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martedì 23 giugno 2020

Visceral Evisceration - Incessant Desire for Palatable Flesh

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Doom
Nonostante il nome Visceral Evisceration accenni a riferimenti grind-splatter gore, questa band austriaca, con il loro unico album, 'Incessant Desire for Palatable Flesh', ci regalarono nel 1994 (remixato e rimasterizzato poi nei primi anni '90) un intrigante connubio grind-death-doom, dalle tinte grigio scure. Testi anatomo-patologici, accompagnano eccellenti e sofisticate linee melodiche di chitarra; le voci si alternano tra il growl e il pulito, e fa la sua prima comparsa in un genere cosi estremo, la voce operistica di un uomo e di un soprano donna. Musica bizzarra, intensa e mai banale che vi saprà sorprendere con le sue continue geniali trovate. La band ahimè si sciolse dopo quest’unico album per riformarsi nel 1995 sotto il nome di As I Lay Dying da non confondere però con gli omonimi metallers statunitensi. Il neo formato combo austriaco rilasciò un promo e poi sparì del tutto dalla faccia della terra. Un vero peccato, perchè suoni del genere in futuro, non se ne sono più risentiti. (Francesco Scarci)

(Napalm Records - 1994)
Voto: 90

https://www.facebook.com/visceralevisceration/

venerdì 22 maggio 2020

Dead Prophet - Sounds of Enlightenment

#PER CHI AMA: Death/Grind
Ep di debutto per questa non troppo giovane band: formatisi infatti nel 2011 a Nowy Sącz in Polonia, dopo tre anni di attività, i Dead Prophet si prendono una pausa di altri 36 mesi fino al 2017, quando il trio ritorna in sella e si mette a registrare questo 'Sounds of Enlightenment'. Cinque pezzi di una ferocia inaudita che confermano come la terra di Behemoth, Vader e Antigama, sia luogo ideale dove sprigionare la furia di un terremoto. Fatta eccezione per l'intro, il lavoro è infatti uno schizofrenico dipinto di suoni techno death/grind che s'innescano da "Unexpected Suffering" e arrivano alla conclusiva "Mutilated Waltz", danzando sull'ubriancante vortice di un brutal death senza compromessi, con chitarre sparate alla velocità della luce e una voce caustica dietro al microfono. I nostri non solo divampano la loro energia con sfuriate death grind, ma si confermano abili giocolieri quando tirano il freno a mano per il classico testa coda e il rallentamento è li, dietro l'angolo, pronto subitamente a ripartire. Interessante la terza "Renunciacion of God" che a livello atmosferico (ridotto al lumicino sia chiaro) mi ha evocato i Nocturnus di 'Thresholds', mentre le ritmiche successivamente fanno l'occhiolino ai Morbid Angel più incazzati. E la gragnola di colpi prosegue anche sotto il martellare senza tregua di "Flakka", a confermare le qualità disumane del drummer polacco. Insomma 'Sounds of Enlightenment' è un biglietto da visita interessante per chi ama vedere il proprio naso grondare dai pugni ficcanti di band extreme death. (Francesco Scarci)



domenica 3 maggio 2020

Yaldabaoth - That Which Whets the Saccharine Palate

#PER CHI AMA: Grind/Experimental Black, Anaal Nathrakh
Quanto meno originale l'idea di far uscire il debut album di questa fantomatica band originaria dell'Alaska, il 29 febbraio 2020. Che gli Yaldabaoth siano peculiari, lo si deduce anche dal titolo culinario del lavoro, 'That Which Whets the Saccharine Palate', che nasconde in realtà un sound estremo e malato. Sei le tracce a disposizione dei nostri (anche se in realtà parrebbe trattarsi di una one-man-band) che irrompono con la delicata furia distruttiva di "Fecund Godhead Deconstruction". Mi rendo conto si tratti di un ossimoro, ma l'incipit cosi melodico viene spazzato via da un sound insano che va lentamente crescendo in schizofrenia e malvagità con linee di chitarra tracciate oltre la velocità del suono in modo dissonante, in quella che sembra essere una grandinata di suoni che annunciano la fine del mondo, in una tripudio di grind, black, noise e mathcore fuori di testa. Spero non vi spaventino queste mie parole, io l'ho trovato uno sprono ad andare avanti nell'ascolto curioso di questo lavoro, per capire come potrebbe evolversi in futuro l'approcio cosi violento dell'act di Anchorage. Influenzati dalla veemenza degli Anaal Nathrakh, dalle deliranti visioni degli Aevangelist e dalla dissonanza sonica dei Deathspell Omega, mi rendo subito conto che l'unica cosa da fare è stare fermi e lasciarsi trapassare dalle frenetiche vibrazioni impartite da questi terroristi sonori. Nel vorticoso arrembaggio sonico della lunga "Megas Archon 365", ci sento anche un che degli sperimentalismi spericolati dei Blut Aus Nord, giusto per darvi qualche altro riferimento e per cercare di inquadrare al meglio la pericolosa proposta degli Yaldabaoth e del caos sonoro da loro perpetrato, che quasi mi intimorisce nel muovermi anche ai successivi pezzi. Ma sono un tipo scafato, il pelo sullo stomaco non mi manca, mi attrezzo di corazza ed elmetto e mi lancio all'ascolto di "Gomorrahan Grave of the Sodomite". L'inizio è come al solito ingannevole, tra spettrali melodie di chitarra acustica e voci malefiche sussurrate, poi come lecito aspettarsi, è sufficiente uno spostamento di una lettera e da acustica ci si ritrova a caustica, anche se la band qui cerca quanto meno di smorzare i toni accesissimi con qualche rallentamento d'effetto e di grande atmosfera e per di più, qualche partitura jazzata, ove sottolineerei l'eccellente lavoro al basso. Non ho mai parlato di melodia per questo lavoro, in mezzo a questo macello non è proprio semplicissimo trovarne, eppure esiste un filo melodico e invisibile che collega le tracce lungo l'intera release, rendendola per questo ancor più interessante e digeribile. La title track è forse il pezzo più complicato da affrontare, cosi infarcito di riff destrutturati che mi scombinano le sinapsi dei miei pochi neuroni rimasti. Ciò non solo dimostra una vena creativa ma anche una preparazione tecnica di tutto rispetto. A degna conclusione di quest'incubo ad occhi spalancati, ecco la sgroppata finale di "Mock Divine Fury", un otre di ritmiche sincopate, riff ipercinetici, vocals maledette e qualche buona atmosfera angosciante, che vanno a sancire la validità di un lavoro che certamente rimarrà destinato a pochi fortunati adepti al male. (Francesco Scarci)

