#PER CHI AMA: Emotional Metal, Anathema, Klimt 1918, Katatonia |
Quattro strumenti per quattro ragazzi d’oltralpe ed il gioco è fatto: mettete assieme due chitarre dall’animo opposto, una intenta a graffiare l’asfalto e mitragliarvi di schegge e frammenti di catrame, l’altra a cullarvi ed avvolgervi in morbide onde, quindi un basso ed una batteria precisi e puliti nello scandire la marcia di questo disco che, a parere di scrive, è quanto di più ruffiano sia passato ultimamente da queste parti. A tutto questo poi mescoliamo una voce calda e pulita, perfettamente calata nella parte di cantore delle arie melodiche sparate fuori con classe da questi cugini francesi di Grenoble, che per certi versi ricorda la prova di personaggi come il bravissimo Marco Soellner dei nostrani Klimt 1918. Insomma, musicofili assetati più di melodia che di sferragliamento, qua c’è pane per i vostri denti: 'Inside', infatti, non poteva avere titolo migliore giacché mantiene fede letteralmente al suo significato fin dal primo ascolto, infilandosi a forza nelle vostre orecchie per restarvi... ma senza arroganza e pretese di sorta. L’ho definito un lavoro ruffiano, ma nel senso più positivo possibile del termine: per quanto mi riguarda, questi ragazzi hanno composto un album che senza difficoltà potrebbe piacere anche a tutti coloro che non ascoltano la nostra musica preferita, quasi una testa di ponte da proporre, per dire, alla vicina di casa molto carina che non sapete come approcciare. Scherzi a parte, non voglio far passare l’idea che si tratti di un lavoro semplice, perché non è affatto così: la relativa facilità con cui si riesce ad ascoltare non deve distrarre dalla sua complessità e, come spesso (e per fortuna!) capita, anche dopo diversi ascolti non si esaurisce. Voglio dare ulteriormente supporto a questa affermazione citando le fonti di ispirazione dei ragazzi (peraltro facilmente riconoscibili), che annoverano pezzi da novanta come Katatonia ultimo periodo, Moonspell, Anathema e Paradise Lost, ai quali vorrei aggiungere i succitati Klimt 1918. Tutto risulta molto pacato, nessuna voglia di strafare ed il risultato è un insieme di pezzi che si susseguono con naturalezza, in un altalenarsi di episodi ora più morbidi, ora più aggressivi, senza un solo passo falso, cosa non facile da ottenere puntando su un prodotto di tale tipologia (dove la sensazione del “bah, troppo melenso” è sempre in agguato). Mi risulta un po’ difficile segnalarvi un pezzo piuttosto che un altro data la qualità validissima di ogni singola canzone, pertanto mi limito a nominarvi l’opener “The King of the Broken Chair”, che introduce al meglio l’attitude dei Nostri, “When I Die” dal refrain di presa immediata (vi ritroverete a canticchiarlo di sicuro) e la conclusiva “The Way”. In definitiva, ottimo disco ed ottimo esordio (self-released), buona produzione, veste grafica molto semplice ma tutto sommato curata. È un sentiero non facile quello intrapreso dai Cold Lands e sarà interessante seguirne le mosse future. Per intanto gustiamoci appieno questo lavoro: promossi a pieni voti. (Filippo Zanotti)
(Self - 2013)
Voto: 80
http://www.cold-lands.com/
Voto: 80
http://www.cold-lands.com/