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domenica 20 ottobre 2024

Drowning - Age Old Nemesis

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Brutal Death
Ancora buone bands dalla Francia: questa è la volta dei Drowning, brutal death combo di stampo americano che ha sfornato nell'ormai lontano 2002 uno stupendo album sulla scia di bands come Morbid Angel e Angelcorpse. Chiaramente, la potenza distruttiva non è alla portata delle band appena menzionate, ma i nostri all'epoca ci proposero un album fresco, vitale e con molte idee interessanti. Sicuramente un ottimo album per una band a più sconosciuta, che non potrà che farmene parlare bene in giro. La proposta dei Drowning è un brutal molto tecnico e preciso (lodevole la produzione) che non sfocia mai in mostruosi virtuosismi di velocità mortifera, ma incentra più il proprio focus sulla pesantezza e sul, chiamiamolo, groove. Ancora una volta questo pone l'accento su come la scena francese a inizio anni 2000 si sia, in un qual modo, risvegliata da un lungo letargo che sino ad allora sembrava averla del tutto anestetizzata. “Eppur si muove!”, qualcuno avrebbe esclamato, e mi fa piacere che si muova sotto la Bones Brigade, etichetta molto attiva e professionale in ambito brutal/grindcore, che all'epoca diede alle stampe anche ai nostrani Nefas!

Soror Dolorosa - Mond

#FOR FANS OF: Gothic/Post Punk
The French band Soror Dolorosa, founded in 2001, has been one of the most interesting exponents of the revival of post-punk/gothic rock in recent years. The five-piece project took some time to release its first album, entitled 'Severance', but since then the band's discography has been impeccable, with the release of two excellent full-length albums up to this year. Yes, it is true that they haven't been particularly prolific, but quality is the main focus here, and Soror Dolorosa takes its time to carefully craft excellent pieces of music. I was captivated by them when I discovered these French guys with the fantastic 'No More Heroes'. I was very curious to discover what they could offer with the new album, which was set to be released seven years after the great 'Apollo'.

'Mond' is the name of the new opus released by the prestigious German label Prophecy Productions. The new effort will certainly satisfy the fans of the project and should continue attracting those who love the classic sound of bands like The Sisters of Mercy or Bauhaus, among many others. Their blend of cold wave with gothic rock and other influences, is perfectly balanced and sounds up to date, thanks to the exquisite icy-cold and crystal-clear production made by James Kent. The influence of the aforementioned legendary projects is clear, but Soror Dolorosa manages to capture their essence and update it accordingly. The band leader Andy Julia is certainly an essential part of the band’s success, with his melancholic and touching vocals that capture the very essence of the genre. From the powerful and super danceable opening track "Tear It Up", where it is almost impossible not to dance, to the most melancholic tracks like "Red Love", Andy shines in every note he sings. As you probably imagine, the album has its ups and downs in terms of intensity, combining more vivid tracks with the calmest ones. "Souls Collide" is a very interesting piece, as it combines calmer and more intense moments in a masterful way. Andy’s rich vocal range and emotional performance reach a high point here, leaving the listener in ecstasy. The album gains intensity again with excellent tracks like "Obsidian Museum" or "Broken Love". The latter one has a captivating synth-guided intro that catches your attention from the very first second, where the tasty bass and main guitars do the rest of the job, alongside, of course, with the always present top-notch vocals.