(Lycaean Triune/Aesthetic Death - 2020)
Voto: 76

https://yldbth.bandcamp.com/album/that-which-whets-the-saccharine-palate

domenica 5 aprile 2020

Snorlax - II

#PER CHI AMA: Death/Grind
Avevo voglia di un cambio radicale di genere, un desiderio di un qualcosa che potesse martoriare le mie orecchie ed eccomi accontentato. Mi sorprende che siano gli australiani Snorlax (un nome che deriva peraltro da una specie di Pokemon) gli artefici di tale maciullazione dei miei sacri timpani, visto che si tratta in realtà di una one-man band. Brendan Auld si fa portavoce di questo ferocissimo concentrato di grind attraverso il suo full length di debutto, 'II'. Che goduria per le mie orecchie e le mie coronarie. Quando "Infernal Devourment" esplode nelle mie casse, il rischio d'infarto è infatti elevatissimo: una grandinata poderosa di suoni death grind mi si abbatte sulla testa con il growling catacombale del buon Brendan (uno che vanta altri quattro progetti estremi) ad affossarmi. La tempesta è servita e funge da antipasto per la seconda "The Resin Tomb", una scheggia dedita a sonorità malefiche, ottantatre secondi impattanti e schizofrenici (peraltro con guest star al microfono, Mathew Budge dei Consumed) che ci conducono in un batter di ciglia alla terza "The Chaos ov Iron Oppression", un brano apocalittico, non tanto per le sue atmosfere, ma per quell'aura di morte che sembra attanagliare la song, complice anche il vocione profondamente growl del mastermind di Brisbane. La song trova modo anche di rallentare vertiginosamente (almeno in un paio di occasioni), una pausa dovuta, anche se di pochi secondi, per preparci al meglio a serie successive di bombardamenti ritmici. Arriviamo a "Mind ov Maggots", la song più lunga del lotto, ben sei minuti che fortunatamente si rivelano trattenuti in rumori di sottofondo per almeno i primi 120 secondi, prima di inquinare nuovamente i nostri sensi di suoni molesti, che mostrano anche una certa ricercatezza in quei frangenti ben più ritmici e rallentati (quasi al limite del doom), proposti dal terrorista sonoro del Queensland che qui più che altrove, sembra voler tributare i connazionali Disembowelment. C'è ancora tempo per maciullare le nostre orecchie con altre due song, "Encapsulated Apocalypse" e "Impending Abysmal Wretchedness", la prima dall'incauto inizio rallentato (successivamente dinamitarda), la seconda a rappresentare un altro brano propulsivo che vede la partecipazione ala voce di Anthony Oliver dei Descent, un'altra delle creature in cui milita Brendan. 'II' è un disco breve ma efficace che non deluderà certo i fan di sonorità cosi estreme, a cavallo tra death, black, grind e hardcore. (Francesco Scarci)

(Brilliant Emperor Records - 2020)
Voto: 70

https://snorlaxbm.bandcamp.com/album/ii

giovedì 19 dicembre 2019

Rose Funeral - Crucify, Kill, Rot

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Grind, Job for a Cowboy
Una pioggia minacciosa apre questo cd; poi una scarica di metallo incandescente invade le casse del mio stereo con il coro “Crucify, Kill, Rot” urlato a squarciagola dal vocalist. Inizia cosi il lavoro di questi sconosciuti Rose Funeral, autori di un sound caratterizzato dall’alternarsi di lentissimi e pesantissimi riffoni di chitarra, a brevi sfuriate death-grind. Diciamo subito che la parte predominante del cd sono proprio i breakdown che relegano in secondo piano tutto il resto, rendendo alla lunga (anzi dopo brevissimo tempo) il lavoro abbastanza noioso. La band di Cincinnati, influenzata da sonorità proprie di The Black Dahlia Murder, Job For A Cowboy, Arkangel e Prayer for Cleansing, non inventa nulla di nuovo, anzi, distrugge ciò che di buono è stato fatto fino ad ora da altri act statunitensi. La ritmica, violentissima, è interrotta troppo spesso dai già citati breaks; l’aria che si respira si fa asfissiante e tutto, alla fine, puzza di già sentito. Le doppie vocals, in screaming e growl, completano un quadro, visto fin troppe volte. Suggerito solo agli amanti di sonorità di questo tipo, gli altri si tengano bene alla larga. (Francesco Scarci)

