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domenica 27 settembre 2020

Solkyri - Mount Pleasant

#PER CHI AMA: Post Rock/Math
Quando si parla di Bird's Robe Records è inevitabile pensare immediatamente a qualche realtà australiana dedita ad una qualsiasi forma di post strumentale. Non mi sbaglio quando infilo il cd dei Solkyri nello stereo e mi ritrovo una band originaria di Sydney (ma questo l'avevo già letto nel flyer informativo) che propone appunto un post qualcosa senza avere un vocalist. Questo è quanto lascia trasparire la song in apertura di 'Mount Pleasant': "Holding Pattern" è infatti una miscela irrequieta di post e math rock, che lascia spazio a ritmiche sghembe nella prima parte e si concentra in suoni più intimisti nella seconda. "Potemkin" inizia graffiante tra ritmiche infingarde e stop'n go, in un rutilante incedere non proprio cosi armonioso e melodico come mi aspettavo. Sono alquanto ostici questi quattro ragazzi della East Coast, sebbene abbia l'impressione che loro si rendano conto di poter tirare fino ad un certo punto la propria proposta ma poi essere costretti a dover mollare, dando più spazio ad un sound melodico e pulito che qui si mantiene però criptico e nervoso. "Pendock & Progress" sembra più shoegaze oriented (solo nella prima metà però), un tema quello della malinconia, che tornerà anche nelle successive "Meet Me in the Meadow" e "Time Away". La musica dei nostri è sicuramente piacevole e chi apprezza questo genere di sonorità non dovrà certo lasciarsi scappare questo lavoro che per lo meno mostra meno prevedibilità rispetto a tanti altri dischi analoghi. Quello che lamento ovviamente io, Don Chisciotte del 2020 che lotta contro i mulini a vento, è forse che un elemento fondamentale come la voce non dovrebbe mai mancare, in quanto caratterizzante la proposta di una band, in male o in bene sia chiaro, ma a volte bisogna prendersi certi rischi. Però, che volete che vi dica, io mi infilo le cuffie, inizio ad ascoltare, ma dopo un po' mi subentra comunque una grande noia, per cui devo interrompere e pensare di riascoltare in un altro momento. Mi è capitato anche qui lo devo ammettere, sebbene i buoni pezzi non manchino. Penso alla già citata "Meet Me in the Meadow", emblema proprio shoegasiano, o ancora alla spettacolare "Summer Sun", il mio pezzo preferito: inizio tiepido quasi si trattasse di una melodia da tramonto di fine estate. Poi la traccia evolve, acquisisce dinamicità, potenza, verve forte di quei riverberi spettacolari di chitarra e pulsioni tooliane che la rendono decisamente diversa dalle altre e anche più abbordabile ed interessante. In chiusura, un altro pezzo degno di nota, "Gueules Cassées", una cavalcata roboante di poco più di sette minuti che avrebbe certamente meritato un vocalist a piazzarci quattro urlacci in mezzo per avvalorarne ulteriormente la qualità. Insomma, della serie chi si accontenta gode. (Francesco Scarci)

(Bird’s Robe Records/Dunk!records/A Thousand Arms - 2020 )
Voto: 72

https://solkyri.bandcamp.com/album/mount-pleasant

In Cauda Venenum - G.O.H.E.