Soror Dolorosa continues its flawless career with its exquisite new album 'Mond'. There is not a single mediocre track among its nice pieces, where tasty melodies and enthralling vocals hypnotize the listener from the very beginning to the last single note. I have never been lucky enough to see them on stage, but I strongly recommend you give them a chance, as it must be a unique musical experience. (Alain González Artola)


(Prophecy Productions - 2024)
Score: 87

https://sorordolorosa.bandcamp.com/album/mond

Rot Coven – Nightmares Devour the Waking World: Phase I + Phase II

#PER CHI AMA: Black/Drone/Ambient
L'universo musicale di questa band proveniente dalla Pennsylvania, è fatto di sensazioni cosmiche, costantemente avvolte da un alone sinistro, che disegnano un immenso spazio sonoro, decisamente oscuro e minaccioso, ampio e misterioso. La base di partenza è il noise e l'ambient dronico, sfregiati da lunghe e laceranti digressioni doom, death e black metal, in un infinito viaggio psicologico verso i meandri più oscuri della percezione umana. 'Nightmares Devour the Waking World: Phase I + Phase II' è un disco non di facile approccio e volutamente ostile al pubblico, che si rivela come un alternarsi di umori gelidi che generano suoni contorti, vortici capaci di introdurre chi ascolta, verso universi paralleli assai intriganti. L'amalgama sonora è in perfetta sincronia con un'ispirata vena compositiva, che in questo genere deve far da padrona o si rischia la caduta nell'inascoltabile o nel già sentito, e devo dire che in questa versione estesa dell'album (ricordo che la prima parte, Phase I, era uscita l'anno scorso), l'opera si compie a dovere, e per l'ascoltatore già iniziato a questo genere, la scoperta di questo disco (edito dall'Aesthetic Death), risulterà un'ottima sorpresa. Brani dagli intro apocalittici, colonne sonore noir che rasentano uno stile cinematografico in continua evoluzione, dove l'unico colore che emerge è il nero, ecco come si palesa il disco. La voce è inghiottita dal rumore, il distorto veglia su tutto e fa da padrone nel mood dell'intero lunghissimo lavoro (oltre 80 minuti), proiettando il suono verso lidi estremi di post metal di difficile collocazione ma con retaggi, per certi aspetti classici, che vengono ampliati, appunto, dall'uso di suoni strettamente lisergici e psichedelici, qui riadattati all'umore cupissimo della band. In tal contesto, non si può dimenticare il vistoso lato industrial dei Rot Coven, che è molto radicato nel DNA della band, cosa che, unita al maniacale piacere verso suoni distorti e riverberati, costituisce l'essenza del sound di quest'album. Paesaggi siderali costruiti per mettere a dura prova la resistenza psichica e una forte sensazione di disagio psicologico, sono le armi che vengono utilizzate nei solchi di questi brani apocalittici, accompagnati da un senso di caduta costante e tangibile. Non è di facile approccio, come detto in precedenza, ma questo disco, ascoltato nella totalità dei due album, è veramente un'esperienza da provare, ed è inutile smembrarlo per trovarne pregi o difetti tecnico-stilistici, poiché l'ideale è assimilarlo nella sua interezza, lasciandosi trasportare dalla sua fredda corrente. Buon viaggio nella parte più nascosta e oscura della vostra mente. (Bob Stoner)

sabato 12 ottobre 2024

Forelunar - Hwaa (​화​)

#PER CHI AMA: Post Black
Da queste parti, seguiamo da sempre con un certo interesse, le gesta di Forelunar (all'anagrafe Harpag Karnik), artista iraniano che oltre alla presente band, offre la sua arte musicale anche sotto molteplici altri moniker, tra i quali mi preme menzionare Broken Pillars, Désespéré, Erancnoir, Etheraldine, Forestionist e Menakeret, giusto per ricordarvi i più interessanti. Un altro EP comunque, e ahimè sempre e solo in formato digitale, per Mr Karnik, un'altra piccola gemma di post black sofferente, che risponde al titolo di 'Hwaa (​화​)'. Due soli i pezzi a disposizione per mostrarvi la qualità del factotum di Teheran: "Hwaa (火)" ossia fiamme, come quelle che divampano con la medesima velocità di un incendio che si ciba di ossigeno, e che con velocità sostenute combinate ad atmosfere astrali, screaming vocals e splendide melodie, saprà conquistarvi sin dal primo ascolto, cosi come è riuscito con il sottoscritto. Disperazione, dolore estatico, sonorità eteree che ammiccano al blackgaze, vocalizzi cerimoniali, ottimi synth e tanto altro ancora, a confermare le qualità di un musicista non ancora trentenne, ma in grado di emozionare quanto un altro genio incompreso, come l'azero Emin Guliyev dei Violet Cold. E la seconda "Hwaa (花)" (fioriture) è in grado di toccarvi l'anima forse ancor di più del precedente brano. Qui vi imbatterete in sonorità e atmosfere che evocano la tradizione giapponese (come si evince anche dalla cover del disco) e che in questo pezzo, posso immaginare faccia riferimento alla fioritura dei ciliegi dopo il gelo dell'inverno; da quì ripartire con un'epica cavalcata che ci porterà a esplorare nuovi luoghi che forse Harpag stesso vorrebbe realmente visitare. Un graditissimo ritorno da celebrare assolutamente con l'ascolto di 'Hwaa (​화​)'. (Francesco Scarci)