(Siege of Amida Records - 2007)
Voto: 50

https://www.facebook.com/rosefuneralmusic

mercoledì 18 dicembre 2019

Despised Icon - The Ills Of Modern Man

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Deathcore/Grindcore
I canadesi Despised Icon (band che vanta tra le proprie file membri dei Neuraxis), freschi peraltro di una nuova uscita, nel 2007 hanno rilasciato la loro terza release con tutte le intenzione di farci del male, ne ho le prove. 'The Ills of Modern Man' (titolo peraltro sempre attuale) si affacciò sul mercato dopo il tanto acclamato 'The Healing Process' e quindi con la difficoltà di superare qualitativamente quell’ottimo disco deathcore. Il six-piece canadese non si è perso d'animo, avendo tutte le carte in regola per poterci sorprendere con una proposta selvaggia e senza compromessi. Così, dopo aver messo il cd nel lettore, non ho più avuto dubbi: il sestetto è sempre pronto per saccheggiare il mondo intero. Dieci tracce brutali, con riffs taglienti come rasoi, stop’n go, cambi di tempo vertiginosi, iper blast-beat, growling vocals e urla animalesche, ritmiche impazzite che corrono a cavallo tra death e grindcore; il risultato? Un disco malato che trasuda rabbia da ogni suo solco. Prodotti egregiamente dal loro chitarrista Yannick St-Amand (Beneath the Massacre, Ion Dissonance e Neuraxis) e mixati ancor meglio da Andy Sneap (Megadeth, Opeth), i Despised Icon per un certo periodo (visto la successiva pausa di sette anni) si sono candidati ad essere i numeri uno nella scena estrema. Brutale, cattivo e fottutamente incazzato, ecco come suona 'The Ills of Modern Man'. Se avete bisogno di scariche di adrenalina pura, questo è il disco che fa per voi. (Francesco Scarci)

(Century Media - 2007)
Voto: 75

https://www.facebook.com/despisedicon

martedì 19 novembre 2019

Mur - Brutalism

#PER CHI AMA: Post-Hardcore/Post-Black
Periodo prolifico per la Les Acteurs de l’Ombre Productions, che in poco più di due mesi, ha rilasciato un considerevole numero di release (e il meglio sembra che debba ancora venire). Questi Mur, da poco nelle mie mani, sono in realtà un side-project di act francesi quali Today is the Day, Glorior Belli, Mass Hysteria, Comity e Four Question Marks. 'Brutalism' è il loro debut sulla lunga distanza, sebbene i primi vagiti dei nostri risalgano al 2014 con un EP autoprodotto. Il risultato mi sembra piuttosto buono visto che non sembra il classico lavoro del roster LADLO Prod. La band infatti ci aggredisce con il sound intenso e fresco di "Sound of a Dead Skin" che pare coniugare il post-hardcore con una più sotterranea vena black, espressa probabilmente solo a livello di screaming vocals e di una robusta cavalcata conclusiva al limite del post-black. Ma questa è solo una delle sfaccettature espresse dal sestetto francese in questo lavoro, viste le disturbanti contaminazioni elettroniche disseminate un po' ovunque e un sound comunque più radicato negli estremismi hardcore che black. Ovviamente, bisogna mettere in conto che l'ascolto del disco non sia la classica passeggiata domenicale, viste le influenze rivolte al versante punk/hardcore. È bene quindi prepararsi mentalmente alla "rozzaggine" sonora di "I Am the Forest" o al più imprevedibile approccio catalizzante di "Nenuphar", dove rock, doom, hardcore, black, grind, post ed electro-noise si fondono all'unisono in una miscela polverizzante di suoni. La quarta song dal titolo lunghissimo, che vi risparmio per cortesia, è in realtà il classico raccordo tra la terza e la quinta traccia intitolata "Third", singolo apripista di 'Brutalism'. Scelta più che mai azzeccata viste le stranezze iniziali, le devastanti aberrazioni musicali, le dirompenti vocals, le stranianti ritmiche che probabilmente identificano "Third" come brano più violento e riuscito del disco. Ma le sorprese non finiscono certo qui, c'era da aspettarselo, visto lo stralunato e folle incedere di "My Ionic Self", una proposta non proprio alla portata di tutti, anzi direi da proibire assolutamente ai più deboli di cuore. Mi sa che dovremmo farcene una ragione perchè l'impressione è che man mano si vada verso la conclusione del disco, le sperimentazioni si facciano ben più presenti: "Red Blessings Sea", pur essendo più controllata nella sua furia, ha un impianto ritmico un po' malato. L'incipit elettronico "I See Through Stones" sembra quasi evocare la sigla di 'Stranger Things', prima di evolvere in dirompenti schiamazzi noise industrial black. La cosa che più mi sorprende è che il caos profuso dai Mur alla fine suona sempre piacevole e dinamico e questo è un grosso punto a favore della compagine francese. Un altro pezzo assai interessante (e forse il mio preferito) è rappresentato da "You Make I Real", una traccia emotivamente instabile, dotata di ottimi arrangiamenti e atmosfere apocalittiche che ci introdurranno all'epilogo di "BWV721", l'ultimo atto ambient/noise di questo inatteso 'Brutalism', graditissima sorpresa di fine anno. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2019)
Voto: 76

