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lunedì 29 luglio 2013

Me After You – Foughts

#PER CHI AMA: Post Punk, Dark Wave, Shoegaze, Alternative
Sono giorni che non riesco a staccarmi dalle questo disco d’esordio dei Me After You, duo anglo-italiano con base a Copenhagen (!) che si autodefiniscono alfieri del Bluesgaze, sorta di ibrido tra blues e shoegaze, e di sicuro autori di un lavoro ricco di spunti interessanti, nel suo declinare un rock di stampo post-punk in maniera sicuramente originale e di impatto. Il suono della band (sapientemente curato in questo disco da Andy Miller, già produttore di nomi importanti come Mogwai e Arab Strap) si fonda sull’equilibrio tra Leonard Seabrooke e Federico Festino, uno responsabile delle notevoli parti di basso e in possesso di una particolarissima voce baritonale – che oscilla continuamente tra lo Ian Curtis più mesmerico e il primo, animalesco Nick Cave – laddove l’altro suona batteria e tastiere. Il disco è aperto da un vibrafono indolente che sfocia nell’ipnotica "Fat Man", sorta di inaudito ibrido tra Joy Division e certe asprezze math. "Out of My Mind", scritta e cantata da Festino, parte quasi come un pezzo electro-wave e presenta anche una parte declamata in italiano, un po’ sullo stile dei grandi Massimo Volume. E l’influenza della musica di Emidio Clementi e soci non si limita a questa citazione, tanto che a metà scaletta compare una convincente versione de “Il Primo Dio”, che pure tradotta in inglese conserva intatta la sua forza evocativa. L’album è pieno di brani davvero notevoli e molto originali nel loro coniugare senza soluzione di continuità marzialità new-wave ed esplosioni improvvise e quasi sguaiate, come nella splendida "Wipe the Blood". Il termine “Bluesgaze” sembra calzare a pennello alla solenne "Retrospecting", mentre la trascinante "Someone to Hate" pare un apocrifo dei R.E.M in chiave darkwave, e in un mondo perfetto sarebbe in heavy rotation su tutte le radio. Nella parte finale del disco i suoni e le atmosfere si appesantiscono, tanto che "Revolt!" sfodera un basso infernale e un incedere noise che non sfigurerebbe su un disco Touch & Go dei primi anni '90, mentre "Mama" viaggia dritta su binari distorti, come un treno senza controllo. Lavoro interessantissimo e – l’ho già detto? – estremamente originale, in grado di piacere tanto ai cultori della wave che portano fieramente la loro T-shirt di "Unknown Pleasures", quanto agli amanti del rock più viscerale e a tutti i curiosi sempre in cerca dell’ultima sensazione post-qualcosa. (Mauro Catena)

(Custom Made Music, 2013)
Voto: 75

http://www.meafteryou.net/

sabato 23 febbraio 2013

Shiko Shiko - Best New Bestiole

#PER CHI AMA: New Wave, Post Punk, Arcade Fire, Talking Heads, Vampire Weekend
Dunque, immaginate di dover assaggiare una torta, e di riuscire a riconoscerne con una certa sicurezza tutti gli ingredienti, sapori familiari che sapete ricondurre a luoghi, persone, situazioni ben precise, ma che riescono comunque a sorprendervi per il modo in cui sono accostati, usati, dosati. Ecco, questo è un po’ l’effetto che mi ha fatto l’ascolto di questo esordio degli Shiko Shiko, combo francese di Lille e abili pasticceri in grado di combinare con maestria elementi noti, fino ad ottenere un risultato davvero gradevole, curioso, interessante e stimolante. Prima di tutto la torta si presenta bene, che non è cosa da poco; bel digipack e libretto riccamente illustrato. Ora, tagliatene una fetta e portatela alla bocca. Il primo morso, si sa, è importante. È importante la consistenza, è importante il profumo. E qui i denti affondano - nell’iniziale “D.P.M.M.P.D” - in una piacevole crosticina croccante fatta di muri chitarristici, drumming tribale e cori che stanno da qualche parte tra i Liars e i primi Deus; poi, subito sotto, un strato di marmellata new wave con pezzi di veri suonini Atari, e quindi un impasto denso di riff e accelerazioni post punk. Soddisfatti e incuriositi, si viene accolti da dolcezze stile Arcade Fire, con retrogusto kraut-psichedelico inframezzato da asprezze post punk e improvvise accelerazioni simil hardcore. Qua e là qualche candito elettronico e croccante di percussioni ossessive, immersi nella più classica crema Talking Heads, e strati sottili di chitarre affilate alla Vampire Weekend. Il gioco continua, ed ecco allora delicati tappeti elettronici orientaleggianti su cui si poggiano strati di sax, cori enfatici, esplosioni hard e persino, nella bella “Masca Masca”, una chitarra western alla Sergio Leone. Si arriva in fondo con la consapevolezza di aver assaggiato una bomba calorica, ma la bravura dello chef sta nel fatto di averla fatta sembrare leggerissima e, inevitabilmente, di indurvi a volerne tagliare subito un’altra fetta. Questo è un disco importante, che spazza via buona parte delle “new sensation” in ambito new wave e post punk pompate dalla stampa negli ultimi anni. Farselo scappare sarebbe una mossa davvero poco furba, e per rendersene conto è sufficiente dare un ascolto al disco sul bandcamp del gruppo. (Mauro Catena)