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domenica 6 agosto 2023

Dark Fount – The Rebel

#PER CHI AMA: Raw Black
Dalla Cina con furore grazie al progetto solista di Li Tao (qui in realtà supportato da altri musicisti) che risponde al nome di Dark Fount. La one-man band di Tai’an ci propone, in questo EP intitolato ‘The Rebel’, un black metal mid-tempo, fatto di melodie angoscianti, stritolanti e paranoiche, completamente in linea con le tematiche depressivo-misantropiche del polistrumentista originario della provincia di Shandong. Non stupisce quindi se “Frozen Mist” si presenti come un pezzo dall’indolente passo, corredato da lancinanti latrati vocali ed improvvise e laceranti esplosioni chitarristiche. Nulla di particolarmente fresco e originale, ma comunque dotato di un certo alone apocalittico che non viene tuttavia replicato nella successiva title track, traccia più dritta e lineare, con un rifferama serrato e glaciale che ricorda i Blut Aus Nord più raw-black e che qui va a braccetto con uno screaming infernale. Niente di emozionante però, sia chiaro a tutti. La proposta del mastermind dagli occhi a mandorla, finisce per non esaltarmi, nemmeno nell’ultima “Death is Eternity”, per quanto provi a mettere in luce una ritmica marziale e un sound un filo più strutturato, che alla fine non sembra portare grosse novità. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2023)
Voto: 60

https://pestproductions.bandcamp.com/album/the-rebel

mercoledì 5 aprile 2023

HolyArrow - My Honor is my Loyalty

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Un tributo per l’esercito cinese della Seconda Guerra Mondiale (e speriamo ci si fermi qui), le forze di terra in “My Honor is my Loyalty” e per l’aeronautica in “March to the Sky”. Ecco il nuovo EP dei cinesi HolyArrow che funge da apripista per il quarto album in uscita per la one-man-band di Xiamen, guidata da Shi Kequan. Il mastermind (che abbiamo peraltro trovato anche in altre realtà quali Demogorgon e Rupture) ci offre un black non particolarmente innovativo che evoca battaglie militari fin dalla marcette che introducono entrambe le tracce del dischetto. Suggestive sicuramente, la trovata è per lo meno originale (anche quando è inserita nella matrice sonora del secondo dei due brani), ma la proposta musicale si perde poi in chitarre zanzarose, un black thrash che ha ben poco da dire e soprattutto da chiedere. Ci prova il factotum cinese con tutta una serie di cambi di tempo su cui s'innestano le grim vocals del frontman, ma in tutta onestà, fatto salvo per qualche trovata folklorica da attribuirsi all’introduzione di alcune linee melodiche che richiamano la tradizione cinese, trovo ben poco di interessante durante l’ascolto di questo EP. Non mi ero particolarmente emozionato ai tempi della mia recensione di ‘Fight Back for the Fatherland’, non mi sono emozionato oggi. Pazienza, evidentemente gli HolyArrow continuano a non essere nelle mie corde. (Francesco Scarci)

(Pest Productions – 2023)
Voto: 60

venerdì 24 marzo 2023

Luminescence - S/t

#PER CHI AMA: Depressive Post Black
One man band dalla Cina questa dei Luminescence e il qui presente 2-track omonimo altro non è che una gustosa anticipazione di quello che sarà il full length in uscita a giugno per la Pest Productions. La band, originaria di Shandong e fondata solo nel 2021, è guidata da Bureauty (qui supportato da T.Z.) che propone la propria esplorazione intimista del mondo post black, con una eleganza che potrebbe evocare band del tipo di Heretoir, primi Alcest o Dreariness. "水蝶/Mizucho" è uno dei due snack che fungono da antipasto a questa release, e presenta una matrice black depressive per quanto concerne l'architettura musicale, con le grim vocals del frontman sorrette da un'arpeggiata e malinconica linea di chitarra e un'altra in tremolo picking, per un mid-tempo che qui, non troverà mai modo di esplodere. Con la successiva "萤/ Glowworm", i Luminescence provano a mostrare il loro lato più aggressivo, ma l'approccio resta fin dalle prime note decisamente compassato, tra spoken words, parti acustiche, scream vocals e break atmosferici. Il polistrumentista cinese proverà tuttavia, nel corso del pezzo, a dar sfogo alla propria furia, ma solo per qualche striminzito secondo. Insomma le premesse sembrano buone, vediamo se il nostro nuovo eroe riuscirà magari a conferire una maggiore originalità alla propria proposta. (Francesco Scarci)

venerdì 27 marzo 2020

Dark Fount - Become the Soul of Mist (幽浮林澗之霧)

