#PER CHI AMA: Viking, Folk, Epic Pagan |
Il vento che soffia sul mare, un rumore di barca che cerca di solcare le onde, una voce che inizia a raccontare: così si apre Weltendämmerung, il secondo lavoro della band di Hannover. Prima di parlare dell’album, è meglio fare una piccola introduzione dell’ensemble. I Winterdome si sono formati nel 1996 in Sassonia e al momento ha prodotto solo due album: “Moravian – or a Gods’ dawn”, un EP formato da 4 tracce rilasciato nel 1997 e quest’ultimo, uscito nel 2006. La peculiarità di questa release è che si tratta di un’opera d’arte: alterna brani narrati, con tanto di sottofondo per rendere più realistico il racconto di una terra lontana, a brani ricchi di sonorità sintetizzate e molto malinconici. Come presentato sul loro sito ufficiale, le sonorità gothic metal incontrano il “medieval rock” (ricordiamo anche che hanno aperto i concerti degli In Extremo). Il brano che apre il disco è totalmente narrato: sebbene la lingua usata sia il tedesco, ciò non toglie musicalità, anzi, accentua la storia epica e le gesta di un popolo che addirittura crea una propria religione e una propria lingua. Ascoltando la traccia che dà il titolo al concept-album, si può sentire come il cantante faccia largo uso del growl, che associato a suoni più campionati e chitarre distorte, trasmette un profondo senso di malinconia. L’impostazione della tracklist vede un brano (raccontato da Bernd Seestaedt) che si alterna ad uno cantato/suonato, in cui prima viene spiegata la storia e poi cantate le gesta di Ashaj, il protagonista principale. Degna di nota è "Land der Nacht", che si avvale anche di violini: l’atmosfera medievale è preponderante, mitica. Violini che ritroveremo anche in "Die Elasaj", accompagnati dalla voce dolce e melodiosa della violinista Lisa Hinnersmann, in totale contrapposizione a quella grave e ruvida di Henrik Warschau. Il senso di malinconia nominato precedentemente, irrompe nel leit-motiv di "Ein Letztes Mal": sebbene la parte cantata assomigli più ad una litania, l’apporto vocale di Lisa, aiuta a sopportare di più questa parentesi melodica. Anche i violini, nel ritornello, contribuiscono a mantenere l’aria malinconica assieme al ritmo cadenzato e lento. In "Flammentanz" le atmosfere medievali ritornano, grazie soprattutto agli archi e all’arpa: oltre a chitarre e batteria appena accennate, tutto il brano sembra proiettare l’ascoltatore in una fiera contadina, come sempre accompagnato dal racconto fantastico sulle vicissitudini del protagonista (a metà tra cantato e raccontato). Degno di nota è un assolo di chitarra elettrica, molto convincente. Il ritmo cambia in "Leid und Qual": velocità, cattiveria e chitarre incalzanti fanno da leitmotiv del brano. Le tastiere sono suonate in modo da accentuare una sensazione di ansia ed inquietudine, rendendo il tutto una delle canzoni migliori dell’album. Nel caso tutta questa velocità non piacesse, ma si volesse un ritmo più rallentato, "… Wenn das Ende Naht" è la traccia adatta. Grazie anche ai violini, il suono risulta quasi pesante e più indicata per qualche cerimonia funebre. Questo album svela, ad ogni traccia, nuove sonorità: in "Der Hoffnung-Tod" (oltre ai sopraccitati violini e chitarre elettriche) i cori femminili si aggiungono alla voce roca di Warschau, dando così una piccola impronta lirica, che non guasta affatto. Si arriva alla fine di quest’opera “quasi magna” con "Ein Stiller Schrei", che sembra più composta per una sezione di archi piuttosto che di chitarre: persino la parte cantata si adatta alla melodia dei violini, quasi a volere chiudere con una forte nota malinconica. Di buono c’è la scelta di alternare racconto epico/fantastico ad un metal con più sfaccettature; di meno buono la scelta di usare il tedesco nelle liriche: non tutti sono in grado di svelarne i contenuti, sentendosi così meno coinvolti in questa storia che, nonostante sia inventata, risulterà anche per voi, sicuramente raccontata con passione. (Samantha Pigozzo)
(Massacre Records)
Voto: 80
Voto: 80