#PER CHI AMA: Symph/Post Black
Incontrati già in occasione del loro omonimo debut album e nello split in compagnia di Heir e Spectrale, fanno il loro ritorno sulle scene gli In Cauda Venenum con il secondo lavoro, 'G.O.H.E.', il cui acronimo non mi è ancora dato di sapere. La nuova release del trio transalpino evolve ulteriormente, attraverso le sue due tracce, in un flusso profondo di post black dalle forti venature post rock. Questo quanto si evince dal flyer informativo della label, un po' meno dalle note iniziali della deflagrante "Malédiction", che apre il disco con i suoi 22 minuti di musica possente, tonante poi per quelle sue inequivocabili ascendenze sinfonico-orchestrali che rappresentano verosimilmente la vera novità dei nostri in questo 2020. La traccia è davvero notevole proprio per i suoi traccianti black permeati di grande melodia e poi da quelle sublimi atmosfere che ne ammorbidiscono una ritmica impastata e comunque furiosa, spezzettata qua e là da ottimi passaggi tastieristici, rallentamenti improvvisi e giri di violoncello, come quello che si registra al minuto 13.40, che ci catapulta immediatamente in una lounge room. Tutto questo sottolinea una rinnovata vena sperimentale da parte di Ictus, N.K.L.S. e Raphaël Verguin, i tre musicisti che compongono la line-up degli In Cauda Venenum. La seconda parte della song viaggia su questi binari più sperimentali (fatto salvo lo screaming onnipresente) in una sorta di sound che potrebbe essere accostabile a quello degli ucraini White Ward. La seconda traccia si affida ai quasi 22 minuti di musica di "Délivrance", un pezzo che costitutisce la naturale prosecuzione del primo brano tra ritmiche strutturate, break acustici in cui compaiono spoken words, frangenti ambient, pomposi momenti sinfonici, solenni momenti affidati agli archi (stile Ne Obliviscaris - ascoltate anche qui il fatidico tredicesimo minuto) in un turbillon emotivo davvero entusiasmante, che non concede comunque adito a pensare ad un ammorbidimento del sound dei nostri (viste le arrembanti ritmiche post-black che popolano anche questo secondo gioiello). Penso piuttosto che al solito, la Les Acteurse de l'Ombre Productions ci abbia visto giusto nel mettere a suo tempo sotto contratto questi estrosi musicisti, per cui vi invito caldamente a dargli un'occasione, non ci sarà nulla di cui pentirsi. (Francesco Scarci)

(LADLO Prod - 2020)
Voto: 82

https://www.facebook.com/incdvnnm/

The Pit Tips

Francesco Scarci

Intig - Utfryst
Olhava - Ladoga
Break My Fucking Sky - Blind

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Alain González Artola

Mesarthim - The Degenerated Era
Incantation - Sect of Vile Divinities
Katavasia - Mangus Venator

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Death8699

Blood of the Wolf - III - Blood Legend EP
Cardiac Arrest - The Day That Death Prevailed
Fusion Bomb - Concrete Jungle

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Shadowsofthesun

The Ocean: Phanerozoic II - Mesozoic - Cenozoic
Deftones - Ohms
Collars - Tracoma

My Craving - No Mercy For Broken Hearts

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic, Sentenced, HIM 
La proposta musicale del sestetto piemontese è un gothic rock dalle tinte romantico-malinconiche. Formatisi nel 2003, i My Craving con 'No Mercy For Broken Hearts', ci propinano sette brani (per un totale di 34 minuti), che non sono altro che il demo uscito nel 2004 più tre nuove canzoni e che grazie al contratto con la Gothic Slam Rec., è stato ristampato con una miglior veste grafica. Dunque, c’è da dire subito una cosa: il disco a me non dispiace poi tanto, anche se trovo pessima la performance del vocalist Traci Blackstar, vera mente del gruppo, ma non proprio bravo nel trasmettere le emozioni che un album del genere dovrebbe infondere. Sarebbe stato più indicato infatti in una band hard rock stile Van Halen, ed è tutto dire. Inoltre una pessima produzione che privilegia principalmente la voce di Traci a discapito degli altri elementi del gruppo, di certo non agevola la riuscita di questo lavoro. La musica coglie a piene mani dal tipico sound finlandese di HIM e Sentenced (tanto per citarne solo un paio), proponendosi quindi come un gothic dai tenui colori autunnali fatto di melodie ruffiane, tastiere ispirate, sprazzi di buona musica e godibili assoli. Quello che proprio non digerisco è appunto la voce del frontman che mal si adatta ad un sound che dovrebbe essere invece intimista e che richiederebbe quindi un vocalist più adeguato. Ripetendo quanto detto all’inizio della recensione, questi ragazzi avrebbero dovuto rimboccarsi le maniche e lavorare sodo per scrollarsi di dosso le palesi (talvolta fin troppo ingombranti) influenze dei gruppi nordici sopra citati, migliorare la produzione e cambiare le corde vocali al cantante. Ma dopo questo lavoro, datato 2005, i nostri si sono squagliati come neve al sole. (Francesco Scarci)