#PER CHI AMA: Black/Acoustic Folk
Dati per dispersi da ben 13 anni, i cinesi Dark Fount tornano a farsi vivi, rilasciando un EP (tra l'altro disponibile in soli 30 pezzi esclusivi in cassetta) di un paio di brani, edito dalla Pest Productions. La one-man-band di Tai'An, guidata da Li Tao, si è fatta portavoce fin dagli esordi del black metal made in China, in compagnia dei soci di scuderia Zuriaake. Dicevo solo due pezzi per questo 'Become the Soul of Mist', che si aprono con il black mid-tempo di "幽浮林澗之霧", un esempio di glaciale e melodico sound oscuro che vede delle accelerazioni al limite del post black comparire nella seconda metà del brano, ove le grim vocals del mastermind cinese trovano ampio spazio, mentre la melodica linea chitarra ricorda un che dei Mahyem di 'De Mysteriis Dom Sathanas'. La seconda "餘燼" è una suggestiva song acustica che nel suo desolante e malinconico incedere folk, sembra tributare quell'ultimo saluto alle vittime del virus che sta falcidiando il mondo in questi giorni complicati. Certo la proposta del musicista cinese è un po' troppo risicata per delineare in modo strutturato il come back discografico dei suoi Dark Fount, per cui conto assolutamente di risentirli quest'anno in un disco dalla durata più importante, per ora da parte mia solo un ben tornato. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2020)
Voto: 64

https://pestproductions.bandcamp.com/album/--8

mercoledì 20 marzo 2019

Frozen Moon - Legend of East Dan

#PER CHI AMA: Extreme Folk, Skyclad
Ci hanno impiegato quasi vent'anni i cinesi Frozen Moon per rilasciare un lavoro ufficiale. Formatisi infatti nel 2001 a Jinzhou, dopo varie vicissitudini che hanno portato a molteplici split e cambi di line-up all'interno della band, finalmente si arriva alla tanto agognata release, un EP, speriamo come antipasto per un più prelibato lavoro su lunga distanza. La proposta viene erroneamente accreditata come black metal, sappiate che qui siamo al cospetto di qualcosa di ben più ricercato e raffinato. L'opening track, "Abuka I - Sacrifice" mi catapulta infatti in territori mediorientali che mai mi avrebbe lasciato pensare invece ad una band dell'Estremo Oriente. Il sound proposto è un black (ma non credo sia corretta questa definizione) mid-tempo, assai atmosferico corredato da melodie di carattere folklorico e qualche scorribanda estrema a livello ritmico, il che mi fa pensare ai nostri ad una sorta di Skyclad cinesi. "Abuka II - Evocation" sembra invece trascinarmi in Africa centrale, durante un qualche evocativo rito voodoo che peraltro si traduce anche a livello vocale tra grida ed invocazioni ritualistiche, mentre la musica scorre via tribale, affidandosi ad una ritmica serrata dal suono tuttavia scarno. Un peccato perchè un miglior apporto di chitarra e batteria, avrebbe trasformato il lavoro da intrigante a davvero spettacolare. Le melodie di fondo non nascondono le origini orientali dei Frozen Moon e cosi la proposta che inizialmente percepivo calcare terre africane, improvvisamente si sporca di melodie della tradizione cinese. "Invade of Bohai" si riferisce al mare di Bohai sul quale si affaccia la città dell'ensemble di quest'oggi. È ancora una certa tribalità africana però a governare la proposta della band in una sorta di danza attorno alle fiamme di popolazioni indigene. La musica poi prende la sua strada un po' più estrema, ma in realtà solo le vocals gracchianti del frontman costituiscono l'unico punto reale di contatto col black metal, perchè io parlerei di sonorità sperimentali folk pagane tribalistiche. Questo per dire che la compagine della regione del Liaoning propone un qualcosa di davvero originale, forse non suonato in modo impeccabile, ma sicuramente affascinante. La title track chiude il disco tra cavalcate black (qui posso finalmente dare il benestare alla definizione di musica estrema) inframmezzate però dalle immancabili melodie orientali, da partiture di chitarra acustica e classica e ancora da parti folk metal. Insomma pur essendo solo 22 minuti di musica, io li ho trovati francamente molto interessanti. Spero di avere nuove sulla band quanto prima, perchè se queste sono le premesse, credo che i nostri, aggiustando la produzione e limando qualche errore puramente esecutivo, abbiano davvero delle ottime potenzialità. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2018)
Voto: 76

https://frozenmooncn.bandcamp.com/

sabato 16 febbraio 2019

Pure Wrath - Sempiternal Wisdom

#PER CHI AMA: Symph Black
È la prima volta che mi trovo a recensire una band indonesiana e francamente mi aspettavo la classica proposta brutal gore, tipica del sud est asiatico. Che piacere essermi sbagliato cosi alla grande, dal momento che la one man band proveniente da Giava, propone invece un black atmosferico dalle tinte sinfoniche. 'Sempiternal Wisdom' è il secondo lavoro di Ryo, il factotum che sta dietro al moniker Pure Wrath, un disco che si apre con le suadenti note di piano di "Homeland", con i suoi dieci minuti, che mettono in mostra tutte le potenzialità del musicista di Bekasi, dall'irruenza in cui evolve il sound dell'opening track alla magia folk-eterea della stessa a metà brano, passando attraverso un sound sempre melodico ed ispirato, con spettacolari chorus epici che evocano i Bathory di 'Hammerheart'. Sublimi, anche quando il post black converge nelle ritmiche esplosive di "Warrior's Path", un brano evocativo, furente, solenne che ammicca agli scozzesi Saor e lascia intravedere, soprattutto a livello di arrangiamenti, grandi prospettive per il futuro. Probabilmente la grande sforuna di Ryo è provenire dall'Indonesia, ma sono certo che sotto la guida della Pest Productions, si potrà togliere grosse soddisfazioni. Il lavoro prosegue brillantemente su questa scia, riservandoci altre chicche, dalle tenui orchestrazioni della struggente "Grief of Our Father", alla devastante "Lautan Darah", cosi svedese nel suo rifferama tagliente, ma anche cascadiana nella sua parte centrale. Ancora splendide sonorità sinfoniche con la debordante "Elegy to Solitude" un pezzo che ha smosso in me un'emotività simile a quella che provai ascoltando la bellissima "Mistress Tears" dei Dismal Euphony, senza contare che da qui alla fine verranno fuori anche delle splendide linee di chitarra in tremolo picking. L'ultima "Departure" chiude con violenza e grande classe, un album su cui francamente non avrei puntato un nichelino. (Francesco Scarci)