(Ardawahisht Kollective - 2024)
Voto: 78

https://forelunar.bandcamp.com/album/hwaa

Light of the Morning Star - Wings in the Night Sky

#PER CHI AMA: Dark/Gothic
Partiti nel 2016 dalla Iron Bonehead Productions e approdati nel 2021 alla Debemur Morti Productions, con l'album 'Charnel Noir', fanno ritorno sulle scene gli inglesi Light of the Morning Star con un 12" di quattro brani nuovo di zecca intitolato 'Wings in the Night Sky'. Le danze si aprono con il classico sound dark/goth che aveva contraddistinto la band sin dagli esordi. "Night Falls" irrompe con un buon refrain di chitarra e dei rallentamenti che fanno posto ad atmosfere (e liriche) vampiresche, con la voce necromantica del frontman a suggellare la prova. Niente che non abbiamo già sentito, sia chiaro, soprattutto se pensiamo che da UK arrivano proprio i paladini del genere, i Fields of the Nephilim, però, per chi dovesse sentire la mancanza di Carl McCoy e soci, potrebbe rivolgere il proprio sguardo, ma soprattutto il proprio orecchio al duo londinese, capitanato da O-A e JSM. E anche la ancor più apocalittica "Burial Chamber Cold", non fa che confermare questa mia sensazione. Ben più dinamica invece la terza "Phantomlights", almeno fino a quando il vocalist inizia a sussurrare e lasciare che la sola batteria ne accompagni gli spettrali vocalizzi. La traccia comunque inizia a ingranare con le sue melodie e un incedere che sembra evocare le cose più veloci dei My Dying Bride. Breve ma ficcante. In chiusura, "Aura" è la traccia più lunga del lotto, e fedele anche al suo titolo, sembra voler incarnare un'aura più sinistra, grazie a un'apertura ancor più sofferente, drammatica, e dotata di una teatralità eloquente che catalizza su di sé tutta l'attenzione di chi ascolta, lasciando ai minimalistici suoni e tocchi di synth in sottofondo, solo le briciole. Ma anche qui il brano va crescendo in una musicalità obliqua e sospensiva, atta a creare una certa inquietudine e apprensione di fondo. Insomma, un buon pezzo per un lavoro che non fa altro che accrescere il desiderio di ascoltare il duo britannico su lunghezze ben più rilevanti. (Francesco Scarci)

(Debemur Morti Productions - 2024)
Voto: 70
 

Kaprogöat - The Sweet Sound Of Apocalypse

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Quello di quest'oggi rappresenta l’esordio su 7" di un altro progetto musicale proveniente dalla sempre attiva scena veneta. Si tratta di due brani di grezzo black metal sostenuti da una batteria dalla cadenza industriale e frequentemente intramezzati da oscure parti ambientali, noise, bizzarre melodie (che potrebbero benissimo accompagnare delle scene di un film horror) e parti simil Abruptum. La voce, sempre effettata e malata, è quella di 4 (qui con il nome di Hunger) del progetto Nocratai. 'The Sweet Sound of Apocalypse' alla fine è un lavoro consigliatissimo agli amanti della più bizzarra musica oscura. Si è sempre atteso un album, ma a parte tre split cd, se ne sono perse completamente le tracce.

