accenni jazz, una vera e propria perla oserei dire, ed anche se sposto ancora una volta il mio gusto personale verso il suo predecessore, devo ammettere che il Il Wedding Kollective, in questi due anni di vita, ha generato musica di altissima qualità e carica di originalità, dischi di musica intelligente che dovrebbero fare la differenza nel disastrato mondo sonoro in cui viviamo. (Bob Stoner)

lunedì 20 giugno 2022

Ninhursag - Rite Of Initiating Blessing Part II

#PER CHI AMA: Black/Death
Non è cosi prolifica la scena croata, ed imbattersi in una realtà proveniente dai Balcani che tratta di antico Egitto e tavole sumere, potrebbe anche rivelarsi un'esperienza musicale significativa. La creatura di oggi si chiama Ninhursag (dal nome di una divinità sumera) e si tratta di una one man band guidata da Enshag che con 'Rite of Initiating Blessing Part II', propone il secondo capitolo di un lavoro iniziato nel 2020. Due soli i brani a disposizione però parecchio lunghi, che si aprono con le sinistre melodie di "Words Spoken by Him Whose Names Are Hidden", una traccia che esploderà in vorticose ritmiche black tra blast beat furenti, partiture sghembe e acidissime screaming vocals. In questo marasma sonoro non mancano nemmeno le melodie, non proprio evidentissime, ma comunque un filo conduttore in sottofondo si sente ed è apprezzabile. Certo, se non avessi letto l'origine del mastermind di quest'oggi, avrei pensato ad un che di transalpino per queste similitudini con gente del calibro di Deathspell Omega. La song non concede troppa tregua con quel suo assalto incalzante e brutale, che si conferma anche nella successiva "The Hymn of the Fifty Names of Marduk", altri nove minuti e mezzo di ipnotiche sonorità black che trovano pace in sporadici rallentamenti dal piglio tribale. Mi piace l'approccio musicale del polistrumentista croato che, pur non inventando nulla di originale, ha per lo meno il coraggio di mettersi in gioco con sonorità frenetiche interrotte solo da un brevissimo ed inquietante break, prima di una nuova feroce ripartenza che vedrà comunque il suono ondeggiare tra ulteriori sfuriate black e rallentamenti occulti, come quelli che chiudono il brano. Insomma, un buon lavoro, ma ho aspettative ben più alte dal futuro dei Ninhursag. (Francesco Scarci)

Sólstafir - Köld

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Prog/Post Metal
Prefiguratevi una chitarra magmatica e assolutizzante che discioglie basso e pelli, un uso a dir poco sfrontato dei piatti. Strumenti e voce conglomerati in una sorta di unisono emozionale. OK? Andiamo. Gettarsi alle spalle le black-ragazzate degli inizi: è tempo di architettare sontuose suite progressive (i saliscendi ritmici ed emotivi di "Köld", la onnicomprensiva "Goddess of the Ages" in chiusura) oppure ipnotiche progessioni post-wave ("78 Days in the Desert" e in sostanza tutto il resto del disco uno). Più prossime ai lavori precedenti invece le cupe rarefazioni doom del disco due: la evocativa, post-gilmouriana "Necrologue", eseguita ad ogni concerto e dedicata a un amico prematuramente scomparso, il neurotico singolo "Love is the Devil (and I'm in Love)", una "World Void of Souls" forse solo eccessivamente lunga ma inaspettatamente Nine Inch Nails nel finale. Ascoltate questo disco mentre cercate di figurarvi i Sólstafir in persona rinchiusi nell'armadio del video di "Close to Me" mentre rotolano giù nella caldera dell'Eyjafjöll. (Alberto Calorosi)
 
(Spikefarm Records - 2009)
Voto: 78

Ekoa - Chrysalis

#PER CHI AMA: Prog Death
Interessante biglietto da visita quello dei polacchi Ekoa che con il loro debut EP intitolato 'Chrisalis', si cimentano in un 4-track che ci dice fondamentalmente quanto di buono aspettarci dal futuro di questa band originaria di Cracovia, che include anche l'ex batterista (spagnolo) degli Occasum Solis. La proposta? Un valido concentrato di prog death dalle forti venature groove/metalcore che si palesano sin dall'opener "Rooted into Grudge" che mette in mostra le potenzialità dell'ensemble sia a livello ritmico che vocale, con un dualismo, voce pulita e growl, davvero azzeccato. L'elevata presenza di melodia si contrappone a riffoni granitici anche nella successiva e più malinconica "The Stoic", mentre le partiture acustiche interrompono intelligentemente quel "wall of sound" (di prima scuola Opeth) che caratterizza il brano. Gradevole anche l'assolo conclusivo, anche se l'avrei preferito di maggiore durata. "Delegation of Thoughts" è un po' più classicona nel suo incedere portentoso ma i vari cambi di tempo, le voci più alternative e il breve assolo, la rendono comunque piacevole. In chiusura "Chimera", il pezzo più lungo del lotto, e quello che forse più si discosta dagli altri, con riferimenti che a mio avviso richiamano anche i nostrani Novembre e che aprono ulteriori scenari per questa nuova storia polacca. (Francesco Scarci)