sabato 9 febbraio 2019

Thy Dying Light - Forgotten by Time

#PER CHI AMA: Black Old School
Originariamente uscito in cassetta ad inizio 2018 per la Death Kvlt Produtions, 'Forgotten by Time', compilation degli inglesi Thy Dying Light, è stata successivamente stampata su cd dalla Pest Productions. Il disco include il mini 'The Last Twilight' e il demo 'Thy Dying Light', entrambi datati 2016. Nove i brani per comprendere lo status underground di questo progetto capitanato da Hrafn e Azrael, due loschi figuri militanti in altre band più famose, 13 Candles, Nefarious Dusk e Ethereal Forest, tanto per citarne alcune. La proposta del duo di Barrow-in-Furness è tremendamente old-school, tanto da catapultarci agli albori del black metal, quando imperversavano le tape delle band scandinave. In soldoni, ecco quanto proposto da questi due malefici musicisti, nel cui sound nero come la pece, confluiscono sentori dei primissimi Bathory (quelli dell'album omonimo), oppure la versione black dei Darkthrone e ancora un che degli esordi di Immortal o Burzum. Song come "Fist of Satan" o "Carpathian Mountains", sembrano essere state scritte quasi trent'anni fa, grazie anche ad una produzione scarna e secca, alla presenza di lancinanti grim vocals e una melodia relegata davvero in secondo piano (anche se la seconda parte di "Kingdom of Darkness" ne concede fin oltre il dovuto). Poi solo ritmiche infernali, al limite del punk, urla sgraziate e poco altro. La differenza fra i due lavori qui contenuti, risiede essenzialmente in una registrazione più casalinga per il demo omonimo, ma anche per una linea di chitarra che sembrerebbe più melodica ed ispirata (ascoltare "Plague Rates Pt.II" per capire le differenze), nel caso della demo, come già ascoltato nella title track. Nebulose intonazioni sonore dai tipici tratti doom ("Tombs Of The Forgotten") completano il quadro di una release che francamente al sottoscritto dice ben poco, avendo vissuto la nascita e crescita del black, ormai trent'anni fa. (Francesco Scarci)

giovedì 7 febbraio 2019

AÎN - Stance I

#PER CHI AMA: Black/Death
Quella degli AÎN è una band francese originatasi dai Codex Inferis e come la band madre, è volta a suonare un black metal senza tanti fronzoli. 'Stance I' è il disco d'esordio che segue a tre anni di distanza, l'atipica scelta di debuttare con un live album. La proposta dell'oscuro quintetto di Metz è come dicevamo legata al black, in una sua forma sicuramente melodica, vicina al post black, ma anche ad un sound esoterico-liturgico, come già testimoniato nella seconda "I-II". Vivaci, feroci, furiosi ma con tutte le carte in regola per provare a dire qualcosa di non già scontato. Le sorprese sono dietro l'angolo infatti, bello farsi investire dalla furia distruttiva dei nostri ma altrettanto farsi accarezzare dalla poesia di una chitarra acustica posta in chiusura del secondo pezzo. La band ama l'approccio cerimoniale, era già chiaro in "I-II", lo è ancor di più nell'apertura di "I-III", una song che si snoda tra suoni e voci che stanno a metà strada tra death e black, e che trovano sfogo artistico in un altro ipnotico break che diviene vero e proprio marchio di fabbrica per la band transalpina, prima di un attacco ferale a chiudere. Invocazioni yoga aprono "I-IV", lunga ed inquietante song mid-tempo, con chitarre dilatate, un'interessante vena atmosferica e delle litaniche vocals in un incandescente finale post black. Ancora rituali mantrici in "I-V" ad acuire l'aura di mistero che già di per sè ammanta questo disco; la song sembra abbandonare il suo fremito black qui (fatto salvo per il minuto e mezzo finale), lasciando posto a suoni decisamente più raffinati e carichi di groove, che sembrano addirittura prendere il sopravvento nella successiva "I-VI", sebbene improvvisi rigurgiti di nero vestiti, si accavallino con una proposta che viaggia sui binari di un death metal ritmato ma pur sempre epico. Ammetto che la proposta degli AÎN sia affascinante, soprattutto quando i nostri si muovono nel versante black esoterico con quelle vocals evocative e spaventose ("I-VII") o quando le atmosfere si fanno più soffuse, o ancora quando le chitarre virano al post-metal ("I-VIII", la vera chicca del cd) e la song non può che giovarne, soprattutto poi quando i nostri ci infilano l'immancabile accelerata post-black. In chiusura, i dieci minuti di "I-IX", un'altra traccia davvero convincente, forse un po' troppo lunga, ma che comunque sostiene la credibilità del combo francese. Con le dovute accortezze e limature, sono convinto che i nostri possano arrivare lontano sebbene la concorrenza si faccia di giorno in giorno più che mai agguerrita. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2018)
Voto: 75