venerdì 11 ottobre 2024

Doortri - Eeeeels

#PER CHI AMA: Noise Rock Sperimentale
Un album complicato, un album difficile, figlio di una visione ampia e trasversale, disomogeneo, un disco differente. Il secondo disco dei Doortri, cambia le coordinate musicali che li avevano contraddistinti nell'album di debutto (opera sonora di denuncia contro l'inquinamento dei PFAS nella regione Veneto), optando qui per una veste più sperimentale, senza regole, un suono sfuggente a tutte le categorie, fatto di rumori, urla, jazz sperimentale, noise, sussulti punk e hip hop atipico. 'Eeeeels' è una specie di concept diviso in varie tappe, che contengono brani molto diversi tra loro, i quali portano ancora i segni del disco precedente, con tracce della no wave nel segno di James Chance and the Contortions, ma di cui perdono l'urgenza sonora per approdare a un sound ricercato nei meandri del mondo noise più ortodosso, sacrificando parte del sax e di quella batteria così sanguigna, in favore di voci, cantati distorti e non, e tanti rumori sparsi qua e là, come tanti fiori in un prato. Il suono è in generale astratto, in cui vive un'aggressività sofisticata, e spesso, gli esperimenti diventano cerebrali, a volte schegge impazzite, al limite della follia. La batteria spesso suona effettata, come in certi esperimenti solisti di Big Paul Ferguson, in taluni casi si sentono eterei profumi kraut rock, ipnotici richiami tribali ("Filasteen Hurra", con ospite alla voce Ghufran Alkhalili), persino echi etnici e di certo crudo e pesante acid jazz anni '90 ("Jelly Belly"). "Untilted (Untitled)" suona folle e rumorosa (anche senza chitarre distorte), tanto che non sfigurerebbe a un'edizione dell' Obscene Festival; "Monkey Christ" sembra un retaggio dei punk inglesi Crass, con jingle stile carica delle giacche azzurre nei film di Rin Tin Tin, mentre la lunghissima "Sleeeee", funge da portabandiera del cambiamento sonoro attuale della band, dove l'effetto Zorn è calpestato da una batteria pressante e da una sequenza di rumori, synth, interferenze e distorsioni, che impediscono al sax di emergere, riportando alla memoria le oblique teorie musicali dei God nel brano "Love". I Doortri sono una band formata dal percussionista Gianpaolo Mattiello, fiati e programming di Tiziano Pellizzari, e dai rumori vari ottenuti anche dalle frequenze di una vecchia radio portatile usata praticamente come synth non convenzionale da Geoffrey Copplestone, che si occupa anche alle parti vocali, utilizzate sempre ad effetto, ma in quantità contenuta. Inoltre, in questo album la band ha voluto fortemente ampliare la rosa sonora introducendo i già citati synth e parti campionate pre-registrate, rumori d'ambiente, voci e quanto altro gli girava per la testa, utilizzando tanti arnesi che provocano rumori e fruscii. Mixati dalla leggenda Elliot Sharp, che ha suonato anche la chitarra sul brano finale "Sleeeee", l'album è uscito sotto le ali della Zoar Records, l'etichetta newyorkese, appunto di Mr. Sharp. Un disco che ha molte facce e si diversifica continuamente, dove molti brani oscillano tra poco più di uno-due minuti fino a un massimo di ventidue (!), sottolineando così la sua veste surreale. A volte si ha l'impressione di essere di fronte a un disco di elettronica stile Autechre, ma subito si viene smentiti, mentre a un ascolto approfondito, ci si accorge che tutto è suonato veramente da musicisti sperimentatori che rumoreggiano con arnesi di fortuna, coperchi di latta, campanelli e molto altro, uniti a strumenti musicali acustici ed "Eeeeels" è la prova concreta, e forse il brano che più di tutti, richiama nel suo sound, quel pizzico di mondo alternativo proveniente dalla Grande Mela, intrinseco da sempre nella musica del trio vicentino. La conclusiva "Greyhound Bus", è un jingle dal ritmo country folk per un carosello dal finale ambient, suonato in piena regola. Questo disco è un gran bel traguardo, qualcosa che guarda oltre, qualcosa di processato, pensato e distillato in studio nota dopo nota, rumore dopo rumore, ritmo dopo ritmo. Jazz non jazz, sense non sense music, rumoristica, no wave, uno Zorn scarnificato fino all'osso, pillole di musica alternativa per intellettuali amanti dei suoni inusuali e multi direzionali. Ecco, il nuovo mondo dei Doortri è servito. (Bob Stoner)

