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Visualizzazione post con etichetta Daemon Worship Productions. Mostra tutti i post
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lunedì 25 novembre 2013

Odem - The Valley of Cut Tongues

#PER CHI AMA: Brutal Death, Behemoth
Le lunghe mani della Daemon Worship Productions arrivano ovunque, fino a raggiungere la Russia e farci scoprire il nuovo EP di questo misterioso trio, che giunge a tre anni di distanza dal debut 'Rape Your God and Pray for Reprieve'. “Nail as the Weapon of Hatred” irrompe furiosa nel mio stereo con un brutal death moderno in linea con le produzioni dei gods polacchi Behemoth, che ne rappresentano verosimilmente la principale influenza. Si tratta però di una riedizione più pulita di un vecchio brano visto nel precedente lavoro. Le ritmiche sono la classica contraerea vista nei cieli di Baghdad una ventina d'anni fa: bagliori infiniti ed intermittenti nell'oscurità della notte. Certo che con la drum machine tutto è più facile quando si deve essere devastanti. L'energia non va certo a dissiparsi con la successiva “Cult of Flesh” in cui l'impianto sonoro è ovviamente affidato ad un riffing spietato, che talvolta sfocia nel grind, a delle vocals catacombali e ai famigerati ultra blast beat garantiti dalla disumanità caotica della batteria artificiale. Un rallentamento nella dirompente velocità dei nostri, arriva con “Healing Catalepsy”, song che si mette in evidenza per la capacità dei nostri di saper rallentare la propria esuberanza stilistica. La conclusiva “Satanskin” chiude questo breve lavoro di bieca malvagità, offrendo un concentrato di odio e ferocia, sorretti da continui cambi di tempo e oscure atmosfere che la identificano come mia song preferita. Nulla di nuovo all'orizzonte però: ottima tecnica che supplisce ad una certa scarsità di idee, che si lasciano intravedere solo nell'ultimo brano. Se tutta questa forza venisse indirizzato in un modo migliore, sono certo che ne potremo sentire delle belle in futuro. Per ora una striminzita sufficienza, preferisco andarmi a riascoltare gli originali. (Francesco Scarci)

(Daemon Worship Productions - 2013)
Voto: 60

http://www.odem-official.com/

sabato 16 novembre 2013

Serpent Noir - Seeing Through the Shadow Consciousness: Open up the Shells

#PER CHI AMA: Black/Thrash old school, Hellhammer, primi Bathory
La Daemon Worship Productions si sta confermando per il sottoscritto pozzo di conoscenza per quanto riguarda una scena underground maledettamente oscura e malvagia. La band di oggi arriva dalla Grecia grazie all'unione di alcuni membri di band altrettanto sconosciute anche per uno come me, che pensava di conoscere buona parte del sottobosco estremo. I nomi Embrace of Thorns, Necrovorous, Nefandus, Ofermod, Leidungr, cosi come Serpent Noir non mi dicono nulla. Ciò non toglie che quello che ho fra le mani sia qualcosa che scotta, come quei vapori di zolfo che si alzano dalle viscere dell'inferno. “Allies from the Black Sun Universe” esordisce con un black cupo e tirato che a metà brano si mette in mostra per la sua veste liturgica e sulfurea. Un gran plauso lo faccio immediatamente allo screaming chiaro e graffiante del vocalist Kostas e al martellante drumming di Michayah Belfagor. “Dragon Egregore” emana un feeling più old style, con le chitarre che si muovono in territori horror/heavy metal, regalandoci anche uno splendido assolo conclusivo. Con “Voids of Samael” si torna a picchiare selvaggiamente, con il sound che si mantiene ancorato ad un black dalle forti venature thrash, di un passato mai dimenticato (Hellhammer, primi Bathory), prima di interrompersi in un ritualistico break centrale, con suoni di morte che aleggiano nell'etere. L'incedere di “Andramelek Stone” è lento e minaccioso, cosi come pure quello spettrale di “Black Sphere”, due brani in cui la componente horror si rivela preponderante. Un gong apre la breve e classicheggiante “Shifting to Shadows Consciousness” in cui sono le grevi sonorità di chitarre e basso a mettersi in mostra. “Dragon Noir” è un altro cerimoniale che ci introduce alla conclusiva “Open up the Shells” altra song bella tirata, con un lunatico assolo centrale, ambientazioni esoteriche da brivido che completano un'opera davvero gradevole dal sapore old school. Occulti! (Francesco Scarci)