(Gothic Slam Records - 2005)
Voto: 58

https://www.metal-archives.com/bands/My_Craving

venerdì 25 settembre 2020

Left Sun - Tidal Flow

#PER CHI AMA: Progressive Metal, Riverside
Sembra ormai una sentenza: per tutti i dischi che mi arrivano dalla Ethereal Sound Works pare sempre più incasinato trovare qualche informazione relativa alla band. Gli ultimi in fatto di tempo approdati sulla mia scrivania sono questi Left Sun, compagine che in realtà avevamo già conosciuto in occasione del loro disco omonimo nel 2016. I lusitani tornano con una release nuova di zecca, intitolata 'Tidal Flow' che ci consegna una band in stato di grazia che prosegue postitivamente sulla scia del debut album, combinando pertanto progressive, alternative e post metal. Forti della presenza di Flavio da Silva dietro al microfono e la meravigliosa Clara Campos al violino, il quintetto sciorina attraverso le nove tracce qui incluse, tutti gli eterni dilemmi dell'uomo, le sue paure e speranze. Il tutto contrappuntato da un sound che, dall'iniziale "Devotional" alla conclusiva "Soaring", mostra una grande progressione rispetto al passato e soprattutto ama coinvolgerci nel suo flusso magnetico che chiama in causa sin dall'opening track, i Porcupine Tree ma che in realtà nel corso di questo liquido viaggio astrale, ripercorre anche le orme di Anathema, Riverside (l'influenza principale a mio avviso), A Perfect Circle e Pink Floyd, in un'alternanza musicale davvero efficace. E allora perchè non lasciarsi abbindolare dai suoni elettronici di "All Roads" o dalle calde e caleidoscopiche visioni strumentali della suggestiva title track. Altrove è la voce di Flavio in primo piano a fare bella figura ma nel retrobottega si nascondono in realtà le eccelse qualità di musicisti competenti, dotati peralttro di grande gusto per le melodie. I pezzi sono tutti in realtà interessanti anche se è ovvio che non brillino proprio di luce propria. Forse non ho apprezzato particolarmente il sound più vintage e scontato di "Cold", di contro l'apertura in acustico di "Waiting" (diamine sembrano gli Oasis), le intemperanze ritmiche di "Celebrate" o le melliflue atmosfere di "Hide" (con tanto di magnifico violino), mi fanno apprezzare non poco questa nuova nuova fatica targata Left Sun. Provare per credere. (Francesco Scarci)

(Ethereal Sound Works - 2020)
Voto: 74

https://www.facebook.com/LeftSunOfficial/

Queen Elephantine - Tribute to Atrophos Vol I

#PER CHI AMA: Avantgarde/Psych/Jazz
Il Covid-19 è tutt'ora fonte di grande dolore ma è stato anche innesco di diverse opere artistiche (libri, dischi, cortometraggi). I Queen Elephantine sono tra quelli che hanno sfruttato il momento di difficoltà proponendo i rilascio di nuovi EP in formato digitale. Il collettivo di Hong Kong, originario però dell'India e con base oggi a Philadelphia, ha rilasciato ad aprile, nel pieno della prima ondata di coronavirus, il cui presente 'Tribute to Atrophos Vol I', primo (di tre?) EP votati all'improvvisazione totale. Li avevamo lasciati sul finire del 2019 alle prese con 'Gorgon', li ritroviamo oggi più stralunati che mai con quattro nuovi eterei pezzi che miscelano casualmente psych e kraut rock, avanguardistico, jazz, drone e stoner con un'alchimia sciamanica misticheggiante. Questo almeno quanto trasmesso dalla trascendentale opening track, "I Alone Am Right", che per undici minuti entra nel mio cervello e con la sua infima retorica cervellotica, insidia i pochi neuroni residui nella mia materia cerebellare, con un sound lisergico e desertico. Ancor più complicata "I Am Left Alone", proprio perchè sa di jam session a tutti gli effetti, quasi che il collettivo indiano si sia messo li un angolino a strimpellare in attesa di far uscire le idee migliori da registrare. Quindi, non è il caso di aspettarsi nulla di travolgente visto che si tratta di pura improvvisazione dettata dalla noia che sembra per lo meno cresca in intensità perchè si è trovata la giusta chiave per costruire una song. E anche con le seguenti "Surfacing" e "Sunk", il canovaccio della estemporaneità non cambia. La prima delle due song ha un andamento oscuro quasi dronico, bloccato in un ipnotico loop di chitarra astrale. La seconda invece è più noise rock oriented (sebbene qualche accenno in sottofondo alla musica indiana), con chitarra e batteria lasciate come cani sciolti a cazzeggio per quattro minuti di puro divertimento. (Francesco Scarci)