https://pestproductions.bandcamp.com/album/stance-i

domenica 20 gennaio 2019

HolyArrow - Fight Back for the Fatherland

#PER CHI AMA: Epic Black/Thrash, primi Bathory, Darkthrone
Una sorta di rivisitazione della marcia funebre apre questo 'Fight Back for the Fatherland', secondo lavoro per la one man band cinese HolyArrow, capitanata da Shi Kequan, membro dei Demogorgon, ed ex dei Black Reaper, due realtà che già abbiamo incontrato qui nel Pozzo dei Dannati. La proposta del factotum della provincia del Fujian, è legata ad un black melodico pervaso da una certa vena folklorica ma anche da un più classico heavy metal. Niente per cui strabuzzare gli occhi o fregarsi le mani, per carità, però l'artista cinese offre un sound onesto che, partendo dall'intro "Upon the Ashes and Ruins" fino a "The Massacre Feast", regala quasi cinquanta minuti di estremismi sonori narranti stralci di storia cinese. E cosi diventa interessante ascoltare i quasi undici minuti di "Flames of War" e quel suo sound intriso di un'epicità guerresca che si traduce in lunghe cavalcate melodiche. Quello che a volte stride però, e sarà palese anche nei pezzi successivi, è una certa caoticità di fondo a livello sonoro, con gli strumenti che a volte s'impastano un po' troppo tra loro. "To Defend Fatherland" è un buon pezzo black thrash che mostra più di un'affinità con i primi Bathory, non fosse altro per un'alternanza vocale tra lo screaming ed un cantato epico in stile 'Hammerheart'. "The Ispah Rebellion" narra con una certa irruenza, una serie di guerre civile occorse nella provincia del Fujian nel 14° secolo sotto la dinastia Yuan. Quindi, ancora una volta, ecco al nostro servizio una lezione di storia combinata con la giusta colonna sonora a supporto, in cui sottolineerei la prova delle chitarre, non tanto a livello tecnico ma per le melodie tessute che ricalcano propriamente attimi di veemenza magari legati alle narrazioni di battaglie, con altri più calibrati e melodici. Più thrash oriented la title track, che vive comunque di un carattere ondivago legato ai molteplici cambi di ritmo in essa contenuti, in un incedere che sa anche di Darkthrone. A chiudere, arriva "The Massacre Feast", e il suo attacco ferale in stile death floridiano che mette un po' di subbuglio alla proposta degli HolyArrow, considerato quel tremolo picking a livello ritmico e i suoni folk che da li a breve esploderanno nell'incasinata proposta dell'act cinese. 'Fight Back for the Fatherland' è alla fine un disco interessante, soprattutto per i contenuti storici affrontati nelle sue liriche, che soffre tuttavia ancora di qualche ingenuità di troppo e leggerezza che dovrà essere limata nelle prossime uscite. Nel frattempo l'ascolto del disco è per lo meno consigliato per avvicinarsi ad un'altra esotica creatura del panorama estremo asiatico. (Francesco Scarci)

venerdì 16 marzo 2018

Ghâsh - Goat

#PER CHI AMA: Blackgaze/Post Rock
Altra one-man-band proveniente dal Cile, questa volta capitanata da Mr. Ghâsh, che con il suo progetto omonimo, assicura i propri servigi per la cannibale Pest Productions. Come spesso capita, le produzioni della potente etichetta cinese, sono all'insegna di suoni depressive e blackgaze, che viaggiano a cavallo tra black e post-rock. E la band di oggi, originaria della capitale cilena, non è da meno, con un lavoro di sei deliziosi pezzi, che ci guidano da 'Fenix" fino alla conclusiva "Goat", attraverso chiaroscuri malinconici, luci e ombre, saliscendi emotivi, torrenziali flussi sonici e cascate melodiche. Il tutto è guidato da splendide chitarre in tremolo picking, screaming vocali, tonnellate di riverberi e montagne di atmosfere catalizzatrici una straziante malinconia interiore, quella che fa versare lacrime quando pensi a ricordi mai assopiti, ad amori andati o a persone care perdute. Ecco cosa mi ha portato l'ascolto di 'Goat', un breve gioiellino di musica che non ha le pretese di colpire per la sua perizia tecnica o le acrobazie musicali dei suoi esecutori, ma semplicemente vuole arrivare dritta al cuore, sfruttare quella sua intensità e colpirci nel nostro punto più debole, l'anima. E là, conquistarci. Dite poco? Ghâsh con me ci è riuscito. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2017)
Voto: 80