https://ladlo.bandcamp.com/album/brutalism

domenica 3 novembre 2019

Woundvac - The Road Ahead

#PER CHI AMA: Grind/Hardcore
Dopo tanto black e post-metal ascoltato in questo periodo, avrei bisogno di qualcosa che sradichi tutti quei suoni e faccia un po' di pulizia nella mia testa. Gli americani Woundvac, con il nuovo 'The Road Ahead', potrebbero fare al caso mio. Accendo lo stereo abbastanza ignaro di quanto mi aspetti, sebbene quella copertina piuttosto splatter lasci presagire il peggio. E infatti quando "The Last Nail" fa seguito all'intro del disco, ecco che vengo investito dalla furia nichilista del quartetto di Phoenix che mi assale con un grind/hardcore senza compromessi, in grado di polverizzare in un battibaleno qualunque forma di contaminazione musicale alberghi ancora nelle mie orecchie. Un due tre, la band sciorina uno dopo l'altro dei pezzi assassini che citano Napalm Death o Terrorizer tra le loro influenze, sebbene le harsh vocals del frontman statunitense non siano cosi profonde come il growling dei colleghi inglesi e il suono risulti più secco rispetto alle due band citate. Poi di fronte alla carneficina compiuta dei nostri non posso altro che alzare le mani e lasciarmi investire dalla tempesta sonica elargita dal malefico terzetto costituito da "Tightening Chain", "Never an Option" e la lunghissima (quasi quattro minuti), ma anche più ritmata, "Institutional Bloodshed". Feroci, furibondi, malefici, violenti, incazzati, trovate anche voi altri aggettivi che definiscano l'essenza ferale di questi terroristi del metal estremo. L'erasing alla mia testa è completato, il risultato raggiunto. (Francesco Scarci)

sabato 26 ottobre 2019

The Monolith Deathcult - The White Crematorium

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death Metal, Napalm Death
Mi veniva da ridere quando sui flyers informativi relativi alle band leggevo definizioni del tipo “Innovative Death Metal” perché mi creavo molto spesso delle aspettative che puntualmente venivano disilluse. E cosi successe anche per i Monolith Deathcult, per cui diciamolo subito, non suonano alcun tipo di death metal innovativo. Se non conoscete questa band, vi dico che il loro paese di origine è l’Olanda e i suoi membri hanno fatto parte di altri gruppi della scena quali Altar e Dead Head. Questo 'The White Crematorium' è un concept album sulla Seconda Guerra Mondiale, è il loro secondo lavoro uscito nel 2005, il primo per la Karmageddon Media, dopo il non troppo esaltante 'The Apotheosis' del 2003, uscito invece per la Cold Blood Industries (la label di Henri Sattler, mastermind dei God Dethroned). Visto che adoro fare raffronti con altri lavori del passato o altre band per farvi meglio capire cosa andate ad ascoltare ed eventualmente acquistare, vi cito immediatamente 'Utopia Banished' dei Napalm Death come termine di paragone per questo album, il tutto logicamente rivisitato in un’ottica relativamente più moderna. Non solo Napalm Death però quale fonte di influenza per questi quattro violentatori di strumenti, ma anche Morbid Angel, Hate Eternal, Immolation, Nile e God Dethroned, senza tralasciare gli Slayer per quanto riguarda alcuni assoli riconducibili alle sfuriate assassine di Larry King e Tim Hanneman. Attraverso questi nove pezzi i Monolith Deathcult faranno grondare il sangue dalle vostre fronti, non vi lasceranno un attimo di respiro, vi tritureranno le ossa con la loro furia e quando il tutto finirà, sarà come se un treno vi avesse investito. Atipica la title track, che attraverso il suo lento e pesante incedere, vi porterà nei più profondi abissi della vostra psiche dove tutto sembra un assurdo incubo dal quale non risvegliarsi. Molto bello il booklet interno corredato da una serie di commenti per ogni brano. I Monolith Deathcult sono adatti per lo più ad insegnare una nuova cultura di Morte. (Francesco Scarci)

giovedì 11 aprile 2019

Antre - Void

#PER CHI AMA: Black/Hardcore
Da Nottingham, il nuovo furore che avanza. In periodi di Brexit, speriamo che gli Antre possano abbattere quelle barriere che incredibilmente il Regno Unito ha deciso di alzare, quasi un salto indietro nei secoli bui della nostra storia, ma andiamo oltre queste beghe politiche e focalizziamoci sulla musica del quintetto britannico. 'Void' è il primo full length per i nostri, dopo un EP uscito nel 2017 ed uno split album lo scorso anno. Lp include nove tracce di focoso black che inizia a darci calci sugli stinchi a partire già dall'opener "Suffer the Light", una song che evidenzia il carattere irrequieto di una band formatasi solo nel 2017. La proposta, non troppo pulita da un punto di vista produttivo, mette in mostra la sua efferatezza con un riffing tipicamente post black, su cui si installerà lo screaming caustico di Patrick MacDonald. Poi è il turno di "Fear the Old Blood" una traccia dal carattere ancora più inquieto anche se inizialmente si palesa più rallentato; poi il nefasto riffing che puzza ancora di hardcore, probabile retaggio dell'ensemble, inizia a pigiare ancor di più sull'acceleratore e son dolori, anche se qui la voce di Patrick passa dallo screaming ad un urlato polemico, mentre il sound si muove a cavallo tra punk, black, hardcore, grind, doom e death in un impetuoso ed entropico sound, che si prende una pausa nell'acustica di "Denisovan", un breve intermezzo strumentale. Poi tocca ad "Into Oblivion" riprendere il filo del discorso qui interrotto ed ecco nuovamente una colata di suoni funambolici e discordanti, come se i Deathspell Omega jammassero con Defheaven e Napalm Death, mentre il vocalist passa con grande disinvoltura da urla bestiali ad altre un po' più teatrali, che sembrano richiamare gli A Forest of Stars. Più old school invece "Tyrant", una classica song black di poco meno di tre minuti. "Guided by Nightmares" esplode ancor più tonante nella sua isterica rincorsa black/death, rallentata solamente nella seconda parte, decisamente più compassata. Un altro break acustico, "The Frozen Deep", ed è tempo della veemeza esacerbante di "Infinite Abyss", dove nei suoi suoni sembra convogliare uno psicotico death sound che evoca gli Aevangelist in un gorgo ritmico (o forse meglio in un buco nero) da cui è impossibile far ritorno. Alquanto inatteso invece il finale affidato a "Beyond these Skies", inatteso perchè l'inizio si presenta assai morbido, in una strategia disorientativa per subire ancor di più l'attacco che da li a pochi secondi ci calerà sulla testa, in un finale che sembra omaggiare questa volta i conterranei Akercocke in un ammorbante assalto pestilenziale che segna il risucchio totale nel maelstrom creato dagli Antre dal quale sarà impossibile uscire. (Francesco Scarci)