(Daemon Worship Productions - 2012)
Voto: 70

https://www.facebook.com/pages/Serpent-Noir/

mercoledì 6 novembre 2013

Wormlust - The Feral Wisdom

#PER CHI AMA: Black, Aborym, Deathspell Omega
Della furia iconoclasta degli islandesi Wormlust, sentirete parlare a lungo. “The Feral Wisdom” è un disco di quattro lunghi pezzi che si apre con la feralità intransigente di “Sex Augu, Tòlf Stjörnur”, un assalto di dieci minuti fatto di urla disumane, ritmiche completamente impazzite che violano le leggi della fisica in fatto di velocità (menzione d'onore ai blast beat infernali) e atmosfere che oscillano tra la glacialità, il terrore e l'incubo. Se dovessi trovare un termine di paragone per il sound dei nostri, penserei agli Aborym più estremi e schizoidi che fanno una jam session sulla scena di un film di Dario Argento. Difficile però dare una definizione più specifica al genere proposto da H.V Lyndgal, la mente malata che si cela dietro il monicker Wormlust. Potrei sicuramente parlare di unhortodox black metal, ma anche di sperimentazioni industrial-noise che si palesano nella matrice tissutale di questo apocalittico viaggio senza speranza. Con “Djöflasýra” il ritmo, per lo meno inizialmente, si mantiene più compassato, anche se i vocalizzi del musicista islandese, sono veramente inquietanti, spaventosi e assai originali, con la musica del combo nordico (ampio merito va alle linee di chitarra totalmente deviate e dissonanti) che propaga folate di odio come mai avevo sentito prima d'ora. Fortunatamente, un quanto mai inatteso break centrale tra l'ambient e l'etereo, mi concede il tempo di rifiatare e ghermire lo scudo prima di un nuovo assalto furibondo dei nostri. Tali sonorità sono una novità per me, mai avevo provato un cosi grande senso di inquietudine durante l'ascolto di un disco, ma dovete credermi che “The Feral Wisdom” rappresenta un episodio unico nella mia sconfinata discografia. Come prevedevo dopo la quiete la tempesta, ed ecco scatenarsi l'inferno sulla terra con vocalizzi non di questo mondo terreno e suoni che solo il diavolo in persona può aver musicato. “Á Altari Meistarans” mi conduce direttamente tra le anime dei dannati: l'atmosfera è sulfurea, la temperatura molto calda e il ritmo molto lento e seducente, anche se in lontananza si percepisce la sofferenza di quei condannati all'eterno dolore. Chiude questo enigmatico disco “Idur Úti” altro pezzo che esordisce con un ambient criptico a cui segue una breve sfuriata black prima del conclusivo e bestiale inno al maligno. Menzione finale per lo splendido artwork dell'opera e per l'azzeccata scelta, ancora una volta, da parte della Daemon Worship Productions, di mettere nel proprio roster questi pazzi visionari. (Francesco Scarci)