https://pestproductions.bandcamp.com/album/goat

sabato 13 gennaio 2018

Inferno Requiem - Nüwa

#PER CHI AMA: Black Old School, Gorgoroth, Setherial
Osannati un po' ovunque, ho deciso di andare controcorrente questa volta e dire che i taiwanesi Inferno Requiem sono dei discreti mestieranti nell'ambito metal estremo e nulla di più. La band è in realtà guidata dal solo Fog, che dopo un paio di EP e un full length, torna alla carica con questo secondo lavoro intitolato 'Nüwa', un concentrato di incandescente black metal old school che attraverso i nove pezzi di questa release, si diletta nel rilasciare minimalistici riff di chitarra, sorretti da harsh vocals e una sciagurata batteria, frutto di una drum machine da incubo che irrompe schizofrenica nel contesto arcigno del disco. L'apertura affidata alla title track è devastante, con riff infernali in stile scandinavo, con Setherial e Gorgoroth in cima alle referenze del mastermind di Taiwan. Con la seconda "Ten Suns", il sound si fa più atmosferico, essendo più carica la componente tastieristica, ma non temete che anche qui non mancheranno le sfuriate ritmiche. È il turno di "Apocalypse Chaos" ove si continua a viaggiare su ritmi incalzanti, tra grida sguaiate e una batteria che diventa brano dopo brano sempre più inascoltabile. "Nefarious Moaning" si muove più su un black mid-tempo con le chitarre in tremolo picking a dare un tocco di malinconia alla proposta, ma l'effetto non è certo dei migliori. Facciamo un salto indietro nel tempo con l'inutile "The Investiture I", e suoni che potevano essere attuali forse 20 anni fa. Dicasi lo stesso per il caotico sound di "Necrobewitchment", dopo aver sorvolato sull'ambient minimal di "Mephitis Leftover". Insomma, un sound aberrante quello degli Inferno Requiem che di certo non raccolgono la palma di band più innovativa dell'anno, almeno per il sottoscritto. Serve ben altro infatti per sconfinferare il mio interesse. Per quanto mi riguarda, rimandati. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2017)
Voto: 55

https://pestproductions.bandcamp.com/album/n-wa

lunedì 8 gennaio 2018

Культура Курения / Regnmoln - Split album

#PER CHI AMA: Post Punk/Black Depressive, An Autumn For Crippled Children
Dalla glaciale Siberia ecco arrivare il quartetto dei Культура Курения (da tradurre in Cultura Fumante), dalla Svezia invece, la one-man-band dei Regnmoln, per uno split album all'insegna del post black depressive, sotto l'egida della cinese Pest Productions. Due i brani a disposizione della band di Novosibirsk per dimostrare di che pasta sono fatti: "Конфискатор" si presenta come un freddo e malinconico esempio di black mid-tempo, spruzzato di reminiscenze shoegaze e di una mefistofelica aura post rock, che si riflette nella splendida voce in screaming del vocalist Andrey Stashkevich. Ne esce una traccia sghemba, che nel finale vive la sua progressione post black tra cristallini suoni disarmonici e harsh vocals. La seconda, "2015 Холодных Зим", mette in mostra ancora le capacità della band russa nel sapersi districare tra sonorità black e post-punk malinconiche che ammiccano alle prime uscite degli olandesi An Autumn For Crippled Children, tra sonorità intimiste, sfuriate black, break acustici e cambi di tempo magistrali. Ben fatto direi. Mi avvicino a questo punto alla proposta del musicista svedese e la prima cosa che si palesa nelle mie orecchie, è una registrazione a dir poco casalinga, un vero peccato in quanto rende decisamente più difficile godere appieno di un sound che, se proposto con tutti i sacri crismi, poteva regalare maggiori soddisfazioni. Mi abbandono comunque al furente depressive black dell'enigmatico mastermind scandinavo che si diletta in "Kött Och Blod" nel proporre un suono rozzo, ma comunque efficace e pregno di melodia, complici le chitarre in tremolo picking, tra sfuriate black e momenti di calma apparente che proseguono anche nella successiva "Infektioner", song angosciante e non solo per quel suo suono troppo ovattato, ma anche per un mood malinconico che ne contraddistingue i primi 90 secondi, prima che il frontman si lanci in un'arrembante cavalcata di cosmic black, che si pone esattamente a metà strada tra Dissection e Darkspace, proponendo taglienti chitarre in un contesto rarefatto. "Tomma Ord" è l'ultima traccia dall'intro acustico e dalla progressione black mid-tempo. Alla fine, lo split Культура Курения / Regnmoln non è altro che un modo interessante per farsi una cultura di due intriganti band dell'underground europeo. Ma, se solo il nostro amico svedese avesse registrato pensando ad una resa acustica migliore, il mio giudizio finale sarebbe stato nettamente diverso. (Francesco Scarci)

lunedì 4 dicembre 2017

Der Toten Lebend Schein - ...Von Leichen Bewohnt

#PER CHI AMA: Black Atmosferico
Der Toten Lebend Schein (che tradotto dovrebbe significare Il Morto Vivente Schan) è una misteriosa band teutonica che, dopo uno split album rilasciato nel lontano 2010 in compagnia dei Tåkeheim, si è un po' persa di vista fino al 2017. Complice il supporto della cinese Pest Productions, ecco che i nostri tedesconi rilasciano '.​.​.Von Leichen Bewohnt' (il cui significato dovrebbe essere "...abitato dai cadaveri"), un EP di quasi venti minuti votato ad un black metal atmosferico, cantato in lingua madre ed influenzato da un'inedita vena folklorica. Non lasciatevi però ingannare dal pianoforte posto in apertura a "Versagen": dopo un minuto infatti, i suoi leggeri tocchi lasceranno il posto alle fiamme infernali ordite dalle nere trame dei nostri che si riversano invasate, a tracciare i solchi di un lavoro oscuro e furioso. Un sinistro violino apre invece "Masken Der Vernunft", song che palesa l'animosità perversa della band germanica, in un brano che, nonostante i melodici riff di chitarra in tremolo picking, ha modo di chiamare in causa, almeno a livello vocale, i Mahyem mai dimenticati del buon Attila Csihar. Il riffing è a tratti serrato ed è più vicino al post black che alla fiamma nera tradizionale. Il cantato in lingua rende poi il tutto stranamente più evocativo. Un altro arpeggio e siamo già giunti alla lunga conclusione del dischetto, affidata agli oltre nove minuti di "Arkadien", la traccia più completa, incisiva e convincente delle tre qui incluse. La vena atmosferica si unisce qui con un piglio punk folk in una cascata musicale disarmonica, non convenzionale, che per certi versi, mi ha ricordato gli esordi degli In the Woods, in un brano che comunque ha da regalare spunti interessanti, sicuramente da sviscerare e sviluppare in un futuro non troppo lontano, per dar modo a questa band di tirar fuori le intriganti idee che hanno nel profondo. Bella scoperta. (Francesco Scarci)

