#PER CHI AMA: Gothic/Dark |
Premetto che a me piacciono particolarmente le band tendenti allo psicotico, folle, assurdo: questa band italiana è una di quelle (oso persino a paragonarla agli inglesi Eibon La Furies: mi elettrizzano allo stesso modo). Formatisi a Roma nel lontano 1992, il loro genere può essere indicato come un gothic metal sperimentale, tendente a parti teatrali. Quello che mi appresto a recensire è la versione decennale rimasterizzata e comprensiva di una traccia inedita (infatti è il loro primo album, uscito nel lontano 1997). La prima traccia, "Nec Sacrilegium, Incesti Gratia! (N.Anathem / Romanovhimmelfahrt)", si avvale di suoni campionati, chitarra distorta, cori di chiesa e rintocchi di campana; man mano che si prosegue, si può persino udire una specie di esorcismo, ovviamente in italiano: impressionante e coinvolgente, ai limiti della sanità mentale... Assolutamente da ascoltare, anche grazie ai primi 8 minuti (sui 21 della durata del brano) con una “particolare” confessione... altro non voglio dire per non rovinarvi la sorpresa. "Lyturgical Obsession" inizia con un'aria tempestosa, dove vento forte e tuoni vengono seguiti ed accompagnati da note di organo. Verso metà brano si ode un giro di chitarra elettrica: è lì che il brano inizia, con la voce teatrale tendente un po' all'orchestrale e un po' al growl, mentre il sound in sottofondo è molto semplice e campionato (ciò che dà particolarità al brano sono infatti i rumori che si alternano alla voce). Una piccola nota di follia, insomma. Violini e cori maschili aprono la terza traccia, "Under the Elation’s Drape (of my Nobility)": il tono di voce cantato è quasi uguale alla traccia precedente, se non per la decisione di rimanere più sullo stile de “Il Fantasma dell'Opera” (infatti me li immagino di nero vestiti, con una maschera bianca sul volto). Da metà in poi tutto cambia: il canto teatrale viene accompagnato solo da una chitarra acustica, per poi tornare esattamente con la combinazione dell'inizio brano. Altra musica per "I Want Hate!" dal timbro più rock, ma senza mai tralasciare la vena operistica: il sound che ne esce sembra più stile anni '80 (addirittura mi viene in mente Billy Idol!), dove chitarra elettrica, drum machine e tastiere si fondono in un tributo a quel particolare lasso di tempo. "White Venus" è la cover delle Bananarama del 1986 (a loro volta cover degli olandesi Shocking Blue del 1969) in stile più “techno-trance”: ben fatta, a mio giudizio. Torniamo ai monologhi in italiano con "Un Mondo Senza Stelle", quasi ad interpretare una poesia sul connubio stelle/lucciole con note di violoncello e base campionata; con le parole di chiusura della Divina Commedia, si chiude a sua volta questa traccia/monologo. La traccia inedita menzionata all'inizio della recensione è anche l'ultima traccia di quest'opera. "No More" è più uno sfogo sull'attualità, più in stile techno (vedasi “White Venus”) che ricorda gli Scooter: posso solo consigliarne l'ascolto, perché altre parole per descriverla non ne ho. In chiusura, posso dire che questi romani Deviate Damaen sono esattamente come il loro nome: matti, deviati, folli, particolari. Quando sarete alla ricerca di qualcosa di particolare da ascoltare, procuratevi questo cd. (Samantha Pigozzo)
(Space 1999)
Voto: 85
Voto: 85