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#PER CHI AMA: Metal Prog Sperimentale, Devin Townsend |
Geni, folli, temerari o cos'altro diavolo sono questi spagnoli Pervy Perkin? La band di Madrid ci spara un mattonazzo di quasi 80 minuti (60 dei quali raccolti in sole tre canzoni) fatto di sonorità progressive che vanno a scomodare Porcupine Tree, Riverside e Devin Townsend, giusto per citare solo alcuni dei nomi più eclatanti che ho individuato durante l'ascolto di '.ToTeM.', visto che poi il disco trova modo di prendere strane pieghe sonore e finire per involarsi in territori che di metal hanno ben poco. La prima testimonianza la si raccoglie con la lunga opening track: "I Believe" dura infatti ben 15 minuti che oltre ad evocare la band di Steven Wilson e soci in sonorità marcatamente prog, trova anche il modo di sprigionare un che dei Queen, ispirarsi ad uno dei molteplici progetti di Mike Patton e nel medesimo frangente anche di fare il verso agli Opeth, quest'ultimi forse per il solo uso delle growling vocals in una matrice prog. La traccia comunque ha le sue pause, tant'è che la sensazione percepita è quella di aver ascoltato almeno 3-4 pezzi visti i cambi ritmici in cui incappa. Dopo il primo ascolto ciò che rimane è l'impressione di aver a che fare con una band davvero originale e pure preparata tecnicamente, il che non guasta di certo in un genere complicato da suonare come questo. Da sottolineare l'aspetto corale delle vocals, cosi come la bravura del frontman, tale Dante The Samurai, in versione clean dietro al microfono. Sostenuto un primo allenamento con la song iniziale, l'intermezzo trip hop di "The City" (stile Portishead per capirci) e la successiva "KountryKuntKlub", traccia che almeno nei primi secondi sembra citare gli Anathema, ma poi sfocia in realtà in un folle (e sottolineerei folle) pezzo country, non ci resta che affrontare la maratona di 26 minuti di "Mr. Gutman", introdotta da un altro intermezzo trip hop. Eccoci quindi al cospetto di questa infinita canzone, dove mi aspetto francamente di sentirne delle belle: l'intro sembra di quelle affidate ad aprire una favola, della serie "once upon a time...". Poi la musica imbocca altre deliranti strade in bilico tra space rock, blues, il teatro dell'assurdo di "zappiana" memoria, colonne sonore, fino ad una ricerca musicale più avanzata, che vede nel prog di Yes o Rush altri mondi esplorati da questi pazzi ragazzi iberici. La song è davvero complessa, si rischia a tratti addirittura di perderne il filo conduttore, soprattutto se si passa dall'hard rock al death metal nel giro di pochi secondi, facendo tappa nel funk alternative dei Primus e l'attimo successivo stiamo già ascoltando musica elettronica, improvvisazioni swing e mille altre diavolerie che hanno il merito (o demerito, fate voi) di disorientare, anzi no, ubriacare letteralmente l'impavido ascoltatore che ignaro si mette all'ascolto di '.ToTeM.'. Probabilmente non vi avrò raccontato esattamente tutto quello che vi ritroverete ad ascoltare in questo brano, però voi pensate a qualsiasi cosa fuori dagli schemi e verosimilmente la incontrerete qui, in quella che è la song più incasinata mai ascoltata in tutta la mia carriera di recensore. Qui ce n'è davvero per tutti i gusti e forse proprio qui potrebbe risiedere il limite dell'album, in quanto alla fine il rischio è quello di non accontentare nessuno o solo quei pochi dalle vedute assai ampie. Certo, i riferimenti musicali all'interno del disco sono vastissimi e serve aver mangiato un'enciclopedia della musica per poterli cogliere tutti. Uno psicotico intermezzo noise e si arriva scossi a "Hypochondria", una song dove i nostri, non paghi del casino fin qui creato, si mettono ad emulare i Pungent Stench con un death malato che comunque qualche secondo più tardi sarà già evoluto nel sound dei System of a Down, a seguire nei Between the Buried and Me o nei Cynic e infine ci si lancia verso sonorità aliene (mancavano solo queste d'altro canto). Direi in generale che il motto dell'act madrileno sia "chi più ne ha, più ne metta", visto che i cinque non si fanno mancare neppure scariche grind (ma è solo questione di decimi di secondo). È il momento dell'intermezzo industrial, tale contaminazione mancava all'appello. Siamo quindi giunti al mostro finale, cosi come in un qualche videogame anni '80. La prima citazione di "T.I.M.E. (Part 1 The Experiment)" spetta ai Radiohead, ma non temete, 20 minuti sono lunghi e c'è il tempo di ascoltare tutto e il contrario di tutto. Eccomi difatti accontentato perché i nostri calano un bel rifferama potente, ovviamente tranciato per lasciar posto a voci sofferenti coadiuvate dalla sola batteria in un pezzo hard rock. Ma i nostri soffrono a non sorprendere i fan, e già in sottofondo si percepisce il desiderio di inserire qualche altro elemento che da li a poco rivoluzionerà completamente l'incedere del pezzo, statene certi. I Pervy Perkin sono fatti cosi, e in questi ottanta minuti ho imparato a conoscerli e ad apprezzare la loro proposta schizofrenica, forse perché un po' schizofrenico lo sono pure io... (Francesco Scarci)