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domenica 13 novembre 2011

Sanctus Daemoneon - Nothingless Nothingness

#PER CHI AMA: Black Dark Ambient, Fields of the Nefilim
Un inizio inquietante (un colloquio fra un uomo e una bambina) in pieno stile Deviated Daemen apre questo EP di 5 pezzi dei danesi Sanctus Daemoneon, band dedita ad un black doom funereo. “Coma Tossing Elegance” è un vero incubo ad occhi aperti: sonorità cupe, tortuose, sofferenti, inesorabilmente lente e con una voce, palesemente influenzata da Attila Csihar, capace di rubare la nostra serenità. Il cammino prosegue con “Carnival of Pretend” e sinceramente non riesco a focalizzare ancora la proposta dei nostri: mi sembra di ascoltare una nenia per addormentarmi, interrotta solamente da harsh vocals e da un giro nebuloso di chitarre (e sega elettrica??) che penetra nel mio cervello insieme ad altri suoni di derivazione cibernetico-industriale, continuando ad obbligarmi a vivere questo incubo. “The Great Escape” è un altro esempio di dark rock funeral industrial doom, in cui la parte black è relegata esclusivamente alla componente vocale: una cortina fumosa di chitarre che sembrano riecheggiare i The Cure di primi anni ’80, con un’atmosfera sinistra alla Fields of the Nefilim con la vocals dei Mayhem, tutto chiaro no? Intriganti al massimo: sono completamente assuefatto a questi suoni che rimbombano come una catena di montaggio attivata dai neuroni all’interno delle pareti sinuose del mio cervello. Tocchi di pianoforte, una chitarra arpeggiata, mortifere vocals, parti ambient e synth di una malvagità spaventosa, costituiscono il tema portante di “Zero” prima della conclusiva “Destination Isolation” che sancisce la fine dell’inquietudine della mia anima. Paura è l’unica emozione che rimane nel mio corpo, ma poiché sono affascinato da questa emozione, sapete che faccio? Premo nuovamente il tasto play e rivivo queste terribili ma ammalianti emozioni. (Francesco Scarci)

(Dunkelkunst)
Voto: 75

sabato 1 ottobre 2011

Neige et Noirceur - Philosophie des Arts Occultes

#PER CHI AMA: Ambient Black, Drone, Abruptum
Sono sempre stato un estimatore della libertà sotto ogni punto di vista. Quella fisica, prima di tutto, poi quella di opinione. Quindi ecco perché al termine della prima traccia di questo album un sorriso compiaciuto si manifesta sul mio volto. Signori miei, “Philosophie des Arts Occultes” è la reale libertà di espressione in campo musicale, un emblema di ciò che mente e spirito possono fare se non sono ostacolate da dettami di comportamento o di giudizio. È dai tempi degli Abruptum di “Obscuritatem Advoco Amplectere Me” e della defunta Deathlike Silence Production che non sentivo suoni così avvolgenti. Non c’è niente da fare, non potete apprezzare un’opera come questa se non siete in sintonia perfetta con l’intento di chi l’ha generata. Definire siffatta gemma con black metal-noise music è alquanto (anzi, moltissimo) riduttivo. Tre singole tracce per 25 minuti di suoni, respiri, gorgoglii, ballate nordiche distorte e stremate dalla pesantezza di una registrazione che sa il fatto suo, cantilene terrificanti e litanie esasperate. Dà l’idea di un macabro viaggio nel mondo della stregoneria, e se si può definire dannato un qualsivoglia genere musicale, questo lo è senza ombra di dubbio. Dannato… e pericoloso, almeno per chi crede ai poteri della magia e all’influenza delle energie che si richiamano a distanza. “Ouija”, la terza traccia, vi sbilancerà mentalmente. Pare quasi che la musica vera e propria (uno slow black dei più sporchi) non abbia valore all’interno di un più ampio spettro d’atmosfera. Un magnifico sottofondo di inquietante voracità, a voler banalizzare. Sarete testimoni di un viaggio, durante l’ascolto di “Philosophie des Arts Occultes”. Non chiedetevi quale’è la destinazione. (Damiano Benato)

(Dunkelkunst)
Voto: 90