(Withered Hand Records - 2019)
Voto: 70

https://antre.bandcamp.com/album/void

lunedì 8 aprile 2019

Finis Omnivm - Cercle

#PER CHI AMA: Crust Black, Nux Vomica
I Finis Omnivm hanno un retaggio grind crust e si avverte in 'Cercle', EP ed opera prima della band francese. Si chiamavano infatti Faxe poco meno di una decina di anni fa quando quella era la loro proposta. Quel bagaglio musicale, sebbene i molteplici cambi di line-up, è rimasto intatto e crudo nel loro DNA e ancora ammanta il loro sound, sebbene l'iniziale "The Womb" ci conduca in anfratti oscuri di un tenebroso post-hardcore dalle forti tinte malinconiche. Non fatevi fuorviare perchè da li a poco, la musica dei nostri incendierà l'aria con paurose accelerazioni crust-black e rallentamenti dal sapore quasi doom. Quello che meglio tocca le mie corde è la bravura del quartetto parigino negli avamposti musical-emozionali con dei frangenti che trasudano veramente un senso di disagio. Lo stesso che irrompe nella ritmicità marziale di "The Great Destroyer", la song che più delle altre, nella parte centrale, evidenzia proprio le passate influenze dei Finis Omnivm, con le classiche cavalcate crust-grind-black-punk e le urla sguaiate figlie di un genere che non ha mai mollato nonostante le mille mode che sono succedute. E allora che ne dite di abbandonarvi anche voi alle furiose accelerazioni dei quattro musicisti transalpini, sudare quel tanto necessario, prima di arrendervi alle suggestioni sludge che si palesano nel finale della seconda traccia, che peraltro mi ha evocato un che degli ultimi Entombed A.D. Che i nostri non siano dei pivellini è chiaro dalla loro padronanza strumentale, che si palesa fin dall'opening track, di grande livello. La terza è ultima song, "The Empty Gem", completa con i suoi quasi 15 minuti, il quadro musicale dei nostri con un approccio tribale, in cui le grim vocals, accompagnate da basso, batteria e chitarra, ci avvolgono in una spirale sonora stritolante, prima di irrompere nuovamente in un abrasivo crust-punk dal sapore novantiano, pregno di paurose accelerazioni black e di rarefatti momenti fangosi, due caratteristiche che chiamano in causa i Downfall of Gaia, giusto per darvi un ulteriore punto di riferimento, se volete capire qualcosa di più dei Finis Omnivm e di questo 'Cercle', un corrosivo manifesto sonico degno delle migliori realtà crust degli anni '90, là dove ebbe origine il tutto. (Francesco Scarci)