lunedì 7 ottobre 2024

Aorlhac - La Cité des Vents Reissue

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Epic Black
A completamento della 'trilogia dei venti' degli Aorlhac manca a rapporto ancora 'La Cité des Vents', disco che rappresentò il vero esordio sulla lunga distanza per il terzetto francese e che ricordo, far parte della raffinata riedizione (guardate i super curati booklet per coglierne l'eleganza) da parte della Les Acteurs de l'Ombre Productions. Si comincia con la consueta intro strumentale, e un menestrello che mette a servizio della corte la propria chitarra acustica. "Le Bûcher des Cathares" divampa con le sue epiche chitarre a narrare leggende e vicende medievali dell'Occitania, mentre il buon Spellbound alla voce, gracchia come un corvo appollaiato sulla torre di un castello. La proposta, per quanto furibonda sia a tratti, mostra più ampie partiture atmosferiche rispetto al passato. Interessante ma breve, l'intermezzo acustico a metà brano, cosi come il mid-tempo melodico che ne contraddistingue il finale. "Plérion" sembra spiritata, complici le velocità sostenute a cui ci sottopone la band, al pari dell'isterica voce del frontman. Piacevoli comunque le melodie che chiamano in causa i Windir, anche se la band norvegese era di gran lunga migliore dei colleghi francesi. Il disco prosegue su binari similari anche con le successive canzoni, faticando forse a garantire una certa originalità tra un brano e l'altro. Ecco quindi focalizzarmi su "Le Miroir des Péchés", "Sant Flor, la Cité des Vents" e "Les Enfants des Limbes", tutti pezzi che, oltre a mantenere una durata più o meno simile (attorno ai sei minuti), mostrano un'intelaiatura ritmico-strutturale piuttosto omogenea, con grandi cavalcate di chitarra, intermezzi acustici, ripartenze melodiche che evocano la musica classica, e una vocalità che rischia però di divenire il punto di debolezza della band con quel fare troppo gracchiante del suo diabolico frontman. Nemmeno l'uso randomico di un violino coniugato a echi folkish, contribuiscono a 'La Cité des Vents' di fare il proverbiale salto di qualità, rimanendo ancora troppi paradigmi radicati nel passato del black, che fatico a digerire. Sicuramente, l'epicità che ritroviamo in un brano come "Vers les Honneurs" stimola non poco la mia fantasia, ma persistono ancora sbavature e storture che mi fanno storcere la bocca, a partire dai riferimenti vampireschi, a la Cradle of Filth, di "La Comptine du Drac" o alla conclusiva cover dei Taake, "Over Bjoergvin Graater Himmerik IV", che chiude un disco sicuramente meglio strutturato del precedente EP, ma che necessita di un'opera di sgrezzatura ben più importante. Alla fine, la riedizione di 'La Cité des Vents' si conferma un bell'oggetto per inguaribili collezionisti. (Francesco Scarci)

(Those Opposed Records/LADLO Productions - 2010/2024)
Voto: 66

https://ladlo.bandcamp.com/album/la-cit-des-vents-reissue