giovedì 9 febbraio 2017

Dysylumn - Conceptarium

#PER CHI AMA: Post Black/Death, Deathspell Omega
Dysylumn atto secondo... o meglio atto primo visto che 'Conceptarium' è uscito temporalmente prima di 'Chaos Primordial', da poco recensito su queste pagine, ma che ha visto una pronta ristampa targata Pest Productions sul finire del 2016 (con l'aggiunta peraltro di due bonus track, ossia le due parti della title track cosi come erano state originariamente concepite nel 2013). Avevo scritto che i nostri proponevano sonorità black death forti di una certa dissonanza musicale straniante e malsana che chiama in causa i Deathspell Omega. Facciamo un passo indietro e andiamo a scoprire se anche il full length d'esordio è un contenitore di sonorità di questo tipo. "Vide Spatial" e la seguente "Cauchemar" confermano quanto di buono ascoltato nel nuovo EP, con una maggiore propensione verso il death sulfureo, forse ultimo retaggio della precedente formazione brutal death in cui militava Sébastien Besson (vocals, chitarra e basso). 'Conceptarium' si palesa come un disco oscuro, tetro e maligno, che sembra voler rievocare i fasti di un death metal di stampo svedese mai assopito, ossia quello dei primi anni '90, in coabitazione però con sonorità più moderne che solcano l'onda impetuosa del post black o del death ultra tecnico in stile Obscura. Le atmosfere persistono nell'essere rarefatte, a tratti dilatate ma anche in grado di risultare straordinariamente dense ("Esclave Céleste") e nebulose, come garantito dalle due parti della title track. La durata mai eccessiva delle canzoni permette comunque un ascolto più semplice, anche quando le strutture ritmiche si fanno assai più complesse o insane. Ultime menzioni per le strumentali "Voyage Astral"e "Nébuleuse", ultime siderali galoppate nel cosmo più profondo, all'insegna di un post black miscelato a suoni progressivi, a sancire le enormi potenzialità che il duo di Lyon avrà in serbo nell'immediato futuro. (Francesco Scarci)

mercoledì 8 febbraio 2017

Demogorgon - Dilemma. Revenge. Snow.

#PER CHI AMA: Black Ambient, Burzum, Enslaved
Il numero di band provenienti dalla Cina sta iniziando a crescere di giorno in giorno, merito anche della superpotenza dell'etichetta di Nanchang, la Pest Productions. Francamente, ritengo che questa ondata proveniente dall'estremo oriente sia cosa assai positiva, perché porta una ventata di freschezza ad una scena a tratti stagnante, grazie ai folklorici suoni della tradizione cinese. I Demogorgon sono una delle ultime realtà che compaiono sulle pagine del Pozzo, ma a dire il vero, alcuni suoi membri li abbiamo già incontrati in passato, in quanto l'ensemble include musicisti provenienti dai Zuriaake, Holyarrow e dai Destruction of Redemption. Ma entriamo più in profondità in quello che è il debut EP di questa band. Due le canzoni a disposizione, la lunghissima "Dilemma. Revenge. Snow." e la strumentale "Sadness Moon", per un totale di 25 minuti. Si inizia con le sonorità nordiche della title track, fatte di chitarre in tremolo picking, atmosfere fantasy, chorus epici, che potrebbero far pensare ad una qualche band scandinava dedita al viking metal, in stile Einherjer o Manegarm. I testi arrivano addirittura da una novella cinese sugli eroi marziali, "Fox Volant of the Snowy Mountain". Il risultato è ragguardevole, sebbene la produzione non sia proprio delle migliori. Quelle aspre cime innevate in copertina poi, la spada della back cover, i synth in stile Burzum con harsh vocals annesse, mi spingono a idealizzare la opening track come la melodia perfetta per le 'Cronache del Ghiaccio e del Fuoco', in un brano che tra passaggi ambient e stridori black, ha ancora modo di citare Enslaved e Windir. La seconda traccia si affida completamente al tepore dei synth, un po' come se il Burzum più minimalista, ipnotico e visionario, si mettesse a suonare una musica della tradizione cinese e con la melodia dell'ambient, riuscisse addirittura a dipingere le terre sconfinate di quella terra. Sicuramente l'esperimento riesce, grazie alla solennità dei suoi suoni e ad un incedere che va via via in crescendo, in un brano che altrimenti rischierebbe di suonare troppo ripetitivo. La colonna sonora per un qualche film epico in grado di ritrarre la Cina, la sua magia ed i suoi segreti. (Francesco Scarci)