mercoledì 6 marzo 2019

Hanormale - Reborn in Butterfly

#PER CHI AMA: Black Sperimentale, Pensees Nocturnes
Nomen omen, il moniker Hanormale dice tutto, ossia che un sound del tutto normale non è proprio lecito aspettarselo da questo 'Reborn in Butterfly'. D'altro canto avevo già intuito dal precedente '天照大御神' che il bravo Arcanus Incubus non è personaggio del tutto convenzionale, vista peraltro la sua militanza in band altrettanto peculiari quali Mystical Fullmoon o Deviate Damaen, tanto per citarne alcune. Il terzo disco degli Hanormale si apre all'insegna del delirio sonoro ossia con una sorta di rifacimento della colonna sonora di Twin Peaks (quella a cura di Angelo Badalamenti), con quel motivetto di Laura Palmer, incastonato in una paurosa sfuriata black ("It's Happening Again"). Poi quando "Like a Hug, Darkness Embrace Us All" irrompe col suo fare jazzato, sperimentale e spericolato tra partiture etniche, prog e black, non si può che rimanere disorientati e godere appieno della fantasia e dell'imprevedibilità compositiva del musicista milanese qui supportato da una serie infinita di ospiti provenienti da molteplici band (Mechanical God Creation, Orcassassina, Deviate Damaen), da due batteristi (Mox Cristadoro e Marco Zambruni), un sax, un violoncellista e un didjeridoo. Che 'Reborn in Butterfly' sia album originale si evince dall'alternanza di stili musicali in esso contenuti, ma attenzione perchè questo potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio. In effetti con "Human" sprofondiamo in una sorta di funeral doom cosmico e nebuloso, che solo nel suo finale accelera a dismisura, sforando in una specie di annichilente grind isterico e controverso. Sebbene mi faccia sorridere il titolo "Satan is a Status Symbol", il pezzo inizia col malinconico tocco di violini e un mood che si conferma navigare in un versante decisamente più mansueto e inusuale per i nostri, almeno fino a quando esplode il feroce chorus che dà il titolo al brano, e la musica sghemba che ci sta attorno, con tanto di sax e violini di sottofondo. Ma le sorprese sono sempre dietro l'angolo e la song va a scemare tra clean vocals ed atmosfere soffuse. Non proprio quello che ci riserva la successiva "Ghettoblaster Black Metal", un brano che potrebbe tranquillamente stare su uno dei dischi più blasfemi degli Impaled Nazarene con ritmiche all'insegna di una crudissima carneficina. "Haguzosu" mescola ancora le carte in tavola, proponendo un sound più votato ad un obliquo prog/post rock, dotato di ispirate venature black. "Candentibus Organis" ha la peculiarità di avere testi in latino, mentre il suo sound sembra quello del vento che attraversa le campane di legno orientali, intervallate da sgroppate black e solenni (e spiritualistici) momenti, atti per lo più a confermare quanto possa essere suggestiva la proposta del folle mastermind italico. "Rare Green Areas" è la narrazione di una storia da parte di Gab dei Deviate Damaen, in una sorta di ibrido tra gli Aborym di "Psychogrotesque IV" e i Deviate Ladies di "Nec Sacrilegium, Incesti Gratia!", dotato di un finale industrial da paura. Con "Al Tanoura" mi sembra di aver a che fare con i deliri sonori ed incontrollati dei Pensees Nocturnes dell'ultimo 'Grand Guignol Orchestra', con la sola differenza che gli Hanormale sono decisamente più ostici da digerire. "Iperrealismo" ci conduce nei meandri del dark ovviamente contaminato da un black truce che viene spezzato ancora una volta da un break di free jazz sperimentale che chiama in causa le sublimi divagazioni sonore di 'Knownothingism" dei Thee Maldoror Kollective. Ancora risvolti soft jazz questa volta con i tocchi di pianoforte e batteria di "The Search for the Zone" in un brano (forse il migliore del lotto) in cui convoglia un po' tutta la strumentazione alternativa della band (qui il violino è fantastico, quasi a emulare le melodie dei Ne Obliviscaris) e in cui il black trova nuovamente sfogo nel folle rincorrersi delle caustiche chitarre della band e nel disumano screaming del vocalist. Questo gioiello di musica estrema si conclude con "Requiem for Our Dead Brothers", un outro di solo pianoforte, un malinconico arrivederci che suggella l'enorme comeback discografico degli Hanormale. (Francesco Scarci)

venerdì 12 ottobre 2018

Anaal Nathrakh - A New Kind of Horror

#PER CHI AMA: Industrial/Grind/Black
Per amare gli Anaal Nathrakh dovete essere fan di Judas Priest e Napalm Death allo stesso tempo. Se questa condizione è soddisfatta, amerete anche questa nuova release del duo di Birmingham, intitolata 'A New Kind of Horror'. Perchè la mia dichiarazione iniziale? Semplicemente perchè il disco è costituito da spaventose schegge grind, un trademark per il duo britannico, che irrompono con "Obscene as Cancer", sulle quali si piazzano le vocals, sia in growl/scream che urlate, in stile Rob Halford, il frontman dei Judas Priest. Questa similitudine sarà ancor più forte nella successiva "The Reek of Fear", song dal riff stridulo e nevrotico. Godetevi questi trenta minuti e poco più di musica apocalittica, dove verrete aggrediti dalle ritmiche forsennate della band, da quelle loro chitarre al fulmicotone alleggerite da una costante (ed importante) presenza melodica, in cui la componente vocale si sdoppia appunto in un grugnito ferale e in vocals tipiche heavy metal. In tutto questo dicevo, rimane costante la portanza melodica, le incursioni industriali, forti soprattutto in "Forward!", una song mid-tempo che ricorda le prime cose dei Fear Factory. Un album davvero buono, che vede alcune novità a livello di songwriting a tratti epico, quasi sinfonico, che nelle tracce "New Bethlehem/Mass Death Futures" (spettacolare la sua melodia) e nella maestosa "Are We Fit For Glory Yet? (The War To End Nothing)", ne scorgo gli apici di un album che farà la gioia dei fan. Ottimo comeback discografico, probabilmente un filo sotto rispetto ai precedenti ma eccezionali lavori inseriti nella discografia della band inglese. (Francesco Scarci)