Vader - Solitude In Madness

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Death/Thrash
This is vintage Vader, pity that it's only about 30 minutes long. I'd say that the riffs are more catchy than anything else. And the production quality top notch. That's what makes the instruments more endurable and their straightforward songwriting capabilities. Peter did an awesome job here both on vocals and musically. This sounds more death metal oriented than thrash, even though they fall in between these two genres. I'd say that the music is what makes this one stand out more than anything else. The tempos aren't extremely fast, just interesting and unrelenting blasts in your face. The vocals go well with the music. Everything here goes smoothly.

I've never been a huge Vader fan myself, but some of their releases are decent. This is definitely a step-up from their previous. In many ways, I should say. This is probably the best produced Vader album that I can say. And the music is just monumental. I'll use that interchangeably with sublime. I don't think there's a better Vader release than this one for a while. It just smokes. The riffs are probably the highlight of this album. I think most of the riffs are entirely unique. Some fast tremolo picking and some just flat-out bar chord chunkiness. The leads are good, too. They're pretty cool, not sloppy just unique.

I think aside from the production and mixing, this one is definitely done right! These guys kill it in every aspect! Peter's vocal outbursts I think are intriguing. His voice alongside the music is outstanding. I think he's at his peak here, and a pinnacle in the songwriting as well as the lead guitar work. Technical as fuck! These guys worked hard to getting this one to be a better era for the band. I wouldn't say that they're veterans but maybe close to it! Out of the few albums by them, this one by far is the best. I wouldn't disclose this to be their absolute best release, but close to it. Very close to it. And the songwriting, VERY GOOD!

Do the band some justice and purchase the physical CD! You can always check it out on Bandcamp or YouTube before you figure that this is for you or not. If you're a hardcore Vader fan, I'm sure you'll get the physical CD in no time! These guys did a good job for 2020 releases. It's a shame that the album isn't longer than it is, like I mentioned but it sure is something to keep in mind that even then it's still worth getting! Some people don't have CD players anymore so the digital download would be sufficient. But yeah, one of the best Vader releases I've heard, at least for a while that is! Long live the death/thrash legends! (Death8699)


giovedì 24 settembre 2020

Biohazard - Means to an End

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Punk Hardcore/Thrash
Allarme, allarme rosso: una sirena annuncia l’inizio di questo album dei Biohazard (il decimo della loro discografia includendo il 'Live in Europe' e la raccolta 'Tales from B-sides'). L'act di Brooklyn è da sempre fautore di un certo hardcore e 'Means to an End' continua quel percorso musicale intrapreso con il precedente 'Kill or Be Killed', dopo il mezzo passo falso di 'Uncivilization'. È innegabile l’importanza di questa band nel panorama hardcore mondiale, alla luce anche degli anni di militanza nell'underground metallico e da quelli già trascorsi dall’omonimo debut che fece furore nel 1990. Questo disco di Evan Seinfeld e soci ci consegna poco più di mezz’ora di musica selvaggia, un mix tra hardcore, thrash e punk. Le song sono veloci, brutali e dirette, prive di quelle contaminazioni nu/rap che avevano influenzato il già citato 'Uncivilization'. I Biohazard ritornano qui ai vecchi fasti di un tempo: brani come “Killing to Be Free” e “Filled with Hate” sono vere e proprie mazzate nello stomaco. Rabbia, odio, violenza e vitalità sono gli aggettivi che si possono tranquillamente attribuire a questo lietissimo comeback della band di New York City. 'Means to an End' è una breve ma intensa cavalcata che riporta alle radici una band granitica nelle sue idee e nella sua proposta musicale. Che goduria sentire Graziadei e Roberts graffiare con i loro killer riff e quegli assoli in pieno Slayer style. Gli echi di 'Urban Discipline' (secondo album della band) sono forti e captabili lungo tutto il corso del disco a riprova che l’energico hardcore dei Biohazard è qui più incazzato che mai ed esige un vostro ascolto! (Francesco Scarci)