venerdì 28 ottobre 2016

Ekstasis – The Adversary

#PER CHI AMA: Neofolk acustico
L'universo della musica folk è talmente inconsueto e trascendentale che se si evita il tradizionale e quindi omologato, per ovvi motivi, standard d'esecuzione, si hanno sempre nuove e ottime sorprese. La super band in questione viene da Olympia, Washington (anche se il loro sound non ha nulla di americano) e suona come una sorta di neofolk dalle tinte color pastello molto calde e avvolgenti, con una componente mistica di elevata intensità e, cosa che li contraddistingue dalla grande massa, è un confine labile tra classicismo barocco e folk acustico di rara bellezza e forte emotività. Al secondo album, uscito in collaborazione con la Pest Productions via Invisible Oranges, Johnny DeLacy alla chitarra e voce (Faun, Threnos, Fearthainne), coadiuvato alla seconda chitarra da Ray Hawes (Skagos, Iskra), e con Mara Winter ai flauti, Mae Kessler al violino, Marit Schmidt alla viola (Sangre De Muerdago, Vradiazei, Memory boys) e Michael Korchonnoff (Alda, Fiume, e Novemthree) alle percussioni e voce, i nostri Ekstasis sfornano un disco decisamente di alto livello riuscendo a compiere quel salto finale che li colloca tra le migliori uscite in ambito neofolk degli ultimi tempi. Già nell'album precedente, il paesaggio acustico era portato ad una bellezza senza tempo mentre in questo secondo lavoro la bellezza diviene infinita con picchi di qualità che sfiorano la divinità. In primis, il gusto espresso per un sound colto e rurale (passatemi il termine), una produzione egregia, e un suono talmente naturale che sembra di entrare in un paesaggio medievale immerso nella natura fin dalle prime note d'ascolto; poi, il legame con album epocali come 'Beautiful Twisted' di Sharron Kraus, 'Quaternity' dei Sabbath Assembly o le alchimie ancestrali dei bretoni Triptyque e del folk senza tempo dei mitici Sedmina, è indissolubile e inevitabile per una comune capacità di reinterpretare il folk in termini futuristi senza mai tagliare il cordone ombelicale che lo lega alle radici più oltranziste del genere. Nei sei brani spettacolari contenuti in 'The Adversary' troviamo diverse provenienze musicali riprese da mondi diversi, tutte attinenti al folk più radicale, ma sia chiaro, nessuna parentela con il folk metal o affini, qui c'è un totale isolamento dalla musica di routine ed un'enfasi estatica memorabile tradotta in influenze celtiche, musiche dell'est Europa e tanto altro. Non vi è un brano meno splendido dell'altro, tutti insieme formano una sorta di lungo pellegrinaggio verso una terra di nuova speranza, sofferta e cercata, passando da un impatto epico, sognante e malinconico. Musicisti navigati ed esperti gli Ekstasis, si mostrano oggi desiderosi di creare nuove pagine di una tipologia di folk concettuale, legata saldamente al passato ma lanciata più che mai nel costruire nuovi territori sonori acustici, affascinanti, intimi e barocchi. Senza tempo né origine geografica, universali connessi alle visioni eteree di band quali Ataraxia, Dead Can Dance e The Moon and the Nightspirit. Se il mondo si affidasse alle musiche di artisti come questi, la vita spirituale di tutti sarebbe di uno spessore decisamente più elevato. Capolavoro tutto da scoprire! (Bob Stoner)

martedì 6 settembre 2016

Ingrain - Aembers

#PER CHI AMA: Post Black/Shoegaze, Alcest, Autumn for a Crippled Children
'Aembers' è l'EP d'esordio degli israeliani Ingrain. Il disco, uscito a giugno di quest'anno per le Pest Productions, consta di sei tracce, di cui le prime cinque registrate addirittura nel 2013, mentre la sesta, la scorsa estate, quando il lavoro uscì originariamente in digitale. Poi l'attenzione della label di Nanchang e finalmente l'approdo sul mercato con un formato fisico e un sound per certi versi ambizioso, capace di coniugare il black metal con un approccio a tratti acustico e atmosferico, sicuramente melodico e dal forte impatto emozionale, come testimoniato dalla track in apertura, "Bramm". Forti del supporto alla consolle di Dan Swano, il terzetto di Gerusalemme colpisce per quei suoi arpeggi di chitarra che si insinuano in una matrice estrema che corre a cavallo tra death e black, anche se in quei momenti più rilassati e scevri da galoppate condite da blast beat e tremebonde vocals, la proposta dei nostri sembra virare ad un versante più orientato all'hard rock, rendendo il tutto pertanto più accessibile. Lo dimostra l'attacco di "Firmament", song dotata di un'aura decisamente malinconica, che conquista per la sua vena squisitamente blackgaze, che può scomodare più di un paragone con Agalloch e Alcest; poi quel suo assolo finale su di una ritmica post black, è davvero splendido, tanto che da solo vale il costo del cd. Il tremolo picking è un'altra delle caratteristiche vincenti dei nostri, che hanno davvero tutte le carte in regola per sfondare con la loro proposta e un'ispirazione che ne esalta le doti tecnico compositive. Spettacolare il break di "To See", forse la song più matura di un lotto di brani davvero notevole e considerato che stiamo parlando di musica scritta tre anni fa, mi aspetto davvero grandi cose dal futuro degli Ingrain. "Voidd" è forse un primo assaggio di quello che verrà, otto minuti e mezzo che strizzano l'occhiolino anche agli Autumn for a Crippled Children (oltreché agli Alcest) e che confermano le potenzialità di questo brillante e inedito trio proveniente da Israele. Ben fatto! (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2016)
Voto: 80