domenica 12 agosto 2018

Grind Inc. - Executed

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Brutal Death, Suffocation
Tolgo dal mio lettore il cd dei Gorerotted e infilo il lavoro dei Grind Inc.; con mia grande sorpresa e stupore, mi viene il dubbio che si tratti dello stesso album, in realtà confrontando la durata e il numero dei brani mi rendo conto che in effetti è 'Executed', il cd di debutto dei teutonici Grind Inc. E ora che faccio, cosa posso dire di diverso rispetto alla precedente recensione? Ok, ci provo... La band, proveniente dalla Germania, è stata fondata nel 2001, come side project di Adriano Ricci dei Night in Gales e Jochen Pelser, ma dopo un paio di demo e l’ingresso di Jan e Chris degli Hatefactor, è diventata una band a tutti gli effetti, e ha firmato un contratto con la Morbid Records che ha pubblicato il presente 'Executed'. Sedici brani per 35 minuti di musica: anche qui, ci troviamo di fronte ad un brutal death metal, privo di qualsiasi spunto innovativo e/o interessante e ispiratosi (male) ai maestri di sempre, Cannibal Corpse e Suffocation. Buona la base ritmica, complice anche una produzione che dà estrema enfasi alla potenza del quintetto tedesco. Il solo problema è, che di band che propongono questo genere, ne esistono a migliaia e, se non si lavora nel tentativo di emergere dalla massa, si rischia di rimanere intrappolati nella mediocrità generale, e divenire quindi il bersaglio preferito delle mie recensioni. Mi fermo qui, non voglio infierire, per ulteriori informazioni, leggasi la recensione dei Gorerotted, tanto per me gli album sono identici... (Francesco Scarci)

(Morbid Records - 2005)
Voto: 50

https://www.facebook.com/grindinc666

Gorerotted - A New Dawn for the Dead

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Grind, Cannibal Corpse, primi Carcass
I Gorerotted sono stati una mediocre band inglese attiva tra il 1997 e il 2008. Il ridicolo nome, una funerea copertina che raffigura il viso di una ragazza in evidente stato di decomposizione, banali titoli gore, sembrano già delineare quale sia l’attitudine macabra della band. Il disco, rilasciato peraltro anche in edizione limitata con incluso un bonus DVD (con estratti live del Summer Breeze Festival, un video ed altri extra), è stato registrato agli Aexxys-Art Studios di Schwandorf (in Germania) da Markus Roedl, mixato da Stephan Fimmers (dei Necrophagist) e masterizzato da Tim Turan (Status Quo, Marilyn Manson, Emperor, Discharge) ai Turan Audio. Il genere? Beh sicuramente l’avrete già capito... truculento brutal death metal influenzato dai primi lavori di Carcass e Cannibal Corpse, mescolato a passaggi thrashy e ad altri (molto più rari, a dire la verità) in cui emerge la discreta tecnica dei sei ragazzi britannici. Per il resto, a caratterizzare questa 'Nuova alba per i morti' sono le solite chitarre grezzissime, sostenute come sempre dalla disumana prova del batterista (batteria che a volte ricorda più il suono di una pentola che di un tamburo), sfuriate grind, vocals che come sempre si altalenano tra il tipico cantato growl e timbriche più demoniache. Terzo full length per il gruppo albionico ed ennesimo lavoro, in cui alla fine, a dominare è solamente la noia. Esclusivamente per amanti dello splatter-gore. (Francesco Scarci)

(Metal Blade - 2005)
Voto: 50

https://www.facebook.com/gorerottedofficial

lunedì 9 luglio 2018

Thørn - S/t

#PER CHI AMA: Crust Black, The Secret
If I Die Today, Calvario, La Fin e Lamantide hanno pensato bene di unire le proprie forze in un nuovo progetto black crust, i Thørn, da non confondere con gli omonimi colleghi norvegesi che peraltro avevano anche una "s" come ultima lettera del loro moniker. Fatta questa dovuta precisazione, lanciamoci all'ascolto dell'EP omonimo della band milanese, che consta di cinque brevi tracce per un'apnea sonora che dura circa 13 minuti. Un'intro rumoristica/parlata apre la tape che esploderà da li a poco nella morsa black punk hardcore di "Your God is Dead": poco più di tre minuti di sonorità nere come la pece, in cui la forte vena punk emerge grossomodo a metà brano con una ritmica cadenzata che si miscela con le acide vocals di A. Mossudu. "Nahua" parte più lentamente, quasi immobilizzata da delle sabbie mobili invisibili che, dopo 50 secondi, trovano modo di scrollarsi di dosso quel mood sludge e lanciarsi verso una nuova cavalcata punk che non disdegna vaghe reminiscenze grind, le stesse che riassaporeremo nei 40 secondi della tempesta sonica di "Sun Will Never Rise". Un bel thrashcore com'era tempo che non ne sentivo, s'impossessa della scena nel pezzo più lungo del lavoro, i quasi quattro minuti di "Burn the Throne", l'ultima annichilente tappa di questo EP di debutto a firma Thørn, mi raccomando, non quelli norvegesi, ma l'ennesima ottima band proveniente dal nostro tanto bistrattato paese. (Francesco Scarci)