(Daemon Worship Productions - 2013)
Voto: 80

https://www.facebook.com/wormlust

lunedì 28 ottobre 2013

Monte Penumbra - Heirloom of Sullen Fall

#PER CHI AMA: Black Avantgarde, Ved Buens Ende, Blut Aus Nord
Vi avevo detto di tenere sotto controllo questa etichetta americana, la Daemon Worship Productions, perché ne avremo sentite delle belle e questi portoghesi Monte Penumbra non fanno che confermare le mie ipotesi. La band lusitana ha tra i suoi due membri tal W.uR, che avevamo già incontrato in occasione della recensione degli Israthoum, band black metal dalle tinte mefistofeliche. In compagnia di Mons Vcnt, fidato scudiero anche negli Ab Imo Pectore, i nostri danno luce a questa strana creatura dedita a suoni neri come la pece e dall'aura occulta, come confermato anche dalla opening track, “By Depths Occult“. La song offre un black d'avanguardia che risulta principalmente influenzato dalle sonorità di Ved Buens Ende e suoi derivati. Potrete quindi capire che quello che ho fra le mani, non è certo un prodotto di semplice assimilazione in quanto i suoi suoni risultano spesso stralunati a causa della loro imprevedibilità. Imprevedibilità appunto a rappresentare il punto di forza del duo portoghese. Quando attacca infatti “Dark Figure” rimango rapito dai suoi suoni (e dalle sue splendide clean vocals), che muovendosi tra Virus, Arcturus e altri mostri sacri del genere, ci delizia con le sue parti atmosferiche miscelate alla perfezione con il sound avantgarde-progressivo che sta rendendo grandi, recentemente, anche gli Enslaved. In “A Moonlit Stream Protrude“, la voce torna ad essere più sofferta mentre le linee di chitarra si confermano sghembe e deliranti con psichedeliche fughe in territori catartici, tanto cari ai miei amati Blut Aus Nord. Una meraviglia, seppur sia di difficile digestione. Si continua con gli umori fluttuanti di “The Trident and a Vagrant” in cui ad alternarsi è la voce di W.uR tra il raw e il pulito e le atmosfere decadenti garantiscono momenti di ancestrale bellezza. “Kinaesthetic Smoke” si apre con interlocutori suoni stranianti: lame e una componente noise su cui poi si attacca la ritmica tagliente dei nostri e delle indecifrabili voci in sottofondo, ma la sorpresa compare ben presto con delle ambientazioni che oscillano spaventosamente tra il drone e l'elettronica. Quasi vacillante sotto i colpi inferti da questo delirante esempio di musica d'avanguardia, mi appresto ad affrontare le conclusive “Drawn”, assai caustica e malata nel suo incedere con un altro allucinante break centrale da far impallidire i nostri visi ed infine “Circulus Vitiosus”, ultima song che mette la parola fine al delirio creato da questo “Heirloom of Sullen Fall” con sonorità ancora al limite dell'ambient/drone e della sperimentazione fine a se stessa. Monte Penumbra, un nome da appuntarvi assolutamente nelle vostre agendine come prossimo disco da acquistare... (Francesco Scarci)

(Daemon Worship Productions - 2013)
Voto: 80

https://www.facebook.com/pages/Monte-Penumbra/248939275228918

sabato 26 ottobre 2013

Nightbringer/Dødsengel - Circumambulations of the Solar Inferno

#PER CHI AMA: Black, Deathspell Omega, Blut Aus Nord
Un altro split cd, questa volta rilasciato dalla interessantissima etichetta Daemon Worship Productions (date pure un occhio al loro malvagio catalogo) in cui a confrontarsi sono i norvegesi Dødsengel, balzati alle cronache lo scorso anno con la release dell'introvabile “Imperator” la cui recensione potete trovare su questa stesse pagine e gli americani Nightbringer. Quattro tracce di oscuro ed enigmatico black metal, che vede aprire i battenti con la band del Colorado. “Watchtower of the West: Gate of the Mighty Dead“ ci presenta la band statunitense, che si è fatta notare nel 2011 con il lavoro “Hierophany of the Open Grave”, fuori per Season of Mist. In queste due tracce il quintetto dà prova di un granitico e sghembo black metal. Inizio affidato a delle litanie liturgiche, quasi ambient, in cui l'unica cosa che percepisco è un'insana malvagità. Poi ecco esplodere nelle mie casse il fragore malsano e distorto del sound dei nostri. Blut Aus Nord e Deathspell Omega i principali punti di riferimento per un black ortodosso ricco di atmosfere pregne di magia nera. Da brividi i rallentamenti assai vicini al doom, da incubo le screaming vocals che si ergono sul tappeto lento e occulto. Con “Watchtower of the North: Ascension of the Midnight Sun“, una gelida folata arriva dal nord con inno black di suprema bellezza. Dentro di me si materializzano le più infauste paure, insicurezze che gravitano e popolano la mia mente che tortuosamente viene inglobata e divorata dai suoni spettrali dei Nightbringer. Spaventosamente affascinanti. È il turno dei norvegesi, da cui è lecito aspettarsi molto. “Watchtower of the East: Horus Sunflesh“ apre come un'altra invocazione carica di delittuosa malvagità, una tempesta sonora che spazza via quanto era rimasto nelle nostre menti. Le melodie delle chitarre sono quelle di sempre, gelide ma in questo caso non cosi intense come in “Imperator”. La conclusiva “Watchtower of the South: Drunk Upon Inmost Fire” è una montagna insormontabile da 12 minuti che ci conduce finalmente all'ultimo cancello (il concept del cd ruota intorno ad un viaggio che dalla morte, attraverso il mondo sommerso si arriva all'ascensione ed infine alla rinascita). La furia black si mutua con ritmiche doom, in cui a ergersi è un'aspra voce spiritata; a fare capolino e rendere la proposta più lugubre ci pensano cupi momenti di desolante atmosfera. Non mi hanno impressionato granché in quest'occasione i Dødsengel, decisamente più all'altezza i Nightbringer, per un disco che comunque merita assolutamente il vostro ascolto. Sinistri! (Francesco Scarci)