https://pestproductions.bandcamp.com/album/aembers

domenica 28 agosto 2016

Paramnesia - Ce Que Dit La Bouche D'Ombre

#PER CHI AMA: Cascadian Black, Addaura, Skagos
Non è il nuovo EP dei francesi Paramnesia questo 'Ce Que Dit La Bouche D'Ombre', bensì il vecchio lavoro uscito nel 2013 in CD-r, rimasterizzato e riproposto dalla label cinese Pest Productions. Due pezzi per un totale di 23 minuti che ci fanno conoscere le radici del male da cui trae linfa vitale il quartetto di Strasburgo. "I" segna inequivocabilmente il passo di un rozzo black cascadiano che si rifà, come influenza principale, agli statunitensi Addaura, grazie a ritmiche tiratissime e roboanti, vocals malvagie e qualche accenno di melodia (e malinconia) nei momenti più mid-tempo. Non mancano neppure frangenti più atmosferici anche se qui si rivelano merce assai rara, cosi come pure sorprende il finale parlato della prima traccia che introduce a "II", altri 11 minuti di suoni black primordiali che lasciano solamente trasparire le potenzialità dell'ensemble transalpino, con sprazzi di catartico post rock, che con qualche difficoltà erano emerse anche nel lacerante album omonimo, dove comparivano le tracce "III" e "IV". Per lo meno ora abbiamo capito il perché della progressione nei titoli di quelle due song. Speriamo solo che ora i Paramnesia si mettano alla ricerca di una propria meglio definita identità, per ergersi dalla sempre più affollata scena post black. (Francesco Scarci)

martedì 5 aprile 2016

Black Reaper - Flames of Sitra Ahra

#PER CHI AMA: Black/Death, Dissection
Dalla Cina, Fujian per la precisione, arriva questo cd datato dicembre 2014 e firmato Black Reaper, giovane duo formatasi nello stesso anno, noto per essere la prima black/death metal band conosciuta in patria, che ha visto sfociare la propria ispirazione in un EP uscito sotto l'ala protettrice della formidabile Pest Productions, un album in perfetta sintonia con le atmosfere promosse dall'etichetta black/folk/dark metal di Nanchang. Suono tagliente, radicale, gelido e underground, sferragliante, primordiale ed essenziale, rude, reale e senza fronzoli. Si tratta di un evocativo black/death metal dalle tinte urticanti e violentissime, fatto di riff veloci e al veleno, espressi ad ogni battuta per una sequenza di quattro brani di media/lunga durata e notevole velocità, una produzione buona per gli amanti del genere trattato dalla label cinese, da evitare invece fuori dagli ambienti underground. 'Flames of Sitra Ahra' tocca buone vette di epicità e maleficio in alcuni suoi brani tra cui il secondo, "Marching Towards of Infinity" e il terzo, "Heavenless", dai toni thrash molto accesi, graffianti e ossessivi. Lo screaming incarna poi perfettamente il tipo di musica e la band sembra già in ottima sintonia. I due giovani musicisti certamente godono di una forte personalità, cosa che li porta a proporre come quarto brano una cover dei Dissection ("Soulreaper") e per assurdo un quinto brano che è una composizione classica scritta ed eseguita dal dinamitardo Kakophonix (vedi anche Hvile I Kaos, Empyrean Throne) con il suo violoncello infernale. L'aggiunta di questo brano finale spiazza un po' l'ascoltatore ma rende bene l'idea della linea anticonformista, che la Pest Productions e le sue band intendono mantenere per far convivere black, dark, folk e musica classica, tutti nella stessa oscura residenza. 'Flames of Sitra Ahra' non sarà un EP fondamentale ma di sicuro interesse. Un buon lavoro uscito per una etichetta assai rispettabile e coerente con le proprie indipendenti idee artistiche. (Bob Stoner)

(Pest Productions - 2014)
Voto: 70

martedì 5 maggio 2015

Sol Sistere - I

#PER CHI AMA: Post Black, Wolves of the Throne Room, Alda, Addaura
Questa volta la Pest Productions è andata a pescare in Cile, più precisamente nella capitale, Santiago. I Sol Sistere è un terzetto formato da membri ed ex- di altre band che abbiamo già incontrato qui nel Pozzo, Bauda e Animus Mortis, tanto per citarne un paio. La proposta dell'act sud americano è un post black atmosferico (tanto per cambiare) che nelle tre song contenute in 'I', trova modo di citare gli Addaura, gli Alda o i decisamente più conosciuti Wolves of the Throne Room. Gli amanti del black cascadiano troveranno qui nuove scintille illuminanti di un black metal che vive di sussulti furibondi e onirici frangenti atmosferici, come già la opening track, "Relentless Ascension", ha modo di offrire. Sebbene melodici e decisamente piacevoli da ascoltare, il genere inizia a essere sovrassaturo di entità di questo tipo. È già infatti giunto il momento di dare una netta sterzata ad un sound che negli ultimi due-tre anni ha regalato ottime perle musicali (Deafheaven su tutti), ma che, ora come ora, inizia anche a stancare, poiché già povero di soluzioni. E 'I' giunge proprio nel momento sbagliato perché poco ha da regalare di nuovo. Non bastano le cavalcate di "Egregorian", lo screaming animalesco di C. o le notturne sterzate post-rock di "Reborn", per gridare al miracolo; rimaniamo lontani anni luce dai gods americani, che peraltro dovranno inventarsi nuove soluzioni per svecchiare il post black. Superflui. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2014)
Voto: 60