(Indelirium Records - 2018)
Voto: 70

https://thorncrust.bandcamp.com/releases

lunedì 11 giugno 2018

Neuraxis - Trilateral Progression

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Grind, Cryptopsy, Despised Icon, Cephalic Carnage
Non mi sono ancora ripreso dalla batosta dei Berzerker, che già mi trovo costretto a recensire e farmi maciullare le orecchie da un altro combo dedito al death/grind, ossia i canadesi Neuraxis, band di Montreal attiva oramai dal 1994 e con parecchi album sulle spalle (questo è il quarto di sei). Dopo una breve intro, la rabbia distruttiva del quintetto nord americano si scatena in ogni sua forma: il sound proposto dalla band è un death violento, ma iper-tecnico che sfocia spesso in sfuriate grind, contrapposte ad inserti melodici dal vago sapore scandinavo. Rispetto al passato però, nonostante l’eccelsa tecnica della band e probabilmente al caparbio desiderio di strafare per andare oltre al precedente ed eccellente 'Truth Beyond', ho la sensazione che il combo canadese abbia perso un po’ di smalto e di idee. Non intendo affermare che 'Trilateral Progression' sia un brutto album anzi; però, data la sua estrema compattezza e monoliticità, il combo del Quebec ha perso un po’ di verve e originalità che ne contraddistingueva i passati lavori. Il platter è sicuramente interessante con tutte le sue peculiarità: chitarre tritabudella, voci growl contrapposte a demoniache scream vocals, schegge grind, accenni melodici, inserti techno death che richiamano il sound degli ultimi Death. Quello che alla fine mi lascia un po’ perplesso è quella sensazione, troppo spesso vissuta, di “già sentito” che ammanta l’intero disco. Ad ogni modo, 'Trilateral Progression' riuscirà sicuramente a soddisfare i fan della band canadese perchè, oltre a godere di una splendida produzione, comunque racchiude tutte le caratteristiche di una delle più valide e sorprendenti realtà nell’ambito della musica più estrema accanto ad altri mostri sacri quali sono i Cephalic Carnage... Annichilenti!!! (Francesco Scarci)

The Berzerker - World of Lies

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Industrial Grind, Cephalic Carnage, Napalm Death
Il terzo album degli australiani Berzerker è un malatissimo lavoro, che ci spara addosso un concentrato di furia estrema terrificante ad alta intensità, in grado di farmi implorare “pietà”!!! 99 schegge impazzite (che costituiscono i 14 brani del cd), 58 minuti di musica feroce, carica di rabbia che polverizzerà in brevissimo tempo le nostre inermi orecchie. Il combo di Melbourne non aggiunge nulla di nuovo a quanto fatto (e quanto farà) nelle precedenti (e successive) release, quindi se amate la musica dei nostri, fatta di ritmiche disumane con blast beats furenti, scream vocals che si alternano a gorgheggi inumani, inserti industrial-elettronici e chitarre più taglienti dei rasoi, beh direi che 'World of Lies' fa certamente al caso vostro. Le 14 songs dell’album si susseguono incalzanti (come sempre sono presenti degli inquietanti dialoghi tra un pezzo e l’altro), lasciandomi tramortito e senza fiato nel buio della mia stanza, con la faccia tumida, come se fossi stato preso a pugni da Mike Tyson in persona e completamente stordito dalla pesantezza schiacciasassi di questo lavoro. Il terrorismo sonoro dei Berzerker termina alla dodicesima traccia: seguono poi quattro minuti e mezzo di silenzio e l’ultima “Farewell”, una lunghissima e oscura song strumentale vicina, stranamente, al sound dei My Dying Bride, che chiude sorprendentemente e degnamente 'World of Lies', la colonna sonora ideale per il mio Armageddon. (Francesco Scarci)

martedì 5 giugno 2018

Watchmaker - Erased From the Memory of Man

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Grind
Cos’è per voi il caos? Dopo aver ascoltato questo disco sicuramente ne avrete una vaga idea, perchè i 26 minuti di questo cd, rispondono alla perfezione alla mia iniziale domanda. 'Erased From the Memory of Man' racchiude diciotto tracce, tutte collegate fra loro da un unico comune denominatore: la caoticità della proposta musicale di questa seminale band statunitense di Boston. La musica dei Watchmaker è un vero assalto sonoro, fatto di rancidi e violenti suoni thrash metal miscelati rozzamente a schegge grind, ad urla disumane, il tutto spruzzato di suoni cacofonici provenienti da altri ambiti musicali: black, punk-hardcore e death. Fortunatamente il disco non dura molto, altrimenti un volo dal terzo piano, nessuno glielo avrebbe negato. Cos’è il caos per me? Alla fine pura noia... (Francesco Scarci)

mercoledì 9 maggio 2018

Confine - Incertezza Continua

#PER CHI AMA: HC/Punk/Grind, Negazione, Napalm Death, Rostok Vampires
Dieci canzoni in poco meno di 15 minuti? O è grind in stile 'Scum' dei Napalm Death o poco ci manca. Quello proposto dai Confine in questa 'Incertezza Continua' è un bell'esempio di hardcore italico, di quello che richiama i Negazione di fine anni '80 ("La Favola di Dio"), di quello cantato in italiano e che vede scorrere nelle vene una bella dose di punk ("La Tesi" mi ha peraltro ricordato i teutonici Rostok Vampires) e che non si nega nemmeno una qualche scheggia grind in tributo ai paladini inglesi di Birmingham (ascoltare "Pargolo" per capire) o che evoca un certo thrashcore marcione (tipo nel riffing corposo di "Franco"). La band veneziana alla fine cattura la mia attenzione con quei pezzi brevi, diretti, talvolta anche carichi di una buona dose di groove (leggasi il chorus di "Infamia" o "Magone"), sprigionando tutta la loro rabbia attraverso testi incazzati e ritmiche coriacee o al fulmicotone ("Maurizio IV" e "Pozzo Strada"), non disdegnando poi nemmeno momenti più ritmati ("La Mia Recita" o la conclusiva title track). Al termine dei dieci brani, la sensazione è quella di essermi ascoltato un disco di durata normale (diciamo sui 40 minuti), complice un'intensità e densità di fondo sorprendente e invece no, non siamo andati oltre al quarto d'ora. Incredibile. (Francesco Scarci)

(Disimpegno Records/Dischi Bervisti - 2018)
Voto: 70

https://confinehc.bandcamp.com/album/incertezza-continua