Gernotshagen - Ode Naturae

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Dalla Turingia ecco giungere direttamente dentro al mio stereo la quarta fatica dei Gernotshagen, a distanza di ben nove anni dal precedente album, 'Weltenbrand', che tanto impressionò (pare) la critica musicale. L'oscuro sestetto si presenta come dedito ad un pagan black misticheggiante e lo dimostra subito "Erwachen", intro tastieristica posta in apertura a questo 'Ode Naturae'. Dopo l'estasiante prologo, ecco scatenarsi il black dei nostri con la lunga "Eibengang", una traccia che mette in mostra le velleità dell'ensemble teutonico nel voler coniugare il furore della fiamma nera con sonorità ben più ispirate che ci trascinano in luoghi incantati, popolati da mitologiche creature. E la colonna sonora di tutto questo non poteva che essere affidata alla musica dei Gernotshagen, bravissimi nel saper dosare alla perfezione rabbia (poca a dire il vero) con splendide atmosfere, ma soprattutto incantevoli assoli che elevano alla grandissima le sorti ddell'album. Non li conoscevo, lo ammetto candidamente, ma diavolo che musica spettacolare, cosi suggestiva ed evocativa nel suo incedere, da farmi gridare immediatamente al miracolo. È un black mid-tempo quello che si consuma poi nelle note di "Eisenwald", traccia contraddistinta da una linea ritmica pulita, da screaming (e growling) vocals sempre comprensibilissime e da risvolti gotici che sembrano rievocarmi un che dei primi Moonspell. A tutto questo aggiungete anche una certa vena sinfonica, venature malinconiche e una dose di pompose atmosfere che sembra talvolta sovrassaturare la proposta dei sei musicisti di Trusetal. In taluni frangenti parrebbe infatti che la band voglia stupire con un sound costantemente in movimento che non riesce a proseguire su di uno stesso filone per più di pochi secondi. C'è davvero tanta carne al fuoco in queste tracce e il consiglio che mi sento di darvi è quello di assaporare il tutto con un bel paio di cuffie che possano avvinghiarvi le orecchie ma pure il cervello. E lasciarsi andare. Abbandonarsi alle autunnali atmosfere di "Blut für die Meute", un ascolto ideale per questo periodo dell'anno, laddove il verde delle piante cede il posto agli splendidi aranciati e rossi delle foglie che dipingono idealmente la musica di questa compagine tedesca che scopro ahimè soltanto ora, nonostante la loro formazione risalga addirittura al 1999. Mea culpa, e per farmi perdonare, mi darò all'ascolto dei precedenti lavori, ma nel frattempo ho promesso di immergermi nelle magica musicalità delle successive tracce: "Fahle Wege" sembra ispirata da certe cose dei Moonsorrow (soprattutto a livello effettistico) mentre i seguenti deliziosi capitoli che ci condurrà per quasi 70 minuti di musica a gustare melodie di un altro tempo. "Zyklus Tod" e "Wildnis" sono due song notevoli per proposta artistica, forse più cruda e orientata a sonorità doomish la prima, sebbene una seconda parte più varia, tra epici chorus e ritmiche più arrembanti (per non dire blackish). La seconda invece parte subito forte, tagliente, la più violenta del lotto e per questo anche la più imprevedibile. Ma i Gernotshagen sanno come ricatturare l'attenzione di chi ascolta, proponendo nuovamente partiture estremamente atmosferiche, cariche di un misticismo davvero intrigante, corredato qui da voci e cori puliti. Il risultato conferma l'eccelse doti dei sei guerrieri germanici, nelle cui file figurano anche ex membri di Menhir e Firtan, due band parecchio apprezzate da queste parti. In chiusura, la song fiume, "Transzendenz", diciassette e più minuti di sonorità fosche e decadenti, all'insegna del black progressivo, ove perdersi definitivamente nell'ascolto di un lavoro di tale portata che si candida ad essere una delle mie sorprese di questo 2020. Classe sopraffina, melodie incantevoli, talento da vendere per una band davvero sorprendente. (Francesco Scarci)